traduzione: La stanza vuota [J2] - 6/9 (parte 1)

Jan 04, 2012 22:54

Titolo: The Empty Room - La stanza vuota 
Autore: germanjj
Genere: RPS, Angst (tanto, tantissimo angst), Drama, hurt/comfort
Pairing e personaggi: Jensen/Jared (J2), Jim Beaver, Steve Carlson, Christian Kane, Aldis Hodge in questo capitolo.
Rating: NC17
Warning: slash (ma no, ma davvero?), bottom!Jared

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~ Canto di cose che sono ~
- capitolo tre -

«Hey Jared? Mi senti? Jared! Hai visite.»
Jared non ebbe neanche il tempo di svegliarsi completamente e girarsi verso Clif prima che l’altro lasciasse andare la sua spalla e si spostasse, che il visitatore già era in piedi dietro di lui ad aspettare.
«Jim.» grugnì Jared, facendo del suo meglio per nascondere lo sforzo che richiedeva respirare normalmente e per tenere la sua espressione normale.
Con Jim Beaver che lo guardava, ovviamente, non poteva nascondere niente.
«Preparo la colazione.» annunciò Clif, e lasciò i due uomini soli.
«Cosa fai qui?» chiese Jared, mettendosi a sedere sul letto, e lanciando un’occhiata sospettosa all’uomo più vecchio. Si sentiva in imbarazzo. Non ricordava l’ultima volta che si era fatto una doccia, i capelli gli andavano in tutte le direzioni, e non si lavava i denti da giorni.
«Mi prendo cura di te, ragazzo.» rispose Jim con molta più preoccupazione nella sua voce di quanta Jared ne avesse mai sentita prima da lui.
Jared si limitò a guardare il soffitto e non rispondere. Cosa c’era da dire? Sapeva che era male. Sapeva che lui stava male. E non serviva che Jim Beaver volasse da Vancouver per tirarlo fuori dal letto nel primo pomeriggio di un mercoledì perché se ne rendesse conto.
«Ho parlato ad Eric». Jim si sedette sul pavimento freddo vicino alla finestra e guardò Jared apertamente. La stanza era ancora vuota eccetto per il materasso che Jared vi aveva messo un paio di notti prima. Niente più di quello e le pareti vuote e fredde.
«Hai il resto della settimana e il finesettimana libero, e per lunedì, ti vuole vedere o sul set o da qualche parte dove qualcuno possa aiutarti».
«È solo preoccupato per te come lo sono tutti.» aggiunse, quando vide l’espressione triste sul viso di Jared.
«Lo so.» sospirò Jared.
«Quindi, cosa farai?»
Jared si voltò verso Jim di nuovo, il suo viso che mostrava la confusione. «Cosa intendi?»
«Vedi, ragazzo, abbiamo un paio di alternative. Posso portarti da tua mamma. Posso portarti da un amico. Jordan, o Chad magari. Posso portarti in qualsiasi clinica tu voglia. Ma non ti lascerò stare qui un altro giorno».
La gola di Jared si asciugò. «Ma io…»
Si fermò quando vide il modo in cui lo sguardo di Jim si bloccarono su qualcosa e la sua facciata cadde.
«Jared,» sospirò, apparendo stanco e triste.
«Cosa?» Jared si accigliò ma trovò l’oggetto che stava guardando Jim e dall’espressione accigliata passò a scuotere la testa e ad uno sguardo implorante.
«Li prendo solo per poter dormire. Jim, lo giuro, non voglio…»
«Consciamente o no, lo stai già facendo.» La voce di Jim echeggiava fra i muri vuoti.
«Ascolta, Jared. Non ho mai capito veramente cosa accadde quando sei andato all’ospedale quella volta. Ma so che è stato brutto e che da allora…Sei stato diverso, Jared, perso, come se qualcosa di grande mancasse nella tua vita e tu stia disperatamente cercando di riprendertela. Ma qualsiasi cosa sia, questo non è il modo giusto!»
Jared inghiottì lottando contro il groppo in gola e cercò disperatamente di non urlare, di non dire a Jim che questo era l’unico modo che conosceva per essere vicino alla persona che gli mancava così tanto.
«Jared, non so cosa c’è che non va in te e non te lo chiederò perché penso che non sia affar mio finché non vorrai parlarmene. Ma è un mio dannato affare quando devo guardare un amico che marcisce nel suo letto. Quindi non pensare nemmeno per un secondo che lascerò che accada, figliolo.»
Jared lo fissò, incapace di rispondere, ma ad ogni modo Jim non sembrava aver finito.
«Ti alzerai da quel letto nel prossimo minuto e porterai il tuo culo puzzolente nella doccia e poi ti vestirai, farai la valigia e mangerai la tua dannata colazione, e non mi muoverò da qui finché non sarai pronto.»
«Ma cosa… Harley e Sadie.» provò Jared, senza nemmeno formulare una frase completa.
«Clif ha guardato e sfamato e portato a spasso i tuoi cani per l’ultima settimana, non pensi che lo possa fare per un’altra?»
E questo lo convinse. Jared realizzò con un morso allo stomaco che aveva abbandonato i suoi cani gli ultimi giorni, e aveva passato il tempo solo a letto, cercando di dormire, cercando di sognare. Non poteva andare avanti così.
«Okay.» Jared si liberò dalle lenzuola, i movimenti impacciati e scomposti. «Voglio andare da Chad. Non posso vedere mia mamma in questo stato».
Jim annuì, e solo quando Jared si voltò notò realmente lo sguardo preoccupato sulla faccia pallida dell’altro uomo.

Stiamo uscendo dall’aeroporto a Los Angeles, le valigie in mano, e ci stiamo dirigendo al parcheggio.
Non diciamo niente, ma quando gli lancio un’occhiata, posso vedere il sorriso pigro e rilassato sul viso di Jensen e non posso fermare il sussulto allo stomaco a quella vista.
Vorrei poter sapere cosa è successo fra noi, quanto tempo è passato. Ma saltare da sogno a sogno mi lascia con questi buchi, e mi sto facendo male per riempirli.
So che cammino sulla lama di un coltello così, che mi lascio cadere completamente in una vita che esiste solo nella mia testa.
Ma ho bisogno di questa vita così tanto, ho bisogno di lui così tanto per arrendermi.
Sono perso. E anche se Jim stava trascinando il vero me per migliaia di miglia attraverso il Paese, so che è già troppo tardi.
«Hey ragazzi!» Un ragazzo biondo e basso sorride quando ci vede e quindi cammina verso di noi e mi abbraccia stretto, come se ci conoscessimo, e in questo sogno forse è così, quindi rido e ricambio l’abbraccio e batto sulla sua spalla perché sembra che sia la cosa giusta da fare.
«È bello vederti, amico.» gli dico e sento di dire sul serio.
Il biondo si muove per abbracciare Jensen e quando li guardo abbracciarsi posso vedere che sono anche più familiari l’uno con l’altro, che c’è un’amicizia più profonda tra loro.
«Hey Steve.» dice lui al biondo e la punta di gelosia in realtà mi fa sorridere.
«Hey, giù le mani dal mio ragazzo, idiota» brontola una voce profonda ma il tizio che esce da dietro l’auto a cui siamo vicini sta sorridendo.
I suoi capelli lunghi e scuri sono legati indietro ed è più basso di me ma appare davvero minaccioso. Mi saluta con un breve abbraccio e un sorriso luminoso, e poi Jensen lo abbraccia e gli batte la schiena.
«Non sto toccando qualcosa di tuo, Chris.» dice al più basso.
«Hey, sono sempre qui sai?» il tizio che aveva chiamato Steve brontola, ma posso capire che non fa sul serio e il modo in cui guarda il moro dice tutto sulla loro relazione.
«Steve non guarderà mai nessun altro, Chris - » dice « - e lo sai! Stavamo solo aspettando che voi ragazzi ve ne rendeste conto.»
«Disse il tizio che…» Ma Chris non riesce a finire la frase che si prende uno schiaffo sulla testa e un’occhiata mortale da Steve.
Posso sentirmi arrossire e non serve che mi volti per sapere che anche Jensen sta arrossendo.
«Hey, ho sentito che a Rosey si sta godendo la sua vecchia pettinatura, grazie a voi.» dice Steve per distrarci tutti e funziona perché Chris e Jensen iniziano a ridere e perfino io devo ridere al ricordo di quella notte incredibile.
Finché non mi rendo conto che è solo un altro ricordo di un sogno che ho fatto.
«Hey Hodge!» urla Chris all’improvviso e mi giro per vedere Aldis Hodge che corre verso di noi attraversado il posteggio.
Conosco Aldis. Ho lavorato con lui nel mio show ed è strano averlo in questo sogno, ma non poi così strano come sognare di due tizi quasi familiari con cui sembro essere amico.
«Hey ragazzi!» Sorride e ci saluta come vecchi amici. «Diamine Jared, è bello vederti amico!»
«Già, anche per me è bello vederti» dico ridendo.
«Verrete tutti alla mia festa, giusto?» chiede speranzoso, guardando il cerchio di persone e quasi rimbalzando sui tacchi.
«È per questo che siamo venuti, idiota.» dice Jensen dandogli uno schiaffo scherzoso.
«Okay gente, non voglio passare tutto il giorno a parlare in un aeroporto. Ci vediamo stasera, Hodge». Chris saluta Aldis con fastidio nella voce, ma capiamo che sta scherzando.
Pressato nel sedile posteriore con Steve accanto a me e Jensen davanti accanto a Chris, posso sentirmi gli occhi di Steve addosso.
«Cosa?» sussurro, sentendomi strano a parlare ad un tizio che la mia mente ha probabilmente inventato ma che pensa che ci conosciamo da anni.
«Ne vale la pena, sai - » bisbiglia e i due davanti non possono sentirci perché sono impegnati nella loro conversazione.
Mi limito ad alzare un sopracciglio, non sapendo di cosa sta parlando.
«Darvi una possibilità».
Posso sentirmi arrossire.
«Ascolta, amico. Magari vuoi dirmi che non sono affari miei. E forse hai ragione. Ma guarda quanto tempo abbiamo impiegato io e Chris per superare tutta questa merda ed essere quello che siamo. Non c’è bisogno che ci passiate anche voi».
«Io…questo…» non so davvero cosa dire.
«Posso vedere il modo in cui vi guardate - » mi sorride, «Te lo prometto, ne varrà la pena. E Danneel non c’è più da mesi ora, amico. Siete entrambi single. Siete entrambi innamorati l’uno dell’altro. Non c’è niente di male».
Deglutisco e mi chiedo chi sia Danneel, ma soprattutto sono shockato per quanto mi stia parlando apertamente.
«Posso vedere quanto sei spaventato» sussurra, l’espressione che diventa seria, ed è commovente quanto sembri conoscermi bene, anche se non ha idea di ciò di cui sta parlando. «So che è il tuo migliore amico e puoi star certo che lui dice la stessa cosa di te. Ma rischia amico, dico davvero».
L’unica cosa che riesco a fare è annuire.
Ci ritroviamo in piedi davanti ad un edificio. Jensen si incammina verso la porta frugando alla ricerca delle chiavi e ci lascia entrare come se fosse una cosa normalissima. Come se fosse stato qui abbastanza da non prestare attenzione a niente intorno a lui.
Una sensazione strana mi prende lo stomaco non appena mi rendo conto che vive qui. Che questa è casa sua, qui, a Los Angeles.
E per un attimo mi chiedo se dovrei saperlo.
«Okay, prendo possesso della doccia» urla Jensen come entriamo nel suo appartamento e non aspetta nemmeno che chiudo la porta: si limita a svanire dietro una delle porte.
Mi sento perso non appena sparisce. Non conosco questo posto. Non so niente dell’arredamento che mi sembra così impersonale o le pareti troppo bianche. Non mi sembra una casa. Non mi sembra come un posto dove Jensen vorrebbe vivere.
Perché Jensen ha già una casa, ricordo a me stesso. Con me.
Sobbalzo appena realizzo che lo sto facendo ancora. Che sto perdendo il senso della realtà.
Succede sempre. Prima o poi in ogni sogno dimentico che è solo quello. Un sogno. Che niente di tutto questo è reale e che Jensen non è reale eppure eccomi qua. Che penso a cosa dirgli, come parlare, come comportarmi. Come se importasse. Come se fosse una persona reale.
Mi copro il viso con una mano e prendo un respiro profondo.
«Stai bene?»
Mi volto e vedo l’occhiata preoccupata che mi lancia Jensen.
«Sì. Sì, sto bene. Sono solo…stanco. Un po’». Gli regalo un debole sorriso.
«La tua testa?» chiede, e si fa più vicino.
«La mia…cosa?»
«Bello» dice dolcemente e mi raggiunge, le sue mani che prendono la mia testa gentilmente «non iniziare di nuovo a fare così con me, okay? Solo perché non ricordi che sei scivolato in cucina, non significa che non l’hai fatto, okay? È questo il punto della perdita di memoria a breve termine».
Agita la testa e mi guarda, le sue dita che mi sfregano le tempie.
«Il dottore ha detto di andarci piano. Forse non saremmo dovuti venire qui questa volta.»
«Mmh» rispondo e il suono muore nella mia gola come sento i suoi polpastrelli scivolare sul mio viso, pettinarmi i capelli di lato, seguire la linea della mia mandibola.
«Non dobbiamo andare alla festa, Jared» sussurra, già distratto da quello che sta facendo.
«Uhm..» ‘ma voglio andarci’, provo a dire ma il viso di Jensen è proprio davanti a me e i miei occhi si chiudono.
Le mie labbra formicolano nell’anticipazione e il mio cuore fa un balzo nel petto quando sento il suo respiro sulla mia pelle.
Ma non mi sta baciando. Non ancora.
Posso sentire il leggero premere delle sue labbra sulla mia guancia prima, poi sulla mandibola. Inalo un respiro scosso quando mi bacia le palpebre, una per una, premendo quel poco che basta perché io possa sentirlo. Sento una stretta bruciante nel mio petto, qualcosa di così bello e così intenso che fa male. Ma mi godo tutto, il suo profumo, appena uscito dalla doccia dentro i vestiti puliti; il calore che sta entrando nella mia pelle come se non potesse andare da nessun’altra parte se non dentro di me; la sensazione della sua pelle contro la mia, mentre lui delicato reclama ogni centimetro del mio viso come fosse suo.
Sento le lacrime pungermi gli occhi. È ridicolo e stupido e non voglio rovinare questo momento, non ora. Ma non sono mai stato così felice. Non mi sono mai sentito così amato. Così protetto. Così custodito.
«Jared» sussurra Jensen e la sua testa è abbassata e quando apro gli occhi posso vedere un filo di luce che dal suo viso scende verso il collo.
Non riesco a trattenere il sorriso che mi nasce sulla faccia.
Alza lo sguardo, intorno ai suoi occhi si formano delle rughe mentre sorride anche lui, abbassa di nuovo la testa e leva le mani dal mio viso, lasciandole scivolare esitante lungo le mie braccia.
«Possiamo dimenticare che tutto questo sia mai accaduto? Con me che mi trasformo in una ragazzina davanti a te e tutto?» chiede, ancora senza incontrare i miei occhi, l’imbarazzo scritto in faccia ma c’è anche quel leggero sorriso ancora sulle sue labbra e io scuoto la testa deciso.
«No. Non voglio mai e poi mai dimenticare tutto questo.» sussurro e gli lascio un bacio sulla fronte.

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pairing: jared/jensen, actor: jared padalecki, traduzione, actor: jensen ackles, fic: la stanza vuota

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