Titolo: {Yume} ~Sogni Incompresi
Rating: Pg
Words: 386 (
fiumidiparole)
È pieno giorno; su questo è sicura.
Non saprebbe dire che ore siano, però; le tre, le quattro. Poco importa, comunque.
Il suo adorato fratellino, un bellissimo bambino di pochi mesi, dorme sereno nella sua culla, i pugnetti chiusi vicino al viso e le labbra incurvate in una strana smorfia.
Lei stessa ha aiutato ”papà Haya”, qualche ora prima, a rimboccargli il lenzuolino ricamato fin sulle spalle.
Lentamente allunga l’indice e preme a caso uno dei tanti tasti colorati sul telecomando. Il programma di pochi secondi prima si interrompe bruscamente, sostituito da uno strano cartone che la bambina comincia a guardare distrattamente, annoiata.
Si sente immersa in una strana atmosfera ovattata, quasi irreale. Come un sogno.
Inclina di poco la testa di lato e sbuffa in silenzio, stufa.
Qualcuno ha inspiegabilmente spostato il lettino di Edward in salotto; adesso giace lì, vicino al divano, a pochi metri da lei.
Mentre la piccola segue, senza particolare interesse, la spugna parlante sullo schermo, il neonato emette una specie di gorgoglio prima di scoppiare in lacrime.
Hayate si affretta ad asciugarsi le mani per raggiungerlo e controllare la situazione ma sua figlia è più veloce.
Scatta in piedi all’improvviso facendo così cadere in terra il telecomando e, con la fatica dovuta alla sua piccola mole, prende in braccio il fratellino. Poi, senza alcun motivo apparente, esce sul balcone e lo lascia cadere oltre la ringhiera, nel vuoto.
Hayate accorre pochi secondi più tardi, trafelato e, con il panico a sporcargli le iridi smeraldine, le si avvicina. Lei, calma, sussurra un “non preoccuparti, papà” che fa gelare il sangue nelle vene dell’uomo, che colpisce con un potente schiaffo la guancia della sua bambina per poi accasciarsi sul pavimento e scoppiare a piangere.
È notte fonda.
Lucie socchiude un occhio. Sente uno strano peso schiacciargli la testa, come quando ha la febbre.
Cullata dal respiro regolare del gemello rannicchiato al suo fianco esce dalle coperte e raggiunge a tentoni il bagno dove, seduta scompostamente sulla tazza color crema, urina osservando il nulla.
Tornerà a letto e si riaddormenterà senza problemi, stretta la petto di suo fratello. Passerà, però, l’intera giornata seguente con il rimorso di non aver mai avuto la possibilità di spiegare a suo padre che lei voleva solo proteggere il suo fratellino dal ragnetto che aveva intravisto intrufolarsi tra le sue lenzuola e di cui sapeva Edward avere una paura che rasenta la fobia.
Poi dimenticherà.
Titolo: Dolce contrattempo
Rating: Pg-13
Words: 464 (
fiumidiparole)
Kamuii apre la porta di casa quasi con un calcio e comincia a sbraitare contro il mondo; ad ascoltarlo solo il divano e la sua camicia nuova, spiegazzata, già lanciata sul tavolino del salotto.
È tremendamente in ritardo. E non ha voglia di tornare al lavoro. Tutta colpa di quello stupido di Suzumiya!
Si spoglia in fretta e furia mentre arranca a passi pesanti verso il bagno; arrivato alla porta ha già perso i boxer chissà dove e un leggero fiatone.
Spalanca nuovamente un’altra porta, borbottando parole sconnesse e il rumore assordante dell’acqua che sbatte contro il piatto della doccia lo porta ad una sola - ed unica - amara constatazione: suo marito sta occupando il bagno. Adesso.
Più o meno nello stesso istante si rende conto di non aver sentito il suo canto incredibilmente intonato disperdersi dalla cucina, come ogni sera quando rientra. Dimentica quel particolare pochi istanti più tardi e, alzando le spalle, socchiude l’anta scorrevole e si infila nella doccia.
Ad Hayate, per poco, non viene un infarto nel ritrovarselo davanti.
- K-Kamuii! - strilla. - Che diav- cosa ci fai qui dentro?! - continua, agitato. Avvampa totalmente, conscio di essere indifeso, alla sua mercè, e si rannicchia nell’angolo per fargli spazio, d’istinto.
L’uomo nemmeno lo degna di un occhiata; borbotta un “sono in ritardo” mal capibile e comincia a lavarsi. Hayate, intanto, tenta, invano, di riprendere un colorito normale. Passata la confusione iniziale riprende anche lui a strofinarsi i capelli, seppure quel fastidioso rossore sulle gote non sembra volersene andare.
Nell’allungarsi a prendere lo shampoo, Kamuii sfiora, involontariamente, una spalla del marito; e si accorge di non essere solo, finalmente.
Sposta gli occhi dal muro al viso di Hayate; il sopracciglio destro si è inarcato di qualche centimetro.
- Che ci fai qui? - chiede, perplesso. Il rosso sospira; non sa se piangere o ridere.
- Dovrei essere io a farti questa domanda. Anzi, te l’ho già fatta, - risponde, sistemandosi qualche ciocca insaponata dietro l’orecchio.
Kamuii deglutisce senza rendersene conto.
- Sono in ritardo, - borbotta nuovamente. - Quell’idiota di un medico da quattro soldi è riuscito a combinare un altro dei suoi soliti casini!
Ad Hayate scappa un sospiro mentre il marito, ormai completamente dimentico del suo lavoro - nonostante ne continui a decantare la mancanza di voglia -, si concede una lenta e intensa occhiata al suo corpo snello e nudo, soprattutto. Allora sorride e rimette a posto il barattolo di plastica che nemmeno si è sforzato di aprire. Non serve più.
Un sorriso che fa drizzare al rosso tutti i peli del corpo, capelli compresi; perché lui sa.
- Kamuii, sei in ritardo! - tenta, infatti, la schiena già premuta contro le piastrelle bagnate. Non oppone comunque resistenza quando le sue labbra morbide vanno a congiungersi con quelle del suo amante anzi, gli scappa una leggera risata mentre, stretto nel suo dolce abbraccio caldo, gli fa fare tardi per l’ennesima volta.
Suzumiya aspetterà; come tutto quando si tratta di lui.
Titolo: Whatever... ~Spicchi di un'esistenza resa speciale~
Rating: Pg
Words: 215 (
fiumidiparole)
Prendi un giorno qualunque, di un mese qualunque, di un anno qualunque.
Le ore trascorrono talmente lente e noiose che sei ormai quasi convinto che potresti morirci, di noia.
Sei disteso sul divano; sonnecchi. Hai gli occhi socchiusi e le palpebre pesanti; non dormi ancora solo perché il regolare alzarsi ed abbassarsi del petto di tuo marito - su cui hai posato la testa chissà quanto tempo fa - te lo impedisce. Sei cosciente per miracolo.
Percepisci, nonostante i sensi intorpiditi, una mano accarezzarti la nuca; cinque dita affusolate scivolare, lente, tra i tuoi capelli morbidi, sfiorarti la guancia, scendere lungo la spina dorsale.
Ecco: questo è uno dei tanti momenti qualunque in cui ti rendi conto che ti piace la tua vita da uomo qualunque, con un lavoro qualunque, sposato con un’anima speciale. La tua.
E non puoi non sorridere, non ti riesce, sei troppo grato a quella presenza costante per non gioirne anche solo in silenzio.
Quindi chiudi gli occhi e riprendi a contare i battiti del suo cuore, sistemandoti meglio nel suo abbraccio.
- Hayate.
- Mh?
- Ti amo.
Sorride. Piccolo raggio di Luna; angelo caduto dal cielo solo per te. Per te soltanto.
- Anche io, Kamuii, nche io. Tanto.
Un bacio sulla fronte, casto; puro come lui, ai tuoi occhi. Riprende a leggere il libro.
E tu sorridi, ancora e per sempre. Basta stargli accanto.
Grazie.
Titolo: The nightmare before...
Rating: Pg
Words: 252 (
fiumidiparole)
Hai sempre considerato tua sorella un’adolescente come tante: ingenua. Lei credeva fermamente nei propri sogni, grandi e piccoli che fossero; considerava un dono prezioso quello di poter sognare. Tu nemmeno l'ascoltavi.
Da bambini non ti lasciavi scappare un occasione per prenderla in giro, rigettandole in faccia quanto fosse immaturo credere di poter risolvere tutto semplicemente chiudendo gli occhi.
Natalie aveva solo cinque anni; tu tredici. Ma già ti ritenevi “grande”, sapiente.
Lei era la bambina illusa, destinata a soffrire; tu l’adulto segnato, destinato a proteggersi.
Non sai quanto ti sbagliavi.
Solo adesso lo comprendi appieno. Con le mani imbrattate di sangue, il corpo percorso da tremiti spaventosi e Hayate riverso sul pavimento, morto, a pochi centimetri da te capisci, finalmente, di essere nel torto.
Perché è in quei momenti che sbarri gli occhi e, con il viso affondato nel pigiama del tuo amato, ringrazi il cielo per ore che gli esseri umani siano in grado di sognare. I singhiozzi sconnessi che liberi senza preoccuparti di trattenerti squarciano il silenzio come la pallottola che ha spento il tuo angelo; le mani gentili di Hayate ti sfiorano la testa, pazienti, sussurrandoti parole dolci, di conforto.
Finché tu, stravolto, non ti riaddormenti tra le sue braccia.
Diventano dei doni di cui non sei più in grado di fare a meno, i sogni; in quel momento. Perché, se non esistessero, l’amara realtà sarebbe ancora peggiore dell’incubo che ogni notte ti sconvolge appunto perché vera; e non finzione.
Saresti solo, Kamuii. Con le mani imbrattate di sangue e un proiettile piantato nel cranio di Hayate.
Nient’altro.
Spaventosamente solo.
Titolo: Giornata - non proprio - tipo; {Kamuii's POV}
Rating: Pg
Words: 956 (
fiumidiparole)
- Ahia! - praticamente squittisce Kamuii.
Si porta di scatto l’indice alle labbra in un gesto istintivo e succhia qualche secondo la parta lesa in un infantile nonché inutile tentativo di attenuare il dolore.
- Merda, - impreca a denti stretti, ricordandosi troppo tardi che ha l’obbligo assoluto di mantenere un tono di voce basso. Lancia una rapida occhiata preoccupata al divano e alla figura semi in ombra appisolata tra i vari cuscini.
Hayate dorme come un bambino comodamente rannicchiato sul fianco destro; ancora, per fortuna.
Rassicurato, Kamuii riporta la sua completa attenzione sul ferro da stiro. Quel dannato aggeggio è più pericoloso di quanto credesse!
Solleva l’indumento e osserva, abbattuto, il risultato dei suoi non pochi sforzi: la camicia preferita di Hayate, quella bianca che, una volta indossata, gli sta talmente bene da indurlo, ogni volta, a voltarsi dall’altra parte per non saltargli addosso, adesso, vanta la bellezza di un enorme buco triangolare esattamente al centro, dai bordi neri e bruciacchiati. L’odore che si sta espandendo lentamente nell’aria è a dir poco nauseabondo.
L’uomo storce il naso e sospira affranto lasciando ricadere l’indumento sull’asse colorato.
Merda! Doppia, tripla, quadrupla merda!
Nemmeno due ore prima, armato delle migliori intenzioni, aveva deciso di rimboccarsi le maniche - le stesse che è riuscito neanche mezzo minuto dopo ad inzupparsi di succo di mela fino al gomito - e cimentarsi in qualche semplice lavoretto domestico.
È stufo di ringraziare Hayate per la presenza costante al suo fianco sempre e solo a parole e quella di alleggerirgli il carico di lavoro in casa gli era sembrata l’idea migliore.
Si era addirittura premunito di imbottirlo di sonnifero, mischiandone una dose consistente al suo caffè pomeridiano, giusto per avere la certezza assoluta che non si svegliasse nel momento meno opportuno.
Purtroppo non ha tenuto conto che lui, in quel tipo di faccende, è davvero una frana. La riprova sta sotto il suo naso, ad impestare la stanza proprio in quel momento.
Decide di cambiare tattica. Stirare non è il suo forte, decisamente, ma può sempre scoprire di essere portato per qualcos’altro.
Ad esempio, pulire i pavimenti. Sì, quello può andare. Lo ha visto fare ad Hayate migliaia di volte e non gli è parso nemmeno così difficile.
Rincuorato dalla nuova prospettiva, Kamuii abbandona il ferro da stiro acceso e recupera l’aspirapolvere dall’armadio della camera da letto. Lo appoggia al muro con cautela, per non fare rumore e comincia a trafficare con il libretto delle istruzioni.
Troppo impegnato nei falliti tentativi di tradurre le lingue incomprensibili in cui è scritto quell’inutile insieme di carta straccia non si accorge che il folletto ha cominciato irrimediabilmente a scivolare verso il basso. Se ne rende conto troppo tardi, quando l’orribile suono del ritratto faticosamente disegnato dal marito che va in mille pezzi gli trapassa i timpani da parte a parte in contemporanea con quello sordo dell’aspirapolvere schiantatasi contro il pavimento.
Hayate non da segni di aver sentito il casino mentre Kamuii comincia seriamente a sudare freddo.
È in guai seri. Talmente seri da spaventarlo a morte, ma la testardaggine che lo caratterizza e caccia nei casini fin da quando è bambino lo porta a non demordere e a continuare nella sua folle impresa.
Vuole fare qualcosa per il suo angelo e la farà, costi quel che costi.
Tenta di nascondere i cocci più grossi dietro al mobile più vicino, in un vano tentativo di evitare l’inevitabile, e barcolla, alquanto scoraggiato, fino alla cucina.
Non ci sono piatti da lavare ma il pollo crudo comprato nemmeno un paio di giorni prima fa bella mostra di sé sull’ultimo ripiano del frigorifero.
Hayate adora il pollo. Glielo preparerà personalmente, trasformandolo in un piatto talmente succulento che il suo angelo non potrà fare altro che leccarsi i baffi e perdonargli tutto.
Estremamente sicuro di sé si allaccia il grembiule in vita e, armato di un tomo alto sei piani, comincia a trafficare tra i fornelli.
Alla fine dell’elaborata preparazione, costatagli oltre che la gran parte delle cibarie presenti in casa anche un paio di ustioni sul collo, del pollo rimane ben poco di commestibile. Sembra un enorme ammasso di cenere carbonizzata più che un “succulento secondo dall’aspetto invitante”, come, invece, recita il libro.
Lancia il coltellaccio da macellaio utilizzato per farcirlo nel lavandino e si arrende, definitivamente.
Torna in salotto affranto, il capo chino da condannato al patibolo e si inginocchia accanto al marito con la chiara intenzione di scusarsi.
- Hey, tesoro, svegliati, - sussurra estremamente dolce, accarezzandogli i capelli. Hayate non mugugna ne fa altro.
Ritenta, leggermente preoccupato. Il marito, sotto l’effetto dei sonniferi, continua imperterrito a dormire per ore, giorni; due per la precisione.
Socchiude un occhio quando oramai Kamuii è totalmente consumato dal terrore ed è praticamente sul punto di chiamare Suzumiya, il cellulare in mano. Gli sorride felice, incurante dello stato in cui è ridotto il loro povero appartamento.
- Buongiorno, amore, - sussurra, la voce ancora impastata dal sonno, strofinandosi un occhio. Il ventunenne sente le lacrime offuscargli la vista e, dopo una manciata di secondi passati a fissarlo, gli si getta in grembo.
Serra con forza le braccia intorno alla sua vita e nasconde il viso nella sua maglia, scoppiando definitivamente a piangere. Hayate, inizialmente stralunato, si limita a sospirare rassegnato e sorride, sistemandosi meglio contro il bracciolo del divano per poi cominciare ad accarezzargli i capelli.
- Mi sembra di aver dormito per dei giorni interi, - scherza, soffocando uno sbadiglio. Kamuii si irrigidisce appena; non troverà mai il coraggio di raccontargli la verità.
In quei due giorni ha capito quanto davvero il suo angelo sia prezioso per lui e non solo nel campo sentimentale.
In quelli successivi Hayate gli insegnerà, pazientemente, ad accendere l’aspirapolvere e ad impostare il timer del forno. Imparerà a pelare le patate, a tagliare le carote senza bucarsi sistematicamente una mano e che trasformare la camicia preferita di tuo marito in utilissimi stracci per la polvere non è esattamente l’idea più intelligente e meno dolorosa per nascondere ciò che hai combinato.