Capitolo quinto.
Gwen rimase alla spalle della sua Lady mentre questa stendeva la stoffa dell’abito sui fianchi e si guardava allo specchio sorridente.
“Sono bella?” domandò e l’altra annuì vigorosamente “Come sempre”
Lady Morgana era assai cambiata negli ultimi tempi, badava molto di più al suo aspetto esteriore e aveva smesso di interferire nelle decisioni del Re. Lei l’aveva sempre incoraggiata a prendere la sua vita più serenamente, e trovava salutare che avesse deciso di seguire i suoi consigli.
“Sono abbastanza bella per Arthur?” il tono ansioso ed eccitato con cui lo domandò non sorprese Gwen più di quanto la sorprese la domanda stessa.
La serva la guardò con stupore, annaspando per qualche attimo, mentre Morgana si girava a fissarla nervosa ed impaziente di sentire la risposta.
“Beh… non credo che questo sia mai stato in dubbio”
La bruna rise e scosse la testa “Certo, certo..” disse voltandosi di nuovo verso lo specchio “Ho sempre desiderato che mi guardasse nel modo in cui-“ si interruppe mordendosi un labbro perché non poteva terminare certo la frase con il proprio nome. Perché Morgana era il suo nome adesso, era la sua vita, ed avrebbe avuto tutto quello che aveva desiderato per anni, mentre tutti la trattavano come una reietta che doveva supplicare per l’aria che respirava.
Ma adesso era cambiato tutto. Adesso lei era Morgana, e tutti l’amavano. Arthur l’amava. Si sarebbero sposati, certamente, e sarebbero stati felici, forse ancora più di ora che aveva l’affetto del Re, e un castello in cui vivere e il corpo della donna più bella che avesse mai visto in vita sua.
Aveva sempre avuto un’adorazione per Lady Morgana, che era così raffinata ed elegante, con gli occhi chiari e la pelle serafica. Ed un viso che non si stancava mai di guardare.
Aveva sempre invidiato Gwen. Una serva come lei che aveva l’amicizia di una così amabile Lady, ma adesso non aveva più bisogno di invidiarla perché adesso lei stessa sarebbe stata per sempre la persona più vicina a Lady Morgana. Avrebbe vissuto nella sua testa e avrebbe conosciuto il piacere che il suo corpo conosceva. Sarebbe stata una cosa sola con lei, ed avrebbe avuto le attenzioni di Arthur.
“Il Re è stato assai gentile a lasciarmi avere degli abiti nuovi” aggiunse in fretta perché Gwen non badasse a ciò che aveva detto prima “E’ da tanto che non avevo un padre…” disse fissandosi nello specchio, persa nei suoi pensieri, nei ricordi di un padre che era morto troppo presto salvandola dalla loro casupola in fiamme, ma lasciandola sola e sfigurata, ad osservare da lontano la vita di una Lady che come lei era rimasta orfana - sentendo con lei un legame da cui traeva la forza di sopravvivere. Non ricordava come o quando fosse cominciato tutto, sapeva solo che le piaceva quando non poteva distinguere sè stessa da lei, perché in qualche modo attenuava lo strano desiderio che la tormentava nel vederla.
Tutto ciò che la circondava le sembrava infettato dalla sua luce, e per questo diventava più bello, ma quando Lady Morgana era con il principe Arthur li vedeva attrarsi e respingersi a vicenda, farsi la guerra ma desiderarsi costantemente. Era chiaro che si volevano, e si appartenevano, e per questo il suo amore per Morgana era divenuto amore per Arthur, e viceversa, e ora tutto era come doveva essere, perché lei avrebbe avuto entrambi per sé, e sarebbe stata amata per sempre.
Gwen non l’aveva mai sentita parlare dei suoi genitori da quando era la sua serva - circa tre anni - e per questo tacque, perché non sentisse la necessità di nascondere i propri sentimenti.
“Nonostante i suoi modi, il Re vi ha sempre amata come una figlia” la rassicurò.
“Voglio essere amata” disse voltandosi verso Gwen, che la guardò piena di meraviglia “E voglio essere felice. Me lo merito, non è così?”
“Oh si, certamente!” le rispose avvicinandosi perché le potesse leggere la sincerità in viso.
La ragazza si voltò per guardare dalla finestra, il villaggio si stendeva davanti ai suoi occhi mentre sotto la sua finestra i cavalieri si allenavano per essere pronti a difendere il castello, e lei.
“Gwen, presto, aiutami a pettinarmi” disse tornando al tavolo da toletta “Voglio raggiungere Arthur”
La giovane fece quanto le veniva chiesto e lei si lasciò felicemente curare dalle mani servili di Gwen. Quando entrambe raggiunsero Arthur, lui stava tenendo il suo cavallo per e briglie, incamminandosi verso le porte del castello mentre parlava con Merlino.
“Arthur” lo chiamò in tono pacato, camminando elegantemente fino a lui con le mani giunte davanti al corpo. Conosceva i movimenti di Lady Morgana come i propri e non aveva nessun timore mentre si avvicinava al principe, perché quei movimenti erano i propri, come lo era lui.
“Morgana” lui replicò educatamente quando lei gli fu dinanzi, accompagnata da Gwen.
“Vai da qualche parte?” chiese, e lui scrollò appena le spalle lasciando trapelare una vaga impazienza.
“Farò una cavalcata” lei lo aveva visto spesso andare via a cavallo. Montava il suo animale con la regalità con cui un sovrano siede sul trono, e le sue mani e le cosce forti stringevano le briglie ed i fianchi del cavallo mandandolo nella direzione desiderata, alla velocità che più lo aggradava. Era sempre stata certa che avrebbe avuto la stessa maestria anche con una donna, e che Lady Morgana non ne avesse ancora avuto personale prova.
Lei si sarebbe accertata di eliminare gli ostacoli fra loro e lasciare che entrambe lo scoprissero.
Era stata con qualche uomo nella sua vita, e in quelle occasioni a nessuno dei due era mai importato dell’altro. A loro perché non vedevano che il suo viso sfigurato ed un corpo caldo in cui dare sfogo ai bassi istinti che li guidavano, e a lei perché non poteva amare nessun altro che non fossero Morgana ed Arthur, ma nel silenzio dei loro rozzi amplessi lei immaginava di essere Morgana e di giacere con Arthur, e doveva mordere il cuscino per non gridare quel nome, pur intuendo che il principe sarebbe stato assai più tenero e vigoroso nel prenderla.
“Speravo avresti passeggiato con me.” suggerì con voce bassa, sorridendogli ed allungando una mano verso il muso del cavallo per fare una carezza lenta “Ma se vuoi cavalcare…”.
Arthur smise di respirare per un istante. Il sangue sembrò scorrere più in fretta, e riconobbe la sensazione. Non era certo la prima volta che gli succedeva, soprattutto, non era la prima volta che succedeva a causa di Morgana. Da sveglio ammoniva sè stesso se i suoi pensieri passavano la soglia del rispettoso, perché non era un comportamento corretto e perché mai avrebbe potuto ammettere a sè stesso di desiderarla, ma nei suoi sogni lei lo incontrava nel piacere e lottava con lui per strapparglielo o donarglielo - a volte la differenza si perdeva e restavano solo loro due ed i loro fianchi che si muovevano insieme così perfettamente da stordirlo. Si svegliava sempre imbarazzato di sè stesso, ma mai era stato disgustato, come adesso. Perché nei suoi sogni e nella sua testa lui la desiderava, intensamente e tutta, completamente, mentre ora il suo corpo rispondeva alla sua voce ed ai suoi movimenti, ma il suo cuore non si muoveva, e questo era per lui sintomo di bassezza - cosa che gli era ingiustificabile verso Morgana.
Ma Arthur non ebbe tempo di pensare a lungo ai suoi contrastanti - e per lui riprovevoli - sentimenti perché il cavallo al tocco della ragazza scrollò violentemente il capo, nitrendo e tentando di indietreggiare, strattonando la mano del suo cavaliere.
“Avalon, sta buono” lo ammonì Arthur inutilmente tentando di tirare le briglie verso di sé, rimanendo accanto a Morgana. Il cavallo non fece che innervosirsi ulteriormente e si imbizzarrì alzandosi sulle zampe posteriori, galoppando via quando Lady Morgana gridò.
“Lo inseguo” disse Merlino prevedendo gli ordini di Arthur, ma il principe allungò una mano intimandogli “Resta qui. Accompagna Lady Morgana dentro e accertarti che stia bene” gli disse lanciando un’occhiata alla ragazza, pallida e tremante “Avalon ti fracasserebbe il cranio piuttosto che farsi avvicinare adesso” disse, ben conoscendo l’istintività del suo cavallo. Si era innervosito per la carezza di Morgana - cosa che gli pareva inspiegabile perché era l’unica altra persona da cui si lasciava avvicinare, oltre sè stesso. Persino Merlino, che adesso se ne occupava con una certa regolarità seppure con timore, aveva dovuto faticare per farsi accettare dall’animale.
“Il suo cavallo è volubile quasi quanto lui” scherzò Merlino voltandosi verso la giovane Lady mentre Arthur cercava di inseguire Avalon. Ma Morgana - invece di sorridere e concordare con lui - lo guardò con sguardo pieno di disapprovazione, rimproverandolo “Non dovresti parlare di Arthur in questo modo. Lui è il principe, e non c’è niente in lui che sia meno che perfetto” aggiunse veemente, lasciando Merlino sbalordito.
Quando raggiunse il cavallo lui stava alzandosi ancora sulle zampe posteriori, in reazione ad aver incontrato sulla sua strada una serva che si stava incamminando verso le porte con un secchio d’acqua appena preso dal pozzo. Alla ragazza sfuggì di mano il secchio e fece un passo indietro, senza emettere un fiato mentre Avalon tornava a posare le zampe a terra.
“Attenta, spostati!” Arthur gridò raggiungendola di corsa, sicuro che il cavallo l’avrebbe ammazzata, ma la ragazza invece di dargli ascolto si avvicinò all’animale accarezzandogli la criniera. L’animale sbuffò un paio di volte, ma poi si calmò ed abbassò la testa per lasciarsi accarezzare il muso.
Lei si accostò al suo orecchio, e lasciò che la guancia liscia riposasse contro il suo collo, mormorando a bassa voce perché si calmasse. Il fatto che Avalon l’avesse riconosciuta per istinto la rincuorò per un attimo. Se lui poteva, forse anche Arthur avrebbe capito. Forse avrebbe potuto spiegargli cosa era successo, o almeno quel poco che sapeva e lui le avrebbe creduto - dopo le sue solite resistenze di fronte alla sua logica.
Arthur arrestò la sua corsa per guardare la scena, confuso. Si avvicinò domandando “Come hai fatto?” facendola sussultare e voltare di scatto. “Sei tu” disse sorpreso, riconoscendola “Mi stai forse seguendo?” chiese irritato dalla sua presenza, o forse solo desiderando di esserlo.
“Correggetemi se sbaglio, ma seguire una persona significa andargli dietro, e non sono io quella che è appena corsa qui” rispose, ricadendo automaticamente nel loro bizzarro meccanismo di comunicazione.
Lui alzò un sopracciglio guardandola con alterigia. Ora era davvero irritato.
“Non posso essere certamente incolpato di aver seguito il mio cavallo per evitare che mettesse fine alla vita di qualche serva insolente” affermò sarcastico “Anche se, ora che ci penso… avrei potuto evitarmi il disturbo e lasciare che mi rendesse un servigio”.
“Sembra che il vostro cavallo non abbia nessun desiderio di compiacervi” rispose dandogli le spalle per tornare ad accarezzare il cavallo “Non è così Avalon?” bisbigliò all’orecchio dell’animale.
“Avete qualcosa in comune allora. Sarà per questo che gli piaci tanto…” disse notando come il suo cavallo - traditore - rimaneva quieto sotto le mani della ragazza “…A parte il cattivo gusto per le donne” aggiunse, ricordando la sua preferenza per Morgana, che però sembrava essere scomparsa.
Arthur non si accorse subito che le spalle della ragazza si erano irrigidite. Lei era tornata improvvisamente conscia del proprio aspetto, e ora rivelare ad Arthur la verità le sarebbe stato impossibile. Razionalmente disse a se stessa che taceva per la propria sicurezza, perché lui l’avrebbe ritenuta una pazza pericolosa e fatta sbattere in cella, ma una parte di sè stessa - che tacitò in fretta perché ascoltarla le avrebbe tolto quel poco di forza a cui si aggrappava ogni giorno per resistere - tentava di sbatterle in faccia il fatto che lui l’avrebbe guardata con disgusto e con pietà. Avrebbe visto lei in quella ragazza sfigurata e i sentimenti che avrebbe avuto l’avrebbero mortificata, distrutta.
Poteva sopportare assai meglio l’essere maltrattata piuttosto che essere oggetto della sua compassione.
“Ovviamente non mi riferivo…” non terminò la frase, imbarazzato dal fatto di sentire rimorso per una gaffe involontaria.
“Certo che no” replicò lei distaccata.
“Scansafatiche” qualcuno la chiamò, uscendo sulla soglia della porta che dava sul cortile “Sbrigati con quell’acqua, non abbiamo tutto il giorno!”
Lei non disse niente, ma si spostò dal fianco di Avalon per andare a raccogliere il secchio di legno che aveva lasciato cadere a terra nel vederlo. Allungò la mano ma Arthur, che l’aveva raggiunta, la bloccò tenendola per il polso.
“Per oggi sei dispensata” le disse, prima di mettersi di nuovo dritto e fissare l’uomo che l’aveva chiamata facendogli un cenno perché capisse che la ragazza non avrebbe lavorato.
“Sono perfettamente in grado di fare la mia parte, e non ho certo bisogno di essere salvata dai miei compiti” ribatté con astio, all’idea di fargli pena.
“Sono io che ho bisogno di essere salvato da te e dalla tua lingua” rispose lui frustrato “Non puoi semplicemente accettare una gentilezza, per una volta?” chiese poco gentilmente, alzando il tono, senza realizzare che le aveva parlato come se la conoscesse da molto più tempo che una giornata sola.
“Accetterei volentieri la vostra gentilezza” disse lei calma, lasciandogli prendere un respiro “Ma la pietà potete tenerla per voi” aggiunse tagliente.
“Incredibile!” ribatté lui alzando la voce “Sei la peggiore serva con cui abbia avuto il dispiacere di parlare.” La accusò, spazientito di vedere la propria gentilezza rifiutata con così poco garbo.
“A questo punto ricorrerò a tutta l’umile discrezione di cui sono capace e non mi azzarderò a parlare del mio piacere nel parlare con voi, sire.” rispose con un sorriso dolce, ma lasciando comunque trapelare tutta l’ironia delle sue parole.
“Sei una donna insolente e testarda” replicò sempre più innervosito dall’atteggiamento della ragazza. Era solo contento che nessuno li stesse guardando, perché altrimenti la sua credibilità sarebbe stata in questione.
“Non mi dite niente di nuovo.” gli aveva sentito ripetere quelle stesse parole così tante volte che in realtà adesso suonavano confortanti.
“Capirai se non mi mostro sorpreso.” disse ironico “Ma dato che la mia gentilezza è quantomeno indesiderata e sei impaziente di fare la tua parte voglio dartene la possibilità” continuò, col sorriso fermo al suo posto.
Morgana sbattè le palpebre e lo osservò cauto chiedendo “Cosa significa?”
“Che se tu ed il mio cavallo tenete così tanto l’uno all’altro farò in modo che non siate separati” la informò “D’ora in poi ti occuperai di Avalon, di accudire gli altri cavalli e di tenere pulite le scuderie reali” e non solo - si sarebbe adoperato perché potesse fare ogni più degradante lavoro che la sua mente fosse riuscita ad elaborare, così Merlino avrebbe smesso di lamentarsi tanto del suo lavoro e lui avrebbe potuto avere una piccola rivincita su quella serva insolente, che pareva parlargli con gli occhi anche quando taceva.
“Come desiderate” sibilò lei a denti stretti. Lui sapeva che lei aveva già capito le sue intenzioni, ed era contento di lasciarla allo scuro del suo prossimo compito finché non avesse messo a punto qualcosa di abbastanza inutile o disgustoso.
“La prima risposta esatta che mi hai dato fin’ora” replicò con espressione soddisfatta, afferrando le briglie di Avalon e montando a cavallo “Ovviamente mi aspetto di trovarti nella stalla quando riporterò Avalon”
Quando tornò dalla cavalcata - che fu più lunga del solito perché voleva lasciarla ad aspettare per tutto il tempo che era possibile - la trovò nella stalla, seduta su uno sgabello. La schiena dritta e le mani giunte, e si chiese se aveva assunto quella posa nel sentirlo arrivare oppure era rimasta così tutto il tempo. Sembrava una regina seduta su un trono invece che una serva in attesa di ricevere ordini e fare il suo lavoro.
“Eccoti” disse, smontando da cavallo “Avalon ha bisogno di essere lavato e strigliato” la informò mentre lei sgranava gli occhi davanti allo spettacolo che le si parava davanti. Il cavallo di Arthur aveva le zampe coperte di fango, che doveva essersi seccato sul pelo durante la cavalcata di ritorno, perché aveva un aspetto secco e durissimo.
“Fallo subito, mi raccomando. Sarei deluso di realizzare che tutti i tuoi discorsi sul fare la tua parte non erano niente altro che parole” le disse sarcastico.
Era ora di cena ormai, il sole era tramontato da molto e lei era affamata. Se fosse rimasta per eseguire i suoi ordini non avrebbe mangiato ed il suo povero stomaco brontolava per il vuoto a cui era costretto, ma il suo orgoglio parlava sempre più forte e lei non poteva ammettere ad Arthur di non poter fare ciò che le aveva detto, né tanto meno poteva costringersi a domandare un po’ di tempo per nutrirsi, così rispose sorridente dicendogli “Me ne occuperò immediatamente e con grande piacere”
Quella fu, all’incirca, la stessa risposta che gli diede ad ogni ordine assurdo impartitole agli orari più disparati, anche se poi sfogava la sua rabbia blaterando della sua idiozia e vanità ad un ignaro Avalon.