Nick Autore:
yukiko_no_nijiTitolo: Royal Breakfast
Numero Parole: 2,011
Pairing/Personaggi: Arthur Pendragon, Merlin
Raiting: PG
Genere: Commedia, Generale
Avvertimenti: One-Shot, Missing Moment
Intro/Note: I personaggi di Merlin non mi appartengono, ma appartengono alla BBC e a chi per essi. Da questa storia non ricavo niente, se non un po’ di sano svago mentale.
Questa storia è stata scritta per il Prompt 03. Tazza per la
10disneyfic.
Missing Moment tra la puntata 1x01 e l’inizio della 1x02.
Royal Breakfast.
“Merlin…”
Sentiva qualcosa di soffice sotto la sua testa.
“Merlin…”
Il suo corpo comodamente adagiato su quello che pareva essere… un letto?
“Merlin!”
La voce del cerusico lo svegliò completamente.
Camelot, si trovava a Camelot.
“Sono sveglio.”
La voce completamente impastata dal sonno, dichiarava l’esatto contrario.
Si passò una mano sugli occhi, stropicciandogli, e sbadigliando sonoramente.
“Allora sbrigati. Devi occuparti del principe stamani.”
Già.
Quello sarebbe stato il suo primo giorno come valletto personale del principe Arthur.
La sera precedente aveva salvato la vita a quell’asino reale, guadagnandosi quella posizione a corte.
Uther avrebbe potuto dargli una pacca sulla spalla e poi congedarlo.
Merlin sarebbe stato ugualmente felice.
Il solo pensiero di dover assecondare ogni ordine che l’erede al trono avrebbe impartito, gli faceva venire i brividi.
Senza contare che avrebbe voluto passare la giornata a studiare il meraviglioso libro che Gaius gli aveva regalato.
Un libro di magia tutto suo.
Scosse la testa, cercando di non pensare troppo a ciò che non avrebbe potuto fare e si alzò lentamente dal letto, trascinando il suo corpo esile verso il tavolo della stanza del vecchio.
Il cerusico gli aveva preparato un po’ di pane in un piatto.
Ne mangiò qualche boccone e bevve un bicchiere d’acqua fresca.
Poi tornò nella sua camera e dopo aver lavato quelle membra ancora profondamente addormentate ed essersi vestito, si avviò fuori dalla stanza.
Arrivato nelle cucine, dopo aver guardato un po’ in giro, trovò dell’ottimo pane appena sfornato.
Non era facile trovare del pane dall’aria così invitante. Sembrava così croccante e delizioso.
Ma che altro avrebbe potuto aspettarsi? Quelle erano le cucine reali.
Uther era un Re e di conseguenza avrebbe voluto vivere ed essere trattato da vero Re.
Ed in effetti quel ragionamento non faceva una piega.
Anche la sera precedente, al banchetto a cui aveva partecipato con Gaius, aveva visto servire delle portate di cibo come mai gli era capitato di vedere fino a quel momento nella sua giovane vita.
Prese un vassoio e vi posò sopra qualche fetta di pane, sotto gli occhi interessati degli altri domestici.
Si sentiva osservato e udiva le loro voci borbottare frasi sconnesse.
Probabilmente lo stavano compatendo per la mansione che gli era stata assegnata.
Sbuffò sonoramente, cercando di scacciare il pensiero del principe.
Prese poi una tazza di ferro battuto, che riempì con del latte appena munto.
Emanava un odore squisito.
Erano pochi giorni che mancava da casa, ma già sentiva la mancanza dei luoghi della sua infanzia.
La campagna e l’aria di casa sua.
Il dolce profumo della pelle di sua madre…
Scosse leggermente il capo, avviandosi verso le stanze dell’erede al trono.
La sera precedente, dopo il banchetto, lo aveva fatto chiamare per farsi aiutare a togliere gli indumenti che aveva indossato per la festa e per rimetterli al proprio posto.
Aveva storto il naso all’idea che un ragazzo robusto e forte come lui, avesse bisogno di un valletto per spogliarsi dei suoi vestiti ed essere messo sotto le coperte.
Ma probabilmente, vivere nell’agio significava proprio questo: lasciarsi coccolare da servitori che facevano tutto al proprio posto.
Per ricordare la strada che lo avrebbe condotto nelle sue stanze impiegò più del previsto.
I corridoi del castello erano tutti così simili.
Prima aveva sbagliato piano e fortunatamente aveva incontrato Gwen sulla sua via, che gli aveva riferito la giusta direzione da prendere.
Poi, arrivato davanti alla stanza del principe, aveva titubato.
Avrebbe dovuto bussare?
E se quel regale somaro stesse ancora dormendo?
Sicuramente si sarebbe svegliato con il piede storto e sarebbe stato più pungente di come era stato con lui quelle poche volte in cui erano stati a contatto.
Entrò lentamente nella stanza, ritrovandosi immerso nel buio e si ringraziò mentalmente per aver deciso di non bussare.
Poggiò il vassoio su un tavolo che aveva difficilmente trovato poco distante alla porta, e poi si volse dirigendosi verso la finestra - o almeno, dove aveva sperato che fosse la finestra - quando il suo ginocchio sbatté contro quello che doveva essere il baldacchino del principe.
Soffocò un gemito di dolore, sentendo un caldo improvviso impossessarsi del suo corpo.
Coprì la parte dolorante con una mano, massaggiando lentamente e cercando di alleviare il dolore.
Sentì uno sbuffo divertito provenire dal letto.
“Sei veramente un idiota.”
La voce soave del principe non avrebbe potuto proferire frase migliore.
Splendidamente.
La giornata era iniziata splendidamente.
Arrancò zoppicante verso la finestra, aprendo la tenda e facendo entrare i raggi del sole dentro la stanza.
“Ben sveglio, Sire” disse fin troppo educatamente, aggiungendo un inchino per nulla sentito.
“Quante lune ci hai messo per arrivare? Ti avevo dato per disperso ormai…”
Ironia.
Ecco un’altra delle amabili qualità del suo principe.
Cercò di mantenere la calma evitando di rispondergli a tono, mentre lo vide alzarsi dal letto e dirigersi al tavolo per fare colazione.
Merlin prese ad armeggiare con le coperte ed i cuscini, quando, nuovamente, la voce del principe arrivò chiaramente alterata alle sue orecchie.
“Dove sono la carne, il formaggio…?”
“Come dite, Sire?”
Lo guardò confuso in cerca di una spiegazione.
Dove aveva sbagliato?
Carne e formaggio non erano alimenti per il pranzo?
Lui non aveva mai mangiato del formaggio a colazione.
Per non parlare della carne.
Quella era una fortuna averla in tavola, qualche volta al mese, figurarsi…
“Come credi che possa iniziare bene la giornata come una misera tazza di latte e qualche fetta di pane? Devo procacciare selvaggina, allenare i miei uomini, provvedere al bene di Camelot!”
Rimase in silenzio, ad ascoltare quegli sfoghi.
Perché nessuno gli aveva detto niente quando si trovava ancora nelle cucine?
Ecco perché gli altri servitori lo guardavano, perché stava sbagliando tutto.
E nessuno si era premurato dal dirglielo, nessuno lo aveva avvisato che il delicato palato del suo nuovo padrone avrebbe dovuto deliziarsi ogni mattina con qualcosa che non fosse pane e latte.
“Pietanze sostanziose, Merlin.”
Di nuovo con quel Merlin. Il modo in cui lo diceva, quel tono così altezzoso che non ammetteva repliche, gli dava estremamente fastidio.
Era un principino viziato, ecco cos’era.
Si morse lentamente un labbro, per evitare ribattere a quelle parole.
L’ultima volta che aveva cercato di dargli una lezione non era andata così bene e per poco non l’avevano sbattuto per la seconda volta - nel giro di due giorni - nuovamente nelle prigioni.
E non avrebbe voluto far arrabbiare nuovamente Gaius.
Non era arrivato a Camelot per combinare guai su guai, ma per trovare la sua via.
Quella via lo aveva condotto ad Arthur.
Veramente quello era il suo destino?
Ogni momento che passava gli sembrava sempre più impossibile.
Arthur non era un principe, era semplicemente un ragazzino che non aveva mai conosciuto la fame.
“Non so se ne sei al corrente, ma nei prossimi giorni si terrà un torneo qui a Camelot! Una competizione che accoglierà i più valorosi cavalieri dei regni vicini. Pertanto ho bisogno di buon cibo per mettermi in forze ed iniziare la giornata nel migliore dei modi. Altrimenti come posso esercitarmi a dovere?”
Il monologo del biondo interruppe i suoi pensieri.
Era tutto così scontato per quel borioso.
Merlin abbassò diligentemente la testa, lasciando perdere lenzuoli e cuscini.
Avrebbe voluto scusarsi e tornare nelle cucine a prendere qualcosa di più nutriente.
Lui era un servo, l’altro un principe.
E inoltre Uther lo aveva messo alle dipendenze di suo figlio solo la sera precedente.
Che cosa avrebbe pensato Gaius se l’erede al trono lo avesse rimandato al mittente solo per avergli risposto veramente a tono?
Probabilmente si sarebbe infuriato con lui e Merlin non avrebbe voluto vedere il cerusico alterato.
In fondo il torneo era vicino e magari Arthur sentiva una certa pressione su di sé.
Anche se - probabilmente - orgoglioso come era non avrebbe mai ammesso di essere preoccupato.
La sua ondata di pensieri venne infranta dalle parole dell’altro.
“Sei proprio un pessimo servitore.”
Sentì quello sguardo ceruleo studiarlo inquisitorio.
“Mi domando perché mio padre abbia deciso di metterti sotto ai miei voleri.”
Tutte le sue forze, tutti i suoi buoni propositi crollarono in quell’istante.
“Provvedo subito a portarvi qualcosa di più nutriente, mio Signore.”
Un inchino falsamente ossequioso, un falso sorriso, ed uscì dalla porta senza fare attenzione alla potenza che stava utilizzando per richiuderla alle sue spalle.
Scese nelle cucine e quando vi entrò la trovò deserta.
Probabilmente ne avrebbe dette due a quei servitori che lo avevano mandato tranquillamente nella bocca del leone, senza avvisarlo nel madornale errore che avrebbe compiuto.
Trovò della carne, delle verdure, ed altre cibarie avanzate dalla sera precedente.
Non aveva mai visto così tante vivande come a quel banchetto, neanche ad Ealdor, quando tutti i paesani si erano riuniti per festeggiare qualche particolare evento.
Si fermò un attimo per fare il punto della situazione.
Aveva preparato un grande vassoio colmo di nutrimento.
Il principe Arthur non avrebbe potuto rimanerne insoddisfatto.
Entrò nuovamente nella stanza dell’erede - non dopo essersi nuovamente perso - evitando accuratamente di bussare.
“Ma cosa devo fare con te?” aveva sbuffato ironicamente il biondo, con quel suo modo di essere altezzoso.
Lo aveva guardato con fare sconsolato, come se per lui non ci fosse nessuna speranza.
Merlin affondò i denti nel labbro inferiore e lo morse così a fondo che sentì un dolore lancinante.
Ma almeno aveva trovato un diversivo per non controbattere a quelle parole.
Posò il vassoio sul tavolo e dopo che il biondo si sedette, lo servì più o meno decentemente.
Non era colpa sua se nessuno gli aveva detto come servire un principe.
Fino a qualche giorno prima non ne aveva neanche mai incontrati, figurarsi se conosceva le regole fondamentali per doverne servire uno.
I continui sbuffi del biondo però lo irritavano all’invero simile.
Il Grande Drago si era sicuramente sbagliato.
Arthur era un idiota senza cuore, un piccolo principino viziato cresciuto nell’agio e nelle ricchezze.
Come avrebbe potuto governare un vasto regno e prendere decisioni per decine e decine di persone, se tutto ciò che sapeva fare era ribattere ad ogni affermazione, ed essere perennemente insoddisfatto di tutto?
Merlin di per sé non gli avrebbe affidato neanche metà della sua unghia.
Cercò di non lasciarsi sfuggire qualche parola di troppo, e finalmente dopo aver mangiato, Arthur si reputò sufficientemente sazio.
Merlin sentì quegli occhi celesti puntati su di lui.
Alzò la testa fino ad incontrare il suo sguardo.
“Bene. Adesso devo andare per la ronda mattutina.”
Merlin trattenne a stento un esulto.
“Vedi di essere puntuale con il pranzo e preparati per il tuo primo allenamento.”
Il sangue gli si gelò nelle vene.
“Quale allenamento, Sire?”
Di nuovo quel mezzo sorriso, così estremamente irritante.
“I miei cavalieri questo primo pomeriggio saranno impegnati in una importante riunione con mio padre. Resti solo tu per i miei allenamenti in vista del torneo di domani.”
Merlin espirò mestamente.
Non aveva scappatoie.
A quanto pareva il suo compito era diventato quello di essere il personale passatempo del futuro Re di Camelot e ne sarebbe andata sicuramente della sua vita se non avesse acconsentito per prestarsi a tutte quelle impossibili richieste.
Ma lui non era un cavaliere, era un semplice - ed imbranato - servo.
Cosa sperava di combinare Arthur con lui?
Lui che non era stato capace a portargli neanche una colazione degna di un principe…
E di lì alla fine della giornata quante altre impossibili richieste gli avrebbe imposto di esaudire?
Guardò il cipiglio divertito del biondo.
Piegò le sue labbra di rimando, in un sorriso sarcastico.
A fine serata sarebbe tornato da quell’antica creatura a chiedere chiarimenti.
Sperava vivamente che si fosse trattato di un malinteso, che in realtà l’Arthur da proteggere e al cui stare a fianco fosse un altro in quel regno.
Sicuramente non poteva trattarsi di quell’Arthur.
Quello era veramente un idiota.
Lo vide uscire dalla stanza con il suo fare pomposo e lasciarlo solo, con la camera da rassettare, i cavalli da strigliare, l’armatura - per il pomeriggio - da lucidare…
Cosa aveva fatto di male per meritarsi tutto quello?
Merlin sospirò nel freddo della stanza e si rimise a lavoro.
Quella sera avrebbe sicuramente fatto visita al Drago.
E di una cosa era certo: avrebbe avuto lui la meglio, non il destino.