Titolo: Lonely
Serie TV: Anime JunJou Romantica
Personaggi: Misaki/Akihiro
Rating: PG
Genere: Romantico, Fluff
Avvertimenti: Yaoi, One shot, Post Seconda serie
Disclaimer: I personaggi di questa storia non mi appartengono. Da questa storia non ci ricavo niente. Le lyrics dei McFly non mi appartengono. Le frasi in corsivo sono del manga.
Note: Scritta per
bingo_italia con i prompt Guerra, Natale, (JOLLY) Pioggia, Vita. I mini capitoli sono suddivisi dagli asterischi.
Mentire con garbo è un’arte,
dire la verità è agire secondo natura.
(Oscar Wilde)
Trattenne a stento l’ennesimo starnuto e gli parve che dentro la sua testa qualcuno stesse giocando alla guerra.
Cercò di respirare con il naso, ma invano. Era completamente tappato. Sentì solo degli strani versi provenire da esso e poi quella sensazione, di nuovo.
Etciù.
Fortuna che aveva il fazzoletto a portata di mano.
Aspettò qualche secondo, sicuro che non fosse finita lì, ma quando comprese che forse per il momento il suo naso - e di conseguenza la sua testa - avrebbe avuto un po’ di pace, lasciò da parte il fazzoletto e si rimise una di quelle utilissime mascherine antibatteriche che gli avrebbe permesso di cucinare la cena per Usagi anche in quelle condizioni.
Di sicuro, se l’altro si fosse azzardato a cucinare qualcosa, avrebbe finito per dare fuoco all’intera casa, includendo loro due nel pacchetto. Perciò Misaki aveva concluso che raffreddore o non raffreddore avrebbe dovuto provvedere lui a preparare la cena per quella sera.
Senza contare, che in realtà, adorava vedere Usagi apprezzare di buon gusto i piatti che gli preparava. Si era reso conto che vedere felice l’altro, lo rendeva felice di conseguenza e avrebbe fatto di tutto pur di continuare a sorridere assieme a lui in quel futuro che stavano lentamente costruendo assieme.
Erano passati dei mesi, ormai, da quando il padre di Usagi sembrava aver abbassato le sue difese e pareva aver accettato quella loro strana relazione, e Misaki aveva compreso che nonostante tutto avrebbe voluto Usagi vicino a sé, ogni giorno della sua vita.
Anche se talvolta si era chiesto se quella situazione fosse appropriata o meno, alla fine era sempre giunto alla conclusione che erano la sua vita e quella dell’altro che contavano davvero e che se loro stavano bene così avrebbe dovuto smettere di farsi di quelle domande.
Sentì di nuovo quello strano formicolio al naso.
Si allontanò dai fornelli, voltandosi dall’altra parte e tirò fuori il fazzoletto dalla sua tasca.
Etciù.
Era solo colpa sua se aveva quel raffreddore, non avrebbe potuto incolpare nessun altro.
Baka, baka, baka…
Ma nonostante tutto ne era valsa la pena, anche se adesso la sua testa pareva volesse scoppiare.
Vedere quel sorriso…
Quello sì che lo aveva fatto stare bene.
***
Pioveva.
Pioveva così forte che non poté fare a meno di imprecare.
Sarebbe dovuto uscire solo per cinque minuti, comprare gli ultimi ingredienti per lo stufato e rientrare in casa.
Perché mai avrebbe dovuto prendere l’ombrello?
Quando aveva guardato fuori dalla finestra il cielo gli era parso sereno.
Ed invece, proprio a metà strada tra casa di Usagi e il minimarket, quel violento acquazzone lo aveva colto totalmente impreparato.
Baka, baka, baka…
Perché non aveva preso l’ombrello?Perché?
Continuare a ripeterselo non sarebbe servito a niente e tornare indietro sarebbe stato completamente inutile, tanto ormai era completamente zuppo.
Proseguì per la sua via, con gli occhi delle persone accanto a sé che lo fissavano stranito.
Probabilmente si stavano chiedendo dove fosse il suo ombrello… beh, era la stessa domanda che si stava facendo anche lui.
Una volta arrivato al minimarket, l’aria calda del condizionatore lo colpì, scaldandolo piacevolmente.
Ma i suoi panni - scarpe comprese - erano totalmente bagnati e di sicuro si sarebbe preso un malanno.
Baka, baka, baka…
Ma ormai era lì, pertanto avrebbe potuto mettersi l’animo in pace.
Vagò per qualche minuto tra gli scaffali del negozio, cercando le verdure che non aveva trovato poco prima nell’appartamento e appena le ebbe recuperate, si avviò alla cassa per pagare il conto.
Nel mentre guardò in ogni angolo del minimarket, ma Misaki non trovò neanche l’ombra di un ombrello, neanche uno di quelli piccoli che paravano a mala pena mezza testa.
Pagò gli ingredienti, stringendo bene a sé la busta di plastica che la simpatica signorina alla cassa gli aveva dato, e prese la strada del ritorno allungando notevolmente il passo.
Ma le gocce di pioggia cadevano ancor più fitte su di lui. Camminava a testa bassa, pensando solo che ad ogni passo che faceva mancava sempre meno per raggiungere quel luogo caldo e asciutto.
Camminando veloce, raggiunse l’appartamento di Usagi in poco tempo.
Quando vi entrò, sistemò velocemente gli acquisti negli appositi scaffali e poi sentì l’uomo in questione scendere le scale dal piano superiore.
“Aaaah! Baka, baka!” imprecò Misaki tra sé.
Si accorse che Usagi era proprio dietro di lui.
“Adesso sistemo tutto! Adesso sistemo tutto!”
Aveva combinato un vero casino.
Aveva praticamente allagato la cucina con i suoi abiti zuppi.
Sentiva l’acqua gocciolare anche dalle punte dei suoi capelli.
Ed il caldo che aveva sentito appena entrato nell’appartamento, si era trasformato in freddo.
Il suo corpo venne percosso da brividi.
“Perché sei così bagnato?”
Lo vide poi sparire, senza aspettare la sua risposta.
Misaki si precipitò a prendere un panno asciutto per asciugare il pavimento.
Sobbalzò quando dietro a sé trovò Usagi con un asciugamano tra le mani.
Sentì la morbida stoffa sui suoi capelli, mentre l’altro cercava di asciugarlo alla bell’e meglio.
Misaki fece per scansarsi, ma l’altro lo tenne vicino a sé.
“Dovevo prendere degli ingredienti per… per lo stufato…”
Si sentì d’improvviso terribilmente idiota.
Di sicuro le sue guance erano diventate color porpora e sarebbe stato innegabile agli occhi dell’altro che aveva fatto tutto quel casino solo per lui.
“Misaki…”
Alzò gli occhi, quando sentì la voce profonda dell’uomo chiamarlo in un sussurro.
Il suo sorriso lo lasciò senza fiato.
Poi successe tutto velocemente.
Non riusciva a credere che Usagi lo avesse trascinarlo veramente fin lì.
Aveva provato a ribellarsi - inutilmente -, ma volente o non volente si era ritrovato immerso in quell’acqua calda.
Non avevano mai fatto il bagno insieme.
C’era stata quella volta alle terme, sì, ma non avevano propriamente lavato i loro corpi.
Stare lì, nella vasca con lui, gli faceva battere il cuore a mille.
Sentiva la spugna delicata che l’altro teneva tra le mani, bagnare gentilmente la sua schiena, l’acqua calda scivolare leggera sulla sua pelle.
Usagi gli riscaldava il cuore.
***
Etciù.
Non sarebbe mai finito.
Quel raffreddore lo avrebbe perseguitato per giorni e giorni, ne era convinto.
Ma non si pentiva di aver preso quell’acquazzone, ed anche se adesso stava così male, la sera precedente era riuscito a cucinare un ottimo stufato per Usagi, alla fine di tutto.
Senza contare che l’aveva coccolato - e non solo - per molto tempo, prima di lasciarlo e permettergli di preparare la cena.
“Misaki!”
Sentendosi chiamare, il ragazzo alzò lo sguardo.
Incontrò gli occhi di Usagi, che era uscito dalla sua camera probabilmente disturbato dai suoi continui starnuti.
Ma la voce dell’uomo gli era parsa preoccupata.
Lo vide giungere davanti a lui.
“Stai male?”
Misaki si affrettò a scuotere la testa.
Non c’era assolutamente bisogno di farlo preoccupare inutilmente.
La presa di coscienza di quella piccola guerra sarebbe dovuta rimanere tra di sé e la sua testa.
“Se stai poco bene, perché stai cucinando? Potevamo prendere qualcosa d’asporto e...”
Misaki si volse dall’altra parte, colpito nel suo orgoglio.
Avrebbe preferito cucinare per lui altre mille volte, piuttosto che mangiare assieme qualcosa fatto da altri.
Senza amore.
Un conto era se l’occasione speciale prevedeva un’uscita in un ristorante, ma in caso contrario…
Sentì le sue guance tingersi di rosso a quel pensiero e si maledì mentalmente per aver pensato una simile cosa.
Le braccia di Usagi erano già attorno al suo corpo.
Aveva compreso il perché delle sue azioni.
“Ti amo, Misaki.”
Anche se si fosse messo di impegno a voler cancellare il ricordo di quell’uomo, non ci sarebbe sicuramente riuscito.
Il suono dolce della sua voce, le sue grandi mani calde, quel suo tocco così delicato, ma allo stesso tempo deciso…
Gli piaceva tutto di lui, perfino quell’odore di sigaretta che non lo abbandonava mai.
Era l’unico che in tutta la sua vita, era riuscito a fargli provare dei così forti sentimenti.
Senza di lui, probabilmente, si sarebbe sentito perduto.
Una volta che ebbe finito di preparare le pietanze, cenarono tranquillamente in un religioso silenzio, interrotto solamente da qualche suo immancabile starnuto.
***
Misaki guardò fuori dalla finestrone del soggiorno.
La neve stava cadendo lenta. Vide quei grandi fiocchi bianchi dondolare leggeri sulle strade unicamente illuminate dai lampioni.
Era una tipica notte invernale, una di quelle in cui il freddo penetrava dentro la carne - fin dentro le ossa - senza lasciare spazio a nient’altro. O probabilmente il suo corpo era così debilitato che non avrebbe potuto vederla in altri modi.
Di lì a poco sarebbe giunto il Natale.
Non vedeva che arrivasse quel giorno.
La testa martellava inesorabile, ed i suoi pensieri erano molto confusi. I suoi occhi - completamente lucidi - si stavano lentamente chiudendo per la stanchezza.
Percepì le braccia di Usagi cingerlo in un dolce abbraccio.
Guardò la loro immagine riflessa nel vetro e non poté fare a meno di sorridere.
“Stai male?” lo sentì chiedere in apprensione.
“Do” mentì. Maledetto naso tappato.
Non avrebbe voluto farlo preoccupare visto che a breve avrebbe avuto la scadenza di un romanzo - uno di quelli normali - e sicuramente Aikawa-san avrebbe avuto il suo bel daffare senza che ci si fossero messi anche lui e i suoi malanni. Non avrebbe voluto mettergli in testa altri pensieri.
“Misaki…”
Ma quella voce era così dolce, così calda, che non poté non sorridere, di nuovo, a se stesso.
Si strusciò un pochino di più a lui.
Non sapeva perché, ma aveva bisogno di sentire il corpo dell’uomo vicino al suo.
Finalmente il suo raffreddore sembrava avergli concesso qualche ora di tregua. O perlomeno aveva smesso di starnutire a raffica.
Sentì l’uomo prenderlo per mano e condurlo verso la sua camera da letto.
Misaki si lasciò guidare senza opporre resistenza. Non ce l’avrebbe comunque fatta a vincerlo in quello stato.
Quando si stesero sul letto, Usagi tirò su le coperte.
Sentì quelle grandi mani scorrere sul suo corpo, saggiarlo come quando…
Perché doveva essere sempre così maniaco?
Le sue grandi mani erano così dannatamente gentili.
Lo lasciò fare, convinto che quella sera non avrebbe vinto nessuna battaglia.
“Avevo ragione allora…” sentì ponderare l’altro, dopo qualche secondo.
Si volse un poco, incontrando il suo sguardo. Notò che le sopracciglia di Usagi erano leggermente aggrottate. I suoi occhi lo guardavano serio.
“Stai male.”
Baka…
Solo perché non si era ribellato a quel tocco, non doveva per forza significare che stesse male.
Anche se - in quel caso - aveva pienamente ragione. Se fosse stato nel pieno delle sue forze avrebbe opposto resistenza, prima di cedere tra le sue braccia.
Si rannicchiò maggiormente a lui, lasciandosi coccolare.
Non avrebbe voluto trasmettergli il raffreddore, ma quella di dormire assieme era ormai diventata un’abitudine. Stare da solo nel proprio letto - benché sarebbe stato più comodo - lo avrebbe fatto sentire terribilmente solo.
Rimasero abbracciati per qualche minuto, godendosi il silenzio di quella strana notte surreale.
Anche se il suo naso era completamente tappato Misaki riusciva a sentire il profumo di Usagi.
Era rilassante e finalmente si sentiva bene, nonostante tutto.
Stava scivolando nel mondo dei sogni, quando sentì le labbra dell’altro posarsi sulle sue.
Ed eccolo lì, il bacio della buonanotte.
Quel bacio che segnava la fine della giornata, che faceva comprendere a Misaki che aveva speso un nuovo giorno in compagnia dell’uomo che amava, che avrebbe potuto aggiungere un altro bacio a quelli dati nelle precedenti notti.
Quel bacio che non mancava mai.
Sentiva le labbra di Usagi cogliere le sue, bramose di voglia, di saggiare il suo sapore.
Ed era sempre così passionale, che Misaki ogni volta si scioglieva tra le sue braccia, come fosse stato neve al sole.
Sapeva che a quel bacio ne sarebbero seguiti altri, perché lo avrebbe voluto e pertanto avrebbe fatto sì che anche Usagi desiderasse averlo al suo fianco.
Ma ad ogni bacio, ogni sera, era un nuovo colpo al cuore. Ogni volta quei baci gli regalavano emozioni diverse.
Un bacio sulla punta del naso.
Un bacio sulla fronte.
Un bacio sul palmo della mano.
Un bacio vero, di quelli coinvolgenti, che lo lasciavano senza fiato.
In ogni bacio Misaki percepiva l’amore che provava Usagi per lui.
E gli scaldava il cuore.
“Di abo…” gracchiò col naso tappato.
Davvero romantico…
Sospirò, sentendo i propri occhi farsi sempre più pensati, lasciandosi trasportare nei sogni, cullato dalla sensazione di quel dolce bacio e senza accorgersi che Usagi, con un sorriso sulle labbra, aveva risposto a quella sua dichiarazione.
“Ti amo anch’io, Misaki.”