Autore:
ai_sellie Titolo: Baci rubati al sapor di caldarroste
Personaggi: Remus J. Lupin, Padfoot
Rating: Pg
Avverimenti: Fluff.
Parole: 986 (
fiumidiparole)
Riassunto: Remus sibilò un’imprecazione quando il suo fondoschiena si schiantò con poca grazia contro il marciapiede gelato ed il cane ne approfittò per rubargli il sacchetto dalle mani.
« Che diavolo… » mugugnò Remus massaggiandosi la parte lesa, mentre si metteva seduto. « Ma sei impazzito? »
Padfoot, per tutta risposta, si limitò a scodinzolare felice.
Note: Storia riciclata scritta per l'ultima Notte Bianca di
maridichallenge. \0/
Betata dalla gentilissima
zia_chu. <3
« E queste sono caldarroste, » concluse Remus, riprendendo a camminare e litigando intanto con il sacchetto di carta appena comprato dall’eccentrico mago anziano che viveva alla fine del corso principale, a Hogsmeade; quello fissato con le specialità culinarie babbane di stagione.
Respirò a pieni polmoni l’aroma di castagne appena riuscì ad aprire il cartoccio e ci infilò dentro una mano.
« Mio padre me le comprava qualche volta, da bambino. Assaggiale, Sirius, ti piaceranno ».
Si voltò indietro sorridendo, la caldarrosta bollente tra le dita, per poi bloccarsi in mezzo al marciapiede.
Il ragazzo che l’aveva praticamente costretto ad accompagnarlo a Hogsmeade e con cui era convinto di aver continuato a parlare fino a quel momento non si vedeva da nessuna parte; eppure era sicuro che fosse ancora dietro di lui quando avevano svoltato in una delle mille stradine laterali, per sfuggire alla quantità incredibile di persone che giravano quel giorno per il villaggio, e si erano messi alla ricerca delle castagne.
Ricordava di averlo addirittura sentito sbuffare divertito qualcosa a proposito del suo essere particolarmente loquace quel pomeriggio.
Provò a darsi un’attenta occhiata intorno, ma niente: Sirius non sembrava nemmeno essersi fermato a contemplare con gli occhi sgranati ed uno strano scintillio nello sguardo l’ennesima collezione di orologi babbani che faceva bella mostra di sé nella vetrina di un anonimo negozio dall’aria molto vecchia, e che due stradine più indietro aveva, invece, costretto Remus a rimanere fermo ad aspettarlo per più di un quarto d’ora.
« Sirius? » provò a chiamarlo, confuso, la castagna che cominciava a bruciargli i polpastrelli.
Inarcò vagamente un sopracciglio, ma non fece in tempo a sentire l’ormai familiare senso di frustrazione mista a rassegnazione e divertimento tipico di qualunque cosa avesse a che fare con l’amico che un enorme cane nero spuntato apparentemente dal nulla gli saltò addosso, facendolo cadere.
Remus sibilò un’imprecazione quando il suo fondoschiena si schiantò con poca grazia contro il marciapiede gelato ed il cane ne approfittò per rubargli il sacchetto dalle mani.
« Che diavolo… » mugugnò Remus massaggiandosi la parte lesa, mentre si metteva seduto. « Ma sei impazzito? »
Padfoot, per tutta risposta, si limitò a scodinzolare felice.
Lasciò cadere a terra il sacchetto per abbaiare, poi prese ad annusarlo e, una volta appurato che conteneva cibo, cercò d’infilarci dentro il muso, ma Remus glielo strappò dalle zampe.
« Oh no, scordatelo ».
Si strinse le caldarroste al petto, ancora seduto sul cemento.
« Queste sono mie e dato che per colpa di questa tua brillante trovata adesso mi pulsa pure il fondoschiena ti sei giocato del tutto anche l’assaggino ».
Padfoot guaì con la coda tra le zampe ed abbassò le orecchie, ma visto che questa volta Remus non sembrava voler cedere, quando lo vide provare ad alzarsi gli saltò nuovamente in grembo e cercò di rubargli ancora il sacchetto dalle mani.
« No, cane cattivo, cane cattivo, » si dimenò Remus, riuscendo infine a mettere in salvo le castagne sotto al maglione.
Il cane guaì sconfitto, ma gli rimase praticamente sdraiato addosso per metà.
« Alzati, Padfoot ».
L’animale si limitò a guardarlo negli occhi ad una distanza a dir poco ridicola, la lingua a penzoloni ed il naso umido che quasi sfiorava la guancia del ragazzo.
Remus storse il naso.
« Hai un alito a dir poco pestilenziale, lo sai? Alzati, Padfoot ».
Cercò di scrollarselo di dosso con la mano libera, ma fallì miseramente.
« Mi stai facendo fare una figura di merda, ne sei almeno lontanamente consapevole? »
Padfoot abbaiò, perforandogli quasi certamente un timpano, e Remus sbuffò, alzando gli occhi al cielo.ù
« Una sola, » si arrese.
Il cane lo liberò immediatamente del proprio peso, scodinzolando.
Gli si sedette di fronte, in paziente attesa, e Remus sforzandosi di non pensare all’enorme figura di merda che stava ancora facendo - era sul serio una fortuna che per quella stradina più che secondaria passasse davvero poca gente! - aprì il sacchetto rimanendo a sua volta seduto sul marciapiede.
Non fece nemmeno in tempo a tirare fuori una castagna che il cane gliel’aveva già rubata dalle dita.
« No, Padfoot, cane cattivo, » lo ammonì nuovamente.
Padfoot masticò la caldarrosta un paio di volte scarse, poi ingoiò.
Sebbene Remus non fosse mai stato particolarmente portato a capire gli animali semplicemente guardandoli negli occhi, questa volta non gli fu poi così difficile intuire che cosa fosse appena passato per la testa dell’amico.
Sbuffò un sorriso.
« Devi prima sbucciarle, scemo, altrimenti sanno di bruciato ».
Posò con cautela il sacchetto a terra e, tenendo comunque sempre d’occhio i movimenti del cane, prese in mano una seconda castagna e cominciò a ripulirla dallo strato nero che la ricopriva.
« Ecco, così. Vedi? »
Gliela tese ma, all’ultimo momento, cambiò idea e se la mise in bocca.
Padfoot sbuffò in maniera incredibilmente umana e lui non riuscì a non scoppiare a ridere.
Cominciando a masticare, fece per infilare una mano nel sacchetto ed estrarre un’altra castagna da sbucciare, ma colse con la coda dell’occhio un movimento troppo rapido che gli fece sollevare d’istinto la testa.
Si ritrovò con il muso di Padfoot praticamente appiccicato alla faccia: la lingua dell’animale gli lambì le labbra e lui non ebbe la prontezza di riflessi di serrarle.
Avvertì i rimasugli della castagna appena masticata scivolargli fuori dalla bocca ed un po’ di saliva del cane finirgli sulla lingua.
Un secondo dopo sputò a terra, disgustato, e si strofinò la manica sulle labbra con così tanta enfasi da sentirle bruciare.
Quando, in un’ulteriore dimostrazione che a stare troppo in compagnia di Sirius anche la sua sanità mentale stava cominciando seriamente a risentirne, il suo cervello realizzò che il suo primo - quasi - bacio gli era appena stato rubato da un cane, il disgusto e la confusione si erano ormai mescolate alla rabbia e ad una punta d’imbarazzo e Padfoot era già alla fine della stradina, che trotterellava scodinzolando diretto chissà dove.
Remus afferrò il sacchetto di carta e si affrettò a corrergli dietro.
« Padfoot! » sbraitò, deciso a fargliela pagare o ad ottenere, se non altro, un bacio degno di questo nome.