Autrice: Alexiel Mihawk | alexiel_hamona
Titolo: Made of magic, made of water
Fandom: One Piece
Characters: Bartolomeo, Rebecca, Cavendish (Ideo, Baby Five, Alvida)
Warning: threesome, demons, modern!AU, demon!AU, gore, lots of blood
Genere: commedy, horror, mistery, thriller, romance
Rating: NSFW
Parole: 10,068
Prompt: Inverno, Threesome
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part 1, chap. 1/
Quell'inverno andava lentamente trasformandosi nel più peculiare che avessero mai vissuto, non solo la tranquilla quotidianità di Dressrosa era stata sconvolta da una serie di brutali omicidi, ma ora si ritrovavano anche a convivere con un demone dell'inferno dai gusti più che discutibili.
Oh, certo, la loro esistenza era sempre stata “strana”, avevano sempre avuto un modo particolare di rapportarsi alla gente e un modo unico di gestire la loro relazione, ma con l'arrivo di Cavendish era cambiato tutto. E non era solo perché avevano evocato il demone più eccentrico e potenzialmente rincoglionito dell'inferno, ma anche perché suddetto demone stava iniziando a piacere a entrambi e tutti e due andavano lentamente abituandosi alla sua presenza in casa loro. William, dopo avere passato la prima settimana a dispensare minacce di morte in giro e a raccontare aneddoti inquietanti che spesso non avrebbero mai voluto conoscere, si era trasformato una specie di confidente inaspettato, principalmente perché come tutti i demoni era un gran pettegolo. Non che gli interessasse qualcosa della salute della gente o che ci tenesse particolarmente a conoscere gli amici di quelli che nella sua testa definiva i suoi umani, semplicemente per lui sparlare del prossimo era un'arte e non c'era niente di più produttivo che si potesse fare che trascorrere l'intera giornata sdraiati sul divano a fare binge-watching di serie televisive concluse da almeno sei anni, mangiando schifezze e parlando male di emeriti sconosciuti, dopo tutto era pure sempre il demone dell'accidia.
Il loro precario equilibrio venne interrotto bruscamente da una telefonata, erano trascorsi dieci giorni da quando era arrivato lì e a Dressrosa era, apparentemente, tornata la normalità. Quando Rebecca sollevò il ricevitore dell'apparecchio la sua faccia assunse immediatamente un colorito terreo e fu con un alito di voce che la udirono mormorare: «Oh, no, non di nuovo!»
Apparentemente il Detective Ideo e i suoi avevano trovato una nuova ragazza, il soggetto ignoto aveva colpito ancora aggiungendo un nuovo volto alle vittime della sua furia omicida. La giovane anatomopatologa non la prese particolarmente bene, ripensando all'esperienza decisamente spiacevole dell'ultima volta.
«Ti faccio sapere» la udirono dire «No, no, sì che me la sento è solo che… ti faccio sapere».
Chiuse la telefonata e nel voltarsi la prima cosa che notò furono le espressioni del tutto poco raccomandabili dei due individui in piedi di fronte a lei.
«No».
«Non sai nemmeno cosa stavamo per dire!» si lamentò Bartolomeo con un gemito.
Cavendish levitò fin dietro di lei, massaggiandole le spalle con aria sorniona.
«Senti, so che potrebbe essere difficile da affrontare, ma secondo me sei l'unica in grado di fare l'autopsia come si deve a questa poverina. Pensa, tutta fredda e rigida sul tavolo, con uno sconosciuto che le apre il torace e le guarda gli organi interni con aria lasciva».
Rebecca si scostò, emettendo un verso di disgusto.
«William!! Per l'amor del cielo! Nessun patologo farebbe una cosa del genere e comunque non ho mica detto che non lo farò, solo che devo pensarci e in ogni caso non stavate pensando a quello, come se non vi conoscessi. Pensavate di mandarmi a indagare per conto vostro!»
Cavendish e Bartolomeo si scambiarono uno sguardo di intesa, sorridendo appena.
«Non lo faremmo mai, vero Will?»
«Giammai, non sono uno che delega, o non sarei mica nel settimo inferno!»
Rebecca li guardò con l'aria di una che non si sarebbe fidata di loro nemmeno se glielo avessero giurato sulla tomba delle rispettive madri.
«Esatto, non ti chiederemmo mai di venire meno al segreto professionale, da cui noi non siamo vicolati».
«Dove volete arrivare?» inquisì con tono secco.
«Oh beh, niente di che, pensavamo solo che sarebbe molto più facile indagare se potessimo effettivamente assistere all'autopsia, sai, entrare in sala operatoria, vedere la vittima»
«Analizzare le prove e controllare che sia tutto in ordine» continuò Cavendish con aria di chi la sa lunga.
«Già, non ti sembra un'idea geniale?»
«No, non mi sembra, anzi è veramente una pessima idea» borbottò Rebecca, massaggiandosi le tempie.
«No, non lo è» replicò Cavendish, accendendosi svogliatamente una sigaretta.
«Sì, invece, non posso far vedere il corpo a nessuno, è la prassi. E poi potreste inquinare le prove, senza contare che se qualcuno lo venisse a sapere rischierei di perdere il lavoro» sbottò scocciata avvicinandosi al demone e strappandogli la sigaretta dalle labbra perché, come gli aveva già detto un centinaio di volte, non si fumava in quella casa.
«Sinceramente Bec, penso che sia un'idea assai peggiore lasciarti andare a fare un'autopsia su un cadavere che potrebbe esplodere o peggio rianimarsi».
«E se è vero che c'è qualcuno che si diverte a giocare con la magia oscura, io posso fermarlo».
«Ok» mormorò piano la giovane, intimamente sollevata di non dover affrontare da sola n possibile maniaco omicida.
«Ok?» domandarono in coro Cavendish e Bartolomeo, fissandosi con stupore per qualche secondo «Sei seria?»
«Sì, ok, però come faremo a farvi entrare in sala autopsie senza che nessuno se ne accorga? Perché a questo giro non ci sarò solo io, Ideo mi ha affidato una scorta».
Cavendish le picchiettò un dito sulla fronte, sorridendo sornione.«Pensavo avessi letto la mia pagina di Wikipedia - che per altro andrebbe veramente risistemata perché mi sono quasi offeso nel leggerla e spero sinceramente che mia zia non veda mai la sua. Comunque, come stavo dicendo, una sola parola: invisibilità».
«Oh!»
Mai potere si rivelò più provvidenziale giacché tutti i controlli nell'area dell'obitorio erano stati intensificati; dopo il ritrovamento di Monet e la conseguente esplosione del suo cadavere, che aveva spaventato non poco sia la giovane anatomopatologa che l'intera squadra omicidi - che aveva preso Rebecca sotto la sua ala protettrice - erano stati assegnati degli agenti a protezione dell'edificio.
Nessuno era entusiasta della cosa, ma non potevano permettersi il lusso di perdere delle prove importanti; quando avevano ritrovato il quinto corpo, qualche ora prima, era stato immediatamente contattato il Detective Ideo, che aveva insistito per assistere in prima persona all'autopsia.
«Come si chiamava?» domandò Rebecca, cercando di non mettersi a pensare a come avrebbero fatto William e Barto a entrare senza farsi notare.
«Esta, ventiquattro anni, secondo il suo fidanzato era uscita a fare la spesa ieri sera e non è più tornata».
«Povera cara, nessuno si aspetterebbe mai di finire ridotto così...»
«Che schifo» andava intanto sussurrando Bartolomeo a mezza voce.
«Ma oh, veramente, hai visto che cattivo gusto? Quel Detective lì va in giro vestito come un barbone, ma non si vergogna?» rispose Cavendish storcendo il naso in una smorfia di disgusto.
«Intendevo il corpo, imbecille. Quella povera ragazza è stata ridotta veramente male».
«Sì, sì, in questi casi incidono i simboli che la vittima è ancora viva e poi le si taglia la gola e- Cosa? Perché mi guardi così? Vi dimenticate sempre che sono demone!»
«E a cosa cazzo servirebbe una barbarie simile, me lo dici tu?»
«Vittime sacrificali, niente di nuovo. Probabilmente il vostro psicopatico ha evocato un demone troppo potente e per riuscire a tenerlo a bada gli offre queste ragazze in cambio».
«Ma è una cosa terribile!» sibilò Bartolomeo, cercando di non farsi urtare da un agente, dopo tutto era solo invisibile non anche intangibile.
«Stai zitto ora, la sta girando, se il rito è stato compiuto come Lucifero comanda sulla schiena dovrebbe esserci il simbolo del demone a cui è stata sacrifi-cazzo...»
«Sacrificazzo? In che senso?»
Cavendish si rosicchiò un'unghia nervosamente, aggrottando le sopracciglia con aria preoccupata, scosse il capo come a voler negare a sé stesso una verità scomoda, quindi si avvicinò di qualche passo per riuscire a vedere meglio il simbolo inciso sulla schiena della vittima.
«William? William? Will?»
«Shhht, sto pensando».
«Al cazzo?» chiese ironico Bartolomeo, ma quando Cavendish non rispose con una battuta di pessimo gusto capì che la situazione era abbastanza grave.
«Dobbiamo uscire di qui» sibilò «Adesso».
Non aveva finito di dirlo che la stanza prese a tremare e il demone cacciò una bestemmia che avrebbe fatto impallidire tutti i santi del paradiso, afferrò Bartolomeo per una mano e senza pensarci troppo si lanciò su Rebecca gettandola a terra. Quello che avvenne dopo avvenne così rapidamente da risultare confuso nei ricordi dei protagonisti di questa storia.
Il detective Ideo vide la giovane anatomopatologa cadere a terra e fece a malapena a tempo a girarsi verso di lei che dal cadavere riecheggiò una voce cupa e rombante che percorse l'intera stanza e tutti i corridoi.
«Sono il fuoco che arde le carni, sono il sangue che scorre ribollente, sono come lava e quanto essa sono antico. Non c'è fuga, non c'è salvezza, non c'è luce».
Quindi una luce rossastra aveva invaso la stanza, aumentando la temperatura e carbonizzando qualsiasi cosa.
Quando Cavendish si era ripreso, il suo primo pensiero era stato per i suoi umani.
Rebecca, con gli occhi chiusi e le braccia sopra il capo stava sotto il braccio destro, mentre Bartolomeo, allibito, ma abbastanza in sé, stringeva ancora la sua mano, fin troppo vicino al suo viso.
Il demone li fissò per qualche secondo, assicurandosi che fossero ancora tutti interi e che non avessero perso pezzi durante l'esplosione, quindi espirò e la cupola celeste che pareva avvolgerli si dissolse.
Li aiutò a rialzarsi, tenendo stretta Rebecca al petto e senza lasciare la mano di Barto.
«State bene?»
«Che minchia è stato?» domandò il giovane, mentre la sua ragazza annuiva appena.
«Quel bastardo esibizionista figlio di un cane e di una capra. Leviamoci dal cazzo prima che ci veda» sibilò Cavendish.
Nessuno dei due l'aveva mai visto così arrabbiato, a dirla tutta non l'avevano mai nemmeno visto arrabbiato; William era stato spesso irritato, sempre irritante, a volte petulante, altre scocciato, ma mai, mai arrabbiato. Ora i suoi capelli biondi svolazzavano attorno al suo capo, agitandosi come serpenti, si muovevano in ogni direzione, quasi sibilando; i suoi occhi, solitamente azzurri e brillanti, avevano assunto una tonalità grigia opaca che non lasciava presagire niente di buono e le sue mani, le sue mani parevano pronte a tranciare in due qualcuno.
Bartolomeo fece pressione con le dita, cercando di richiamare l'attenzione del demone verso il trambusto che pareva arrivare dall'ingresso principale.
«Siamo invisibili» sibilò il demone, e sibilare fu il verbo a cui pensò il giovane detective privato nel sentirlo parlare.
«Non possiamo uscire dall'ingresso principale, però, c'è troppa ressa».
«Il retro» mormorò Rebecca, trascinandoli con sé.
Probabilmente se Astaroth non fosse stato un demone non sarebbero mai riusciti ad arrivare a casa, per tutto il ritorno fu come se fossero avvolti in una bolla che estrometteva ogni suono e ogni rumore, le persone che incrociavano per la strada non li vedevano, se qualcuno si trovava sul loro percorso cambiava accidentalmente strada all'ultimo. Era come levitare lentamente verso il porto sicuro.
Solo quando arrivarono a casa sia Rebecca che Bartolomeo si concessero il lusso di accasciarsi a terra, lasciandosi andare a un pianto sommesso, la prima, e ad imprecazione di svariato tenore, il secondo.
«Che cazzo è successo là dentro? Chi cazzo era? So che hai riconosciuto il fottuto simbolo su quello schifo di cadavere. Cavendish!»
William stava spostandosi da una parete all'altra della casa, con uno di quei trashissimi pennarelli glitterati di Rebecca, lasciando glifi e sigilli di dubbia origine sulla carta da parati; continuò a ignorarli per dieci minuti buoni, finché Bartolomeo, incazzato come una iena, non si fece coraggio e lo afferrò per il polso, costringendolo a voltarsi.
«Cosa. È. Successo».
Gli occhi del demone mandavano bagliori sinistri, ma rimasero fissi su quelli del giovane e, dopo qualche istante, parvero finalmente placarsi.
«Moloch» mormorò piano «Quello era il simbolo di Moloch»
I due lo guardarono come se avesse appena detto che a natale si vestiva da coniglio e ballava la conga sul divano davanti ai parenti; sospirò, rassegnato, e prese a spiegare.
«Eravamo in Medio Oriente, nella valle di Ben-Hinnon, all'epoca e parlo di veramente millenni fa, camminavamo indisturbati tra i mortali, esigendo vittime, sacrifici, concupendo gli esseri umani e nutrendoci delle loro anime. Erano bei tempi, anche se con il senno di poi direi che c'era troppo sporco e la moda era terribile, ma erano comunque bei tempi e giravamo mescolandoci a voi. Quell'area doveva essere sotto il controllo della mia famiglia e per i primi tempi era stato così, io e mia zia ci divertivamo un mondo, poi arrivò Moloch. Figlio una capre o di un cane infernale, non conosco esattamente il suo albero genealogico e temo che avrei gli incubi se lo conoscessi. In ogni caso, Moloch era quel genere di demone che non vorresti mai avere vicino: era un distruttore, amava il fuoco, le stragi e i sacrifici umani. Invece di raccogliere anime e concupire gli umani preferiva ucciderli e spargere i loro resti in giro. Nessuna classe, ve lo dico io. In particolare aveva una passione per i bambini e le giovani donne, sorvoleremo ora su cosa facesse loro, ma non era piacevole. Quando iniziarono a confonderci con lui io e mia zia, Baal, iniziammo a prendercela a male e lo scacciammo dall'area. Non siamo rimasti in buoni rapporti. Nessuno è in buoni rapporti con Moloch. Ad essere precisi tutti odiano Moloch».
«È un demone?» borbottò Bartolomeo, allontanandosi da lui per aiutare Rebecca a sedersi sul divano.
«Uno dei più antichi».
«E quella che abbiamo sentito era la sua voce?»
«A quello stronzetto esibizionista piacciono le entrate in grande stile» celiò Cavendish, cercando di calmarsi e tornare ad assumere un aspetto meno inquietante.
Il salotto venne invaso da un silenzio pesante, che divenne quasi opprimente quando Rebecca parlò:
«Sono tutti morti» mormorò passandosi una mano sugli occhi «Ideo, Baby F., persino quel poliziotto gentile con i capelli blu».
«Bec...»
Rebecca lo interruppe con un gesto, alzandosi di scatto e correndo in camera, chiudendo la porta dietro di sé con uno tonfo sordo.
«Mi dispiace, Barto» borbottò Cavendish, evidentemente poco avvezzo a scusarsi, soprattutto con i mortali, gli appoggiò la mano sulla spalla e lasciò che il ragazzo sospirasse piano.
«Che cosa facciamo adesso?»
«Sarebbe meglio non fare niente».
«William, c'è uno psicopatico che gira per Dressrosa, uccidendo ragazze per sacrificarle a un demone millenario che per coprire le prove a carbonizzato l'intero obitorio. Non possiamo lasciarlo continuare così».
La stretta della mano di Cavendish sulla sua spalla si fece più forte e lentamente i suoi occhi tornarono dell'azzurro acceso a cui tutti si erano abituati.
«Non voglio rischiare».
«Cosa? La tua vita? Sei immortale, ti ricordo».
«No, la mia vita è una noia infinita, non voglio rischiare le vostre. Siete i miei umani».
C'era qualcosa di inquietante nelle sue parole, ma Barto capì che Cavendish non sarebbe mai stato in grado di esprimere appieno il suo affetto e che quello era il massimo che avrebbero ottenuto da lui.
«Will, non possiamo lasciarlo andare avanti così, potrebbe fare del male a qualcun altro… a Rebecca per esempio» cercò di fargli capire il ragazzo, appoggiando a sua volta la mano su quella del demone.
I capelli di Cavendish si appiattirono di botto, perdendo ogni traccia di vita propria, tornando ad essere una massa delicata di boccoli lungo la schiena.
«Non oserebbe...»
«Ma se lo facesse? Ha firmato lei il referto autoptico dei di tutte le vittime e Moloch ha già cercato di ucciderla due volte, e -»
«E sa che faccia ha» concluse per lui William.
«Sa cosa?» Bartolomeo abbassò la voce, temendo che la giovane potesse udirli dalla stanza a fianco e di conseguenza turbarsi ulteriormente.
«Moloch ha una certa dose di potere sulle vittime che gli vengono sacrificate, una volta che sul corpo è stato inciso il suo marchio, beh, quel corpo gli appartiene e può vedere attraverso i suoi occhi e udire attraverso le orecchie. Sa che faccia ha Rebecca, e temo che verrà a prenderla».
«Se pensa che glielo lascerò fare si sbaglia di grosso».
«Lo so, lo so. Devo solo trovare un modo per esorcizzare quel suo puzzolente culo caprino».
«William» annuì Bartolomeo, sempre a mezza voce «Non dire niente a Rebecca, non ancora. Non voglio che si preoccupi, non più di così».
Rebecca era seduta contro il muro, al buio; le gambe erano strette al petto e il viso era affondato nel cuscino, appoggiato in bilico sulle sue ginocchia. Le ultime settimane erano state particolarmente impegnative, ma a loro modo piacevoli e solo ora la ragazza si rendeva conto che quella situazione surreale era molto più inquietante e pericolosa di quanto non avesse pensato inizialmente.
Dopotutto Cavendish, proprio come quel tale Moloch, era un demone, ed era da ingenui pensare che le loro vite sarebbero potute andare avanti come prima; era stata così naive a credere che William potesse rimanere senza che la cosa comportasse sconvolgimenti nella loro esistenza.
Scosse il capo, asciugandosi le lacrime.
No, non era William il problema, il problema erano i corpi carbonizzati dei suoi amici nel suo ufficio. Oddio, prima o poi qualcuno sarebbe venuto a fare domande e lei cosa avrebbe risposto? Come si sarebbe giustificata?
La porta della stanza si aprì leggermente e nel quadrato di luce che illuminò la stanza riuscì a distinguere le figure dei due uomini che erano rimasti nell'altra stanza.
«Possiamo entrare?» chiese con dolcezza Bartolomeo.
Annuì piano; non voleva rimanere sola, ogni volta che chiudeva gli occhi le comparivano davanti agli occhi i corpi carbonizzato di Ideo e Blue Gilly.
Bartolomeo si sedette al suo fianco sinistro e Cavendish levitò fino alla sua destra, accarezzandole i capelli con gentilezza.
«Mi dispiace, principessa» disse con inaspettata delicatezza «Ma nessuno di noi avrebbe potuto evitarlo».
Rebecca strinse i pugni e lo fisso con gli occhi che lampeggiavano.
«Avresti potuto salvare anche gli altri».
«Forse sì, ma non erano una priorità ai miei occhi come lo siete voi» replicò il demone scrollando le spalle con indifferenza.
«Se non ti avessimo evocato, a quest'ora sarebbe tutto diverso!»
«Sareste morti, con tutta probabilità. E morti male».
«Bec, non è colpa sua. Cavendish ha fatto quello che poteva e Moloch era in giro da ben prima che io mi mettessi a pasticciare con i sigilli e i glitter. Se non ci fosse stato Moloch a diffondere magia in giro non avremmo avuto nemmeno la forza di cominciarla un'evocazione».
«Già, e a proposito di magia, non volevo dirvelo, ma ora puzzate entrambi di magia oscura, come se foste stati immersi nel pozzo dei faerie per una settimana».
«Il cosa?» domandò Barto, accarezzando la schiena della sua ragazza.
«Il pozzo dei faerie, le fate. Ma è normale, voi umani siete come delle spugne, solo che di solito siete abituati ad assorbire acqua, quindi non vi accorgete di assorbire magia, e mi chiedo come possiate non accorgervene dopo essere sopravvissuti a un incantesimo di distruzione come quello di oggi».
Rebecca abbassò lo sguardo e artigliò le mani sul cuscino.
«Quindi non andrai via?»
Cavendish si zittì di colpo, scambiandosi uno sguardo stupito - e vagamente ferito - con Bartolomeo.
«No… Io, ecco, presumo di noi, c'è ancora troppo potere che mi tiene ancorato qui».
«Non te ne andrai nemmeno se ti ho implicitamente detto che è stata colpa tua?»
«Rebecca...»
«No, non me ne andrò».
La giovane scoppiò a piangere, afferrando una delle mani eburnee del demone e stringendosela al petto.
«Meno male» mormorò piano, afferrando quindi anche una delle mani di Bartolomeo «Non so proprio come farei senza di voi. Non lo so davvero».
Cavendish per qualche secondo si dimenticò di levitare e cadde con il sedere per terra. Nessuno gli aveva mai detto una cosa così carina da quando Lucifero lo aveva convinto a seguirlo nella rivolta contro il cielo, e quello era stato beh, qualche milione di anni prima. E non è che Luci fosse proprio, proprio un poeta, probabilmente gli aveva detto qualcosa che c'entrava con il suo culo.
«Siete gli umani più carini con cui abbia mai avuto a che fare» sbottò imbarazzato, mentre Bartolomeo gli prendeva la mano.
Erano uno strano triangolo di strani individui seduti in cerchio su un tappeto a fiori in un pomeriggio freddo di uno strano inverno; tenendosi per mano, con le fronti vicine le une a quelle degli altri, promisero che sarebbero venuti a capo della questione.
«Voglio fermare Moloch» sussurrò Rebecca, con decisione inaspettata.
«Potrebbe essere pericoloso, Bec».
«E da quando ti tiri indietro di fronte alla possibilità di cacciarti nei guai indagando su un caso?»
Da quando potremmo entrambi perdere te, pensò il giovane.
«Beh...» si intromise Cavendish, aggrottando leggermente le sopracciglia, come chi ha appena realizzato qualcosa a cui non aveva pensato prima «Se proprio ne sei convinta, un modo ci sarebbe, ma devo avvisarvi, sarà pericoloso».
«Cosa stiamo aspettando?»