Credo di aver raggiunto la soglia massima dell'ansia.
*oramai mancano solo tre giorni alla fine del contest e lei non è ancora riuscita a scrivere nemmeno una parola*
Sono morta. ;A; *si strappa i capelli*
*fine notizia inutile*
La piccola one-shot qui sotto doveva partecipare ad una delle ultime settimane del COW-T (quella con genderbender come prompt, per la precisione X3) ma mi si è impallato il pc proprio mentre la stavo pubblicando. Ovviamente mi ero ridotta a farlo quando mancavano ormai dieci minuti allo scadere del termine per cui non ho fatto a tempo. .A.
L'idea è nata, quindi, grazie al COW-T. =3
Il titolo avrà probabilmente senso solo per me, ma passatemelo, vi prego; dopotutto, dovreste esserci oramai abituati ai miei titoli quasi random. XD
L'ho preso dall'omonima
Terraferma di Max Pezzali. <3
Betata dalla
nefene. =3
Avvertimenti: AU. Genderswap. Pre-slash.
Le lancette del vecchio orologio da polso che Renée ti ha regalato il primo compleanno passato in sua compagnia fanno in tempo a compiere quasi un giro completo, prima che l’autobus giunga a destinazione e tu riesca, finalmente, a scendere.
Ti bastano poche occhiate attente per riuscire ad individuare la tua amica, ferma davanti alla vetrina di un negozio.
Appena i vostri sguardi si incontrano, le fai l’occhiolino e sillabi un “Perdonami” a mani giunte, con il solo intento di scatenare una sua risata.
Sei conscia di essere quella che si può definire una “ritardataria cronica”, eppure non ti comporti così di proposito: semplicemente ti diverte tirare un po’ la corda, quando si tratta di lei. Così puoi approfittarne per starle più vicino del normale quando, più tardi, dovrai farti perdonare.
- Scusa, scusa. L’autobus era in ritardo davvero, questa volta, e mia madre ha fatto più storie del solito.
Renée scuote la testa, il viso aperto in un sorriso luminoso, e si porta dietro l’orecchio una delle ciocche sfuggite alla coda.
- Sei senza speranza, - si limita a ribattere, divertita.
Le fai scorrere un braccio intorno alle spalle.
- Più tardi mi faccio perdonare come si deve, promesso.
Sorridi, premendo il naso contro la pelle morbida della sua guancia.
Come al solito, approfitti della vicinanza tra voi per riempirti i polmoni del suo profumo, ma questa volta indugi forse un secondo di troppo, perché la senti irrigidirsi e fingere un colpo di tosse.
- Syr, che stai facendo? Avanti, andiamo.
Si divincola dalla tua presa e tu riprendi ad osservarla, mentre vi incamminate lentamente verso il centro.
La sua felpa preferita le ricade morbida sui fianchi, nascondendo alla vista di chiunque sia le cicatrici di cui tanto si vergogna che le forme del suo corpo.
Aggrotti le sopracciglia, infilandoti le mani nelle tasche dei pantaloncini.
A volte proprio non la capisci. È così bella! A chi crede importi se l’incidente che l’ha quasi uccisa quando era ancora una bambina le ha lasciato qualche segno sulla pelle? Resta bella comunque.
Scuoti la testa e sorridi.
- Jhane mi ha detto tutto, - ghigni, attirando nuovamente la sua attenzione.
- Da brava secchiona noiosa non potevi che laurearti con il massimo dei voti. Adesso puoi finalmente partire alla salvezza di tutti quei poveri animaletti feriti e abbandonati sparsi per il mondo.
Renée ti guarda e inarca un sopracciglio, sorridendo.
- Syr, sono una veterinaria, non una volontaria di chissà quale associazione umanitaria. Gli animaletti feriti e abbandonati posso curarli solo stando chiusa in un ambulatorio pieno di strumenti adeguati.
Sbuffi e sposti lo sguardo sulle nuvole che si rincorrono in cielo.
- Quanto sei pignola, volevo solo rendere il tutto un po’ più emozionante.
- Spiacente di essere tanto noiosa.
Ridi.
- Scema.
Le sfili l’elastico dai capelli, ben sapendo che è un gesto che la infastidisce, e glieli sistemi alla meglio, approfittandone per avvicinarti nuovamente al suo viso.
- Smettila di farti sempre la coda, stai meglio con i capelli sciolti.
- Mi danno fastidio mentre studio, i capelli sciolti, - si lamenta lei, sbuffando, mentre tenta di recuperare il prezioso elastico.
Lo riponi al sicuro nella tasca dei pantaloncini, rivolgendole una linguaccia.
- Noiosa.
Senza nemmeno rendervene conto vi siete fermate proprio davanti alla vetrina di un negozio di animali.
Glielo fai notare con un sorriso, indicando una delle gabbie sistemate sui ripiani più bassi.
Ad occhio e croce, l’ammasso di pelo bianco che si sta muovendo tra i grovigli di paglietta dovrebbe essere un criceto, ma a te ricorda molto di più un grosso topo piuttosto brutto.
- Oddio, guardalo, sembra un topo!
Picchietti l’indice contro il vetro, strattonandole il braccio.
- È un criceto, Syr.
- Lo so, ma… dai, guardalo! È bruttissimo. Sembra uno di quegli orribili topolini talmente bianchi che riesci quasi ad intravedere gli organi attraverso la pelle. Ha persino gli occhi rossi!
- Quegli orribili topolini bianchi vengono usati per fare esperimenti, - ti ammonisce Renée, più duramente di quanto ti saresti aspettata.
- Saranno anche brutti ma sono pur sempre animali. Anche se a nessuno sembra importare che vengano usati solo come cavie da laboratorio.
Ti sforzi di non roteare gli occhi.
Conosci la storia, e fino ad un certo punto sei anche disposta a trovarti d’accordo con lei; ma oggi hai insistito per trascinarla fuori dalla sua adorata biblioteca per festeggiare e farle prendere una boccata d’aria pulita, non certo per ascoltare le sue noiose convinzioni sui diritti dei topi.
Non la interrompi, però, e la osservi quasi incantata mentre lei continua a parlare e le gote le si colorano di un'adorabile tonalità pesca, mano a mano che procede con il suo discorso.
- … E non guardarmi così, Syr, so benissimo che non hai sentito una parola di quel che ho detto.
Scatti subito sulla difensiva, le mani alzate, perché non hai davvero sentito una parola di quel che ha detto e oramai ti conosce a sufficienza da saperlo anche lei.
- Volevo solo dire che era un po’ bruttino, tutto qui.
Renée sospira e si sistema nuovamente una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
- So che non te ne importa niente, ma per un secondo soltanto prova a pensarci. Sono pur sempre essere viventi anche loro. Perché la mia vita dovrebbe essere più importante di quella di un topo?
Davanti a tanta ingenuità non puoi fare altro che sorridere come una scema e abbracciarla forte.
Mandi al diavolo il buon senso e l’autocontrollo e ti chini a baciarle il collo.
- Perché sei una di quelle persone che se lo chiedono, - sussurri ad un soffio dal suo orecchio.
- E adesso andiamo, scema, ho voglia di gelato.
Intrecci le dita alle sue e la trascini fino in gelateria, ignorando le sue vaghe proteste imbarazzate.