Titolo: Riflesso
Fandom: Hannibal NBC
Personaggi: Will Graham, Hannibal Lecter
Rating: Giallo
Avvertimenti: AU, What if?
Riassunto: Stanno insieme quando succede.
“Quello che hai appena mangiato è polmone umano” gli dice, con lo stesso tono calmo e controllato che userebbe per parlare del tempo. “Non è la prima volta che ti servo carne umana” aggiunge con la stessa voce, asciugandosi le mani bagnate sull’immacolato grembiule bianco che lo copre e Will semplicemente crolla.
Note: Scritta per la seconda missione del COW-T, seconda settimana!
A Will non piace guardarsi allo specchio.
Ha paura di svegliarsi una mattina e di non essere più in grado di riconoscere il proprio riflesso, di vedere un’accozzaglia senza capo né coda di volti e corpi, un mosaico costituito da tasselli diversi appartenenti a tutti coloro che Will Graham ha ospitato nella sua testa. Teme di perdersi nel complicato labirinto che è la sua mente, di smarrire la propria individualità e diventare qualcuno che di Will Graham porta solo il nome, di guardare nell’abisso e non riuscire più a scappare, soffocato e intrappolato dalle violenti immagini che il suo cervello è in grado di rendere più vere della realtà stessa.
Ci sono giorni in cui non riesce a distinguere dove finiscano i suoi pensieri e dove inizino quelli dello Squartatore di Chesapeake ed allora si rivolge allo psichiatra Hannibal Lecter, che in un tempo considerevolmente breve è diventato la sua unica ancora, il suo filo di Arianna, il suo faro e luce di salvezza.
L’iniziale ostilità provata inizialmente nei confronti del dottore è lentamente diminuita fino a scomparire del tutto. Solamente a volte, quando Hannibal tocca nervi scoperti e fa discorsi delicati che fanno scattare Will come un cane rabbioso, essa fuoriesce di nuovo, spesso sotto forma di battute pungenti e sorrisi sarcastici. Con l’unica eccezione di queste piccole parentesi, ultimamente sempre meno frequenti, il suo rapporto con lo psichiatra è decisamente positivo, nonostante spesso esso assuma toni e sfumature decisamente poco professionali.
A Will non importa. Non gli interessa del protocollo così come non gli interessa dover guidare per un’ora e mezza per vedere l’unico uomo in grado di aiutarlo ad uscire dai suoi attacchi. Sono amici e se la parola ha un suono e un sapore strano sulle sue labbra screpolate, quando viene pronunciata da Hannibal si carica di un fascino e di un eleganza che mai aveva posseduto. Forse è per il modo in cui la lingua dello psichiatra si arrotola intorno alle sillabe.
Hannibal è quel tipo di persona che mai potrebbe passare inosservato. Possiede un certo “non-so-cosa” che fa girare tutte le teste nella sua direzione e riesce a mantenere viva l’attenzione e l’interesse altrui grazie al grande carisma e l’incredibile bagaglio culturale che si porta dietro. Will riesce a capire come mai il dottor Lecter faccia l’effetto che fa alle persone, tuttavia ne è immune: Hannibal non è riuscito a scalare i suoi muri con un sorriso enigmatico ed una metafora incomprensibile, ma l’ha fatto mostrandosi sempre disponibile e dalla sua parte, senza provare mai a giudicarlo o farlo sentire a disagio.
Una delle innumerevoli ragioni per cui Will non ama il contatto visivo è perché non gli piace vedere pena e compassione negli occhi di chi lo guarda ed è forse anche per questo che ora non ha più problemi a sostenere lo sguardo di Hannibal. Lo psichiatra non l’ha mai guardato come se fosse un instabile scherzo della natura o un fenomeno da baraccone che deve essere controllato e nelle sue iridi calde - talmente calde che a volte alcune delle pagliuzze che le compongono sembrano quasi assumere le sfumature vermiglie del sole durante il tramonto o del sangue che zampilla fresco da una ferita - Will ha solo visto comprensione e fiducia.
Hannibal non vuole cambiarlo, vuole invece che lui si accetti fino in fondo. È confortante per un uomo che come Will non sa più chi è.
«Will» lo chiama lo psichiatra con voce cortese e ferma allo stesso tempo «raccontami cosa è successo.»
Will lo guarda in silenzio per un paio di secondi prima di sospirare ed iniziare a raccontare e raccontarsi.
***
“Non mi fido a lasciarti tornare da solo, Will. Potresti avere un altro dei tuoi attacchi mentre sei al volante ed essendo tuo amico e psichiatra non posso correre questo rischio” ha detto Hannibal con un sorriso gentile a piegargli le labbra e Will ha semplicemente annuito, è salito in macchina senza dire una parola ed ha pensato che tre ore complessive di automobile fossero tante per assicurarsi solo che lui stia bene.
È passata una mezz’ora abbondante, forse quaranta minuti da allora.
Il tempo è scivolato via nel silenzio più totale, gli unici suoni che accompagnano il lento scoccare dei secondi sono il flebile rumore della costosa auto europea e le deliziose note di musica classica che fuoriescono dalle casse e riempiono l’abitacolo con una di quelle melodie che, per qualche motivo razionalmente sconosciuto, viene semplicemente spontaneo associare ad Hannibal. Né il dottore né Will hanno provato ad intavolare una qualunque discussione e stranamente la mancanza di parole non crea un clima teso e pesante, al contrario, l’aria che aleggia tra loro ha un ché di rilassante ed aiuta Will a sentirsi a proprio agio.
Quando le iridi verdi scivolano sul finestrino e sull’immagine fiocamente riflessa, Will non sposta lo sguardo.
Odia specchiarsi, eppure c’è qualcosa nell’osservare lui e il dottor Lecter seduti uno a fianco dell’altro che lo tranquillizza. Potrebbe essere l’espressione rilassata presente sui propri lineamenti, il modo in cui la mascella non è contratta e gli angoli delle labbra non sono piegati verso il basso così come la presenza stessa di Hannibal o la musica, che contribuisce al mantenimento di un ambiente piacevole.
Will non lo sa, ma guardando l’immagine riflessa vede Hannibal voltarsi verso di lui e sorridere.
***
Il rapporto che ha con Hannibal è talmente complesso da non poter essere descrivibile.
Non sono solo paziente e terapeuta - non lo sono mai stati in realtà, perché nessun psichiatra si presenta non invitato a casa della persona che ha in cura per portargli la colazione - eppure chiamarli amici è altrettanto sbagliato. Amicizia è un termine molto forte e dai limiti flessibili eppure, persino nella sua vastità di significato, esso non riesce ad abbracciare completamente la reazione che nell’ultimo periodo sta andando rafforzandosi. Per mancanza di parole più adatte, Will continua a riferirsi ad Hannibal Lecter come ad un amico, decidendo dunque di ignorare i sottintesi quasi romantici che gli saltano all’occhio ogni giorno di più.
Forse, se non avessero alla base un legame professionale, potrebbero essere… fidanzati. Più o meno. Forse.
Will si passa una mano sul volto ed il palmo sfrega contro l’irsuto accenno di barba. Non ne ha la minima idea. Non sa neanche come sarebbe stare con un uomo; non ha mai questionato la propria sessualità fino a quel momento e per questo motivo l’immagine ha un retrogusto strano e vagamente sbagliato nella sua mente. Non vuole pensarci, l’idea viene dunque archiviata in un angolo della mente, insieme a tutte le altre che Will ha deciso di ignorare beatamente, come se non fossero mai esistite in primo luogo.
Non ci si deve focalizzare troppo. Il fatto che dopo mesi sia riuscito a specchiarsi, per controllare di non avere macchie sulla camicia, prima di andare da Hannibal non significa nulla.
***
Non è un bacio gentile, casto e timido; forse non è neanche un bacio. Non c’è nulla di romantico o di puramente sessuale nel modo in cui le labbra di Will si scontrano con quelle dell’altro, solo bisogno e un desiderio disperato di stabilità.
Will ha bisogno di un punto fermo nella sua vita, qualcosa a cui aggrapparsi per rimanere in sé ed un legame platonico con il dottor Lecter non è semplicemente abbastanza. In quel momento il suo appiglio sono le braccia di Hannibal che lo stringono, la lingua che incontra alla sua e si adatta al ritmo imposto senza provare a rallentarlo o cambiarlo in alcun modo e le dita che gli carezzano i riccioli scuri.
Will sente i polmoni stare per esplodere eppure non si stacca. Respirare non gli sembra importante, non quando Hannibal lo bacia e continua a sostenerlo, donandogli tutto quello di Will sente di aver bisogno. Non ha bisogno di parlare o di domandare esplicitamente: il dottor Lecter sembra leggere nella sua mente senza alcuna fatica - è rincuorante sapere che al mondo esiste qualcuno in grado di comprenderlo e capire cose che neanche Will stesso riesce a processare - ed agisce esattamente nel modo desiderato. Spera quasi che quel bacio non finisca mai, per quanto sappia che si tratti di un pensiero stupido. Dopo qualche altro secondo infatti Hannibal si separa. Rimangono tuttavia vicini - una piccola voce del subconscio di Will continua a urlargli che quella vicinanza è troppa e che dovrebbe allontanarsi prima che sia tropo tardi - con il fiato pesante e le pupille un poco allargate dal desiderio.
Al contrario di Alana, Hannibal non balbetta scuse e lo bacia ancora.
***
Stanno insieme quando succede.
“Quello che hai appena mangiato è polmone umano” gli dice, con lo stesso tono calmo e controllato che userebbe per parlare del tempo. “Non è la prima volta che ti servo carne umana” aggiunge con la stessa voce, asciugandosi le mani bagnate sull’immacolato grembiule bianco che lo copre e Will semplicemente crolla. Il cuore salta un battito, il sangue si gela nelle vene, il volto diventa pallido e si ritrova ad annaspare senza rendersene conto. Tasselli ed informazioni scollegati iniziano a connettersi e la figura da essi creata è talmente sensata e logica che Will si chiede come non abbia fatto a rendersene conto prima.
Vorrebbe ridere, ridere per l’assurdità della situazione, ridere perché si è innamorato - ormai non può più negarlo - di una persona che ha cercato di catturare di ogni modo, di un individuo che nel profondo disgusta, perché di fronte alle scene del crimine in Will non vi era alcuna ammirazione o rispetto, non importa quanto l’omicidio fosse artistico o complesso. La cosa più assurda della situazione, persino più dell’atteggiamento noncurante di Hannibal che ha appena rivelato di essere un cannibale - fa pure rima, per l’amor del cielo - è che Will non prova né disgusto né rabbia. C’è un coltello poco distante, potrebbe prenderlo ed attaccare Hannibal, così come potrebbe afferrare il cellulare e chiamare Jack, eppure entrambe queste possibilità non vengono neanche contemplate dal cervello di Will, che si sta violentemente separando in due. Non è anatomicamente possibile, eppure il profiler riesce a percepire le proprie sinapsi ed emisferi celebrali tirare in conflitto, fino ad arrivare in procinto di strapparsi.
Le gambe, in qualche modo, riescono ad abbozzare un passo. Le labbra si schiudono, ma non lasciano uscire alcun suono.
«Perché non riesco ad andarmene e a disprezzarti?» balbetta, in una domanda più rivolta a se stesso che ad Hannibal. Lo psichiatra - no, il cannibale - si limita a guardarlo e a sollevare le labbra in un sorriso affascinante e terribile al tempo stesso.
«Lo sai. Rimani con me, Will.»
***
Will non ha più incubi ora.
Dorme sonni tranquilli in un letto dalle costose lenzuola di seta, le gambe intrecciate con quelli di Hannibal, al suo fianco ogni singola notte. Non ha più paura della propria immaginazione perché ha finalmente imparato ad accettarla e controllarla: le immagini grottesche e violenti non albergano più la sua mente e vengono invece incanalate negli omicidi da loro compiuti.
Will si guarda allo specchio e non teme più il suo riflesso: sostiene lo sguardo dell’uomo dagli occhi verdi, il sorriso sulle labbra e un’impronta di denti sulla spalla nuda. Continua a vedere l’abisso, eppure la cosa non lo spaventa più. Il buio è morbido, confortante, privo di limiti ed è in qualche modo una condizione più naturale della luce, violenta, spigolosa e candida in modo quasi artificiale; non c’è nulla di negativo nell’oblio, non quando hai delle persone che ti amano al tuo fianco.
Il criminale - perché oramai Will è tale, in fuga dalla polizia con Hannibal ed Abigail - si sciacqua il volto e inizia a lavarsi i denti, canticchiando sottovoce il motivo di una tradizionale ninnananna lituana che Hannibal ha suonato loro la sera precedente e chiedendosi quale piatto elaborato il proprio fidanzato avrà preparato quella mattina.
È di buon umore: quello è il giorno in cui insegnerà Abigail a pescare.