Titolo: Una storia vera
Autore:
pojypojyFandom: RPF storico
Personaggio/Coppia: Selvaggia di Staufen, Federico II, Ezzelino da Romano
Rating: R
Conteggio Parole: ~2000
Avvertenze: Sesso con minori dal nostro punto di vista, ma non è colpa mia se questi si sposavano a tredici anni.
Note: scritta per il
F3U.C.K.S. Fest di
fanfic_italia, seconda fase: prompt "imperatore" di
fuoco_dal_cielo. Allora: malgrado si tratti di un personaggio che ha bazzicato dalle mie parti, ho sempre fatto fatica a trovare uno straccio di biografia dettagliata su Ezzelino, ed affidandomi all'interwebz, tutte le fonti che ho trovato si limitano a dire "sposò Selvaggia di Staufen, figlia naturale prediletta da Federico II", punto. Quindi questa fic è basata su dati MOLTO vaghi e probabilmente è piena di imprecisioni; mi interessava esplorare un po' il punto di vista di una ragazzina che, per quanto in un contesto diverso da quello moderno eccetera, viene mandata a sposare uno come Ezzelino. E fortuna che papà le voleva bene!
E' anche un racconto assolutamente grezzo perché è una settimana di fuoco e l'ho completato all'ultimo. Magari prossimamente gli darò una limata.
Riassunto: a tredici anni, Selvaggia di Staufen crede di avere un'idea abbastanza precisa di ciò che le riserverà il futuro, ed è pronta ad affrontarlo. Ma la ragion di stato si dimostra un imprevisto difficile da aggirare.
Selvaggia di Staufen aspetta il padre senza dare a vedere la propria eccitazione. E' mancato a lungo dalla Puglia, impegnato al nord contro quella Lega Lombarda che è da anni la sua spina nel fianco; ma - Selvaggia lo sa perché suo padre ritiene sia giusto istruirla anche di questo - l'impero ha trovato un alleato nei ghibellini della Marca trevigiana, i temibili signori della guerra capeggiati da Ezzelino, Flagellum dei.
Finalmente, Federico entra, l'abbronzatura che fa sembrare i suoi capelli ancora più biondi. Anche quelli di Selvaggia sono chiari, ma al contrario del padre la sua pelle si brucia al sole del sud.
La ragazzina fa un inchino, sotto lo sguardo vigile di Pantalea, la sua dama di compagnia. "Bentornato, padre."
"Selvaggia, luce mia, lascia che ti guardi" dice Federico prendendo tra le mani il viso della figlia. "Ti ho lasciata bambina e ti ritrovo fanciulla."
Pantalea gonfia il petto con un orgoglio che fa sembrare sia lei l'oggetto dei complimenti. "Maestà, tua figlia ha avuto le sue prime regole due mesi fa", gli comunica. Federico lancia alla donna uno sguardo che per Selvaggia è difficile da decifrare. E' come se per un attimo suo padre fosse sparito e fosse rimasto solo l'imperatore.
"Bene", si limita a commentare lui. "Vieni, Selvaggia; ti ho portato dei doni. Bisogna festeggiare."
*
E' opinione di alcuni che Federico sia così affezionato ai suoi figli naturali per rifarsi della delusione che gli aveva dato Enrico, suo erede legittimo che lo aveva tradito alleandosi con i lombardi. Altri sostengono che abbia legiferato in favore del diritto di successione per le donne anche per potere, un giorno, dare alla figlia prediletta un feudo proprio.
Selvaggia, dal basso dei suoi tredici anni, ci spera. Ha passato la vita osservando il padre fare dell'amministrazione del suo potere un'opera d'arte. Per Federico II, governare è una missione, e Selvaggia non può fare a meno di volerlo imitare, almeno un po'. Certo, sa che il suo destino è quello di sposarsi, ma nei suoi sogni più autoindulgenti si vede signora di uno dei castelli del padre, con un marito arrivato da lontano per sposarla, e non il contrario. Illegittima o no, lei è la figlia di Federico, e nelle sue vene scorre il sangue degli Hohenstaufen, una stirpe di imperatori e re.
Per cui, quando il padre la convoca nel suo studio dicendole che le deve comunicare qualcosa di importante, intimamente Selvaggia spera le stia per affidare una qualche responsabilità, il primo passo verso l'età adulta e la metamorfosi da ragazzina in signora.
"Siediti, Selvaggia" dice Federico indicando una poltrona di legno intarsiato. "C'è una cosa che ti devo dire, e sei la prima a saperlo."
Selvaggia corruga appena le sopracciglia bionde, vedendo lo sguardo grave dell'uomo. "Ti ascolto, padre. C'è qualcosa che non va?"
Federico esita solo un attimo. "No. No, in realtà è una bella notizia quella che ti devo dare, vita mia. Ti sposerai il prossimo maggio."
La frase ci mette un po' a depositarsi nella mente di Selvaggia. Ha un sapore definitivo, che non ammette obiezioni. Lei annuisce.
"Non mi chiedi con chi?" dice Federico alzando le sopracciglia.
Selvaggia si morde il labbro. La verità è che non le importa molto: ci sono decine di vassalli in giro per il regno che Federico può voler premiare con un ducato e la mano della figlia. "Chi è?"
"Ezzelino da Romano", dice Federico, asciutto.
"Flagellum dei." Le parole escono dalle labbra in un sussurro, senza che Selvaggia se ne renda conto. Federico continua:
"Ezzelino è il mio alleato più prezioso al nord, Selvaggia, e tu lo sai. E' un grande onore che gli faccio concedendogli la tua mano - e viceversa, vorrei che tu capissi che vai a fare qualcosa di molto importante, per me, per te e per l'impero."
A Selvaggia gira un po' la testa. Ezzelino non abbandonerà mai la Marca; sarà lei a dover attraversare l'Italia e a lasciare queste terre, le terre di suo padre, per il resto della sua vita.
Forse Federico si accorge del turbamento della figlia, perché fa il giro del tavolo e va a prenderle le mani tra le sue.
"Lo so che Ezzelino ha una reputazione che può intimorire, ma è un uomo leale e sobrio. Ha un cantastorie" soggiunge, come se questo cambiasse tutto "che sono sicuro adorerai. Volevo rubarglielo, se non fosse che avevo paura di farlo arrabbiare", conclude, ammiccando. Selvaggia si sforza di fare un debole sorriso.
"Verrai a trovarmi?", dice, e la sua voce è più che mai quella di una bambina. Federico le bacia la fronte.
"Vorrei dirti che spero di no, perché è sempre la guerra a portarmi lontano da qui, tesoro mio. Ma non appena darai un erede maschio e sano ad Ezzelino, o magari anche due, lui non potrà negarti di viaggiare per venire a far visita al tuo vecchio padre."
"E mi fermerò un po'", dice lei, ansiosa di credergli.
I due si abbracciano, mentre nel caminetto crepita il fuoco.
*
E' stato un viaggio faticoso, prima via nave lungo le coste dell'Adriatico, poi a dorso di mula attraverso la pianura veneta. Selvaggia ha con sé Pantalea e poche altre persone venute dalla corte pugliese di Federico. A poco a poco, a parte la dama di compagnia, torneranno tutti indietro, mentre lei resterà lì.
Ezzelino la sposa indossando l'armatura.
Hanno a malapena scambiato poche parole di circostanza da quando lei è arrivata, pochi giorni prima. Un uomo leale e sobrio. Federico non aveva mentito quando lo aveva descritto in questi termini, aveva solo omesso che ciò significava che per Ezzelino esisteva solo la guerra. Al banchetto nuziale, si intrattiene solo con i suoi generali. Selvaggia si domanda se sia meglio così, o avere un marito che continuamente importuna le serve come aveva visto fare al duca Alberico alla corte di suo padre, la moglie presente che ostentava indifferenza. Decide che tutto sommato preferirebbe un marito infedele ad uno crudele: dopotutto, lei stessa è nata da un adulterio.
L'unico momento in cui Ezzelino le sembra umano è quando viene chiamato il cantastorie Oberto da Bassano, la flebile promessa con cui suo padre l'aveva indotta a mandare giù quella pillola amara. Selvaggia capisce la metà di ciò che Oberto dice, nel suo dialetto così distante dai suoni cui è abituata, ma Ezzelino lo ascolta rapito, fa domande, quasi con l'ingenuità di un bambino. Tutta la tavolata pende dalle labbra di Oberto come se fosse Cristo che fa il discorso della montagna, anche se sta solo raccontando un aneddoto su un pastore rimasto bloccato con un gregge di pecore che non voleva saperne di attraversare un ponte.
Selvaggia sorseggia il vino e si tormenta nervosamente l'acconciatura, ignorando le occhiate di disapprovazione di Pantalea. Sono anni che si prepara a questo momento e a ciò che verrà dopo, ma ugualmente sente la morsa della paura salirle nello stomaco. Si concentra sull'espressione assorta di Ezzelino, pensa che Federico non è tanto diverso quando chiama i suoi filosofi e i suoi poeti a disquisire a corte, per non parlare dei cantastorie provenzali. Forse riuscirà a trovare una connessione col marito, e riuscirà a vedere queste pianure come un luogo ospitale invece che come una specie di deserto verde in cui è destinata a perdersi, sola anche in mezzo alla gente.
*
E' quasi del tutto ubriaca e ha un lieve mal di testa quando si sente prendere per il polso. E' Ezzelino, con la sua faccia torva, che le dice: "Sposa, è ora di andare".
Selvaggia annuisce, istupidita, e si lascia condurre dal marito attraverso due ali di gente che si inchina al loro passaggio e lancia timidi incoraggiamenti. Pare che Ezzelino abbia detto che tutte le smancerie del suo primo matrimonio erano bastate e avanzate. Le sembra di notare con la coda dell'occhio Pantalea, ma non ne è sicura; è buio e la luce delle candele si sta facendo flebile.
Sono soli davanti al letto. "Non... dovrebbe... esserci un prete a benedire il talamo?" dice lei, biascicando un po' le parole. Ezzelino sbuffa.
"Tu credi di essere stata concepita su un letto benedetto?" le dice, secco. Selvaggia deglutisce. Un uomo leale, sobrio, e fatto di ferro e pietra.
"Devo orinare", dice, e Ezzelino si limita ad indicarle il vaso da notte. Lei si sposta in modo da essere parzialmente coperta dal letto, mentre lui comincia a spogliarsi. Se la mette in imbarazzo svuotarsi la vescica davanti a suo marito, come farà ad affrontare ciò che sta per succedere? Spinge il recipiente sotto al letto e comincia a sua volta a sciogliere i lacci della tunica, con le mani irrigidite dalla tensione. E' la fine di maggio e fa abbastanza caldo, così Ezzelino, già nudo, va ad aprire la finestra. Mentre lui le dà le spalle, Selvaggia si rilassa appena.
"Tu mi darai un figlio", le dice lui di punto in bianco. Selvaggia annuisce rigidamente, anche se lui non la può vedere. Sa che Ezzelino è già stato sposato e non ha ancora eredi. Forse se resto incinta si ammorbidirà. Forse è così perché la sua prima moglie l'ha deluso, pensa.
Lui le si avvicina di nuovo e con movimenti bruschi ma non troppo la aiuta a disfarsi degli ultimi indumenti. Malgrado l'aria tiepida, le viene la pelle d'oca quando si stende supina sul letto. Ezzelino è ai confini del suo campo visivo e lei scopre di non voler guardare cosa sta facendo; ma poi lui è sul letto, una sagoma scura che copre la poca luce che filtra dalla finestra.
"Allora hai capito?" le dice, stringendole un piccolo seno nella mano callosa. Non fa male ma non è nemmeno piacevole. "Devi farmi un erede. Un erede col sangue degli Hohenstaufen e che usi la spada come un Ezzelino."
Selvaggia annuisce di nuovo prima del bacio rude e frettoloso che le dà Ezzelino, e sente qualcosa premerle contro il sesso. Sa benissimo quello che deve succedere, ma ha ugualmente l'impulso di divincolarsi e fuggire.
Ed in un attimo, è troppo tardi. L'invasione improvvisa le leva il fiato, e ogni spinta è scandita suoi ansiti, i denti stretti per non piangere, e dal rumore umido del sangue. Più va avanti, più è sopportabile. Ma spera lo stesso che finisca presto.
Quando alla fine viene accontentata, Ezzelino si stacca da lei e scende dal letto, cominciando a rivestirsi alla bell'e meglio.
"Mio signore" dice lei, ancora affannata "non dovremmo passare la prima notte-"
"No" la interrompe lui. "E' un tradizione che serve solo a fare quello che abbiamo già fatto. Odio dormire con qualcun altro, mi addormento solo se non c'è nessuno."
Selvaggia non sa se sentirsi sollevata o delusa. "Ho capito", dice. "Non ti disturberò."
"Allora andremo d'accordo", dice Ezzelino, e con questo si congeda da lei.
Selvaggia rimane per qualche minuto a fissare il soffitto, svuotata, esausta. E' quasi senza preavviso che le lacrime cominciano a riempirle gli occhi, e allora pensa alla sua vecchia casa, al sole che le faceva spellare il naso, al sorriso di suo padre, che sapeva benissimo a che uomo la stava dando in sposa. Ed è quel senso di tradimento, ancora più dell'asprezza di Ezzelino, a far male al cuore. Singhiozza e geme, finché il sonno non la prende.
*
Fa la sua prima colazione da signora della Marca con l'onnipresente Pantalea. "Allora", le chiede la donna, pacatamente "ho saputo che la prima notte è andata a buon fine." Pare che Selvaggia abbia sanguinato anche più del normale; lei non sa dirlo, dopotutto non è una cosa che si possa collaudare prima.
La ragazza inclina la testa di lato. Le lunghe trecce bionde la fanno sembrare ancora una bambina; quella mattina, rivestendosi, si è guardata a lungo allo specchio per vedere se ci fosse qualche differenza rispetto a prima. Ed è esattamente la stessa persona, almeno dal di fuori.
"Io darò un erede a Ezzelino", dice "se non ora, al più presto. E ciò farà di me la moglie e la madre dei signori della Marca." Mentre lo dice ad alta voce, sembra più reale. Forse ci si può abituare. Forse può avere una vita anche al di fuori delle vuote promesse di suo padre.
"Portatemi Oberto", dice. "Voglio sentire una storia vera."