A Bassano c'è la birreria Samsara, dove, due o tre sere la settimana, potete trovare elsgabussin o il sottoscritto (generalmente che tirano improperi di varia natura alle stecche del calcio balilla). Già questo sarebbe un buon motivo per farci un salto ogni tanto! Aggiungo anche che fanno una calua con panna strepitosa ed un ottimo agricolo (una sorta di B52 all'arancia). Non vi basta? Uffff....vabbè... il mercoledì c'è musica dal vivo, generalmente di buona qualità (non i soliti gruppetti locali che non vanno oltre la cover di "urlando contro il cielo" o "lunedì"); ieri sera, in particolare, si sono esibiti i Naif, gruppo valdostano finito, chissà come, nella nostra ridente cittadina. Ok, checco dirà che mi sono interessato a loro solo perchè ho trovato carina la cantante (Steffi,amore...ti giuro che non è così!Ehmmm, è stato solo per la mia anima di talent scout!), in realtà ho veramente apprezzato il loro folk, imbevuto di musica etnica, psichedelia e con qualche (vaga) svisata progressive. Comunque, oltre alle pippe da aspirante critico, le loro canzoni erano veramente belle, ecchecavolo! se passano dalle vostre parti, vi consiglio di andarli a sentire... informazioni su www.mondonaif.it, aut.min.ric!
Ok...detto questo, per dimostrare a tutti che sono un narciso presuntuoso, allieterò solo me stesso con l'ennesima RE-CEN-SIO-NE
Suicide-Suicide (1977)
Minimalismo punk ed elettronica.... a tratti difficile da definire "musica", e la tentazione di utilizzare il termine "teatro" è forte. In ogni caso si tratta di arte, per tutti i 43 minuti che compongono questo disco!
Alan Vega: performer come scultore di luci; Martin Rev: pianista Jazz; città: New York City; anno: 1977- da un lato la rivoluzione punk nel pieno del suo vigore (anche se manierismo e commercializzazione sono dietro l'angolo), dall'altro la nascente New wave licenzia, negli states, i suoi primi capolavori (di quell'anno "Marquee Moon" dei Television e "Blank Generation" di Richard Hell and the Voivods, seguiranno a ruota, nel 1978, "Modern Dance" dei Pere Ubu e "Are We Not Men..." dei Devo, mentre l'Inghilterra cova nell'ombra Joy Division e Pop Group).
Dal sodalizio dei due nasce il progetto "Suicide", che fonde, in maniera pressochè perfetta, le anime di quelle nuove istanze musicali, senza fermarsi, comunque, alle sole fascinazioni dell'epoca e andando oltre nel creare un suono che, oggi come allora, sembra uscito da una dimensione diversa, seppur sinistramente analoga alla nostra. Come il punk, è martellante, ossessivo, carico di rabbia, come la new wave, è sperimentale e ricalca tensioni e paure dell'uomo moderno. Un orchestrazione, a dir poco, naif: il sintetizzatore di Rev che si basa, quasi esclusivamente, su pulsazioni, riverberi e rumori, rifuggendo ogni tentazione melodica, e la voce di Vega che "suona", più che cantare, riempiendo i brani di sussurri, sospiri, urla, il tutto con un timbro incredibilmente rockabilly. Il "suicidio", a cui si riferisce la ragione sociale del gruppo, è quello della nostra società, che si trova (allora come adesso) ad un passo dalla "deumanizzazione"(mi vengono in mente, in ambito totalmente diverso, anche i Fear Factory), da loro messa in scena tramite 11 storie da incubo, scandite da pulsazioni robotiche ed ovattate in un'atmosfera di terrore. Provate a togliervi dalla mente i 10 minuti di "Frankie Teardrop", una vicenda agghiacciante, recitata da Alan Vega con un pathos ai limiti dell'umano (le urla che caccia in quel brano sono tra le cose più disperate e terrificanti che abbia mai sentito in vita mia) o a non provare inquietudine durante il tragitto del "Rocket U.S.A.", un allucinante stato di tensione che, all'epoca, rappresentava la paura di una guerra nucleare, ma che, comunque, si adatta benissimo alla situazione storica attuale. "Ghost Rider" è un brano punk tagliente e massiccio, "Johnny" un rock'n roll scritto da/per androidi. "Girl" mette in scena la pantomima della carne, con i suoi tre minuti di gemiti e sospiri, mentre "Che" è un lamento funebre per l'eroe assassinato dieci anni prima. Offrono una pausa dall'atmosfera di terrore, la delicata "Cheree" e la quasi-dance "Keep your dreams".
Come ho già scritto, non è sempre facile definire musica questi tre quarti d'ora, riempiti di storie "al limite", rumori abrasivi e voci che scuotono fin dal profondo, ma sicuramente ha avuto sul rock un impatto devastante. Inquietudini e paure non venivano comunicate con una tale forza espressiva dai tempi di "White light, white heat" dei Velvet Underground, e, come la banda di Lou Reed, i Suicide sono stati testimoni del lato oscuro di un'epoca, che marcia a velocità folle verso il suo tramonto.