una oneshot per il compleanno di pi ♥ buon compleanno tettone :33 *abbraccia pi*farò presto un fic index perché ci sta.
Titolo: Yesterday
Fandom: naturalmente NEWS
Genere: angst (e anche se è per il suo compleanno non vuol dire che debba essere per forza felice, doh >:D)
Raiting: pg13
Pairing: Ryo/Yamapi (....... sono prevedibile, lo so. D:)
Riassunto: "costruirò un mondo in cui non dovremo più nasconderci. te lo giuro."
Avvertimenti: au, deathfic \O/ (lol vedi sopra :D) scritta senza maiuscole perché semplicemente ci stava ♥
pi ha mantenuto il suo cognome paterno, aoki.
il plot è ispirato a
questo bellissimo fanvideo (che vi consiglio di vedere alla fine, altrimenti vi rovinate tutto XD) e - soltanto per una certa cosa XD - ad un ryo's worst date :)
durante la lettura vi consiglio di scaricare
questa canzone, perché... beh, è stupenda ç_ç
Disclaimer: vi sembro forse johnny kitagawa?! >:O
Wordcount: ~1800
:: yesterday ::
"non funzionerà mai, lo sai?"
"non m'importa. non lo sapremo finché non ci avremo provato, no?"
conoscerlo è stato fatalità pura, innamorarmi di lui inevitabile. non ero mai stato così preso da qualcuno fino a tal punto; il sentimento che provavo verso di lui sembrava consumarmi da dentro giorno dopo giorno, attimo dopo attimo, ed il fatto che non avrebbe mai potuto trovare una realizzazione mi gettava nella più pura delle disperazioni.
sorrido quando penso alle nostre origini: io ero il figlio di una generazione di poliziotti, lui erede di un potente clan della yakuza.
sembrava così dannatamente impossibile, eppure durante una sera di marzo, quando quasi avevo perduto ogni speranza, mi ritrovai col suo corpo stretto al mio e le nostre labbra unite.
perso in quel bacio indimenticabile, le mie mani sui sui fianchi ed i suoi occhi nocciola fissi sui miei, credetti, per un attimo, nell'anima gemella.
“costruirò un mondo in cui non dovremmo più nasconderci. te lo giuro.”
quando l'ho detto, lo credevo davvero. nella mia incapacità di analizzare la nostra posizione, ero davvero convinto che sarebbe arrivato presto un futuro in cui non avremmo più dovuto nasconderci.
i nostri incontri si facevano sempre più frequenti, le nostre telefonate notturne sempre più lunghe. eravamo sempre stati attenti a non farci scoprire in alcun modo, ma era difficile per noi, profondamente innamorati, celare il nostro amore dietro a vacue parole.
era quasi diventata una piacevole routine uscire di casa di nascosto tutte le notti, prendere di nascosto la moto di mio fratello e raggiungerlo al parco yoyogi; rimanevamo lì fino all'alba, in un punto del parco un po' più appartato, beandoci unicamente delle prime luci dell'alba e dei piccoli, pigri baci che ci scambiavamo di tanto in tanto. la nostra situazione era difficile e pericolosa per entrambi, però in quei momenti d'intimità preferivo pensare soltanto a quanto lo amassi.
ripercorrendo questi ricordi con la memoria, non riesco a pentirmi di nulla.
“ce la faremo.”
fin da piccolo mi era stato insegnato che sono tre i clan della yakuza più influenti: i nakamaru, i shibutani e gli aoki.
inutile dire che mi ero innamorato proprio di un membro di una di queste tre famiglie, ma quando ero con lui non sentivo affatto le differenze che, teoricamente, avrebbero dovuto dividerci. eravamo semplicemente ryo e tomohisa, senza cognomi e responsabilità e famiglie fra di noi, e ci andava bene così: lui non approvava le azioni della sua famiglia, io avevo sempre contrastato i metodi poco ortodossi che utilizzava mio padre nel suo lavoro.
ci stupivamo di quanto fossimo uniti anche solo dalle nostre apparenti differenze, e, nei nostri cuori, desideravamo davvero che anche le nostre famiglie potessero notarlo. avremmo voluto che capissero quanto fossimo fatti l'uno per l'altro, quanto ci amavamo, quanto fossimo disposti a sacrificare pur di proteggere una relazione che sarebbe sembrata destinata a morire fin dal principio.
noi però non la pensavamo davvero impossibile: eravamo convinti di potercela fare, di poter vivere assieme un giorno. eravamo sicuri che, in un futuro prossimo, avremmo potuto frequentarci alla luce del sole.
o meglio, lui nella sua ingenuità ne era sicuro. a me semplicemente piaceva crederci, perché altrimenti non avrei avuto nient'altro a cui aggrapparmi.
"se ti va di scopare sceglitene un altro, ryo."
quando mio padre pronunciò quella frase, subito non ebbi neppure la forza di ribattere.
nella mia mente continuavo a chiedermi perché. perché non capisse che per me tomohisa voleva dire tanto (tutto, forse), perché si ostinava a controllare la mia vita.
perché tutto quello stesse capitando proprio a me.
iniziai a gridare. gridai con tutto il fiato che avevo in gola, presi a calci qualunque cosa mi capitasse sotto mano. urlai a mio padre cose che non capiva assolutamente nulla di me e di lui, gli vomitai addosso tutto il dolore e la frustrazione di una relazione nascosta al mondo per quasi cinque mesi.
fu in quel momento che incominciai davvero a rendermi conto quanto tomohisa fosse importante nella mia vita. e promisi ancora una volta a me stesso che avremo superato quella situazione una volta per tutte.
"per il nostro anniversario dove ti piacerebbe andare?"
"venezia. è una città davvero stupenda, non trovi? mi piacerebbe visitare la basilica di san marco, dev'essere meravigliosa..."
ci piaceva progettare il nostro futuro assieme: per tomohisa erano vere e proprie sicurezze, forse erano proprio quelle a spingerlo a continuare a battersi per noi. a me piaceva credere che ce l'avremo fatta, ma non ci pensavo troppo. vivevo alla giornata la nostra relazione, cercando di godere di ogni minuto prezioso che trascorrevamo assieme.
quando presi la decisione di iniziare ad accumulare un po' di soldi - per me, per lui, per noi - riflettei, per la prima volta seriamente, sul fatto che la nostra era una situazione instabile, che nessuno ci poteva assicurare un domani; ma davvero, allora non m'importava.
in quel periodo ero arrivato a pensare, anzi, ad esser certo, che saremo stati assieme per sempre, che il vero amore è per forza per sempre. che niente e nessuno avrebbe potuto dividerci.
mi piaceva pensare al nostro futuro assieme, perché era davvero l'unica cosa che mi spingeva a continuare a frequentarlo.
tutto qui.
“cazzo, ci sono scappati!”
fu proprio tomohisa ad accorgersi che ci stavano spiando. con una rapidità di riflessi a dir poco sorprendente, mi prese per mano, intrecciando le sue dita con le mie, e, senza dirmi una parola, incominciò a correre trascinandomi dietro di sé.
avrei voluto chiedergli cosa gli fosse preso, ma quando sentii uno scalpiccio forsennato dietro di noi tutto mi fu improvvisamente più chiaro. con uno scatto gli fui accanto, e, stretta la presa sulla sua mano, mi portai davanti a lui.
evidentemente trovava estremamente divertente il fatto che quelli che dovevano essere scagnozzi di suo padre ci stavano ricoprendo d'insulti, perché incominciò a ridere; sentendolo, non potei fare a meno di ridere anche io dell'assurdità della situazione, e fuggire divenne addirittura quasi divertente.
quando fummo sicuri che ebbero perso le nostre tracce, ci accasciammo su un marciapiede davanti ad una piccola farmacia, senza smettere di ridere. in uno slancio improvviso d'affetto, fra una risata e l'altra passai un braccio sulle sue spalle, attirando il suo corpo al mio.
lui piegò le sue labbra in un piccolo sorriso, prima di borbottare qualcosa che somigliava ad un 'ti amo'.
“d'accordo, non ci vedremo più.”
suo padre era un pezzo grosso della yakuza, ed era naturale che prima o poi venisse a sapere dei nostri incontri; rimasi sorpreso, tuttavia, nel ritrovarlo di fronte alla mia università in un pomeriggio di metà ottobre.
naturalmente, non lo riconobbi. fu lui ad avvicinarsi a me, col passo lento e sicuro di un uomo che è sempre stato abituato a comandare, e quando fummo l'uno di fronte all'altro - era poco più alto di me, con i piccoli occhi scuri che saettavano dai libri di testo che tenevo in mano al mio viso - mi intimò senza troppe misure di non permettermi più neppure guardare suo figlio.
mi sorprese il fatto he non fossi neppure minimamente spaventato, quasi come se me l'aspettassi che prima o poi avrei avuto quest'incontro, e gli risposi di riflesso che no, non ci saremo più rivisti.
quella sera, a mente fredda, riflettei a lungo su quell'incontro: quell'uomo a prima vista non sembrava essere molto minaccioso, però sapevo che, con il potere che aveva, eravamo in pericolo sia io che tomohisa.
soprattutto tomohisa.
l'indomani ero fermamente intenzionato, seppure il mio cuore strepitasse e sanguinasse, a non rivederlo mai più.
“visto? niente può separarci, neppure la distanza.”
nonostante gli avessi detto di non farsi mai più vivo, mi chiamò dopo soli due giorni.
la sua voce tremava mentre continuava a mormorarmi che mi amava, che avrebbe fatto qualunque cosa pur di rivedermi, che semplicemente non poteva finire così tra noi.
prima di quella telefonata ero deciso a porre fine a quella situazione una volta per tutte, ma saperlo in quello stato quasi mandò in tilt il mio cervello, ed in breve mi ritrovai a mia volta a perdere il controllo sulle mie emozioni.
soffrivo se lui soffriva.
soffrivo perché lui soffriva.
mormorai a fatica, lottando contro le lacrime, di incontrarci subito al parco yoyogi, nel nostro posto speciale. non aggiunsi altro; senza neppure salutarlo terminai la chiamata e, uscendo di casa quanto più furtivamente possibile, corsi immediatamente al luogo dell'appuntamento.
quando arrivò ero seduto sulla morbida erba, la schiena appoggiata ad un tronco di un albero ed i capelli spettinati dal vento: nonostante fosse buio, potei scorgere con chiarezza il suo viso rigato dalle lacrime ed i suoi occhi rossi quanto i miei.
mi bastò vederlo così, per convincermi a non lasciarlo mai più.
“...”
una piccola parte di me sapeva che prima o poi saremmo stati scoperti e che prima o poi avremmo dovuto pagare le conseguenze di questa nostra relazione clandestina, ma dopo quell'incontro al parco in me era scattata un'altra parte, più forte ed irrazionale, alla quale non importava più di nulla che non fosse tomohisa.
volevo godere, come un normale ragazzo innamorato, di quelle giornate eterne, dei suoi sorrisi, dei baci rubati sotto il cielo di tokyo, delle nostre risate.
i ricordi che ho di quella notte sono vaghi e confusi. un secondo prima eravamo in piedi in riva al mare, le scarpe affondate sulla neve fresca e le dita intrecciate; il rumore improvviso di uno sparo sembrò quasi spezzare l'aria, e la prima cosa che i miei occhi videro fu il suo corpo cadere di fronte a me come una foglia morta, macchiando la neve fresca di un rosso intenso.
non feci in tempo a vedere chi aveva sparato - la mia attenzione era tutta su tomohisa -; mi gettai vicino a lui, scuotendolo per le spalle, gridando il suo nome. le macchie sulla neve si stavano allargando, il suo viso stava diventando innaturalmente pallido.
era accaduto tutto così velocemente che non riuscivo ad accettare la realtà, seppure essa fosse lì, davanti ai miei occhi; e continuavo a chiamarlo e a urlare, accecato dalla disperazione e dal dolore, senza prestare attenzione al fatto che i suoi occhi nocciola fossero fissi su di me, vacui e privi di vita.
“...”
l'odore dell'incenso riempiva con forza le mie narici, procurandomi un senso di nausea difficilmente descrivibile a parole, e la sua lapide stava lentamente incominciando a coprirsi di neve; fu quando i miei occhi lessero 'aoki tomohisa' lì sopra, scritto in caratteri sottili ed eleganti, che mi resi davvero conto che non sarebbe più tornato da me, che era davvero finita.
non piansi, il mio dolore andava ben oltre le lacrime.
non pregai, perché semplicemente non ne vedevo il motivo.
rimasi a fissare la sua foto per un tempo interminabile, ripensando a tutti i bellissimi momenti che avevamo condiviso insieme.
riguardandomi indietro, non mi pentii di nulla.
ci avevano strappato dalle mani il futuro - un futuro stupendo, pieno di noi e di promesse -... ma le pagine del nostro passato assieme non le avrebbe potute cancellare nessuno.
[ They can take tomorrow and the plans we made,
they can take the music that we'll never play,
all the broken dreams,
take everything,
just take it away,
but they can never have yesterday
they can take the future that we'll never know
they can take the places that we said we will go,
all the broken dreams
take everything,
just take it away,
but they can never have yesterday ]
Note finali:
buhu. ç_ç *emigra* mi dispiace aver ucciso il festeggiato, lo giuro. ç_ç