Titolo: Portami a Parigi
Autore:
chibi_saru11Fandom: Bioshock Infinite
Personaggi: Elisabeth, Booker DeWitt
Pairing: Booker/Elisabeth
Word Count: 1195 (Fidipù)
Rating: SAFE
Warning: Se avete finito Bioshock Infinite sapete già il warning che è super spoiler tho quindi lo metto sotto cut
Incest tra padre e figlia
Riassunto: Hanno finalmente trovato un luogo sicuro, almeno per un po'
Disclaimer: Questi personaggi non sono miei. Per nulla. Figures.
Note:
1. Tutta colpa della silvi, e ci ho provato MA IO IL PORNO NOOOOOPE
Sa che non durerà a lungo, che per quanto gli piaccia sperare questo momento di quiete che hanno lottato per trovare non durerà a lungo.
Songbird li troverà e se non lui uno dei tanti soldati di Comstock o, perché no, anche uno di qei maledetti Vox Populi.
Ci sono troppe persone che li stanno cercando, troppe persone che lo vogliono morto e vogliono riportare Elisabeth in quella torre.
Booker non sa bene come sia finito in quel casino, l'unica cosa che sa è che non può lasciare che facciano questo ad Elisabeth.
È arrivato a Columbia per rapirla e portarla da persone che, probabilmente, non l'avrebbero trattata meglio di quanto ha fatto Comstock, lo sa, ma nonostante tutto non può fare a meno di sentirsi responsabile, di volerla salvare a tutti i costi.
«Booker,» lo chiama Elisabeth, seduta e con le gambe strette vicino al petto «dovresti riposarti» gli dice, quasi gentile.
Sa che Elisabeth avrebbe ogni motivo per odiarlo ma è infinitamente grato che non sia così.
Lascia che la tendina si richiuda e cerca di non pensare che da un momento all'altro potrebbero arrivare dei soldati. Non riuscirà a dormire, lo sa, ma non c'è motivo di mettere in ansia Elisabeth.
Si avvicina all'altra, che è seduta su un letto a due piazze e sembra stanca e spossata per la prima volta da quando l'ha incontrata.
«Tu dovresti dormire» risponde di rimando, un po' brusco. Non vorrebbe, ma non è sempre esattamente certo di come dovrebbe rivolgersi ad Elisabeth.
Lei non se la prende, per fortuna, si limita a guardarlo per qualche secondo e poi dare due pacche al lato del letto accanto a lei.
«Solo se ti riposi» gli dice lei, cocciuta (così tanto cocciuta, non ha mai visto nessuno a questo mondo cocciuto quanto lei) «non dormirò se non dormi anche tu. Non sono una ragazzina spaventata che devi proteggere, De Witt»
«Ti ho detto di chiamarmi Booker» risponde lui in automatico e lei arcua un sopracciglio.
«Quando non stai facendo il testardo. Ora vieni a distenderti con me» e il suo tono è deciso, così tanto che Booker fa tre passi avanti prima di rendersi conto di cosa stia facendo.
Non dovrebbe farlo.
Sdraiarsi accanto ad Elisabeth? Dormire nel letto con lei? Si blocca, lanciando uno sguardo di nuovo verso la finestra e sente l'altra sbuffare.
Ci vuole giusto un secondo e poi l'altra è al suo fianco, appoggia una mano sul suo braccio e dice, piano «So che cosa rischiamo, so che siamo in pericolo» gli dice piano, stringendo la presa sul suo braccio e cominciando poi a tirarlo verso il letto.
Non sa perché la segue. Elisabeth ha il potere di fargli fare milioni di cose che normalmente non avrebbe fatto mai.
«Ma se non dormi, se non riposi un po', nemmeno i vigori che hai in corpo potranno aiutarci» poi gli sorride, un sorriso furbo e sbarazzino «sei il mio biglietto per Parigi, Booker. Ho bisogno di te»
Lui si ferma a quel punto e la guarda, incapace di parlare. Non può portarla a Parigi, lo sa, il suo debito deve essere estinto, gliel'ha detto che non può portarla a Parigi.
Eppure vuole, vuole così tanto.
Elisabeth piega la testa e poi si mette un po' sulle punte, il suo viso fin troppo vicino a quello dell'altro.
«Portami a Parigi, Booker» mormora piano «ci andrò comunque, ma portami a Parigi» e poi lo bacia. È più un contatto fulmineo, che non dura più di dieci secondi, e lui non ha il tempo di spingerla via. Di reagire in alcun modo.
Non sa come dovrebbe reagire. Elisabeth è... è...
«Non pensare» lo sprona lei, sempre pronta a gettarsi a capofitto in qualcosa che probabilmente nemmeno comprende. Dio, ha vissuto tutta la sua vita rinchiusa in una torre, probabilmente questo era il suo primo bacio.
È troppo improvvisamente.
È ironico come si ritrovi improvvisamente a pensare che è troppo non per le maledette bottiglie che gli danno superpoteri, non per le migliaia di soldati che vogliono la sua morte (la morte del falso pastore), non per il mostro meccanico che li sta inseguendo, ma per il primo bacio di una ragazzina che non sa nemmeno che tipo di mostro lui sia.
«Elisabeth» dice, duro, facendo un passo indietro. Lei lo segue, la sua mano ancora stretta al suo braccio «no. Non sai cosa stai facendo, lasciami»
Lei lo guarda, arcua un sopracciglio e poi piega la testa.
«Ho letto così tanti libri. Libri romantici, libri erotici... so cosa sto...» inizia lei, ma lui la guarda e scuote la testa, guardandola quasi esterrefatto.
«Non è come scassinare una serratura!» urla, prima di ricordarsi che devono fare piano, che sono ancora in pericolo. «Elisabeth, non è...»
Lei ride, piano, un suono che sembra così fuori posto in tutta la distruzione e morte che hanno visto quel giorno.
«A dire il vero credo che il concetto di base sia molto simile» risponde lei, prima di fare un altro passo avanti, spingersi contro il suo braccio.
«Non vivo da diciotto lunghi anni» gli dice, guardandolo «non sono morta, ma non mi sono mai nemmeno sentita viva. Insegnami Booker. Portami a Parigi.»
E Booker la bacia.
Non sa cosa sta facendo, Dio non dovrebbe farlo, non dovrebbe fare nulla di tutto questo. La fa indietreggiare, arrivando fino al letto e poi la spinge un po', facendola cadere.
Lei non sta ridendo, non sta facendo nulla, lo sta solo guardando e il suo sguardo è troppo pesante, troppo pieno di aspettative che Booker sa di non potere colmare.
Il suo sguardo lo sta facendo annegare.
La segue, salendo sul letto e baciandola di nuovo. Le accarezza il fianco piano, cercando di capire come funzioni il suo vestito.
Booker non è un brav'uomo, lo sa, ma questo... questo lo renderà un mostro.
Eppure non può fermarsi, si abbassa a baciarle il collo, succhia leggermente e lei inarca la schiena, geme il respiro accelerato.
«Booker» mormora e lui non vuole sentirla. È un errore, quello che sta facendo è un errore a cui non potrà mai porre rimedio.
Un altro da aggiungere alla lunga fila di errori della sua vita. Un altro da rimpiangere.
Poi lei gli tocca il viso, gli accarezza la guancia e gli ripete, piano «Portami a Parigi»
È quasi un mantra il suo, un mantra che lo fa sprofondare in un abisso da cui non è certo di potere risalire.
«E se non potessi?» le chiede, piano «se non ci riuscissi?»
Lei lo bacia, inspiegabilmente, passandogli una mano tra i capelli, e una su un taglio che ha sul collo. Lui chiude gli occhi, le porta una mano sul petto, stringendole leggermente un seno e lei smette di baciarlo, il respiro accelerato.
Si rende conto in quel preciso secondo che vuole portarla a Parigi. Vuole darle la vita che merita, portarla magari in un piccolo appartamento che da sulla torre Eiffel, fare una passeggiata con lei per i Champs-Élysées.
Che magari se può renderla libera, se può renderla felice potrà essere perdonato di tutti i suoi peccati.
Ricorda il battesimo da cui è scappato tanto tempo fa e magari questo, questa ragazza che non sa nulla del mondo e che per qualche misteriosa ragione si fida di lui, può essere il suo secondo battesimo.
E questa volta sarebbe rimasto fino alla fine.
«Quando saremo a Parigi» le dice, piano, «ti insegnerò quando saremo a Parigi»
E lei lo guarda e ride.