Titolo: The Empty Room - La stanza vuota
Autore:
germanjjGenere: RPS, Angst (tanto, tantissimo angst), Drama, hurt/comfort
Pairing e personaggi: Jensen/Jared (J2), Steve Carlson, Michael Rosenbaum, Eric Kripke, Kim Manners in questo capitolo.
Rating: NC17
Warning: slash, bottom!Jared, rimming, gay sex di quello pesante, un Jensen so perfect it hurts.
Note: È la prima parte dell'ultimo capitolo. Poi ci sarà un epilogo. Ho deciso di postarlo in due parti perché sono entrambe molto impegnative, vuoi per un verso vuoi per l'altro. Non volevo sbattervi in faccia diecimila parole in un colpo solo, anche perché dovete godervele entrambe. Chiedo umilmente perdono, ho tradotto la mia prima scena veramente ma veramente porn and I don't know what to do whit my life anymore e ho dovuto fare del mio meglio perché non venisse fuori volgare come sarebbe stata la traduzione letterale. Quindi chiedo umilmente perdono se per caso è uscita male, o brutta, o ripetitiva o patetica o whatever. Ci tengo tantissimo ma non è per niente facile, soprattutto quando sono la quattro del mattino e stai traducendo da due ore. Bando alle chiacchiere, la nota ci voleva. Questa parte di capitolo è dedicata ad
avvelenata perchè oggi è diventata dottoressa \O/ CONGRATULAZIONI GUUURL.
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- capitolo tre -
Jared si fermò di fronte alla grande entrata dove stavano girando quel giorno. Le persone intorno a lui erano indaffarate, parlavano nei loro auricolari, cellulari e walkie-talkies. Correvano in giro con un’espressione concentrata sul volto. Spostavano oggetti pesanti nell’entrata.
Jared non passò inosservato. Ma come in un silenzioso assenso, nessuno lo approcciò, nessuno chìese.
Si limitarono a sorridere quando lo videro, gli diedero una pacca sulla spalla o un abbraccio. Niente di più. Nessuna domanda fastidiosa.
«Dovresti vederlo, Jensen.» sussurrò Jared. «Ameresti questo set.»
Guardò verso la finta stanza di hotel che poteva vedere da lì. Una stanza d’hotel questa volta. Bella e dall’aria costosa.
Ma poi Jared ricordò che Jensen a sua volta stava forse guardando la stessa stanza in quel momento con Jared al suo fianco. Solo non lì.
Lì, Jared era solo.
La forza di Jared esitò e tirò un sospiro triste sentendo il dolore che gli colpì il petto.
Perdita. Paura. Non aveva mai saputo quanto potesse essere doloroso.
Ma il pensiero che almeno Jensen non era solo, che non doveva passare attraverso tutto questo, fu abbastanza per consentirgli di ricomporsi.
Con un ultimo respiro profondo si diresse all’interno dell’edificio.
«Jared! Come stai?» Nona, la giovane assistente di produzione, gli stava sorridendo felice dopo averlo visto.
«Sto bene, grazie.» rispose, e quasi diceva sul serio.
«Fantastico» farfugliò, mettendosi un ago fra le labbra mentre muoveva sopra le sue gambe le tende su cui stava lavorando.
«Uhm, che stai facendo?» chiese Jared, cercando di suonare interessato, normale.
Nona sorrise ancora, l’allegria che mai lasciava il suo volto, persino con un ago fra le labbra.
«Sto solo sistemando le tende della camera d’albergo. Niente di che. Saremo pronti in men che non si dica.»
Jared annuì con gentilezza.
«Jared» una voce scura provenne da dietro di lui e Jared sentì una sensazione di calore, di calma dentro di lui non appena si voltò e vide Kim camminare verso di lui.
«Hay, è davvero bello vederti, Jared.»
«Anche per me.» rispose Jared nell’abbracciarlo.
«Non ti ho visto per tanto tempo, Jared.» disse Kim, la preoccupazione scritta in volto. «Sicuro di essere pronto? Non voglio rimetterti in corsa quando non sei pronto.»
Jared non rispose immediatamente. Non c’era risposta per questo. Più di ogni altra cosa al mondo voleva solo lasciare quel posto e trovare Jensen e tornare alla vita che aveva visto nei suoi sogni.
Ma non poteva averlo. Non solo desiderandolo. Quindi andando lì, lavorando sul set che manteneva vivi così tanti ricordi di Jensen, anche se lui non era stato su quel set, era la seconda cosa migliore.
Jared sorrise. «Sono pronto. Voglio tornare nella testa di Sam.»
«Okay, ragazzo. Allora iniziamo.» Kim rise e batté la spalla di Jared.
E semplicemente così erano di nuovo al lavoro.
«Okay, un’ultima volta Jensen. Stai spaccando, amico.»
La voce di Kim è bassa ma si sente su tutto il set. Ognuno è mortalmente tranquillo e sta a guardare.
Jensen sta girando una scena molto impegnativa. È obbligato a raccontare una storia con solo il suo volto, deve parlare di odio, senso di colpa, amore e paura, e non gli è permesso mostrare niente a quelli che dovrebbero essere demoni che lo circondano.
Sta andando alla grande.
Io sono in piedi accanto a Kim, posso vedere con la coda dell’occhio Eric, in piedi a sua volta, che fissa Jensen, la bocca aperta e gli occhi spalancati.
Posso sentire la pelle d’oca crescere sulle mie braccia.
Due minuti più tardi è finita, la gente saluta e applaude e si congratula con Jensen per la sua performance.
Gli sorrido orgoglioso quando viene verso di me.
«Bello, è stato fantastico.» sussurro quando è abbastanza vicino per sentirlo.
«Grazie, amico.» annuisce e il luccichio nei suoi occhi mi dice quanto le mie parole significhino per lui.
Voglio abbracciarlo e baciarlo così tanto che mi fa fisicamente male starne lontano. Ma dobbiamo. Nessuno sa di noi. Non ancora.
«Jensen, sono a tanto così dal cadere in ginocchio davanti a te e pregare al santuario di Jensen Ackles.» Eric quasi squittisce di gioia. «Hai spaccato di brutto!»
Jensen ride di gusto, la sua risata si sente in tutto il set, felice e spensierata.
Potrei passare le ore a guardarlo ridere così.
«Sei stato bravo, amico. Sono stupito.» disse Kim, più tranquillo di Eric ma non meno adulante.
Molte altre persone arrivarono, strinsero la mano di Jensen, gli diedero pacche sulla schiena, parole di adulazione e congratulazioni.
Jensen arrossisce per essere al centro dell’attenzione, sorride timidamente all’approvazione dell’intera crew.
Non riesco a togliergli gli occhi di dosso.
Quando ognuno è tornato al lavoro, lasciandoci soli, Jensen si volta verso di me, mi guarda con un sorriso.
«Eri perfetto, Jen.» gli dico ancora, perché è la verità, e perché voglio vedere i suoi occhi…brillare così di nuovo.
Scuote la testa, imbarazzato, ma poi comincia a parlarne, a parlare della scena. Ne sta parlando quasi senza fiato, il suo entusiasmo è contagioso.
Conosco quella scarica di adrenalina. Conosco la sensazione di perdermi completamente in una scena, guardarmi creare qualcosa di buono, qualcosa di migliore. Fare il passo successivo.
Ma non è per questo che il mio sorriso diventa più profondo.
È perché la mano di Jensen si è posata sulla parte bassa della mia schiena, trattenendomi, e perché si è spostato così vicino che posso sentire il suo respiro sulla pelle. E perché i suoi occhi brillano, guardandomi come se fossi l’unica persona sul pianeta.
È stupido, ma mi rende felice in modo ridicolo che sia lui quello che non riesce a stare lontano.
La bella sensazione rimase, anche dopo l’inevitabile dolore nel petto. Poteva ancora sentire il tocco di Jensen, il calore della sua mano, quando uscì dal trailer, pronto a tornare sul set dopo una breve dormita.
Era stato ordine di Kim che Jared ci andasse piano, e Jared non si era rifiutato.
«Hey, sei pronto ad andare?» chiese Nona mentre la sorpassava nella via verso il set.
«Sì, certo.» rispose Jared e le sorrise.
«Eric vuole vederti prima però. Ti sta aspettando sul set.»
«Grazie.» annuì Jared, la salutò, e continuò a camminare.
Trovò Eric che parlava a qualcuno dell’illuminazione gesticolando e con un’espressione accigliata.
Eric non sembrava felice.
«Jared» disse, e il suo umore non sembrò cambiare.
«Eric.» rispose Jared cauto, testando il terreno.
«Sì, ho da dirti qualcosa che abbiamo appena deciso.» spiegò ma aspettò che il ragazzo delle luci se ne andasse prima di andare avanti.
«Abbiamo rinunciato all’idea di un secondo fratello.»
Jared fissò con sguardo vuoto Eric, elaborando quello che aveva appena detto.
«Ho avuto metà Hollywood e tutta Vancouver ai provini. Non c’è nessuno che vada bene. La…la sensazione non è quella, capisci?» Era chiaramente nervoso. «Ho fatto una riunione con Sera, Kim e altri e abbiamo deciso che era meglio lasciare cadere l’idea, prima di scegliere qualcuno di sbagliato.»
Jared era ancora pietrificato sul posto quando Eric gli diede una pacca sulla spalla. «Volevo solo darti un aggiornamento, okay?» Con queste parole se ne andò, lasciando Jared meravigliato dietro di lui.
Si sentiva malissimo.
Logicamente sapeva che lo avrebbe ucciso vedere qualcun altro nel ruolo di Dean, qualcun altro riempire lo spazio di Jensen. Avrebbe odiato il tizio in ogni caso e gli avrebbe fatto male ogni volta l’avesse dovuto chiamare fratello.
Ma questo era peggio. Questo era uccidere Dean come se non contasse, come se non fosse una parte cruciale della vita di Sam. Questo era uccidere Jensen con lui.
Jared sentì il dolore entrargli dentro peggio che mai. Non poteva perderlo anche in questo modo. Non di nuovo.
Sì voltò e velocemente si incamminò attraverso le persone che lavoravano intorno a lui come se non avesse altri pensieri.
«Nona» urlò non appena vide la giovane ragazza che entrava nel guardaroba, facendola fermare e voltare verso di lui.
«Jared, che c’è?»
«La giacca di pelle! Sai? Quella che Becky ha fatto per il fratello di Sam, ce l’hai ancora?» chiese, e la sua commozione la scosse.
«Sì, certo. Non mettiamo via niente immediatamente, Jared. È ancora sulla gruccia, credo.»
«Grazie!» La spinse gentilmente per passare, andando verso la parte posteriore del trailer, dove avrebbe potuto trovare la gruccia.
E la giacca.
Non sapeva fosse la giacca di Dean, di Jensen, quando l’aveva vista la prima volta.
Non sapeva quando avrebbe significato per lui ora.
«Posso…posso tenerla?» chiese Jared senza fiato appena sentì Nona che si avvicinava a lui.
«Uhm, certo. Penso di sì. Lascerò un messaggio a Becky per dirle che ce l’hai tu.»
Poteva sentire la confusione nella sua voce, le domande nascoste, ma non poteva importargliene meno.
Attentamente, come se fosse un tesoro prezioso, levò la giacca dalla gruccia. La pelle era calda nelle sue mani. Morbida e familiare.
Aveva visto Jensen in quella giacca innumerevoli volte, non gli aveva dato più di un’occhiata, ma ora poteva ricordare ogni mossa e ogni posa che era stata fatta in essa.
La strinse stretta al petto, chiudendo gli occhi.
«Ti riporterò indietro, Jensen. Lo prometto.» sussurrò, fregandosene se qualcuno poteva vederlo così.
Quando si concentrava abbastanza, poteva quasi sentire il profumo di Jensen sulla pelle.
La giornata era stata lunga e difficile. Le riprese erano durate fino alle dieci e ognuno sul set aveva sospirato sollevato quando era stata annunciata la fine della giornata.
Il cortile era illuminato debolmente quando Jared parcheggiò la macchina di fronte.
Harley e Sadie lo salutarono felici non appena aprì la porta di casa e si prese il suo tempo per accarezzarli prima di andare in cucina.
«Hey, come è andata oggi, tesoro?» scherzò Mike appena vide Jared entrare.
«Lunga.» fu la breve risposta di Jared ma sorrise a Mike. «Cosa stai facendo?»
«Ti sto preparando la cena, dolcezza.» rispose Mike senza perdere un colpo.
«Non sapevo che cucinassi.» Jared era stupito mentre lo guardava maneggiare professionalmente i pomodori.
«Oh, sono un uomo di molti talenti.» Mike ghignò di nuovo, apparendo orgoglioso e compiaciuto.
«Non rompere, Rosenbaum. Il ragazzo ha avuto una giornata lunga.» Steve battè la mano sulla spalla di Mike, unendosi ai due uomini dal salotto. Con un grugnito, mosse il collo da una parte all’altra e si sfregò gli occhi stanco.
«Hai trovato qualcosa di interessante?» chiese Mike mentre cercava qualcosa aprendo gli sportelli.
«Nah.» fece Steve, apparendo esausto. «Secondo ogni articolo che ho trovato in internet, l’unica cosa che sarebbe in grado di cancellare una persona dal mondo è un dio.» Rise all’idea. «Penso che possiamo escluiderlo subito. Posso credere ad un sacco di cazzate, ma dei? È troppo.»
Sbadigliò e Jared si sentì dispiaciuto per lui e grato che aveva speso così tante ore cercando di aiutare.
«Sai» ridacchiò Steve. «Mi sento come Sam Winchester in questo momento con tutte quelle ricerche. E non ho nemmeno guardato quel dannato show.» specificò, sorridendo a Jared.
Jared ricambiò il sorriso, ma sentì come era forzato, non andò a fondo. Non si sentiva di sorridere.
Guardare Mike e Steve comportarsi così, come se appartenessero a quel posto, gli faceva venire voglia di piangere. Perché era vero. Loro dovevano essere un’enorme parte della sua vita, ma non così.
Non quando continuavano a guardare Jared con esitazione come se si conoscessero poco, come se fossero ancora estranei. Mike non avrebbe ricordato i party che duravano notti intere e le bevute che si erano fatti insieme. Steve non avrebbe ricordato le ore ed ore seduti insieme, suonando la chitarra solo per divertimento, a volte neanche canzoni, solo note.
Un abbaiare dal corridoio diede a Jared il motivo di cui aveva bisogno per voltarsi e uscire dalla stanza.
Trovò Sadie sulle zampe posteriori, quelle anteriori stavano grattando la porta della stanza di Jensen.
La stanza vuota.
«Piccola, no.» sussurrò Jared, il cuore che gli si stringeva.
Harley era in piedi vicino a lei, e sembrava altrettanto determinato ad entrare in quella stanza.
Jared cedette. Con una mano tremante, abbassò la maniglia e li lasciò entrare.
Il gioco non era cambiato.
Annusando l’aria in ogni angolo, i suoi bambini sembrarono persi nello spazio vuoto.
Jared si accucciò vicino a loro.
«Voi avete sempre saputo che lui dovrebbe essere qui vero?» sussurrò. «Voi lo sapevate che era scomparso.»
Si sentì stanchissimo. Era distrutto, il suo umore cambiava così drasticamente da ora a ora. Non c’era un giorno in cui Jared non si sentiva felice e speranzoso un minuto, e sconvolto e depresso quello dopo.
La signora Morta gli aveva detto di aspettare. Che non c’era nient’altro che potesse fare.
Ma se era onesto con se stesso, non aveva idea di quanto poteva resistere.
«Jared! Fai una doccia e torna qui!» La voce di Mike arrivò forte dalla cucina.
«La cena è pronta fra dieci minuti!»
«Arrivo!» urlò Jared e si alzò.
Non chiuse la porta della stanza di Jensen quando salì le scale.
Mi sveglio con qualcosa di bagnato e caldo che mi passa sulla spina dorsale. Qualcosa che punge e tira gentilmente la mia pelle. Mi sveglio con labbra morbide che baciano gentilmente il mio collo, le mie spalle, fino alle costole.
«Mmmm» produco un suono a malapena udibile, mezzo borbottato, non ancora completamente sveglio, spingendomi su solo un po’ per incontrare i baci che stanno stuzzicando il mio corpo.
«Cosa stai facendo?» sussurro, mantenendo la voce bassa abbastanza da non disturbare lo stato d’animo che riempie l’aria.
«Leccando via da te ogni piccola goccia d’acqua fino a che sulla tua pelle non rimango io soltanto.» La voce di Jensen vibra nel mio orecchio, così vicino che il suo respiro solletica e vibra attraverso il mio corpo.
Un brivido mi percorre, seguito da un profondo gemito e mi mordo le labbra alla sensazione di lui che preme il suo corpo vicino a me.
«Eri così bello tutto stravaccato sul letto.» continua fra piccoli baci umidi e morsi.
«Nudo tranne che per il piccolo asciugamano intorno alla vita e la tua pelle ancora bagnata.»
Morde gentilmente il mio collo prima di passare la lingua su quel punto. «Dovevo assaggiarti.»
Preme il suo corpo contro il mio ancora una volta, il suo inguine coperto dai vestiti che sfrega contro il mio fondoschiena coperto dall’asciugamano, e la frizione non è abbastanza intensa da sentire qualcosa ma è giusto quel poco che basta per farmi inarcare verso di lui.
«Ci leviamo quell’asciugamano di dosso, Jay» mormora Jensen, la domanda ovvia dietro le sue parole.
«Sì.» boccheggio.
Sento un gemito in risposta e poi sento delle dita rapide levare l’asciugamano lasciandomi nudo sulle lenzuola fredde.
«Sei bellissimo.» sussurra Jensen «Tutto sdraiato per me.»
E poi sento le sue mani coprirmi le guance, prima che la sua bocca le segua e mi morda, piano ma affamato e non riesco a trattenere il ruggito che mi sfugge dalla gola, forte e chiaro.
«Cazzo.» gemo, smorzato dal cuscino dove ho nascosto la testa.
Continua a mordermi e leccarmi, assaggiando ogni centimetro del mio corpo che riesce a raggiungere.
Mi contorco e ansimo quando raggiunge l’interno delle mie cosce, cercando attrito, cercando di più.
Appena si alza, lasciandosi dietro una scia di baci, sento il soffice tessuto della sua maglietta, quello ruvido dei suoi jeans contro la mia pelle.
«Voglio nudo anche te, Jen.» gli dico, la mia voce densa di eccitazione. «Voglio sentirti contro di me.»
Quasi piagnucolo alla perdita del peso di Jensen, del suo calore, quando si alza da me. Ma poi sento il fruscio dei vestiti e quasi tremo all’aspettativa.
È molto meglio quando si riarrampica. Sento prima il materasso abbassarsi, poi le sue mani vicino alle mie spalle, le sue ginocchia vicino alle mie.
Aleggia su di me, senza toccarmi ancora e mi alzo un po’, voglio incontrarlo a metà strada.
«Oh, cazzo.» gemo, aggrappandomi alle lenzuola sotto di me, mentre incontro il corpo di Jensen e sento la sua erezione sfregare fra le mie natiche.
Il gemito che esce dalle labbra di Jensen arriva dritto alla mia eccitazione, lasciando una macchia umida sul letto che non viene dalla doccia.
«Stai giù, Jared.» ordina Jensen tranquillo e non posso far altro che obbedire, chiedendomi cosa mi farà.
Lascio andare il suono più effemminato che abbia mai fatto mentre Jensen affonda la lingua alla fine della mia spina dorsale, dove inizia il mio fondoschiena. Segue la colonna, lentamente, torturandomi, finché non raggiunge il mio collo.
Morde piano e spinge allo stesso tempo, la sue erezione dura che scivola fra le mie natiche.
Boccheggio alla sensazione, già senza fiato, già arrossato e con le labbra gonfie. E non mi ha nemmeno baciato ancora.
Jensen continua con la sua lenta tortura. Cominciando da dove inizia il mio fondoschiena, leccando la mia colonna e sfregando la sua erezione nell’apertura fra le mie natiche.
Mi contorco. Non riesco a fermare la voglia che c’è in me. Seguo i suoi movimenti, lo incontro a metà strada, mi struscio contro la sua pelle calda, cercando di forzarlo ad avvicinarsi, avere la sua eccitazione più in profondità. Poi mi spingo giù, mi struscio contro le lenzuola cercando l’attrito di cui ho disperatamente bisogno.
E Jensen amplia il suo piccolo gioco. Comincia più lento, spinge più forte.
Secondi, minuti, ore dopo, usa le sue mani per dividere le mie natiche, facendo correre la lingua lungo l’apertura prima di proseguire lungo la mia colonna.
Mi sta facendo impazzire. Con gli ultimi pensieri nella mia testa sono sicuro che sta cercando di uccidermi.
Il secondo dopo quel pensiero sta leccando intorno alla mia fessura.
Lecca intorno, e contro di essa, lascio andare un urlo e posso sentire che la voce mi sta già lasciando.
Questa volta Jensen non si muove. Gioca con la lingua, tirando fuori da me suoni che negherei anche sul letto di morte.
Perdo la testa quando finalmente spinge dentro.
«Cazzo, Jensen, cazzo. Oddio!»
Non riesco a trattenermi dallo spingere in alto i fianchi, cercando di farmi più vicino, avere ancora di più di quel piacere.
«Scopami e basta, dannazione» dico quasi gemendo, quasi gridando e realizzo solo dopo quanto sia sicuro di questo.
Sento Jensen tremare sopra di me, i brividi che attraversano il mio corpo dalla testa ai piedi.
«Dio, Jared.» geme Jensen e in un angolino della mia testa, sono orgoglioso e sollevato di poterlo rendere così a mia volta.
Svanisce di nuovo da sopra di me. Ma questa volta torna anche più velocemente e non ho il tempo perché mi manchi il suo calore, che un dito bagnato preme contro la mia apertura.
«Gesù.» È stretto e strano e fa un po’ male mentre Jensen mi apre lentamente, ma è anche la migliore sensazione di sempre e capisco che lo sto facendo davvero. Sto davvero facendo sesso con un uomo.
Sto lasciando che mi scopi.
E non vedo l’ora.
C’è solo un secondo di paura mentre sento il rumore della plastica che viene aperta, ma poi Jensen mi fa dimenticare tutto di nuovo, lecca intorno al mio collo, mordicchia il mio orecchio e inizia a mormorarmi parole calmanti e dolci.
Fa male quando si spinge dentro. Mi isso e cerco di farmi indietro d’istinto. Ma poi il piacere, l’incredibile sensazione di avere Jensen dentro di me, scavalca ogni cosa e mi spingo indietro ancora prima che Jensen possa provare a fermarsi e rallentare.
«Porca puttana» geme sopra di me, strofinando il mio collo e afferrando le mie mani con le sue.
Iniziamo un ritmo lento ma diventa più veloce, più disperato così in fretta e sono troppo andato perché mi importi. I suoni che provengono da Jensen mi stanno facendo impazzire, gli ansimi e gemiti e ruggiti, la consapevolezza che io posso farglieli fare, posso fargli perdere la testa, mandano scosse di piacere al mio corpo.
Quello che è iniziato così delicato diventa rude e indecente e ohcosìperfetto molto velocemente.
Quello che è iniziato come fare l’amore, è diventato fare sesso ora, con le sue spinte che si velocizzano, e il suono della pelle contro altra pelle mentre mi spingo indietro disperatamente.
«Oh, dio, sì.» geme Jensen dietro di me e le sue dita mi stanno afferrando i fianchi, lasciando lividi e lo adoro.
Posso sentire l’orgasmo che monta sotto la mia pelle, e sposto la mia mano sotto di me, afferro la mia erezione e inizio a sfregare.
Non riesco nemmeno a muovere la mano per più di due volte che Jensen mi tira su, sposta la mia mano e avvolge la sua intorno a me.
Ansimo, grido con voce rauca, la voce a pezzi, e vengo appena mi tocca.
«Oh, cazzo, oh dio, Jensen, dio, cazzo, sì.»
La testa non ha ancora smesso di girarmi che posso sentire Jensen venire dietro di me, dentro di me, gemendo e gridando e imprecando, spingendo la sua erezione dentro di me ancora e ancora fino a che non ha finito del tutto.
Le mie braccia tremano per la stretta tremenda che ho ancora sulle lenzuola, ma mi sto ancora riprendendo mentre Jensen esce, si libera del profilattico e mi gira come se non pesassi nulla. Come se fossi io quello piccolo.
Ho a malapena tempo di rendermi conto della posizione cambiata, io sdraiato sulla schiena, Jensen sopra di me, prima che attacchi le mie labbra, leccando dentro la mia bocca e gemo sentendo il suo sapore e la morbida sensazione delle sue labbra arrossate.
«Dio, Jay, sei così perfetto.» mormora appena ci stacchiamo per prendere aria e vedo una luce sul suo viso, tutto arrossato e rilassato e così dannatamente stupendo.
«Altrettanto.» sussurro e lo attiro in un altro bacio.
Lentamente la passione disperata si affievolisce e i baci cambiano, diventando più delicati. Non smettiamo finché non ci addormentiamo.
Jensen è bellissimo. Forse l’ho sempre saputo, in un angolino della mia mente, ma non è mai stato così ovvio, così chiaro per me come lo è ora. O forse ero solo io che dovevo aprire gli occhi.
Sta ancora dormendo accanto a me. Sdraiato sullo stomaco, il suo viso voltato verso di me, entrambe le mani sotto il cuscino dove è appoggiata la sua testa. Le lenzuola sono poco sopra il suo fondoschiena, così posso vedere la sua curva perfetta sotto il tessuto fine. Il sole splende attraverso la finestra, non ancora alto in cielo, ma abbastanza da illuminare tutto il corpo di Jensen con i suoi raggi caldi.
So che qualcuno ha fatto tutto questo. Che qualcuno è venuto nella mia vita e me lo ha portato via. Non riesco ad immaginare il motivo. Non riesco a pensare a nessuna ragione per cui qualcuno avrebbe potuto fare qualcosa del genere. Esserne capace. Ma la verità è proprio davanti a me, che dorme così in pace e all’oscuro di tutto.
Lo rivoglio. Ho bisogno di riaverlo.
E non sono ancora sicuro di come fare. Se la strega ha ragione, e tocca a me farlo, ho paura che fallirò. Che non scoprirò mai cosa serve per riportarlo indietro.
Ma farò qualsiasi cosa.
«Ti riporterò indietro» sussurro, posando un bacio sulla sua spalla, e poi avvolgo il mio braccio attorno a lui fingendo che questo sia già reale.
altra nota: questa devo dirla. Quando Jensen dice a Jared ''Dio, Jay, sei così perfetto" la risposta di Jared era intraducibile. Nel senso che rende in originale, quindi ve la metto. La risposta di Jay è stata "Right back at ya". Dovevo per forza scriverlo XD
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