Titolo: The aftermath
Capitoli: 2/?
Fandom: My time at Portia
Coppia/Personaggio: Aadit/Female Builder
Rating: rosso
Parole: 5000
Generi: Drammatico, introspettivo, sentimentale
Warning: Violenza, Spoiler!
Note dell'autore: Scritta per la decima edizione del COT-W. Ambientata in late game e post game, occhio agli spoiler! La fic segue il prompt "Skyline Pingeon", la canzone di Elthon John.
"Stanotte... tre uomini sono entrati in casa e hanno cercato di uccidermi."
Arlo sgrana gli occhi sconvolto e la gira prendendola per il braccio. Rimane a fissarle il viso per cercare una qualche forma di smentita, ma Eryn ricambia lo sguardo con una punta di amarezza e rassegnazione sulle iridi arrossate.
"Hanno cercato di... ucciderti?" riesce solo a domandare Arlo preoccupato.
"Sì... Mi hanno picchiata e avevano delle armi taglienti. Potevano legarmi se avessero voluto derubarmi, invece hanno continuato."
Il ragazzo la guarda con attenzione, notando solo adesso i lividi sotto il collo e le labbra più gonfie del solito. "Ma è... terribile. Perché l'hanno fatto?"
"Non lo so."
Arlo capisce che c'è altro nel silenzio della ragazza. Le prende la sedia della scrivania - l'unica che ha - e gliela porta vicino per farla accomodare. Eryn si siede ed il capitano del corpo civile fa altrettanto sul letto. Appoggia le braccia sulle gambe chinando il busto in avanti e aspetta.
"Eryn," le dice dopo il suo prolungato silenzio. "Devo sapere cos'è successo. Il fatto che tu sia qui viva e vegeta è di per sé una buona notizia, ma..." si massaggia le mascelle preoccupato, "ti è successo qualcosa di brutto?"
"No, non a me."
"Che vuoi dire?"
Eryn fa un profondo respiro. "Prima che potessero uccidermi, è arrivato Aadit e mi ha salvata."
Arlo le lancia uno sguardo incredulo. "Aadit?"
"Sì. Ha ammazzato i tre uomini."
Il capitano del corpo civile non sa cosa dire, si massaggia il collo guardando a terra per riflettere su quello che ha appena sentito, a dir poco impensabile. Aadit, l'uomo che non aveva mai partecipato neppure ai combattimenti amichevoli del torneo estivo, si sarebbe messo a uccidere non uno ma tre uomini che stavano avendo la meglio sulla sua amica, una ragazza che più di una volta lo aveva aiutato nelle battaglie e si era mostrata una valida guerriera.
Arlo sospira e rivolge nuovamente l'attenzione ad Eryn, seduta con la schiena dritta e rigida, lo sguardo perso altrove.
"Sei sicura di ciò che dici?"
"Sì. E quando tutto è finito, mi sono resa conto che..." segue a dire lei, e gli occhi cominciano a pizzicarle. Si impegna in tutti i modi perché l'emozione non prevalga, ma non riesce a vincere la battaglia interiore e fa una smorfia addolorata. Si nasconde il viso tra le mani. "Mi sono resa conto che aveva usato le stesse mosse di combattimento del cavaliere corrotto."
"Che stai dicendo?" la interrompe spiccio Arlo. "Aadit non può-"
"So quello che ho visto. E quando gliel'ho detto, lui non ha smentito."
Arlo si alza dal letto più confuso che mai, e una rabbia incontrollata lo pervade completamente. Pensa a quel che lei sta provando per colpa di questa scoperta e a quanto starà soffrendo; in un moto di gentilezza rara si avvia in cucina per prendere alcuni tovaglioli e li porge alla ragazza. Eryn ne afferra veloce uno e si pulisce il naso.
"Ti prego, non raccontare a nessuno questa cosa," lo scongiura la ragazza. "Non lo sopporterei."
"Eryn, in quanto capitano del corpo civile devo avvisare i cittadini che il cavaliere corrotto è andato via dalla città, e devo spiegare in qualche modo il motivo per il quale le ricerche di Aadit vengono fermate."
"Inventa qualcosa," propone la carpentiera implorandolo con gli occhi, "te ne prego. Che è stato visto andar via dal paese, magari, o prendere una nave per un altro continente."
"Mi piacerebbe, ma..." e si ferma per guardare l'amica, soffermandosi a lungo sugli occhi arrossati e la smorfia di dolore che le storce la bocca. Non ha mai mentito durante un rapporto del corpo civile e ha onorato il codice fino in fondo, ma sente che fare un'eccezione non sia moralmente sbagliato e non infrange le ideologie del suo lavoro se non edulcora i fatti più importanti. "Possiamo raccontare, come hai suggerito, che ho visto Aadit prendere una nave e partire. Rimane il fatto che dovrò avvisare i cittadini che il cavaliere corrotto è andato via... per non parlare dei tre uomini che sono stati uccisi. Come da procedura, dovremo investigare su chi erano e fare rapporto su ciò che è successo."
"Di' che sono stata io per legittima difesa."
Arlo le lancia un'occhiata incerta e perplessa. Crederebbero a una bugia del genere?
"Lo sai che questo tipo di situazioni possono portare a delle ripercussioni legali, vero?" chiede il ragazzo preoccupato. "Quando si tratta di difesa personale, spesso si arriva al tribunale solo per dover dimostrare la propria innocenza."
"Sono pronta a farlo," dice risoluta Eryn. Arlo sospira, riflettendo che si sta esponendo troppo per un uomo che non merita altro che l'ergastolo.
"Non lo sto facendo per difenderlo o per amore," le spiega Eryn intuendo i pensieri che passano nella testa dell'amico. "Voglio solo dimenticare ogni cosa ed evitare che altre persone che, come me, tenevano a lui provino il mio stesso dolore."
"Questo vuol dire difenderlo."
"No," ribatte Eryn irrigidendo le spalle. "Preferisco andare al tribunale che sentirmi al centro delle chiacchiere del villaggio."
"Eryn, questo è... inevitabile, qualunque cosa decideremo di fare."
"Se le persone continueranno a ricordarmi ciò che è successo, direttamente o indirettamente, non riuscirò a dimenticare tanto facilmente quello che Aadit mi ha fatto..."
La ragazza e il capitano del corpo civile sospirano all'unisono.
"Chiamo Remington e Sam, che andranno all'officina assieme a te per... analizzare i cadaveri," spiega Arlo, facendo fatica a pronunciare le ultime tre parole. "Io, nel frattempo, appenderò alla bacheca cittadina che non servirà più alcun aiuto nelle ricerche e avviserò pubblicamente della scomparsa di Aadit."
"Ti ringrazio," mormora la carpentiera, sentendosi un po' più leggera rispetto a com'era mezz'ora prima. Anche solo parlare a qualcuno di ciò che è successo quella notte è servito a sfogare un po' la sua rabbia e il suo dolore.
Arlo s'infila la giacca di pelle ed apre la porta. Aspetta che Eryn lo sorpassi per chiudere l'anta alle spalle e per un attimo, sotto l'uscio, la ragazza gli elargisce un sorriso che, benché appesantito ancora dalla tristezza, è genuino e grato.
Affiancando il recinto di casa, a pochi metri dal cancello di legno, Eryn si gira verso Remington e Sam. Quest'ultima le prende una mano e gliela stringe tra le sue per infonderle il coraggio. La carpentiera oltrepassa il cancello ed apre la porta di casa: quel che trovano i due membri del corpo civile è uno spettacolo peggiore di ciò che si aspettavano.
Vergognosamente, Eryn si rende conto dell'orribile odore che circola nel salotto. Corre verso le due finestre e le apre. Remington fa una smorfia di disgusto e Sam si tappa il naso.
"Come ha spiegato Arlo, sono entrati stanotte e mi hanno picchiato. Hanno provato a uccidermi, ma io ho reagito. Ho rubato loro la spada e ne ho trafitti due. L'altro... l'ho sgozzato."
Remington deglutisce e si china sul corpo dell'ultimo menzionato. Sentono lo scatto di una macchina fotografica alle loro spalle, si girano e beccano Mei al ciglio della porta.
"Diavolo, sentivo che era successo qualcosa! Due del corpo civile che si avviano insieme... troppo sospetto!" esclama col suo tipico tono acuto e giovanile. Non sembra infastidita dai soggetti stesi a terra in una macabra rappresentazione di morte violenta; tutt'altro, agli occhi dei presenti appare affascinata.
"Mei!" la chiama Sam mettendolesi davanti con le mani sui fianchi e lo sguardo perentorio. "Stiamo indagando su un caso importante e non sono ammessi civili!"
"Ma Eryn è una civile," puntualizza la giornalista dondolandosi con la testa per sgomberare la vista. "E come dici te, non possono essere presenti, a meno che non siano incriminati!"
La biondina prende prepotentemente Mei per un braccio per girarla e mandarla via.
"E dai, Sam!" scongiura la giornalista unendo le mani a mo di preghiera, "per una volta che posso scrivere qualcosa che scotta!"
"Come se non fosse abbastanza ciò che è successo ieri in città," ironizza Sam chiudendole il cancello in faccia.
"Informazione libera!" urla Mei alzando un pugno, poi guarda Eryn e la saluta energicamente col braccio. La carpentiera risponde scuotendo debolmente la mano.
"Non darle corda," dice Sam prima di chiudere anche la porta di casa.
"E' davvero strano..." conviene Remington osservando l'uomo morto a pancia in giù. "Queste uniformi non le ho mai viste. E guarda qui," dice a Sam indicando una toppa cucita sulla spalla sinistra. "Una colomba all'orizzonte... conosci questo stemma?"
"No..." ammette Sam meditabonda. Fa qualche passo intorno alla casa per riflettere, poi si gira verso Eryn: "Ti hanno per caso detto qualcosa? Qualsiasi cosa che possa farci arrivare a chi sono e quali fossero le loro intenzioni..."
"Non mi hanno detto niente di rivelante," risponde la carpentiera, riflettendo che le poche cose che ha sentito dai tre assassini erano solo una manciata di frasi sarcastiche senza contesto.
"Faremo qualche ricerca," ragiona Remington girandosi verso le due ragazze. "Non penso che sia stato un male che Mei sia entrata di soppiatto: le foto che ha fatto potrebbero aiutarci nelle indagini."
Eryn deglutisce e si tortura le mani. Una parte di lei si sente in qualche modo complice di tutto, visto che non ha raccontato intenzionalmente come sono andati i fatti per davvero.
"Faremo dei segni con il nastro attorno ai corpi che rimarranno per qualche giorno," le spiega Sam mettendole una mano sulla spalla. "Dopodiché toglieremo i corpi e li porteremo dal dottor Xu, che può informarci meglio sulle cause della morte, e puliremo tutto questo macello."
Eryn annuisce e, vedendola abbattuta, Sam l'abbraccia.
"Ti staremo vicini e riuscirai a passare anche questo brutto momento," le dice, e la carpentiera sorride e le cinge la schiena. "Nel frattempo potresti andare in albergo a riposarti, ci sono delle stanze che sono ancora agibili."
"Perché non vieni a dormire da me?" sente da fuori la finestra. Si girano e vedono Mei che sorride oltre il vetro aperto delle ante.
Sam e Remington sospirano e scuotono la testa. "Come diavolo hai fatto a... sai che c'è, non te lo chiedo neppure," dice la bionda facendo cenno di lasciar perdere con la mano.
"Accetto il tuo invito," dice Eryn a Mei con un mezzo sorriso.
Sam si avvicina alla carpentiera, mettendosi con la bocca a pochi centimetri dall'orecchio. "Sei sicura che vuoi stare con una come lei? Conoscendola ti farà una marea di domande di ciò che è successo... non è proprio la compagnia migliore per un momento simile."
"Dirotterò come sempre la discussione sui successi passati della sua testata giornalistica, così non smetterà di parlarmene," ironizza Eryn facendo ridere Sam. La carpentiera riflette che quella è stata la prima battuta di tutta la giornata, un buon passo avanti rispetto all'apatia opprimente di quella mattina.
Eryn apre gli occhi. Tasta con la mano sotto di sé, percependo la morbidezza del materasso del suo letto. Si alza con il busto, stravolta, e guarda il soffitto. E' buio, oltre le finestre scorge la luna che rischiara le fronde degli alberi.
Sente dei rumori in salotto e si acquatta sulla parete, cercando a tentoni l'interruttore per accendere la luce. Quando riesce, trova i suoi amici sul divano a giocare a un gioco di società. Arlo è seduto sulla poltrona, Sam, Remington e Xu sul divano. Ci sono anche Emily ed Alice...
Eryn si alza dal letto e li osserva confusa. Il primo ad accorgersi di lei è Xu, che le fa un cenno con la mano e sorride. "Che ci fate qui?" chiede la carpentiera stropicciandosi gli occhi.
"Siamo venuti a vegliarti nel sonno, ricordi?"
Eryn cerca di farlo ma non rammenta alcuna conversazione a riguardo, e l'atmosfera calda e serena di quel salotto non la spinge a indagare oltre, cullandosi in quel clima familiare che tanto le mancava.
Sentono bussare alla porta. Alice si alza per aprire, trovandosi davanti Aadit con un pacco regalo in mano. E' vestito in tenuta da lavoro e guarda sua moglie con un sorriso dolce.
"Guarda chi è venuto a farti una sorpresa!" esclama Alice contena, e un ricordo si fa strada nella mente annebbiata della carpentiera. Suo marito si accorge del suo sguardo scrutatore, e abbassa gli angoli della bocca in un'espressione severa.
Aadit spegne le luci premendo l'interruttore alla destra della porta d'ingresso. Eryn sente fischiare un fendente, poi l'urlo di Alice che rompe il silenzio. Quando la luce è di nuovo accesa, il cavaliere corrotto si muove in mezzo al salone con la lama insanguinata. Non indossa la maschera, ha il volto scoperto di suo marito. Ai suoi piedi Alice giace in un bagno di sangue. Remington attacca il cavaliere, ma quest'ultimo riesce a schivare il calcio e gli mozza la testa con la spada. Si lancia su Sam e la trafigge al cuore, poi sul dottore che sgozza con un movimento veloce del braccio. Eryn, terrorizzata, trova le forze di combatterlo, ma viene spinta a terra da lui.
Aadit sorride, prende Arlo per i capelli e lo trascina davanti a lei. Lo sgozza come un maiale e getta il corpo colto dalle convulsioni sulla moglie. Emily prova a scappare, ma il cavaliere la pugnala alla schiena. Si avvicina con lentezza alla moglie, che si rannicchia alle gambe del letto, e si china su di lei.
"Ti ho protetta."
Eryn si sveglia di soprassalto, percossa dai tremori e col respiro affannato. Si guarda intorno, ritrovandosi in una stanza che non riconosce, e si tocca il petto all'altezza del cuore, percependo il sudore sulle clavicole. Man mano il respiro si regolarizza; chiude gli occhi, ricordandosi gli ultimi istanti di quello che comprende era stato un sogno, e cerca di scacciarli massaggiandosi il viso.
Sente un profumo di biscotti oltre il ciglio della porta aperta alla sua sinistra; solo in quel frangente si ricorda il posto in cui si trova: il giorno precedente Mei l'aveva invitata a dormire a casa sua. Erano arrivate il pomeriggio, le aveva mostrato la stanza degli ospiti, e poco dopo che si era seduta sul letto ricorda di aver chiuso gli occhi, sopraffatta dalla stanchezza.
"Ben svegliata!" esclama Mei con voce squillante. "Ti ho preparato la colazione. I biscotti li ha fatti Martha, a dire il vero, io li ho semplicemente scaldati!"
La giornalista fissa l'amica con preoccupazione per l'evidente pallore sul viso.
"Ti senti bene?" le chiede sedendosi sul ciglio del letto e mettendole una mano sulla fronte.
"Sì, non preoccuparti... ho solo fatto un brutto sogno."
"Oh, mi spiace..." dice Mei abbassando lo sguardo. Apre il cassetto della scrivania al lato del letto e caccia fuori un quaderno. "Ecco... stamani sono andata a comprarlo per te. E' un diario, niente di così sensazionale, ma... ci sono stati momenti dopo che me ne sono andata da Atara in cui ero triste e demoralizzata per il mio futuro di giornalista, così ho comprato un quaderno in cui sfogavo tutta la mia rabbia e la mia sofferenza. Ammetto che può sembrare infantile, ma mi ha aiutato e mi ha riempito le giornate. Ho pensato che potresti averne bisogno..."
Eryn sorride commossa. Le viene da piangere e se ne vergogna, ma non può fare a meno di apprezzare quel gesto in apparenza così modesto e ordinario.
"Ti ringrazio, Mei... è un pensiero gentile e originale, e credo che mi aiuterà tantissimo a superare tutte le cose brutte che mi sono capitate in questi giorni."
Eryn sente le forze tornarle un po'. Si alza dal letto stiracchiandosi e sorridendo.
"Voglio cominciare subito a scrivere qualcosa! Ma prima... penso che dovrò assaggiare i biscotti di Martha."
"Oh, accidenti!" esclama Mei saltando in piedi. "Quanto tempo sono rimasti in forno?"
Le due corrono in cucina, una apre il forno e l'altra caccia fuori con un panno la teglia di biscotti. La giornalista nota che si sono anneriti e sospira dispiaciuta.
"Non penso che saranno più commestibili, adesso..."
Eryn risponde prendendone uno e mordendolo. "Ho troppa fame per farci caso."
Mei sorride e ne mangia uno anche lei.
GIORNO 2
Non ho mai scritto in vita mia in un diario e non credo di avere una forma di prosa interessante. Ma tanto tu mi servi come valvola di sfogo, quindi partirò scrivendo semplicemente quel che mi passa per la testa.
Sono passati due giorni dalla notte in cui sono stata aggredita dai tre sconosciuti... in cui Aadit se n'è andato. Per quanto sia necessario farlo, non mi sento ancora pronta di parlare di lui. Ho bisogno di distrazioni, come quella di stamani con Mei. E' una brava persona, e mi spiace non averci legato così tanti prima: sento che potrà diventare un'amica eccezionale.
Come suggerito da lei, ho deciso di passeggiare un po' per Portia, riprendere man mano la routine di un tempo. La giornata oggi è bellissima, il sole splende e il cielo è terso; l'estate è alle porte. Ma per quanto la mia intenzione fosse quella di avere solo pensieri leggeri, più di una volta ho sentito gli abitanti bisbigliare tra loro della partenza di Aadit, e ogni volta che notavano la mia presenza si fermavano facendo sorrisi di circostanza. Ho fatto finta di niente, ma dentro di me stavo male; ogni volta che sento quel nome, faccio di tutto per non scoppiare a piangere, ma è necessario che ne parli: prima lo farò, prima riuscirò a dimenticarlo.
Da quel che ho percepito dai loro sussurri, posso confermare che la maggior parte degli abitanti di Portia ha capito tutto. Nonostante Arlo abbia raccontato loro che Aadit è partito dal paese e non ci sono collegamenti tra lui e il cavaliere corrotto, molti pensano che non sia stata una coincidenza. Lo chiamano il traditore, la spia dell'impero, il mercenario che sicuramente avrebbe venduto tutta la città per soldi; l'attore subdolo che ha recitato per tutti gli ultimi tre anni la parte del pacifista, della persona sensibile e dal buon cuore; che ha finto di volere bene chi gli stava attorno e persino di amare. Ha abbandonato il tetto coniugale; dicono che probabilmente mi ha sposata solo per allontanare ogni sospetto da lui.
Forse è vero, forse non mi ha mai amata, come io ho amato lui. Ma l'ho davvero amato? O ho amato, semplicemente, l'idea che mi ero fatta di lui, quella parte buona che recitava. Recitava davvero? O io ero un'eccezione? Perché spesso ho avuto il presentimento che mi desiderasse come io desideravo lui, che l'emozione che provava era sincera quando mi aveva chiesto di sposarlo e io avevo detto di sì, quando per la prima volta abbiamo fatto l'amore pochi giorno dopo che avevamo iniziato ad uscire insieme. Può davvero un uomo arrivare a tanto?
Ho provato a trascorrere la giornata senza pensarci, ma è stato inutile e inevitabile dopo l'incontro con Dawa. Appena mi ha visto si è avvicinato e mi ha chiesto di prendere un caffè insieme; penso che fosse fin da subito sua intenzione farlo, come se avesse qualcosa di importante da dirmi, e non mi sbagliavo.
Poco dopo che ci siamo seduti al tavolo, dopo un lungo silenzio, Dawa mi ha raccontato che ritiene impossibili le chiacchiere del paese, che conosce bene Aadit e sa che non recitava, che era sinceramente una persona di buon cuore, ed è convinto che la sua fuga da Portia non sia collegata agli avvenimenti degli ultimi giorni. Era un pensiero dolce, ma allo stesso tempo, conoscendo la verità, non ho potuto fare a meno di sentirmi abbattuta e in colpa.
Poco dopo, mi ha mostrato un anello nuziale. Mi ha raccontato che tempo fa, mentre spolverava i cassetti di casa, lo aveva trovato nel comodino di Aadit. Quando quest'ultimo se n'era accorto, glielo aveva preso di mano e aggredito a parole con una rabbia che non gli aveva mai visto. Dawa si era scusato, e così in seguito anche Aadit, comprendendo di aver esagerato. Ciò che più aveva sospettato Dawa era la sua reazione eccessiva, come di qualcuno colto in fragrante, e mi ha detto che c'è la possibilità che non sia la prima volta che Aadit ha abbandonato la moglie, dato che quasi sicuramente quello era l'anello che indossava prima di venire qui. Io, ovviamente, sono rimasta allibita dalla notizia, e per poco non mi stavo per rimettere a piangere. Dawa si è scusato se quello che ha detto poteva sembrare una cattiveria gratuita, assicurandomi che la sua vera intenzione era mettermi di fronte a questa informazione così da riuscire a dimenticare più facilmente Aadit.
Arrivata la sera, non sono riuscita a mangiare niente. Sono stata un po' col mio cavallo, ma quando ho provato ad entrare in casa un'angoscia fortissima mi ha invasa. Sono corsa da Mei, spiegando che non mi sento ancora pronta di dormire nel mio letto, chiedendole se potevo rimanere da lei ancora un po'. Mi ha sorriso acconsentendo, dicendomi che era felice visto che ha sempre vissuto da sola e un po' di compagnia le faceva bene. Solo in quel momento ho pianto, sfogando tutte le ansie e la rabbia di quel giorno. Domani andrà meglio.
GIORNO 3
Ho fatto di nuovo un incubo su Aadit. Stavolta non c'era nessuno, solo e lui, che passavamo una magnifica giornata in barca. D'improvviso, mi aveva preso il collo e aveva cercato di strozzarmi. Io cercavo di divaricarmi, ma lui stringeva sempre più forte. "Mi sono giocato tutto," mi aveva detto, poi mi aveva preso per le spalle e buttata con la faccia nel fiume per affogarmi.
Quando mi sono svegliata, ho avuto la sensazione reale di avere acqua nei polmoni, di trovarmi in apnea. Per fortuna è durata poco.
Ho beccato Mei che stava sviluppando le foto nella camera oscura. Non sono riuscita a fare a meno di spiare, trovando i volti degli assassini che hanno provato ad uccidermi. In una curiosità che comprendo io stessa non essere sana, ho voluto chiedere se aveva scoperto qualcosa su quello stemma della colomba all'orizzonte, e lei, titubante non sapendo se era il caso di parlarmene, ha detto di no.
Il resto della giornata l'ho passato passeggiando per la città, stando lontana dagli abitanti. Non volevo sentire di nuovo quelle chiacchiere, non volevo pensare a lui.
GIORNO 18
Altro incubo: mi trovo in camera da letto ed Aadit entra a casa. "Sapevi che sarebbe successo, avresti dovuto pensarci prima," mi dice ed io lo guardo confusa. "Devi ripetere con me, ma non devi sbagliare le parole," mi ordina con rabbia e mi ridice "sapevi che sarebbe successo, avresti dovuto pensarci prima." Io allora ripeto quello che dice, ma la paura è tanta, perché mi sta puntando la spada alla gola, e dunque sbaglio. Aadit mi fissa con uno sguardo deluso. "Sapevi che sarebbe successo," mi dice prima di sgozzarmi.
Mi sveglio come al solito con la sensazione reale di dolore. Mi tocco il collo e sospiro quando mi rendo conto che era tutto un sogno.
Quella mattina Mei aveva preparato di suo pugno i biscotti; come me, non è una cuoca provetta, ma si è impegnata per imparare a cucinare approfittando di avere me come ospite. E' tanto gentile, mentre io sento di essere solo un peso, una persona afflitta dai propri dolori che non fa nulla per rendere migliori le proprie giornate. Ho deciso che avrei dovuto smettere. Così, sono corsa in officina e sono rimasta tutta la mattina e il pomeriggio a costruire per lei delle teche in vetro e dei piedistalli, sapendo che aveva desiderio di averli nel suo ufficio così che i clienti, quando le avessero chiesto di scrivere qualcosa, avrebbero potuto leggere i suoi articoli migliori, oltre che ammirare i premi vinti. Quando sono tornata da lei con il carro per portarle i regali, Mei ha esultato, felice come non l'avevo mai vista, neppure quando le avevo costruito anni fa la pressa per stampare.
Vederla così, per la prima volta, mi ha ricordato il motivo per il quale mi piace il mio lavoro. Mi mancava modellare il legno e il ferro, realizzare il vetro, fabbricare i mobili e battere sui bulloni col martello. Ho provato una gioia che mi ero dimenticata e che mi ha dato la forza di affrontare le mie paure, decidendo che quella sera, dopo tre settimane di isolamento, sarei di nuovo uscita coi miei amici.
Mi sono vista alla Tavola Rotonda con Arlo, Alice, Emily, Albert, e abbiamo passato la serata a scherzare e giocare a freccette. Al contrario di quel che mi facevano credere le mie paure, nessuno di loro o nel locale ha nominato Aadit.
Al ritorno, Arlo mi ha accompagnata. L'ho visto indugiare sotto il portone d'ingresso, e quando gli ho chiesto se c'era qualcosa che non andava mi ha risposto "tutt'altro". Se n'è andato via senza dire altro.
GIORNO 35
Questa è l'ottava notte che passo a casa mia e la prima nel quale non faccio alcun incubo. Da un po' di tempo ho ripreso a fare le commissioni per la gilda; persino Higgins è stato gentile con me, evitando di rubarmele tutte come faceva sempre (so che si ucciderebbe pur di non ammetterlo, ma sono convinta che abbia agito così per farmi una gentilezza). Sono felice di non dover più pesare sulle spalle di Mei, ma ammetto che mi manca, e ho scoperto con gioia qualche giorno fa che è lo stesso per lei, così abbiamo deciso di vederci comunque una volta a settimana a casa sua per fare una sorta di pigiama party e fare colazione coi biscotti che insieme abbiamo imparato a cucinare.
Quando però oggi sono andata a bussare alla porta, non ho ricevuto risposta. So che a volte è talmente presa dal lavoro o dallo sviluppo delle foto che niente riesce a distrarla, così ho aperto la porta e ho trovato con sorpresa la lavagna che lei usa per lavoro piena di puntine, spaghi rossi e foto, tra cui una di Aadit. Mei si è precipitata davanti alla porta ed è uscita in pigiama, chiudendosela alle spalle e scusandosi perché non si è resa conto di che ore fossero. Era visibilmente agitata. Le ho chiesto il motivo per cui c'è una foto appesa di mio marito, e Mei mi ha supplicato di non raccontare questo incidente a Sam che sicuramente l'avrebbe uccisa, visto che le aveva proibito di parlarmi in qualsiasi modo di Aadit.
"E' per questo che te l'ho tenuto nascosto..." mi ha detto, ed io le ho fatto un sorriso rassicurante, dicendole di non preoccuparsi, che non soffro più per lui e che penso che sia arrivato il momento giusto di affrontare l'argomento. Mei mi ha chiesto se ero sicura, visto che diverse scoperte che aveva fatto riguardavano proprio mio marito, e io ho confermato ciò che già le avevo detto prima.
Mi ha fatto entrare e mi ha mostrato delle foto, degli articoli e alcuni appunti che aveva scarabocchiato su dei fogliacci, spiegandomi che la mattina stessa che Arlo aveva annunciato a tutti di aver visto Aadit andarsene con una barca era andata al porto e aveva chiesto a Wuwa se le passasse gli orari dei traghetti, scoprendo che il giorno prima non c'erano state partenze. Aveva presupposto quindi che fosse andato verso ovest, nella Periferia, ossia le regioni più lontane dalla civiltà dell'uomo, il posto migliore dove nascondersi confermando le teorie di tutti secondo cui potrebbe trattarsi del cavaliere corrotto. Alle ultime parole mi ha guardato dispiaciuta: facendosi trascinare dal racconto delle sue indagini, la sua passione più grande in quanto giornalista, non si è resa conto di essere stata insensibile, ma io le ho detto che non è così. Per la prima volta, sento davvero il bisogno di sapere cosa sia stato di lui, per capire tutti i misteri che non sono mai stati risolti, senza che il mio giudizio venga più offuscato dall'amore o dal risentimento.
Mei mi ha sorriso, dicendomi che mi ammira per ciò che ho detto, che per lei la verità è il suo credo più importante e che non ne esiste mai una scomoda o pericolosa, “vale sempre la pena di lottare per conoscerla,” mi ha detto, “a costo di agire non proprio legalmente”. Un po' imbarazzata, mi ha raccontato che aveva assicurato ai ragazzi del corpo civile che non avrebbe indagato sulle tre persone in uniforme, ma è stato più forte di lei infrangere la promessa, scoprendo delle cose incredibili: lo stemma della colomba all'orizzonte sulla loro tenuta, secondo le sue ricerche, appartiene ad un'organizzazione segreta che lavora al soldo dell'impero di Duvos chiamata “Skyline Pingeon”. Si dice che lavorino nell'anonimato in territori liberi per mettere disordini e creare guerre civili. Ci sono testimonianze secondo cui agiscano così per agevolare le conquiste dell'impero e che non si fanno alcun tipo di scrupolo. Molte di queste guerre civili sono avvenute nel regno di Ethea, il paese natale di Aadit, e Mei ritiene che non sia un caso. Potrebbe darsi, ha detto, che se Aadit fosse il cavaliere corrotto li potrebbe aver aiutati nella ricerca dell'All Source AI che c'è stata giorni prima, affiancato dalla banda di pirati Gli Squali del Cielo. Ma Mei, non sapendo se Aadit sia o meno il cavaliere, non può fare congetture ulteriori.
In quel momento, ho ripensato alle parole di Mei: l'informazione è come una colomba che migra verso sud durante gli inverni e la verità è la sua bussola; sbagliare direzione porta alla morte del volatile e di ogni valore per cui è nata la sua testata giornalistica. Capisco solo adesso di aver sbagliato a costringere Arlo a non raccontare la verità per un tornaconto personale, per la paura di affrontare le conseguenze; molte persone meritano di saperla, cominciando da Mei.
Ricordo perfettamente il modo in cui si è avvicinata a me preoccupata, accorgendosi che ero meditabonda e accigliata, e mi aveva preso le mani scusandosi nuovamente per il poco tatto che ha avuto. Non era così, le ho assicurato, e prima di parlare ho tratto un respiro profondo.
"Devo dirti una cosa, come cittadina e come persona, perché mi fido sia del tuo giudizio di giornalista che di quello di amica. Riguarda la notte che i tre uomini in uniforme mi hanno quasi ammazzata. Non sono stata io ad ucciderli, ma Aadit. E' lui il cavaliere corrotto."