| Harry Potter | L'eroe del momento |

Jun 19, 2014 16:26



Terza one-shot scritta per l’anniversario di Pseudopolis Yard. Non ne sono per niente soddisfatta, ma mi è toccato un prompt un po’ ingrato.

Fandom: Harry Potter
Personaggi: Harry Potter, Kingsley Shacklebolt

*
L’eroe del momento

L’esplosione di gioia che li aveva rimessi in piedi dopo la morte di Voldemort era svanita talmente in fretta da non lasciarsi dietro la più misera sensazione di vittoria. Harry si era ritrovato sommerso da centinaia di mani che lo stringevano, lo tiravano, si attaccavano a lui come se ogni cosa potesse ancora crollare.
Anche con Ron e Hermione al suo fianco, Harry non si era mai sentito più vuoto e solo. Avevano vinto e non provava alcuna felicità.
«Harry?».
Hermione gli strinse preoccupata una mano.
«Va tutto bene» rispose con voce piatta.
Ron non disse nulla. Non appena ebbero raggiunto la porta della Sala Grande, si separò silenziosamente da loro e svanì nel calcare della folla. Harry rimase a fissare la sua testa rossa fino a quando non lo perse del tutto di vista.
«Harry…».
«Va’ con lui, Hermione. Io…». Abbassò lo sguardo sui palmi delle mani sporche. «Io vi raggiungo dopo».
«Harry…».
«Sto bene» le mentì con quanta più franchezza possibile.
Per un attimo si chiese se non fosse suonato sgarbato, ma sapeva che Hermione avrebbe capito. Lo strinse in un abbraccio serrato prima di seguire Ron. Harry rimase fermo qualche istante, prima di voltare le spalle alla Sala Grande e percorrere a lunghe falcate il corridoio che conduceva alle serre. Tentò invano di evitare i maghi e le streghe che volevano stringergli la mano, che si premevano attorno a lui come una gigantesca matassa di lana dal quale faticava a sbrogliarsi. Un paio di loro lo strinsero fra le braccia, qualcuno gli diede pacche affettuose sulle spalle. Harry se li lasciò dietro uno dopo l’altro, continuando a camminare a testa bassa.
Le serre erano deserte.
La maggior parte delle grandi vetrate erano esplose e il pavimento era cosparso di terriccio e foglie strappate. Una Manticora in un piccolo vaso azzurro giaceva rovesciata in un angolo. Harry la raddrizzò distrattamente.
Uscì dalla porta che dava sul retro, verso il piccolo sentiero che conduceva al Lago Nero. Le prime luci dell’alba giocavano già sullo specchio placido dell’acqua. Immobile a pochi passi dalla porta delle serre c’era Kingsley Shacklebolt. Harry fu piuttosto stupito di trovarselo davanti.
«Harry Potter» lo chiamò l’Auror con la sua voce profonda.
Aveva un labbro spaccato e un vistoso taglio che si allargava dalla tempia sinistra allo zigomo. Il sangue si era raggrumato sul suo viso in una larga macchia scura. Harry non aveva molto desiderio di parlare con lui. Non voleva parlare con nessuno. Kingsley dovette intuirlo, perché si limitò ad appoggiargli la mano sulla spalla destra senza dire altro. Harry gli rivolse un’occhiata impenetrabile: nemmeno lui aveva il viso di un vincitore. Il suo sguardo era cupo, la bocca piegata in una smorfia rigida.
«Non è colpa tua, Harry».
Il ragazzo serrò con forza le palpebre. Non riusciva a crederci.
«Non abbiamo combattuto per te: abbiamo combattuto per noi» riprese gravemente Kingsley. «Non c’erano altre possibilità. Nessuno di loro avrebbe potuto restarsene a casa ad aspettare».
Quel sottinteso velato lo investì come un pugno all’altezza dei reni. Si passò una mano sul volto, sentendosi più vecchio che mai. Le dita gli tremavano.
Anche Tonks era un’Auror. Lei e Kingsley avevano trascorso gli ultimi quattro anni lavorando fianco a fianco.
«Devo andare dalla signora Tonks» mormorò d’istinto. «Tonks e Remus… loro mi hanno».
«Lo so».
Un fragore improvviso fece sobbalzare entrambi. Si voltarono come un solo corpo in direzione del cielo: nonostante il primo pallore del solo rendesse l’atmosfera un po’ nebbiosa, un argentino fuoco d’artificio sfrecciò sulle loro testa ed esplose in centinaia di piccole scintille colorate. Ne seguirono altri. Harry si sentiva tremare a ogni nuovo scoppio.
«Il professor Piton è nella riserva delle barche».
Kingsley inclinò perplesso il capo.
«È morto» spiegò Harry. «È sempre stato dalla parte di Silente».
L’Auror non indagò oltre. Si limitò ad annuire appena, lasciandogli intendere che avesse capito. Si congedò da lui con un’altra pacca sulla spalla, ed Harry gli fu grato di non aver aggiunto altro. Rimase ancora una volta da solo e si lasciò scivolare sui primi gradini di pietra, mentre i fuochi d’artificio continuavano a impazzare fra le nuvole di quel nuovo mattino.
Affondò il volto fra le mani, sperando che tutte quelle persone avrebbero cessato presto di fare rumore nella sua testa, che avrebbero smesso di circondarlo di abbracci e ringraziamenti, che avrebbero dimenticato tanto il Bambino Che Era Sopravvissuto quanto il Prescelto.
Pensò a Fred. Fred amava i fuochi d’artificio. Durante le feste di Natale che aveva trascorso tutti insieme a Grimmauld Place ne aveva fatto scoppiare uno a forma di drago nel soggiorno. Le ispide sopracciglia di Moody avevano preso fuoco e la signora Weasley aveva trascorso l’ora successiva inseguendo i due gemelli sotto le urla isteriche della signora Black. Tonks aveva riso fino ad avere il singhiozzo. Si era piegata sul bracciolo della poltrona dove sedeva Remus, con i capelli che mutavano da un colore all’altro. Anche Remus aveva riso, e l’allegria del suo sguardo pareva averlo ringiovanito di una vita intera. E Sirius… Sirius con quella risata tanto simile a un latrato, i suoi genitori… “Siamo sempre stati qui” gli avevano detto i loro spiriti nella Foresta Proibita. “Resteremo con te fino alla fine, Harry”.
Harry si artigliò le braccia con ferocia, incapace di sopportare oltre tutto quel clamore rombante nel cielo. Pianse da solo, con le unghia conficcate nella carne e il respiro mozzato nel petto.
Il mondo non smise per un solo istante di esplodere attorno al loro Prescelto.

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