Autore:
queenseptienna e
LIVIN DEREVELTitolo della serie: Mechanical Automatism
Genere: Storico, steampunk, romantico, comico, angst
Avvertenze: scene di sesso NON descrittive, slash, storico, tentacoli, robot
Indicazioni generali sulla trama: Billie è un automa piuttosto particolare, nel senso che non gli piace molto obbedire e quando lo fa, non è mai per caso. Il suo padrone, il Conte Pritch, chiederà consiglio al suo amico Edward per trovare un modo di dare una regolata ad un robot che non ne vuole saper di fare il maggiordomo come si deve. Peccato che sia così sexy, anche se è un automa...
Lord Pritch si mise definitivamente l’anima in pace e abbandonò finalmente l’idea di usare le parti di Billie per rifare il semiasse del carro di famiglia. Dallo spavento che si era preso, non era esattamente certo di volersi separare da quell’inutile androide.
Inutile. Inutile e ancora inutile.
Ovviamente aveva ripreso a fare i suoi lavori di maggiordomo con la stessa flemma di prima, solo che si teneva bene alla larga dalla governante. Avrebbe voluto sgridarlo, ma per qualche ragione, quando posava gli occhi su di lui, gli veniva in mente cosa celavano quegli abiti e gli si squagliava letteralmente il cervello.
E la cosa che lo mandava in bestia era che quel dannato se ne accorgeva.
Sempre.
Così in casa era iniziata una guerriglia personale tra lui e quell’affare che era diventato un concentrato di strusciamenti, occhiatine maliziose ed eccitanti battutine. Si chiese con cosa diamine l’avesse programmato Moore, con ogni probabilità Billie rinchiudeva in sé l’anima di una ballerina di varietà. O da prostituta da bordello, decisamente.
Un giorno Michael lo richiamò duramente dopo che l’automa non aveva eseguito perfettamente l’ordine che gli aveva impartito. Quel piccolo diavolo aveva accennato un dolore fantasma ai suoi circuiti nei pressi del punto dove aveva ricevuto la padellata, mostrandogli i suoi enormi occhioni verdi lucidi di lacrime artificiali e subito lui, nobile e alquanto idiota padrone, si era sciolto in brodo di giuggiole e lo aveva perdonato.
Ma una cosa di cui non si era mai preoccupato era dove effettivamente stesse Billie la notte, quando tutti dormivano e lui non era in grado di farlo. Quando gli venne in mente Michael pensò che stesse organizzando frittura di pesce per tutti. Solo a quel proposito, ovvero cercare di non arrivare a tavola con il piatto pieno di tentacoli di Miss Tender impanati, una notte si sedette sul letto e decise di indagare. Dopotutto, che male c’era? Controllava solo che la sua merce (la sua eccitante, lasciva e maliziosa merce… stop, Michel, basta pensieri molesti,per cortesia) non stesse combinando guai, come quella volta che lo aveva beccato fuori dalla stanza della governante con una grossa forbice trincia pesci.
Si alzò in piedi ed indossò le babbucce che Lady Carol, la sua deliziosa prozia di novantasei anni che viveva nel Kent, gli aveva regalato e si diresse al settimanale per trafficare ad accendersi da solo il lume, operazione che gli venne un pochino male dato che era abituato a farsi fare tutto quanto. Comunque, in un modo o nell’altro riuscì nell’intento senza ricorrere alla pietra focaia e dopo qualche istante fu fuori nel lungo corridoio, con la lunga camicia da notte che gli si impigliava fra le gambe.
Percorse l’abitazione in lungo e in largo senza trovarne traccia e, ormai sfiduciato, fece ritorno nella propria stanza fino a che non incappò nel famoso sgabuzzino. Una lama di luce proveniva da sotto la porta e Pritch spense con un soffio il proprio lume, piombando nel buio. La maniglia si abbassò dolcemente senza produrre alcun rumore e riuscì ad infilare la testa nello spiraglio e trovarsi davanti Billie che gli dava la schiena. La parte superiore del suo corpo era priva di abiti e Michael non riusciva a vedere cosa stesse armeggiando, ma quando si voltò trattenne un singulto.
Sul petto di Billie era come se ci fosse una porta aperta, dove fili, cavi e organi pulsanti e vagamente rossastri riempivano ogni cavità mandando bagliori elettrici, dovuti ai numerosi circuiti. L’automa si stava auto riparando quello che aveva tutta l’aria di essere uno stomaco. Pritch si scoprì affascinato nel vederlo trafficare e lo sentì borbottare qualcosa in merito a Miss Tender che gli aveva sferrato una tentacolata piuttosto potente dritta al ventre.
Sarà il caso che mi decida a licenziare quella donna… pensò il Lord, mentre Billie dava un’ultima aggiustatina ad un polmone e richiudeva lo sportello, che si fuse perfettamente nella sua pelle senza lasciarne alcuna traccia, come se non ci fosse mai stato. Il robot fece una piccola smorfia e si sedette sull’unica sedia nella stanza. Non disponeva di un letto, non ne aveva necessità. Ma quello che più di tutto stupì Pritch fu vederlo afferrare un libro chiaramente proveniente dalla biblioteca di famiglia ed iniziare a leggerlo, come avrebbe fatto un qualsiasi essere umano. Leggeva più velocemente di una persona, cosa che gli permise letteralmente di divorare un centinaio di pagine in pochi minuti d’orologio.
Le gambe iniziarono a dolere al Lord, che emise uno sbuffo che fece subito scattare in alto la testa dell’automa. Ripose il libro e con un salto fu alla porta, spalancandola e Michael ruzzolò all’interno della stanza, visto che si sosteneva proprio al battente.
-Milord!- la voce di Billie era sorpresa e, che Dio lo perdonasse, piacevolmente calda. -Cosa ci fate qui, Lord Pritch? Desiderate qualche servigio?-
Il biondo si stupì moltissimo di non sentire alcun doppio senso nella frase (cosa che lo fece preoccupare, da un certo punto di vista) e si lasciò aiutare da quelle braccia che sembravano fragili, ma erano fatte di ferro.
-Sto bene, sto bene. Non mi serve nulla, io… beh, controllavo solo che andasse tutto bene.- rispose, arrossendo appena.
Guardò verso il basso: Billie gli arrivava sì e no al mento e con quegli occhi verdi e i capelli neri senza brillantina, sembrava davvero un fragile ragazzino da proteggere. Solo che era un automa, non doveva dimenticarselo, ma questo non parve affatto spegnere il desiderio che iniziava a pulsargli incessantemente nei lombi.
-Volete che vi riaccompagni nelle vostre stanze?- il robot non aveva lasciato la presa delle sue mani, che erano inaspettatamente e piacevolmente calde. -Prendo il lume e…-
Michael non ci pensò più di tanto: era troppo, troppo bello per lasciarselo scappare. Chinò la testa e le le loro bocche si incontrarono in un qualcosa che aveva decisamente poco di artificiale e molto di umano.
continua...