Storia scritta per il
p0rn fest #6 indetto da
fanfic_italia, sul prompt [ORIGINAL] F/M, sesso sul divano, e per la IV edizione della
Maritombola indetta da
maridichallenge, sul prompt numero 26 ("Il giorno della verità" - Negrita) della
mia cartellina. <3
Warnings: Twincest. Sesso quasi descrittivo. Fluff.
Sono i soliti due gemelli, sì.
Non avevo mai scritto tanto, mi sento quasi esaltata. *__* *scodinzola*
Il banalissimo titolo è un verso da "
Please forgive me" di Bryan Adams. :3
Comprare a tua sorella quella divisa da cheerleader è stata l’idea migliore che ti potesse mai venire.
Certo, riuscire a convincerla a non cambiarsi in negozio è stato piuttosto faticoso, ma alla fine ne è decisamente valsa la pena.
Perché è ormai quasi un’ora che tua sorella sta ridendo e ballando in salotto sulle note di una raccolta di canzoni natalizie con indosso solo quella divisa e, ad esclusione del fatto che è pieno inverno e non ti spieghi come faccia a non battere i denti per il freddo, la cosa potrebbe anche risultare tutto sommato irrilevante se Lucie, dopo essersi cambiata nell’ingresso perché no, proprio non ce la faceva ad aspettare oltre, non si fosse poi rifiutata di rimettersi anche le mutandine.
Per cui è quasi un’ora che Lucie sta girando per la casa senza mutande ed è quasi un’ora che tu la stai fissando senza ritegno, fingendo intanto di digitare parole a caso sul portatile, seduto sul divano.
Forse dovresti sforzarti perlomeno di fingere di trovare la cosa indecente e anormale, ma, francamente, poco te ne importa, giunti a questo punto.
Chiudi la posta dopo aver terminato d’inviare anche quest’anno gli auguri di Natale al nonno che vive oltreoceano e che ha promesso di venirvi a trovare durante le vacanze di Pasqua, poi risollevi lo sguardo ed intercetti quello di tua sorella, che sta rientrando in salotto proprio in quel momento, dopo essere andata in cucina a fare chissà cosa.
Ride felice e si sistema la minigonna, correndoti poi incontro.
La accogli con piacere tra le braccia e sposti intanto con un piede il tavolino su cui c’è il computer, per permetterle di accomodarsi meglio sulle tue gambe.
Le accarezzi il solco tra le natiche e Lucie ansima e ride insieme, prima d’intrecciare le dita ai tuoi capelli e baciarti come se non ci fosse un domani.
« Questo non è il momento in cui, di solito, mi rimproveri che non dovrei comportarmi così? » ansima, respirando direttamente nella tua bocca.
Scende con una mano ad accarezzarti la nuca, mentre tu le stringi le natiche tra le dita e ti allunghi a baciarle il mento con gentilezza.
« Sì, di solito sì » sussurri, sorridendo ad un soffio da quelle sue labbra perennemente screpolate che passeresti la vita a succhiare per tenere idratate, se potessi.
« Dovrei » aggiungi, e dovresti sul serio sforzarti di trovare tutto questo - tutto quello che siete - abominevole e mostruoso e mille altri aggettivi che, con gli anni, hanno perso completamente il loro significato, alle tue orecchie.
Forse, alla fine, il vero problema è tutto lì: se fossi una persona normale non dovresti affatto sforzarti di pensare tutte quelle cose perché ti verrebbe naturale.
Tua sorella non lo è più da tempo, normale, - forse non lo è mai stata davvero, sebbene non nel senso in cui intenderebbero tutti nello scoprire cosa fate abitualmente sotto le lenzuola - e tu hai finalmente capito che non muore nessuno, se ogni tanto ti permetti per un po’ di essere come lei; basta solo che conservi il minimo di senso della realtà indispensabile alla sopravvivenza, tutto qui.
Perché, probabilmente, normale non lo sei mai stato nemmeno tu, ma va bene così, hai sempre invidiato la spaventosa capacità che ha Lucie di ridurre tutto il suo mondo a nient’altro che te e vivere solo in funzione di quello.
« Dovrei » ripeti, « ma va bene così ».
Lucie ti guarda senza capire, continuando ad accarezzarti i capelli, e tu decidi che ancora una volta non importa, ci sarà tempo dopo per le spiegazioni. Quando le sarai venuto dentro ancora e ancora e ancora e lei, finalmente soddisfatta, si raggomitolerà contro il tuo corpo, stringendoti il braccio per paura che tu possa sparire mentre dorme.
Soltanto allora, forse, le bacerai la fronte, sorridendo, e la ringrazierai fino alla nausea per averti insegnato almeno un po’ ad amare con la sua stessa incoscienza.
Per il momento, va bene così.
Le lecchi il mento e il labbro inferiore, poi scendi lungo il collo, seguendo la lieve sporgenza delle ossa, fino all’attaccatura con la spalla, che mordi con sufficiente decisione da strapparle un tremito.
« Va bene così, Lucie. Tu mi vai bene così » sussurri, e nello stesso istante in cui sollevi appena la testa ed incroci il suo sguardo confuso e quasi divertito capisci che per lei le tue sono solo parole vuote. Che nella sua testa quella consapevolezza già c’è, ma solo perché il suo cervello non è in grado di sopportare nessun altra alternativa.
L’ipotesi che tu possa non amarla o accettarla o semplicemente riconoscerla come la persona più importante della tua vita è più spaventosa della morte stessa, e per cui il suo cervello non l’ha nemmeno formulata. C’è un motivo se tua sorella non riesce a capire che è sbagliato picchiare una sua coetanea perché ti ha chiesto in prestito una matita ma si spaventa appena tu alzi anche solo di poco la voce.
La baci prima che possa ribattere alcunché e nell’attimo in cui le vostre lingue cominciano ad intrecciarsi sei certo che Lucie abbia già dimenticato cosa volesse dirti.
Ti si aggrappa alle spalle, schiacciandosi contro di te come se non desiderasse altro che venire inglobata dal tuo corpo, e tu le circondi la vita con un braccio e te la stringi addosso più che puoi.
Quando vi staccate, Lucie ha le guance di un’adorabile tonalità pesca e gli stessi occhi innocenti e felici di una bambina la mattina di Natale.
Ti sorride, sfiorandoti una guancia come se fossi fatto di vetro, e tu non puoi fare altro che innamorarti un altro po’ di lei.
« Non chiamarmi Lucie » sussurra.
Ti limiti a sorridere, baciandole una tempia.
« Stai tremando » realizzi nel momento in cui cominci lentamente ad affondare l’indice nel solco tra le sue natiche.
Lucie ride e ti bacia di nuovo, spingendo il bacino indietro per accogliere il tuo dito un po’ più a fondo.
« Oggi è l’ultimo dell’anno. Anche se papà Haya ci ha accesso il camino, prima di trascinare papà ‘muii al party organizzato dalla nonna, ed il riscaldamento continua da andare da stamattina, fa freddo con indosso solo questa divisa » ti spiega con sincerità, succhiandoti intanto il lobo di un orecchio.
Tu aggiungi intanto all’indice anche il medio, ma, sebbene renderti conto di che reazioni straordinarie riesce ad avere il corpo di tua sorella quando sei tu a toccarlo è una delle cose di Lucie che ti eccita di più, la preoccupazione nei suoi confronti che sei costretto a tenere sempre sotto mano per evitare che si faccia male torna a galla davanti alla sua spiegazione.
« E perché lo hai fatto, allora? »
Lucie si sposta a leccarti e succhiarti l’altro orecchio come fosse un cioccolatino, mentre ti accarezza il collo con entrambe le mani ed inizia a spingersi contro le tue dita.
« Perché così mi hai guardato » ansima.
Comincia inconsciamente ad agitarsi un po’, alla ricerca di una posizione che le dia più piacere, e tu la conosci a sufficienza da sapere quello che vuole.
La accontenti, muovendo un po’ più veloce le dita dentro e fuori dal suo corpo, ma le prendi il viso con la mano che hai ancora libera.
« Stupida » la ammonisci bonariamente, ma con abbastanza fermezza da sperare che almeno questa volta capisca di aver esagerato. Sai che non succederà, non è nemmeno colpa sua, alla fine, ma se non continuassi testardamente ogni volta a provarci non sareste mai sopravvissuti tanto a lungo.
« Ti guardo sempre ».
« Lo so » ride felice, baciandoti poi uno zigomo.
Torna ad aggrapparsi alle tue spalle e si lascia andare ad un breve gemito compiaciuto, inarcando appena la schiena.
« Ma oggi mi hai guardato più del solito ed avevo voglia di provarla subito. E poi ti è venuto duro prima, rispetto alle altre volte; ti ho visto, ad un certo punto, che sei stato tentato di toccarti. Puoi farlo, la prossima volta, lo sai che mi piace guardare mentre ti tocchi ».
Non puoi fare a meno di ridere, nonostante tutto, perché tua sorella è così: o la accetti, o ne vieni sopraffatto.
« Lo so ».
Le mordi il collo e lei sorride con negli occhi la stessa innocente felicità che ha sempre, tutte le volte che ti guarda, e che, forse, è anche un po’ il motivo per cui la ami tanto.
« Se domani mi viene la febbre, mi curi? »
« Certo » la rassicuri guardandola negli occhi, prima di sollevarle la canottiera con la mano che hai libera e chinarti a catturare un capezzolo turgido tra i denti.
Ci giochi con la punta della lingua solo per il gusto di sentirla ridacchiare e contorcesi tra le tue braccia come un serpente, poi lo tiri ed infine lo succhi.
Lucie si aggrappa con una mano al lenzuolo che ricopre il divano e ti appoggia l’altra sulla testa, gemendo decisamente più forte rispetto a prima, compiaciuta e felice.
« Apriti i pantaloni » ansima, socchiudendo gli occhi.
Tu ti allontani di malavoglia dal suo seno e la accontenti, slacciando il bottone ed abbassandoti la zip dei jeans, ma quando fai per risollevarle nuovamente la canottiera, lei ti ferma.
Sposta indietro il sedere per riuscire ad abbassarsi il tanto sufficiente perché il suo viso sia più o meno alla stessa altezza del tuo e tu sei costretto ad allungare il braccio in una maniera un po’ scomoda perché, altrimenti, dovresti sfilare le dita dal suo corpo e sai che lei non approverebbe.
« Sembra quasi pulsare » mugugna in tono lamentoso.
Si porta una mano tra le gambe e dal gemito che emette subito dopo immagini si sia appena stuzzicata il clitoride.
« È bagnata e bollente, ho voglia di sentirti spingere forte, tanto forte, come la notte scorsa, nella doccia » ansima.
Torna ad aggrapparsi alle tue spalle, ti bacia come se la sua vita dipendesse da quello e tu ricambi con urgenza, perché la posizione non ti permette di fare di più e hai l’uccello talmente duro che probabilmente verrai di lì a poco nelle tue stesse mutande.
Ti prende la mano che hai libera e se la porta tra le gambe, senti l’indice bagnarsi quando scivola con facilità dentro di lei fino all’ultima falange.
« Voglio che entri qui e che spingi e spingi e spingi » piagnucola.
Porta indietro un braccio e sfiora con le dita il dorso della tua mano che si sta ancora muovendo tra le sue natiche.
« Ma voglio anche che mi penetri qui con qualcosa di più grosso, di due dita ».
La baci e Lucie si lascia scappare un singhiozzo quando sfili nello stesso momento le dita dal suo sedere e dal suo sesso.
« Cosa facciamo? »
« Tutto quello che vuoi » ansimi.
La baci ancora e ancora, stringendotela forte addosso come se fossi tu, questa volta, a temere di vederla sparire da un momento all’altro.
« Posso scoparti anche tutta la notte, se vuoi. Posso farti tutto ».
Lucie ti bacia di nuovo e ti si struscia addosso, stringendo forte i tuoi capelli tra le dita e quando vi staccate ha il volto stravolto e arrossato, e gli occhi talmente lucidi che sembra sia sul punto di piangere.
« Tutto? » sussurra, sorridendo eccitata ed accarezzandoti la guancia.
« Tutto » confermi.
« Voglio che mi vieni dentro senza il preservativo ».
Sospiri; perché da quella prima volta che le hai permesso di provare, a Lucie è piaciuto così tanto che da allora tenta quasi sempre di convincerti a non usarlo ed in questo momento non hai sul serio le forze per importi sulla sua volontà, anche se conoscete entrambi i rischi.
O almeno, tu li conosci mentre hai il sospetto che il suo cervello non li abbia realmente registrati.
« Lo sai che è pericoloso » tenti senza troppe speranze, già sapendo che non ti ascolterà.
« Allora vienimi qui » ansima tua sorella.
Scivola via dal tuo abbraccio e si sdraia sul divano a pancia in su.
Sorride ed allarga le gambe per quanto la posizione scomoda glielo consenta, poi si afferra le natiche e cerca di scostarle in maniera tale che il suo orifizio sia ben in vista.
« Scopami qui, così non c’è pericolo che rimanga incinta ».
« Ma posso sempre passarti delle malattie » ribatti, ma lo fai che ti sei già sfilato mutande e pantaloni ed hai già praticamente cominciato ad entrare dentro di lei.
Lucie sorride felice e geme forte quando sente il tuo sesso penetrarla, anche se più lentamente e con un po’ più di difficoltà rispetto al solito.
Stringe i denti e si contorce artigliando il lenzuolo che ricopre il divano.
Il suo corpo è talmente bollente che ti sembra di aver appena appiccato un incendio nel tuo bassoventre con le tue stesse mani ed è talmente stretta che sei costretto a fermarti a metà perché ti gira la testa.
Lucie, evidentemente, interpreta male il tuo comportamento perché un attimo dopo ti pianta le unghie nelle spalle, strappandoti un sibilo di dolore, e ti attira a sé.
« Non fermarti, non fermarti, sto bene ».
Vorresti spiegarle che non è per quel motivo, che ti sei bloccato, ma ti manca la forza di farlo e, forse, anche la voglia.
La baci e riprendi a spingere finché non sei entrato completamente dentro di lei.
Come avevi immaginato, non duri molto. Ti sforzi di resistere il più a lungo possibile perché Lucie sembra apprezzare più del solito, questa sera, e ti piace vederla felice, ma rimanere tutto quel tempo a fissarla senza fare niente non ha affatto giovato alla tua eccitazione.
Le vieni dentro come ti aveva praticamente supplicato di fare, mordendoti un labbro per non gridare, poi ti accasci su di lei come un giocattolo dalle pile scariche.
Hai giusto la prontezza di riflessi di appoggiare i gomiti ai lati del suo viso per non caderle addosso, poi chini la testa e semplicemente respiri, senza avere la forza di fare di più.
Senti Lucie ridere ed accarezzarti un orecchio, e quando sollevi le palpebre il tanto sufficiente per riuscire a vederla, ti sorride felice.
Si allunga a baciarti la fronte e ride di nuovo.
Sai che non è venuta perché tua sorella ha la strana particolarità di avere le orecchie che le si tingono di rosso come due peperoncini ogni volta che ha un orgasmo, e per quanto in questo momento abbia un aspetto decisamente stravolto ed eccitato, non sono ancora abbastanza rosse.
Ti concedi giusto un altro minuto per riprendere fiato, poi ti sfili dal suo corpo.
Lucie mugugna contrariata e, probabilmente, apre la bocca per rimproverarti, ma tu ti chini a morderle il naso con gentilezza.
Cominci a spostarti verso il basso, seguendo con la punta del naso il suo profilo, e scendi fino alla minigonna della divisa che, a causa dei vostri movimenti, si è tutta stropicciata.
Ti fermi ad un soffio dal suo sesso ed alzi lo sguardo per incontrare il suo.
« Posso ? »
Lucie trema e sorride eccitata, poi annuisce.
Appena cominci a leccarla geme forte e reprime a fatica l’istinto di accartocciarsi su se stessa.
Ripeti con più calma ed attenzione lo stesso trattamento che prima avevi riservato al suo capezzolo, più volte, finché non la senti irrigidirsi e lasciarsi andare al suo solito gemito strozzato che tanto ti piace.
Le dai un ultimo bacio sulla coscia, prima di sollevarti sui gomiti.
A riprova del fatto che è effettivamente venuta, adesso le sue orecchie sono talmente rosse da sembrare due palline di Natale.
Sorridi, mentre ti sposti in maniera tale che il tuo viso torni alla stessa altezza del suo, poi ti chini a sfiorarle la punta del naso con il tuo.
« Hai le orecchie rosse » sussurri.
Lucie mugugna qualcosa d’indefinito e ti circonda le spalle con le braccia, stringendoti a sé.
« Mi scoperai davvero tutta la notte? »
« Se è quello che vuoi, sì. Magari dammi prima un po’ di tempo per riprendermi ».
La senti ridacchiare contro il tuo collo e, per un secondo, ti sorprendi a non desiderare altro che prenderle il viso tra le mani e continuare a baciarla fino all’alba.
« Ho freddo » borbotta e questa volta è il tuo turno, di ridacchiare.
Le baci una spalla, prima di metterti seduto.
Ti ripulisci in maniera molto sommaria con un fazzoletto di carta, poi ti rivesti rapidamente perché, per quanto il calore del fuoco possa essere piacevole, fa davvero freddo e non capisci come faccia Lucie a non tremare come una foglia vestita solo di quella divisa leggera.
Chiudi la cerniera dei jeans ma lasci slacciato il bottone, poi prendi una mano di tua sorella e ti alzi in piedi, trascinandotela dietro.
« Con questa divisa sei uno schianto, ma credo sia meglio che ti infili qualcosa di più pesante » la ammonisci. « Prometto di scoparti qualunque cosa indosserai, anche la più vecchia e orribile, l’importante è che non ti ammali ».
Lucie gonfia appena le guance e ti si stringe nuovamente addosso appena le è possibile.
« Se vuoi posso prestarti una delle mie felpe ».
Tua sorella solleva la testa e tu la baci, poi ti appoggia il mento sul petto e semplicemente ti guarda.
« Però dopo me la togli, anche ».
« Però dopo te la tolgo » acconsenti sorridendo, e lei ride.
Ti segue lungo il corridoio tenendoti la mano come se ti stesse accompagnando a fare una passeggiata nel parco e scioglie a malincuore la stretta solo una volta giunti in camera.
Spalanca la tua metà di armadio e comincia ad osservare i diversi capi piegati che sono sistemati sui vari ripiani con negli occhi la stessa luce che, in genere, sei abituato a veder brillare nello sguardo delle altre ragazze solo quando si fermano a rimirare la vetrina di una gioielleria.
Quella visione ti toglie per un attimo il respiro. Perché tua sorella è bellissima e adorabile e mille altre cose più o meno positive, ma ti ama con una forza ed una devozione spaventose, ed ogni tanto temi di non essere in grado di riuscire a ricambiarla con la stessa intensità che lei si aspetta.
Deglutisci e ti sforzi di ricacciare quel pensiero nelle profondità del tuo subconscio, dove dovrebbe stare, poi la raggiungi.
Le pizzichi una natica solo per il gusto di sentirla ridere, poi afferri il primo maglione che ti capita.
« Che ne dici di questo? » proponi.
Lucie scuote la testa e si allunga, invece, per riuscire a recuperare qualcosa dal fondo del ripiano più alto.
« No, questo. È più bello » trilla felice e ti mostra un’orribile felpa di un’inguardabile verde bottiglia, con il muso di una renna dal naso rosso ricamato sul davanti.
È il classico regalo di Natale che una madre potrebbe fare al figlio ormai cresciuto e che vede giusto nel periodo natalizio, solo che nel vostro caso è stato quasi certamente Suzumiya, il compagno di vostro zio, a regalartela, e molto probabilmente solo per farsi quattro risate nel vedere la faccia dei vostri genitori contorcersi dal disgusto.
Eri abbastanza convinto che papà ‘muii se ne fosse sbarazzato da tempo, per questo rimani un po’ sorpreso nel rivederla dopo tutti quei mesi.
Inarchi un sopracciglio d’istinto.
« Quella? » sbotti senza pensare, disgustato. Per una volta sei d’accordo con tuo padre.
Lucie fa spallucce.
« A me piace » borbotta, gonfiando impercettibilmente le guance.
Per un attimo temi che possa esserci rimasta male e sei già sul punto di tranquillizzarla e dirle che sei sicuro le starà comunque benissimo, quando lei sorride e te la molla tra le mani.
Si spoglia senza troppi complimenti e getta a terra gli indumenti alla rinfusa, senza preoccuparsene - il che ti ricorda improvvisamente che quelli che ha indossato per uscire sono ancora sparsi sul pavimento dell’ingresso, ed è meglio se li fai sparire prima del rientro a casa dei vostri genitori -, poi si riprende le felpa e se la infila.
Essendo gemelli, anche se di sesso diverso, i vostri corpi non si sono sviluppati in maniera troppo diversa e dato che è un regalo di almeno due anni fa, l’indumento le va un po’ corto di maniche e la copre a malapena fino a metà sedere.
Deglutisci perché alla fine avevi ragione, è bellissima anche con quella mostruosità addosso, ma è abbastanza evidente che le stanno ancora tremando le gambe per il freddo e, per quanto tu possa trovarla sexy, è rimasta già abbastanza mezza nudo, per oggi.
« È morbida » mugugna Lucie, compiaciuta. «Però fa lo stesso freddo ».
Sbuffi un sorriso e ti chini ad aprire il cassetto dove tieni le tute e gli abiti di casa.
« Che pantaloni preferisci? »
« Nessuno, non li voglio ».
« Lucie » la riprendi con quasi lo stesso tono di voce che potrebbe assumere un padre molto paziente davanti ai capricci insensati della figlia piccola.
« Non chiamarmi Lucie! » ti ammonisce subito lei, quasi arrabbiata.
Chiudi gli occhi per una manciata di secondi, sospirando, poi ti volti e le sorridi.
« Sorellina » la punzecchi, ben sapendo che non apprezza molto quel nomignolo, ma lo preferisce comunque al suo nome, « siamo a Dicembre, finirai con l’ammalarti. E poi non hai appena detto che hai freddo? »
Lucie sbuffa e corre via, verso il tuo letto, dove si lascia poi cadere di peso.
Si infila sotto le coperte e ti sorride.
« Così va meglio ».
Allunga le braccia verso di te e ti fa segno di avvicinarti.
« Scaldami ».
Scuoti la testa sbuffando comunque un sorriso, ma ancora preoccupato che si possa ammalare seriamente.
La raggiungi e ti infili sotto le coperte, al suo fianco.
Lucie ti abbassa la cerniera dei jeans mentre tu sistemi meglio il piumone sopra i vostri corpi, ma poi si limita ad abbracciarti forte ed affondare il viso nell’incavo della tua spalla.
Le affondi una mano nei capelli e le baci la fronte.
« Tanto hai detto che se mi ammalo mi curi tu, no? » sussurra e tu sei quasi certo di riuscire a sentirla sorridere attraverso la pelle.
Sì, e lo faresti con forse solo un pelo di frustrazione per il fatto che non ti ascolta mai. Inoltre non sarebbe poi così diverso dall’averla costantemente intorno tutto il giorno, come succede di solito, se è una semplice influenza.
Ma da quando, a dodici anni, Lucie si scoprì allergica alle fragole e passò un’intera nottata con la febbre molto alta e le unghie piantate nel tuo braccio, a supplicarti di perdonarla per il suo essere così inutile ed invadente e di averti rovinato la vita, c’è la possibilità concreta che possa ricapitare di nuovo tutte le volte che si ammala e questa cosa ti terrorizza.
Quella volta ti sembrò così fragile e spaventosamente consapevole della realtà che ti salì il cuore in gola.
Non chiudesti occhio tutta la notte per paura che si potesse buttare dalla finestra se solo tu avessi smesso di guardarla ed anche se Lucie tornò entro pochi giorni quella di sempre, apparentemente senza serbare alcun ricordo dell’accaduto, a te è rimasta, comunque, addosso tutta la paura che provasti in quel momento e, forse, anche un po’ della sua.
Dopotutto è questo quello che fai da tutta la vita: senti anche per lei quello che il suo cervello non è in grado di farle provare.
Le baci nuovamente la fronte, accarezzandole intanto la tempia con il pollice.
« Certo, anche perché sei l’unica disposta ad assaggiare quello che cucino ».
Tua sorella scoppia a ridere contro il tuo petto e tu chiudi gli occhi per goderti fino in fondo la sua felicità.
« Ma quello che cucini è buono! » ribatte, quasi oltraggiata.
Appoggia il mento sul tuo sterno e gonfia in maniera esagerata le guance.
« Chiunque dice il contrario non capisce niente ».
Sorridi e vorresti chinarti a baciarla, ma ti trattieni senza un motivo preciso.
Poi Lucie socchiude le palpebre e ti guarda con negli occhi un amore così intenso che, per un attimo, trattieni il respiro senza rendertene conto.
« Morirei, senza di te ».
Sorride e tu sai che è sincera, perché Lucie è così. Il suo amore è troppo intenso, troppo profondo, troppo totalitario, per una persona sola, e lei non se ne rende neanche conto.
Non lo fa apposta - è l’unica realtà che è in grado di vedere, dopotutto - e da quando lo hai accettato, è diventato sorprendentemente più facile riuscire a starle vicino e a lasciarsi sopraffare senza soffocare.
« Ti amo ».
« Io di più ».
Già, lei di più.
Adesso lo sai, lo sai davvero, e va bene così.
Lucie ti sfiora il mento con i polpastrelli con quella che riesci a catalogare solo come pura devozione, poi sorride.
Ti prende la mano con cui le stavi accarezzando la testa e se la porta tra le gambe.
« Tutta la notte » sussurra.
« Anche tutta la vita, se vuoi ».
« Lo voglio ».