Scritta in collaborazione con
gondolin_maid per la San Valentino Challenge di
destiel_italia Titolo: All The Hunter's Men (sì, è una parodia del titolo del film All The President's Men e la colpevole di ciò è gondolin)
Autrici:
gondolin_maid e
weeping_iceFandom: Supernatural
Pairing/Personaggi: Dean/Castiel, Dean/... (spoiler) Sam, Alistair, Lucifer, Micheal, Gabriel, Raphael, Ruby, Zachariah, Crowley, cerbero, mutaforma, Bobby, OC (il pargolo, solo nel finale)
Rating: nc17
Charapter: 1/1
Words: 7443
Genere: crack
Warning: mpreg, patner multipli, incest, knot, non con, bestiality
Summary: un fiore è nato nel giardino dell'Eden e Dean è di nuovo nei guai.
Note: gondolin_maid speaking here. È stata una collaborazione e p i c a. Grazie alla mia partner in crime per tutto il LOL e il WTF emerso durante il plottaggio e la stesura.
Il peccato originale comunque è di
koorime_yu che propone
queste cose.
Quasi dimenticavo! Weeping_ice mi ha appena ricordato del toto-autore! Ovvero: indovinate (come chiese Bilbo agli Elfi... scusate, same situation, wrong fandom) chi di noi ha scritto quale dei possibili papà. Non vincete niente, ma potreste divertirvi molto!
DISCLAIMER: Non ci appartengono, non ci guadagnamo nulla.
Quel pontile iniziava seriamente a stancarlo. Andiamo, con tutti i posti al mondo, sempre lì doveva portarlo Castiel per contattarlo? Be', almeno quel dannato virus era rimasto col suo corpo addormentato.
« Oh, avrei voluto ricrearlo » esclamò una voce, fin troppo gioviale per i suoi gusti. « Ma pensavo non avresti partecipato attivamente al nostro colloquio ».
Dean si voltò di scatto. Zachariah si stava avvicinando col suo solito completo da esattore delle tasse e l'aria da coglione patentato.
Merda, non avrebbe dovuto trovarlo, non così facilmente, almeno.
« Castiel aveva detto... »
« Ho avuto diversi problemi a mettermi in contatto con te » confermò l'angelo, affiancandoglisi. « Incredibile cosa sia disposto a fare un soldato per delle scimmie senza pelo ».
« Cosa vuoi? »
Il sorriso maniacale del coglione lo fece rabbrividire, ma non fu nulla in confronto a quanto disse. « Te lo ripeterò: hai gli occhi di tua madre ».
Ora lo avrebbe preso a calci in culo molto, molto lentamente: quel coglione non poteva osare parlare di sua madre e sperare di passarla liscia.
« Io ti... »
« Ma sai » riprese, quasi Dean non avesse parlato. « Scommetto che nemmeno lei sarebbe stata una tale puttana ».
Ok, ora aveva la certezza che gli angeli fossero dei coglioni in ogni senso. Quello che diceva non aveva senso... a meno che non lo avesse spiato qualche notte prima con Castiel, ma i sigilli enochiani dovevano nasconderli...
« Oh andiamo, Dean, non avrai già scordato il nostro incontro in quel camion? »
Merda, non poteva essere, non poteva assolutamente essere. Zachariah possedeva quel povero cristo d'esattore da mesi. L'esattore sfigato in completo e cravatta, quello era il suo tramite, non poteva prendere un disgraziato qualunque.
Non funzionavano certo come i demoni, no?!
Cielo, quel camionista lo aveva praticamente piegato sul volante del cubicolo, facendolo gemere come una puttana, mentre lo preparava.
E si era pure scelto uno ben messo quel figlio di puttana.
« Uomo devoto. Perverso, ma devoto. Certo, non più di te che lo chiamavi 'papà' ».
Cazzo, avrebbe voluto vomitare.
Il lago era ancora placido ed immobile e Zachariah osservava i piccoli pesci muoversi sotto il pelo dell'acqua, quasi la sua rivelazione non fosse un problema. Dean non era dello stesso avviso.
Prima o poi avrebbe dovuto imparare a non farsi fottere dal primo che incontrava nei bar.
« Decisamente un'ottima idea, Dean. Dovresti piantarla di darlo via come non fosse tuo ».
Il cacciatore si voltò di scatto, riconoscendo con un brivido di disprezzo e paura la voce che aveva pronunciato quelle parole.
« Lucifer? Cosa ci fai tu qui? » ringhiò.
« Per quanto non approvi il suo tono irrispettoso nel rivolgersi ad un arcangelo, » aggiunse Zachariah « condivido la sua curiosità, nonché la sua giusta indignazione. Questo avrebbe dovuto essere un sogno privato ».
La risata sinistra di Lucifer riecheggiò nell'aria immobile e silenziosa. « La sicurezza qui è tutta buchi » spiegò, ponendo sull'ultima parola un'enfasi inequivocabilmente oscena.
« Ma che problema avete voi stronzi alati con me? » sbottò il cacciatore infuriato. Già di suo dormiva poco, dopo quella notte non avrebbe più chiuso occhio.
« Problema? » domandò Lucifer serafico « Sei tu che hai un problema con la mia famiglia. Noi ti adoriamo. E non è mica giusto che il piccolo Cassie sia l'unico fortunato, no? La condivisione è una bella cosa ».
« Non sono un fottutissimo oggetto! »
« No, in effetti » Lucifer gli si avvicinò. Almeno in quello scenario non aveva il vessel che gli cadeva a pezzi. « Nessun oggetto è così grazioso ».
Se si concentrava sul ritmo del proprio respiro e fissava l'orizzonte senza distogliere lo sguardo, forse Dean sarebbe riuscito a non saltare addosso a quel figlio di puttana pieno di sé per cercare di squartarlo a mani nude. Forse.
« E nessun oggetto è così bravo a letto ».
Ok, adesso l'avrebbe davvero ammazzato, anche se non era reale.
« Cosa? Anche tu? » domandò Zachariah sorpreso.
« L'ho detto che credo nella condivisione. E poi Dean, qui, era così disperato per aver perso il suo fratellino, che anche lasciarsi scopare dal suo guscio vuoto gli sarebbe andato bene ».
« Ah Dean, Dean. Due angeli, chi l'avrebbe mai detto?! »
Dean si svegliò di soprassalto, lasciando i due pennuti su quel pontile. Bobby e Sam non erano ancora rientrati, ma sulla poltrona di fronte a lui, purtroppo, sedeva comodamente Crowley.
Fanculo, chiedere qualche ora di tranquillità era troppo?
« Se cerchi Bobby non è qui » affermò sarcastico, alzandosi per versarsi una generosa dose di whisky.
« Lo so, il caro Robert mi aveva avvertito della sua assenza ».
E allora perché quel figlio di puttana era lì? Già era orribile sapere che ogni tanto visitasse Bobby per motivi che no, non voleva assolutamente sapere per evitare traumi perenni, ma vederselo comparire davanti all'improvviso era ben peggio. E non era nemmeno la prima volta quel mese.
Avrebbe giusto voluto mandarlo al diavolo, o quanto meno lanciarsi in commenti mordaci sulla loro pseudo intesa, quando si ritrovò praticamente spalmato tra la credenza e il demone.
E no, non poteva assolutamente essere un'erezione quella che sentiva contro il suo culo, grazie tante. Cristo, perché non poteva mai essere un fucile?!
Stava giusto per rispedirlo all'inferno, in modo anche piuttosto letterale, quando il demone gli passò una mano sulla guancia, scendendo poi lungo il collo. « Sai, non ho mai capito perché indossassi tutti questi abiti » mormorò, tornando verso la poltrona. « In fondo, non è che tu faccia troppe storie nel togliergli ».
Oh, ora l'avrebbe preso seriamente a calci in quelle flaccide chiappe demoniache. Era un vero peccato che le sue mani si stessero già muovendo verso la cintola dei suoi pantaloni, slacciando con dita tremanti la fibbia.
E, come se tutto questo non fosse stato abbastanza, sembravano non essere soli.
Accanto a lui poteva sentire distintamente un ringhio sinistro e il graffiare di zampe sul legno del pavimento.
« Dimenticavo, ho portato uno dei miei cuccioli. Sentiva la tua mancanza ».
Merda. Dean aveva già riconosciuto chiaramente il ringhiare e il raspare ferino del cerbero; dopotutto, aveva passato quarant'anni all'inferno, ormai era “abituato” a quelle creature demoniache. Purtroppo aveva anche ben chiaro anche quali fossero i loro “doveri nei confronti delle anime”.
Oh, avrebbe ucciso Crowley molto, molto lentamente. Magari così avrebbero anche salvato l'anima del povero Bobby.
I suoi vestiti giacevano ormai a terra in un mucchio scomposto e Dean oltrepassò i propri jeans e la biancheria, lasciandosi le ultime difese alle spalle.
« Molto bene » osservò compiaciuto il demone, versandosi un altro bicchiere di scotch. « Non è la prima volta che ci intratteniamo insieme, questo mese » continuò in tono annoiato, aprendosi la patta dei pantaloni. « Il piccolo dietro di te, invece, non ti vede da mesi. Non sarebbe carino da parte tua escluderlo » terminò, accarezzandosi distrattamente, senza distogliere lo sguardo dal cacciatore.
Dean avrebbe voluto poter digrignare i denti e prendere a pugni quella faccia da idiota inglese, purtroppo Crowley amava giocare sporco e, per qualche assurdo motivo, sembrava riuscire sempre a fargli fare qualsiasi cosa volesse.
Qualcuno sarebbe stato preso a calci nelle proprie chiappe demoniache per quello, lo giurava sulla sua bambina.
La bestia dietro di lui lo colpiva insistentemente col muso e il demone accennò appena allo spazio di fronte a sé, fra le proprie gambe. « Forza Dean-o, al tuo compagno di giochi non piace aspettare ».
Oh, questo, purtroppo, lo sapeva bene. Alistair amava quel tipo di giochetti per le sue bestiole.
E così, maledicendolo mentalmente e progettando le morti peggiori, Dean si ritrovò in ginocchio di fronte alla poltrona, tra le mani il cazzo di quel demone e dietro un cerbero, troppo intento a cercare di montarlo per notare qualsiasi altra cosa.
Magari sarebbe stato particolarmente fortunato e tutta quell'idiozia si sarebbe rivelata frutto del burrito di quella mattina, purtroppo quando Bobby e Sam rientrarono, lo trovarono ancora a carponi di fronte a Crowley, i fianchi che scattavano con violenza in avanti per le spinte di un cerbero che, fanculo, non riuscivano a vedere.
« Io non proverei a toccarlo, fossi in te » disse il demone, sistemandosi soddisfatto sulla poltrona, mentre Sam cercava di far rialzare il fratello.« A quei cuccioli non piace si tocchi la loro cagna ».
« Cosa? »
« Cerberi, gigante ritardato. E parecchio affezionati a tuo fratello, se posso dire ».
Dean era ancora a terra, la schiena a pezzi e una gran voglia di vomitare perfino l'anima. Poteva sentire le unghie di quell'animale graffiargli i fianchi e le sue spinte farsi sempre più brutali e veloci, mentre Crowley gli scompigliava i capelli e lo grattava sotto il mento.
No, quell'idiota non lo stava fissando ghignando.
No, Bobby e Sam non lo fissavano impietriti, mentre lo prendeva come una cagna in calore.
E no, non era lui quello ad urlare così forte. Eppure era certamente lui quello che sentiva il knot di quella bestia penetrarlo... cazzo, li ricordava più piccoli.
L'aria intorno a lui era tesa ed interrotta solo dall'ansimare del cerbero che gli pesava sulla schiena e lui avrebbe solo voluto lasciarsi cadere sul pavimento, o sparare a quel demone che beveva tranquillo di fronte a lui. Purtroppo era bloccato lì.
« Dean, tutto bene? »
Oh certo, una favola. In fondo, era solo appena stato fottuto da un cerbero e aveva appena fatto un pompino ad un demone.
Stava giusto per mandarlo a quel paese, quando il peso della bestia scomparve improvvisamente e lui rovinò a terra, esausto.
Crowley si scolò quanto rimaneva del proprio scotch. « Perfetto, è arrivata la cavalleria alata » e sparì prima che Dean potesse sputargli contro almeno un decimo della rabbia che provava, mentre un familiare battito d'ali smuoveva l'aria della stanza.
« Ciao, Dean-o » lo salutò Gabriel, ma era chiaro persino a Dean (che, grazie tante, in quel momento non era esattamente concentrato sul benessere dell'arcangelo) che la sua allegria non era che una facciata. La parte più stupefacente di quell'apparizione però non era Gabriel stesso, ma il suo accompagnatore.
« Che diavolo succede? » Dean cercò di tirarsi su, ma sembrava che i muscoli rifiutassero di ubbidirgli. Sam si accorse della sua difficoltà e fece per avvicinarglisi, ma Dean scosse il capo e ordinò seccamente: « Va' a prendermi dei vestiti, piuttosto. »
Sam sospirò, ma per fortuna non lo contraddisse e sparì verso il piano di sopra, mentre Bobby continuava a scrutare i due nuovi arrivati senza reagire. Ma aveva una mano nella tasca dove teneva la fiaschetta dell'acqua santa, e la pistola nascosta sotto la giacca era carica.
Gabriel spinse in avanti un Castiel dall'aria furibonda -furibonda rispetto alla sua gamma di espressioni, ovviamente- senza però allentare la stretta sul suo polso.
« Cass? »
« No » rispose Gabriel prima che l'altro angelo potesse aprire bocca.
« No? »
« Questo non è Castiel. L'ho scovato un attimo fa che cercava di entrare, ma non è Castiel. »
« Dean » disse semplicemente Castiel, fissandolo dritto negli occhi.
Ovvio che era lui, cosa stava dicendo Gabriel?
« Dimmi qualcosa che sappiamo solo noi, Cass » rispose istintivamente Dean. Era il suo angelo, ma meglio andare sul sicuro, no?
Questi deglutì un paio di volte con quell'adorabile espressione impanicata così tipica di quando nel suo cervellino alato passavano pensieri non esattamente puri. « L'altro ieri notte. Tu hai detto... »
« Ok, ok! » lo interruppe Dean. « È lui, Gabriel. Non so cosa tu stessi pensando, ma è lui. »
Forse era un po' affettata come reazione, ma Dean non aveva la benché minima intenzione di lasciare che il suo angelo sulla spalla confessasse più di quanto lui non fosse pronto ad ammettere a se stesso. Soprattutto considerando il fatto che stava ancora cercando di far scendere a patti l'immagine che aveva di sé e l'idiota sentimentale che diventava quanto passava troppo tempo con Castiel. Soprattutto quando quel tempo era speso fra sesso e -che Dean fosse dannato di nuovo se l'avrebbe mai ammesso ad alta voce- coccole post orgasmo. E se fra una cosa e l'altra poteva aver ammesso, magari, di, ecco, di tenerci molto a lui, di certo non era pronto a condividere con la classe.
Gabriel sbuffò ed estrasse da una tasca -ma cosa diavolo erano, le tasche di Mary Poppins?- un pugnale d'argento. Prima che Castiel avesse il tempo di reagire, l'arcangelo gliel'aveva passato sul collo. La sua pelle sfrigolò, emanando uno sgradevole odore di carne bruciata.
« Oh, cazzo! » esclamò Sam, rientrando in soggiorno appena in tempo per vedere Gabriel che affondava il pugnale nel petto del falso Castiel. Un banalissimo, fottutissimo mutaforma.
Dean sussultò vedendo quel corpo accasciarsi senza vita, pur avendo appena avuto la prova che quello non fosse il suo idiota piumato. Strappò di mano a Sam i vestiti, infilandoseli poi con gesti bruschi e irritati.
« E allora dov'è il vero Cass? » domandò appena si fu rivestito, improvvisamente conscio del fatto che il suo angelo avrebbe potuto essere in pericolo e cercando di non pensare al fatto di essere stato di nuovo fottuto, in senso letterale e metaforico. Peccato che il bastardo fosse già morto, l'avrebbe volentieri torturato per aver rubato momenti che sarebbero appartenuti soltanto a Castiel.
Gabriel sospirò. « Starà cercando di fermare questa dannata Apocalisse, tu che dici? »
« Ma non ci ha avvertiti, » protestò il cacciatore, anche se era palese che quello che stava pensando era: “non mi ha avvertito” « se avesse avuto un piano... »
« Non riesco a localizzarlo » ammise l'arcangelo.
« Cosa vuol dire che non riesci a localizzarlo?! » sbraitò.
« Significa che non ho idea di dove sia, Dean » ammise Gabriel.
« Fantastico. Veramente fantastico. » Dean si morse le labbra e chiuse gli occhi per un istante « Dimmi, hai altre belle notizie per me? »
« A dire il vero... sì. »
« Stai scherzando, vero? »
Gabriel si sedette sul divano, invitando gli altri ad imitarlo con un gesto. Quando Dean scosse il capo, innervosito, insistette: « Non è una notizia che vuoi ascoltare mentre sei in piedi, fidati. »
Dean sbuffò, scocciato, ma fu costretto ad infilarsi in tasca le mani per nascondere il leggero tremore. Cosa poteva esserci di peggio? Avrebbe avuto bisogno di un drink per mandare giù altre novità.
Bobby e Sam si sedettero accanto a lui, tesi come corde di violino. Dean aveva avuto una pessima giornata, ma neanche a loro stava andando troppo bene, con quella serie di rivelazioni improvvise. Sam in particolare sembrava sul punto di scattare come una molla, la mascella serrata e i pugni stretti.
« Sentiamo » domandò Dean con aria di sfida, anche se in realtà non aveva voglia di sentire alcunché. Anzi, una cosa gli sarebbe piaciuto saperla, ed era il perché Gabriel stesse orbitando intorno a casa di Bobby. Evitò di domandare solo perché non ci teneva ad imbarcarsi in un'altra discussione imbarazzante sui suoi rapporti con gli angeli. Gabriel si era evidentemente astenuto dai suoi soliti commentini perché in fondo -molto in fondo- aveva abbastanza sensibilità da capire quando era il caso di tacere, ma Dean non ci teneva a provocarlo.
L'arcangelo sospirò. « Non capisco perché debba essere sempre io a dover dare queste notizie... Hai presente il Giardino del Paradiso, Dean-o? »
Il cacciatore sogghignò. « Ne conosco vari ».
« Dean! Questa è una cosa seria! »
« Sì, sì » sbuffò questi.
« Ma forse non sai cosa significa la nascita di un fiore nel Giardino. »
« Che Joshua ha il pollice verde? » domandò Dean, totalmente ignaro di dove potesse portare quella surreale discussione.
« Significa » spiegò pazientemente Gabriel « che è stata concepita una nuova vita. »
Dean aggrottò la fronte. « Questo cosa ha a che fare con noi? »
« Con te » precisò l'altro « Ha a che fare con te » si passò nervosamente la lingua sulle labbra « Sei incinto ».
Nel silenzio che seguì, fu Bobby il primo a reagire. « Palle! Piantala con gli scherzi e dicci cosa succede. »
« Mi dispiace, ma è la verità. Dean, » lo guardò negli occhi « quel virus che hai... non è affatto un virus. Non ho mai capito perché si chiamino nausee mattutine se durano per tutto il giorno. Spero che non ti vada male come a me... ma non starò qui a rivangare il mio passato come multiforme dio pagano ».
Stava per schioccare le dita e svanire, quando Dean lo fermò. Era pallidissimo e ancora incredulo, ma ora che quell'assurda ipotesi era stata menzionata, aveva iniziato a mettere radici dannatamente in fretta. « E allora chi sarebbe il... l'altro padre? »
Gabriel si strinse nelle spalle e gli lanciò un'occhiata quasi malinconica. « Piacerebbe anche a me sapere se aspettarmi lettere di congratulazioni... ma la verità è che è troppo presto per dirlo ».
Ignorando il frullio d'ali che annunciava la partenza del messaggero di Dio e l'assurdità di tutta quella situazione, Sam si voltò verso Dean ed ebbe il coraggio di domandare: « Cosa vuol dire che lui si aspetta le congratulazioni? »
Oh merda, ora avrebbe dovuto spiegarlo a Sammy, e visto come aveva reagito l'ultima volta che l'aveva trovato con Cass, non voleva nemmeno pensarci. Cristo, avrebbe dovuto dirgli anche degli altri coglioni? Sperava proprio di no.
« Allora? »
Perfetto, Samantha si era già strizzata le palle nelle mutandine.
« Ecco, vedi... »
« Vedi, Sammy, tuo fratello è una puttanella facile » intervenne gioviale un voce femminile fin troppo nota. « E non gli serve nemmeno una cena ».
I cacciatori si voltarono di scatto. Sulla poltrona dove qualche minuto prima sedeva Crowley, si era accomodata una ragazza mora che erano convinti di non dover mai più rivedere.
« Ruby? »
« Ma non ti avevamo fatta fuori, puttana? »
« Ci avete provato » concesse la ragazza, gettando le gambe oltre il bracciolo. « A proposito, la prossima volta evitate di farlo con mio padre nelle vicinanze, magari vi riesce ».
Dean la guardò afferrare una manciata di noccioline dalla ciotola sul tavolo, mentre la sua mano correva al coltello nascosto tra i cuscini. « Oh tranquilla, questa volta non mancheremo il bersaglio ».
« Dean-o, mi ferisci » si lamentò con un'aria finta contrariata, portandosi la mano al petto. Oh, l'avrebbe uccisa con grande piacere. « Vorresti forse uccidere la mamma del tuo bambino? »
« Cazzo stai... »
« Dean? »
Merda, Sammy era ancora lì, e se possibile era ancora più incazzato di prima. Doveva fare una strage di demoni e angeli, ne andava nella sua vita.
Il suo stomaco era in subbuglio e la colazione minacciava di ripresentarsi in ogni momento. Gabriel aveva ragione, perché cazzo le chiamavano nausee mattutine, se duravano tutta la giornata?
Sam era ancora accanto a lui e ora una mano gli aveva artigliato la coscia, piantandogli le unghie nella carne. E no, non poteva essere il suo fratellino quello con le narici dilatate e lo sguardo insanguinato.
« Allora? »
« Oh andiamo, Sammy » lo interruppe Ruby, riportando l'attenzione su di sé. « Dobbiamo veramente fare la chiacchierata sugli incubi e succubi ».
Una volta si faceva quella sulle api e i fiori, lui doveva averla fatta a Sammy in qualche momento della sua vita, ma in fondo parlavano di progenie demoniaca. E con un demone femmina.
Forse fu la faccia stranita di Bobby, o lo sguardo omicida di Sam, ma Ruby sogghignò, puntando lo
sguardo sui due fratelli.
« Vediamo se questo aiuta la tua memoria, Dumbo » iniziò, accomodandosi meglio. « Nemmeno un anno fa c'eravamo noi due, soli, in quella cascina e tu mi afferravi per la vita e mi accarezzavi... »
« Ehi! »
Tre teste si voltarono contemporaneamente e si fissarono sull'espressione oltraggiata di Dean. « Troppe informazioni ».
« Ad ogni modo » riprese la ragazza con fare seccato. « Ho decisamente raccolto molto del tuo seme. Sai, un corpo praticamente morto fatica a concepire ».
Oh no, non poteva essere, quello era tutto un nuovo livello di caos, perfino per loro. Purtroppo dall'espressione sconvolta di Bobby e dal rossore delle orecchie di Sam, l'impressione di Dean non sembrava essere troppo lontana dalla realtà.
« Capirai che era un peccato, una seconda versione dell'Anticristo ci avrebbe fatto comodo » continuò Ruby, evidentemente soddisfatta del loro disgusto. « Ma poi, alleluia, è risorto Dean ».
E qui era stato fottuto, e non solo in senso metaforico.
« Temevamo avresti rovinato i nostri piani, per fortuna sei più bravo come puttana che come soldato ».
« Senti, tu... »
Purtroppo Ruby non gli lasciò finire la minaccia, alzandosi di colpo e portandosi davanti a lui. « Cosa, Dean? » gli mormorò praticamente in faccia, posandogli una mano sul ventre. « Forse Sammy non sa quanto ti piaccia tenere tutto in famiglia ».
« Dean? »
« Non potevo assumere il tuo aspetto, Sam, anche se sarebbe stato interessante » gli rispose Ruby, senza distogliere lo sguardo da quello di Dean. Una sua mano scorreva tra i corti capelli del cacciatore, ed era chiaro che Sam avrebbe voluto tagliargliela col machete meno affilato che avessero. « Ma il vostro fratellino?! È bastato possedere un collegiale vagamente somigliante allo scarto di John Winchester e Dean-o ha subito aperto le gambe. Ed è proprio vero, ha lentiggini dappertutto. Adorabile ».
« Finiscila, puttana ».
« Dean, ogni bambino ha bisogno di una mamma. Be', in questo caso ne avrà ben due » gli soffiò in voltò, sedendogli in braccio. Accanto a loro Sam stringeva con forza i pugni, piantandosi le unghie nei palmi e Bobby stava zitto quasi in attesa. « Avrei voluto possedere questa specie di padre surrogato che ti porti in giro, ma come sai... »
Grazie al cielo la frase terminò in un rantolo. Bobby era in piedi alle spalle del demone e la sua mano si stava staccando lentamente dall'impugnatura del pugnale che le spuntava dalla schiena.
« Bobby... »
« Ti prego, dimmi che non c'è anche lui in questa storia! »
Cristo, ma come venivano in mente certe idee a Sam?! Dean lo fissò disgustato e sconcertato per qualche secondo, prima di spingere lontano da sé il corpo esanime della disgraziata posseduta da Ruby.
Avrebbe vomitato di lì a poco, questo era poco ma sicuro.
« Diamine no » intervenne in fretta Bobby, evidentemente altrettanto disgustato. « Ma sarà meglio che tuo fratello impari un minimo di pudore ».
Be', su questo non aveva tutti i torni. Lo diceva anche suo padre, anche se alla fine... no, era meglio non pensarci, non dopo Zachariah.
Sam fece saettare per un istante lo sguardo tra i due uomini, prima di battere le mani sulle proprie cosce e seguire il cacciatore più anziano nello studio. « Molto bene » tagliò corto, lasciandosi cadere su una sedia e afferrando un manoscritto. « Chi altro potrebbe essere il padre, Dean? »
Ci fu un frullio d'ali e Dean decise che era il rumore più odioso dell'universo. A meno che...
« Allora è vero quello che si vocifera in Paradiso. »
...non fosse Castiel, ma ovviamente mai che gli venisse concessa una grazia.
« Eccone un altro » commentò Dean. Se doveva finire con le confessioni tanto valeva farlo in fretta.
Bobby e Sam gli rivolsero un'occhiata sconvolta.
« Michael? » domandò Bobby « Seriamente? »
« No, per scherzo » sbuffò Dean, con un tono tutt'altro che divertito.
« Sapete, è maleducazione ignorare gli ospiti, soprattutto quando questi potrebbero distruggervi con uno schiocco di dita ».
« Fai pure, stronzo piumato, » rispose stancamente Dean « mi risolveresti un sacco di problemi ».
« E rischiare di perdere un figlio? Non se ne parla ».
« Non è detto che sia tuo! » gli fece notare il cacciatore, una punta di panico nella voce. Sperava proprio di no, non voleva dover spiegare a suo figlio il perché i suoi papà si lanciassero molotov all'olio sacro e maledizioni in enochiano, e soprattutto non voleva rischiare che prendesse la coglionaggine dalla parte angelica del patrimonio genetico.
Michael gli rivolse quel suo sorriso disgustosamente melenso e falso, e si sedette su una sedia di fronte a Dean. « Preferiresti che fosse un mezzo demone? O un disgustoso ibrido? »
« L'unica cosa disgustosa in questa stanza sei tu! » esplose Dean.
L'arcangelo si portò una mano alla fronte, dove la pelle stava iniziando a cedere per il potere eccessivo accumulato in quel corpo, poi si fissò le dita macchiate di sangue con aria meditabonda. « Devo ammettere che questo è stato una pessima scelta come tramite. Ma, Dean, non ti facevo uno da giudicare il libro dalla copertina. »
A quel punto Sammy scattò in piedi « Infatti dentro sei ancora più marcio ».
« Oh, » fece Michael voltandosi verso il minore dei Winchester « che tenerezza. Senti come ti difende, Dean? E tu, Sammy... è gelosia quella che sento? Patetico, non sei mai riuscito ad abituarti a dover condividere il tuo fratellone. Neanche adesso che c'è il piccolo Castiel a fargli da scaldale- »
Dean non gli lasciò il tempo di terminare l'insulto. « Non ti azzardare a parlare in questo modo di Castiel! »
« Io parlo dei traditori come mi pare e piace » rispose Michael, stavolta con tono serio e velenoso « E soprattutto non accetto lezioni da te » calcò con disgusto sull'ultima parola, poi fece per avvicinarglisi, ma il rumore di un fiammifero che si accendeva attirò la sua attenzione. Senza neppure darsi la pena di voltarsi, l'arcangelo disse: « Io ci penserei due volte prima di dar fuoco a quell'olio sacro, Singer ».
« Faresti meglio a portare il tuo culo fuori dalla mia proprietà ».
Michael scomparve, ma non prima di aver rivolto a Dean un ultimo, inquietante sguardo.
Che sempre fosse lodato Bobby per aver pensato a preparare un cerchio d'olio sacro nell'ingresso.
Adesso doveva solo riuscire ad avere una discussione civile con Sammy. Non c'era un modo per esorcizzare anche lui, vero?
« Dean ».
Merda. A quanto sembrava il “piccoletto” aveva tirato fuori l'istinto da maschio dominante e ora stava di fronte a lui, cercando di essere più imponente dell'armadio a due ante che era.
In un attimo, Sam lo afferrò per un braccio e cominciò a trascinarlo verso le scale. « Bobby, scusaci un attimo » urlò, ormai praticamente nella loro stanza.
Peccato Dean contasse sulla presenza del vecchio cacciatore per mantenere la conversazione “pacifica”. Certo, magari un paio di cazzotti sarebbero volati ugualmente, ma certamente non sarebbe stato sbattuto al muro e baciato con tutta quella foga.
Be', morso, magari avrebbe descritto meglio la cosa.
Sam lo aveva praticamente sollevato di peso e, per mantenere l'equilibrio, Dean aveva dovuto passargli le gambe intorno alla vita. Nel frattempo, una mano del suo fratellino era ormai sotto la sua maglia e gli graffiava con ferocia l'addome.
« Sammy?! »
« È mio! » ringhiò contro la sua gola, passandogli le dita lungo il fianco e piantandogli le unghie dell'altra mano nella coscia. « È mio figlio. Deve essere mio ».
E in mezzo a tutti quei ringhi e morsi, c'era un mi dispiace. Mi dispiace di aver dato retta ad un demone e averti deluso, mi spiace averti lasciato solo e spinto verso un angelo sfigato vestito da commercialista, mi spiace di non essere, nonostante tutto, abbastanza per te.
Purtroppo, Sam doveva dire troppe volte “mi dispiace”; lo sapeva Dean e lo sapeva lo stesso Sam.
Si era detto più volte che avrebbe dovuto essere più chiaro riguardo alla loro “relazione”, o quanto meno evitare di scopare con tutti quegli uomini, ma pensava di avere più tempo, quanto meno per chiarire il casino che aveva in testa.
Invece eccolo qui, nuovamente preda della gelosia del suo fratellino troppo cresciuto. Michael, per quanto cazzone, aveva ragione su un punto: Sammy non aveva mai imparato a condividere.
Aveva dovuto sopportare i morsi sulla gola e le prese erculee per quasi mezz'ora, ma ora la mano di Sam era ora piantata contro il suo petto e il fratello finalmente sembrava riposare, la testa praticamente abbandonata all'altezza del suo cuore. Il fiato gli usciva in brevi rantoli che raspavano contro i denti e Dean poteva sentirli distintamente cozzare contro la propria pelle.
Probabilmente per questo lo maledì perché, cazzo, poteva già sentire i capezzoli indurirsi e così le sue battute per spezzare la tensione potevano tranquillamente essere dimenticate.
Sam non alzò nemmeno lo sguardo, ma strinse la presa sulla sua coscia, costringendolo a concentrarsi su di lui. Come faceva sempre, del resto.
La sua dita lo artigliavano da sopra il tessuto pesante e ruvido dei jeans e la sua bocca era praticamente ad un soffio dal suo petto. « Perché loro? » ringhiò in tono basso e gutturale, affondando di più il volto contro la sua maglia e schiacciandolo con i fianchi contro la parete. poteva chiaramente sentire l'uccello indurirsi per quel contatto violento. « Perché, Dean? »
Esasperato da quel comportamento ridicolo, Dean alzò lo sguardo. Il soffitto di quella vecchia casa era pieno di macchie di muffa e la carta da parati si stava scrostando, nonostante le cure del proprietario.
Perché si era lasciato scopare così?
Perché l'aveva sempre fatto; ormai non contava più le volte che era stato chiamato puttana. Perché, nonostante tutto, l'esperienza in Paradiso era stata tutt'altro che celestiale e Sam lo aveva ferito per l'ennesima volta.
Merda, i suoi migliori ricordi coinvolgevano quasi sempre suo fratello, ma i momenti migliori della vita di Sammy erano stati far piedino a Miss Denti di Ferro e fuggire da lui, l'ultimo per ben due volte.
Eppure c'era stato un tempo, magari non troppo lontano, in cui stare nello stesso letto del fratello era l'unica sua ancora di salvezza, specie in quella vita da vagabondi che facevano.
Le mani di Sam ancora lo stringevano, le nocche tese, quasi quel gigante idiota avesse paura di vederlo scomparire da un momento all'altro. Purtroppo, improvvisamente come era stato alzato, Dean si ritrovò sdraiato sul letto, coperto da circa cento chili di muscoli da cavernicolo e soffocato da una massa di capelli da femminuccia.
E no, non erano nausee quelle che aveva sentito per i movimenti bruschi. Lo avrebbe costretto a dormire una notte fra decine di clown, poteva giurarci.
Quelle dita erano ancora una volta sotto la sua maglia, artigliate sul suo addome, e Dean cercò di costringerlo ad alzarsi, spingendo contro il suo torace.
Lo avrebbe costretto a perdere quei muscoli. In fondo, era lui il fratello maggiore, quel ragazzino non poteva sempre essere più grosso di lui.
« Sammy... »
« Chi altro? » mormorò lentamente, afferrandogli i fianchi e strofinando nuovamente il bacino contro il suo, strappandogli un gemito. « Perché scommetto che non sono finiti i fortunati ».
E per come aveva sputato la parola fortunati, Dean avrebbe voluto prenderlo a calci in culo.
« Allora? »
Ok, Sam dava veramente prova di essere la Samantha che il fratello aveva sempre sostenuto esistere, sotto tutti quei muscoli e quell'aria da maschio dominante.
E se non avesse tolto subito le mani, gliele avrebbe tagliate con machete meno affilato che avessero. Era una promessa.
Sam non lo aveva ancora guardato, e probabilmente non era intenzionato a farlo in un prossimo futuro, ma la sua presa e il suo tono non erano variati dalla piccola cagnetta petulante che era.
« Dean... »
« Oh, sta un po' zitto, Samantha » sbottò, rinunciando a spostarlo. Avrebbe veramente dovuto costringerlo a perdere muscoli.
Chi altro c'era? Be', era difficile da dire. C'erano i camionisti in, quanti? cinque o sei bar, forse di più. C'erano i collegiali che aveva sfidato a biliardo. E poi c'era quel tizio, quello con la Bibbia sempre in mano e il collare da prete...
Merda, fottutissima merda, pensò, mordendosi il labbro.
« Dean? »
Come aveva fatto a non notarlo? Non aveva mai visto questo tizio, eppure lo aveva chiamato per nome e aveva recitato qualcosa in quello che solo ora riconosceva come enochiano.
E l'ombra alle sue spalle, due immense ali spiegate, così diverse da quelle di Castiel, sagomate quasi fossero fulmini...
Raphael. E con lui avevano completato il gruppo delle grandi teste di cazzo del Paradiso.
E Sam doveva aver intuito qualcosa dal suo silenzio, perché sollevò improvvisamente la testa, fissandolo allarmato.
« Bene bene, chi l'avrebbe mai detto ».
Ma non il gruppo delle grandi teste di cazzo infernali, a quanto pareva. Ebbene sì, ce n'era un altro. Dopo di che Dean era certo di non avere più nulla da confessare, se si escludevano le sue prodezze di gioventù. Ma magari era meglio che Sam non venisse a conoscenza anche di quello che faceva nel letto accanto al suo mentre lui dormiva il sonno dei giusti, né tanto meno con chi. Con Castiel era diverso, Castiel sapeva tutto perché aveva visto la sua anima, sapeva tutto e non l'aveva mai giudicato per questo, né aveva mai preteso di cambiarlo o di negare il suo passato.
« Please allow me to introduce myself » canticchiò il demone appena apparso, mentre Dean si levava di dosso Sam approfittando della sua distrazione « I've been around for a long, long year, stole many a man's soul and faith... Non che tu ne abbia mai avuta molta, di fede, Dean » girò intorno al letto, fino a trovarsi di fronte a lui, e poi si chinò per trovarsi all'altezza del suo visto « La tua anima, d'altra parte, mi manca immensamente. Quasi più del tuo corpo ».
« Alistair? » intervenne a quel punto Sam « Io ti avevo ucciso! »
Il demone gli rivolse un ghigno sghembo « Davvero? » si strinse nelle spalle con un sospiro drammatico « Ma, vedi, non sarebbe corretto se solo voi Winchester poteste resuscitare. Anche noi abbiamo i nostri miracoli ».
« Perché? »
« A Lucifero serve un capo torturatore. Io sono il migliore. Non è forse vero, mio adorato allievo? » domandò a Dean.
Tutto ma non l'inferno, non i suoi dieci anni come torturatore e non i mesi successivi alla sua resurrezione. Era riuscito a pensarci sempre meno, perché dimenticare era impossibile, ma ignorare il dolore sordo in fondo all'anima e il disgusto per se stesso si era fatto più facile. Quando aveva visto Sam strizzar via anche l'ultima goccia di vita dal demone, si era sentito come liberato da catene pesanti come quelle dell'inferno. Alistair non c'era più, era stata questa una delle sue poche certezze, ed ora veniva smossa anche quella.
Per tutta risposta Dean iniziò a recitare un esorcismo, ma si ritrovò con la gola bloccata dopo le prime parole. Sentì Sam tentare lo stesso, con risultati altrettanto scarsi.
Alistair scosse il capo con aria falsamente desolata « Mi aspettavo un bentornato migliore. Soprattutto da te, Dean. Dopo tutto eri tu quello che mi evocava quando gli incubi non lo lasciavano dormire » spiattellò, ridendo con quella sua orribile voce nasale. Sapeva che Sammy non sapeva dei loro incontri, e ci stava godendo un mondo nel rivelarglieli.
« Quando sentivi scorrere nel sangue il bisogno di infliggere dolore » proseguì impietoso, passandogli un'unghia lungo la mascella « e non ti concedevi di sfogarlo sugli esseri umani. Dev'essere molto doloroso essere te, Dean Winchester, con tutte le tue contraddizioni » il suo tono era più calmo, quasi affascinato. Alistair era un virtuoso del dolore, un vero artista, se così si poteva dire, nel suo campo, e il tormento fisico era solo una parte infinitesimale di ciò che un uomo poteva patire.
Dean avrebbe voluto rispondere, urlare, negare, ma il potere di Alistair lo teneva fermo.
« Oppure quando ti sembrava di non essere più vivo e ti serviva il dolore per ricordarlo » le sue unghie gli affondarono nella carne tenera dove il collo si congiunge con la spalla e Dean si sentì trattenere il respiro, come se non fosse stato lui ad agire « Non sei curioso di vedere se riesco ancora a farti gemere come un tempo? »
Il demone si tirò su con un sospiro. « Purtroppo ora non ho proprio il tempo per giocare. Ho ordini precisi di portare con me la futura mammina. Non lo trovi ironico? Abbiamo perso l'Anticristo per colpa vostra, ma ora sarai proprio tu a offrircelo ».
Prima che potesse agire, però, un rumore d'ali riempì la stanza e una voce severa rispose: « Non credo proprio ».
« Castiel, grazie al celo! » esalò Sam, libero dal potere del demone.
Dean si limitò a grugnire un « Era anche ora! »
Castiel non lasciò ad Alistair il tempo di reagire, stavolta, e con un solo gesto della mano lo ridusse in pezzi.
« Stavolta è morto davvero? » domandò Sam.
« Sì. Lucifero è nella Gabbia e non può più interferire » l'angelo scoccò un'occhiata a Dean, il quale distolse lo sguardo « Sam, devo chiederti di lasciarmi solo con tuo fratello ».
Dean si accorse di come Sammy avesse improvvisamente irrigidito i muscoli a quella richiesta, e notò il misto di rabbia e delusione nel suo sguardo che ormai gli era sin troppo familiare. Ma Sam non era così stupido da mettersi a discutere con un angelo in modalità ira divina, quindi se ne andò senza protestare. E senza salutare e sbattendo la porta, ma a quel punto l'attenzione di Dean si era già spostata su Castiel.
Deglutì un paio di volte sotto lo scrutinio di quello sguardo azzurro, e poi esordì in un tono che sperava risultasse leggero e ironico « Suppongo che tu abbia già sentito la lieta novella ».
« Ho sentito » confermò Cass, rilassando le spalle e mettendosi a sedere accanto a lui « Mi dispiace di non essere arrivato prima ».
Dean sbuffò come se non fosse stato affatto importante.
Castiel rimase in silenzio per qualche minuto, poi si voltò verso di lui. « Ho parlato con Joshua ».
« Ah ».
« Gli ho chiesto se poteva fare un'eccezione ».
« Un'eccezione per cosa? » domandò Dean, realizzando il collegamento fra Joshua, il Giardino e la vita che stava crescendo dentro di lui.
« Dovevo sapere se ero io il padre ».
E poi eccolo lì, il suo angelo disadattato che accettava senza un battito di ciglia tutti i suoi amanti presenti e passati, che non aveva mai neppure pronunciato la parola 'incesto' e gli parlava dell'amore del Padre con la fiducia incondizionata di un bambino, preoccuparsi tanto da andare a scomodare Joshua e sovvertire le regole del Paradiso per... Dean quasi non riuscì a formulare la domanda « Sei tu? »
Castiel sollevò appena un angolo delle labbra, in quella sua adorabile ombra di un sorriso « Sì ».
Dean gli prese il volto fra le mani e lo baciò. Buon per lui che gli angeli non avessero bisogno di respirare, perché non intendeva lasciarlo andare ancora per un bel po'. Magari mai. Poteva essere un piano, non staccarsi mai più da quelle labbra.
Dean avrebbe anche provato a metterlo in atto, ma l'angelo in questione sembrava avere tutt'altro in mente. Si staccò di dosso Dean e gli rivolse uno di quegli sguardi intensi che lo facevano tremare come durante un orgasmo. « Perché non me l'hai detto? »
« Detto cosa? » si accigliò Dean, che in quel momento era concentrato sul modo di riappropriarsi delle labbra di Castiel.
Questi lo afferrò per le spalle e lo sbatté di faccia contro il materasso.
Ah, quello. Da quando, un giorno, Castiel l'aveva recuperato pesto e sanguinante dopo uno dei suoi incontri con Alistair, prima della sua prima morte, gli aveva fatto promettere di chiedere a lui e solo a lui se la memoria dell'inferno gli fosse di nuovo scivolata addosso. E così Dean aveva sempre fatto. Ma se con Alistair era solo un'umiliante routine, con Castiel c'era la fiducia reciproca, c'erano le tonnellate di sentimenti che Dean si era sempre lasciato scivolare addosso senza esprimerli, c'era l'amore incondizionato del suo angelo. Per questo faceva fatica a chiedere. Sapeva che Castiel non gli avrebbe sussurrato “puttana” in un orecchio mentre lo prendeva nell'angolo di una strada di periferia, ma questo rendeva Dean un giudice ancora più impietoso di se stesso.
« D'ora in poi dovremo stare più attenti » sussurrò Castiel facendogli scivolare una mano sotto la maglietta.
Al contatto di quella mano calda e forte contro il suo addome, Dean sentì il cuore fargli una capriola degna di una curva sull'ottovolante. Era tutto dannatamente vero e dannatamente surreale allo stesso tempo. Castiel era il padre di suo figlio. Di cui lui era... la madre? Gli ci sarebbe voluto qualcosa di forte. Oddio, nove mesi senza bere! Sarebbe morto, ne era certo.
« Pensi troppo forte » gli ringhiò Cass contro un orecchio, afferrandolo per i capelli e tirandogli la testa all'indietro in modo da esporre il collo. Dean si sentì attraversare da un brivido elettrico.
Poi Castiel gli affondò i denti nella carne, sigillando via ogni pensiero razionale.
Due anni dopo
« Buon San Valentino ».
« Possibile che tu non abbia ancora imparato che questa è solo una stupida festa commerciale? » sbuffò Dean, chinandosi a prendere in braccio quella peste di Alec, che gli si era attaccato ad una gamba cercando di attirare la sua attenzione.
Castiel fece per andarsene « Allora la crostata che ti avevo comprato dovrò mangiarmela da solo ».
« No, no, aspetta! » lo fermò Dean « Voglio che tu ti goda tutte le stupide tradizioni umane. Buon San Valentino anche a te! »
Castiel gli rivolse un piccolo sorriso soddisfatto, così comune sulle sue labbra in quei giorni, tanto da far quasi dimenticare a Dean di quando il suo angelo era un impassibile guerriero del Cielo, più spaventato dalle sensazioni umane che dai nemici.
Quando Castiel gli si avvicinò per baciarlo, Dean sentì Alec agitarsi e poi aggrapparsi a lui.
Sbuffò, lasciando che Castiel prendesse fra le braccia il piccolo « Potrei quasi diventare geloso, sai? »
« Mobbido! » esclamò il bambino con entusiasmo, allungando le manine paffute verso un punto oltre le spalle di Castiel.
« Molto geloso » rincarò la dose Dean, incrociando le braccia sul petto « Non è giusto che solo lui possa vedere le tue ali ».
L'altro gli rivolse uno sguardo colpevole, e Dean si sentì in dovere di aggiungere subito: « Non fa niente, Cass ».
Ma l'attenzione di Castiel si era già spostata sulla piccola peste « Quante volte ti ho detto di non tirarmi le piume, Alexander? »
Alec e Dean gli rivolsero la stessa espressione scocciata in contemporanea. Il primo per essere stato rimproverato, e l'altro per l'uso del nome. Castiel era l'unico che si rifiutava di accorciarlo in Alec, e a Dean Alexander sembrava decisamente troppo imponente per uno scriccioletto simile. Non protestava, però. Gli era andata bene così, visto quanto lunga e sofferta fosse stata la scelta. Quando il padre di tuo figlio è un angelo, i normali libri dei nomi non sono più abbastanza. Non solo, anche quel nerd di suo fratello ci si era messo in mezzo, e Dean si era ritrovato in una tempesta di nomi uno più delirante dell'altro. Per Castiel sarebbe anche tornato all'inferno, ma appioppare a suo figlio una condanna di nome con tredici sillabe e il finale in 'el', questo no.
Un giorno, prima di trasferirsi nella nuova casa, quando erano ancora tutti accampati da Bobby, Dean era sceso in soggiorno per trovare Sam e Castiel che, tanto per cambiare, battibeccavano. In fondo era un bene che ci fosse quella valvola di sfogo piuttosto innocente, perché Sam doveva ancora smaltire tutti i suoi problemi di gelosia. Quel giorno però era particolarmente nervoso, non aveva dormito nelle ultime tre notti e aveva un mal di schiena assassino. Li aveva messi a tacere, aveva preso uno dei libri dalle mani di Castiel e l'aveva aperto a caso, più per darsi un tono che altro. Ma quello che aveva visto l'aveva folgorato. C'era la spiegazione del nome Alexander: dal greco, “protettore dell'uomo”. Per fortuna Castiel aveva apprezzato la scelta e i battibecchi si erano interrotti.
« 'Cusa » borbottò Alec dopo qualche secondo.
Castiel sorrise « Scuse accettate. E adesso andiamo a mangiare la crostata, che ne dici? »
Il volto del bambino si illuminò e Dean sorrise. Era proprio suo figlio.