COW-T; Hawaii Five-0; McDanno; PG; Elefants and Pancakes

Feb 04, 2012 18:55

Titolo: Elefants and pancakes
Autore: chibi_saru11
Beta: ///
Fandom: Hawaii Five-0
Personaggi: Danny, Steve (Kono, Chin e Lori in passing)
Pairing: McDanno
Word Count: 5874 (Fidipù)
Rating: PG
Warning: Questa cosa è veramente brutta.
Riassunto: Danny si chiede se ci sono degli elefanti alle Hawaii e in qualche modo questa è la cosa più sensata di questa fic
Disclaimer: H5-0 non è mio PFFFFF
Note:
1. Se volete chiedermi che senso ha tutto ciò sappiate che è solo nato per far dire a Danny "Non è che qui avete degli elefanti, vero?"
2. Scritta per il COW-T 2 (Contrabbando) @ maridichallenge


Danny era praticamente certo che fosse tutta colpa di Steve - ultimamente tutto nella sua vita era colpa di Steve, dopotutto - specialmente dopo tutta quella questione del farsi mettere in prigione e fargli venire l’ulcera con la sua sola esistenza.

A dire il vero probabilmente la colpa era anche un po’ di Rachel, Danny non era abbastanza patetico da non realizzare quanto fosse assurda la loro storia (matrimonio, divorzio, affare segreto, bambino e tutto il resto) ma non aveva voglia di pensare a Rachel - non se non voleva poi dare un pugno ad una qualche superficie e possibilmente farsi molto male - quindi gli pareva più sicuro dare tutta la colpa a Steve.

Non che Danny non fosse grato per quello che stava facendo - certo che lo era, Steve gli stava dando un posto dove stare che non puzzasse di muffa, un divano su cui dormire in cui probabilmente non avrebbe trovato scarafaggi e un tetto sopra la testa che avrebbe retto ad un poco di vento. Danny era estremamente grato.

I problemi erano tanti, però - e poteva tranquillamente ammettere che alcuni erano colpa sua e della sua maledetta mente traditrice, ma Steve non rendeva certo il tutto più facile.

Specialmente quando camminava in costume da bagno per tutta la casa, a torso nudo e con il petto bagnato - come se fosse appena uscito da un film porno o da una delle fantasie di Danny.

Tutta colpa di Steve, dunque, vedete? Aveva perfettamente ragione.

Se solo Steve si fosse deciso a rimettersi una maglietta non avrebbero avuto alcun tipo di problema, Danny era perfettamente in grado di rimanere coerente quando Steve aveva addosso dei vestiti  (o il loro lavoro ne avrebbe seriamente risentito e Danny non poteva permetterlo).

Il che li riportava a quel giovedì mattina, con Danny intento a prepararsi una frittella e Steve intento ad essere mezzo nudo. O qualcosa del genere.

«Stai cucinando?» chiese Steve, passandosi l’asciugamano sul viso.

Danny arcuò un sopracciglio. «Wow, Steve, potremmo davvero fare di te un vero detective, se continui così! Cosa mi ha dato via? Il fornello? L’impasto? Perché devo dirti, effettivamente, l’impasto è un indizio molto convincente,» disse, versandone un po’ nella padella «o magari è la padella.»

«Mi conosci, non mi sfugge mai nulla» rispose Steve, aprendo il frigorifero e prendendosi uno di quei suoi disgustosi frullati (Danny aveva chiesto una volta cosa ci mettesse dentro per farlo diventare di quel colore, ma aveva presto scoperto che era stato un errore mortale e che non avrebbe mai ripetuto).

Danny sbuffò e si concentrò sul cucinare le frittelle al punto giusto (aveva una certa dose di esperienza, Grace si rifiutava di mangiarle se non erano cotte assolutamente alla perfezione e Danny si era ripromesso tanto tempo prima che se Grace voleva delle frittelle perfette allora lui avrebbe imparato a fargliele), facendone abbastanza sia per lui che per Steve.

Sapeva già che l’altro si sarebbe lamentato per venti minuti, ricordando a Danny tutti i modi in cui il colesterolo avrebbe potuto occludere le sue arterie ed ucciderlo, e poi le avrebbe mangiate comunque.

Stava diventando una specie di routine in un certo senso, e il pensiero un po’ lo spaventava.

Danny era lì da tre giorni, ma sembravano essere molti molti di più - questa impressione era anche aiutata dal fatto che, anche quando aveva una casa tutta sua, Danny aveva passato una quantità di tempo ridicola a casa McGarret per motivi su cui non voleva indugiare.

Preparò i piatti, li portò nel tavolo della cucina - si sedevano uno davanti all’altro, Danny più vicino alla porta e Steve più vicino alla finestra - e cominciò a mangiare.

Puntualmente Steve - ancora a petto nudo - cominciò a lamentarsi per la quantità di grassi che Danny ingeriva ogni giorno e Danny cominciò ad urlare che non aveva bisogno di una seconda madre.

Una mattina qualsiasi, insomma.

Inizialmente Danny non era stato certo di come Lori si sarebbe inserita nel gruppo - non perché pensasse che fosse una cattiva poliziotta o una cattiva persona, ma perché era arrivata in un momento in cui gli equilibri della loro piccola famiglia erano stati rotti e nessuno di loro era esattamente preparato ad accettare nuovi arrivi.

Apparentemente, invece, Lori era riuscita a trovarsi un posto abbastanza in fretta e ora lei e Kono erano assolutamente insopportabili assieme.

«Quindi, hai cucinato la colazione anche oggi?» chiese Lori, quando lei e Kono entrarono nel suo ufficio senza chiede il permesso.

A volte sentiva il bisogno di ricordare loro che, nonostante tutto, lui era ancora, più o meno, il loro capo, ma era terrorizzato da cosa le due avrebbero potuto fare per dimostrare che si sbagliava di grosso (e avrebbero potuto fare parecchio, specialmente se convincevano Chin ad aiutarle).

«Una tradizione che ho acquistato dalla mia condizione di padre,» rispose lui, senza nemmeno pensarci troppo visto che avevano avuto questa conversazione ogni giorno da quando avevano scoperto - il primo giorno, purtroppo, perché Steve non sapeva tenere la sua boccaccia chiusa - la sua abitudine di preparare la colazione la mattina. «Sono abituato a preparare la colazione quando Grace mi viene a trovare, mi sono abituato a prepararmela ogni giorno. Mi sembra giusto prepararla per il mio ospite. »

Perché nessuno in quell’ufficio comprendeva le basi della buona educazione? Oh sì! Perché erano tutti dei selvaggi. Dei selvaggi mandati a rovinargli la vita da una forza superiore (Danny stava ancora cercando di capire cosa avesse fatto per meritarli, qualcosa di mostruoso probabilmente).

«Dovresti venire a stare una sera sul mio divano,» rispose Kono, ridacchiando «voglio provarle anche io la tua colazione. »

«Non scherzarci troppo, sappi che una volta provate le mie frittelle non si torna più indietro,» le disse, perché se c’era una cosa di cui andava fiero erano le sue frittele «saresti onorata di provarle e poi non vorresti più lasciarmi andare. Capisci, sarebbe imbarazzante. »

Le altre due scoppiarono a ridere così forte che forse Danny si sarebbe dovuto offendere, ma non poteva, non quando le altre due sembravano così rilassate.

La settimana prima avevano avuto un brutto caso, un rapimento di due bambini ed erano cose che lasciavano il segno, anche dopo tutti i loro casi e tutte le altre tragedie a cui avevano assistito.

Danny odiava quando ad andarci di mezzo erano dei bambini.

Quindi giustamente, nel minuto stesso in cui Danny aveva cominciato a rilassarsi (e a rassegnarsi al fatto che le altre due avrebbero continuato a prenderlo in giro per almeno altri quindici minuti) Chin era entrato dicendo che avevano un caso.

Ovviamente avevano un caso.

E ovviamente quel caso comportava un inseguimento in motoscafo perché perché no.

«Maledizione, McGarret, chi ti ha dato la patente?» urlò, all’ennesima volta in cui Steve aveva quasi rischiato di rovesciare il motoscafo dopo aver preso un’onda in maniera sbagliata.

Kono e Lori li stavano seguendo con una moto d’acqua e Chin era con loro, attaccato ad una delle ringhiere, evidentemente cercando di non cadere in acqua.

Steve era un guidatore pessimo, Danny sarebbe stato molto più tranquillo se ci fosse stato Chin alla guida (Danny era ormai convinto che Chin fosse riuscito ad arrivare alla pace cosmica e fosse in grado di fare qualsiasi cosa alla perfezione, questo o era il più pazzo tra tutti loro).

«Top Secret» fu la risposta di Steve e Danny quasi non sparò a lui, anziché ai loro sospettati che continuavano a scappare.

«To-Top Secret? Cosa ci può essere di top secret nel conseguimento di una patente navale, Steve? Cosa? Te l’hanno detto mentre eri nel bel mezzo di una missione e dovevi salvare una qualche principessa orientale?» sbraitò e quando si voltò a guardare l’altro, Steve lo stava osservando con le sopracciglia aggrottate. «Vai a quel paese, McGarret, non ci credo manco se me lo dimostri che hai salvato una principessa orientale con un motoscafo!»

A quel punto qualunque cosa Steve avrebbe voluto dire dopo fu interrotta da Chin. «Non che non apprezzi queste discussioni, sapete che mi divertono immensamente, ma forse potremmo tagliare loro la strada? »

Seguendo le indicazioni di Chin (che consistevano nel prendere una scorciatoia che era più una preghiera al suicidio che altro - acqua troppo bassa, scogli ovunque) riuscirono finalmente a chiudere i fuggitivi e costringerli a fermare il loro maledetto gommone.

E sarebbe stato perfetto, un lavoro concluso a meraviglia, se Danny non avesse notato il contenuto di una delle scatole che avevano con sé.

Non avrebbe dovuto controllarle, erano dei materiali che questi pirati avevano rubato da una barca che proveniva dall’Africa o qualcosa di simile e la loro missione consisteva semplicemente nel riportarli a bordo, o riconsegnarli al loro governatore intatti, ma uno dei loro proiettili aveva rotto il coperchio e Danny, nel cercare di rimetterlo a posto, aveva notato cosa c’era all’interno.

«Giusto per sapere,»  chiese ad alta voce, abbassato sulla casa e nascondendola alla vista degli altri «non è che qui nella Hawaii avete elefanti, giusto?» non che sarebbe stato meglio, ma in ogni caso…

Quando si voltò a guardare le facce dei suoi colleghi vide confusione e anche esasperazione (specialmente da parte di Steve, e Danny non l’apprezzava, non l’apprezzava per niente.

«Mi aspetto di tutto da un paese che mette l’ananas sulla pizza,» specificò, perché non pensava che sarebbe mai stato in grado di superare lo shock culturale «però chiedevo giusto per essere sicuro che non si trattasse solo di bracconaggio» e a questo punto si alzò, lasciando che gli altri potessero vedere il bianco della zanna.

E dire che quella mattina era cominciata come tante altre e ora avevano tra le loro mani qualcosa che avrebbe potuto anche portare ad un disastro internazionale, se non trattata con cura.

«Sempre il mercoledì,» disse ad un certo punto Lori «è sempre il mercoledì» e sembrava stanza, ma rassegnata.

Danny poteva comprendere il sentimento.

Non aveva la minima idea del perché il caso fosse rimasto comunque di loro competenza (non avrebbero dovuto lasciarlo tra le papabilissime mani di Jeff? Anche perché a Danny piaceva Jeff, era un tipo a posto e sembrava essere fermamente d’accordo con Danny che Steve era un pericolo), probabilmente perché il governatore aveva promesso di mettere sul caso la squadra speciale per evitare incidenti diplomatici.

Danny avrebbe preferito lavarsene le mani e avrebbe voluto dire al governatore che l’ultima volta che avevano avuto un caso del genere Steve si era lanciato con una macchina su una nave che stava appena sbarcando.

Perché mai pensava fosse una buona idea?

«Non ti fa semplicemente infuriare?» gli chiese Kono, incrociando le braccia. Danny sbattè le palpebre un paio di volte e cercò di ricordarsi di cosa stavano parlando esattamente - era quasi certo di non avere riflettuto ad alta voce e dunque era improbabile che l’altra parlasse di Steve.

Elefanti, giusto.

«Questa è un’altra prova di quanto, a volte, il genere umano faccia schifo. Voglio dire, solo per arricchirsi un po’ sono disposti ad uccidere milioni di animali innocenti,» disse, dandole manforte. Kono annuì, evidentemente d’accordo «il che è anche il motivo per cui tu mi fai schifo» aggiunse poi, guardando uno dei tre tipi che avevano catturato poco prima.

Lui e Kono si stavano occupando di interrogare lui, Steve e Chin il secondo. Il terzo non si era ancora ripreso dal colpo alla testa che aveva ricevuto quando era andato a sbattere contro il volante.

Un tempo avrebbe pensato che un’interrogazione con Kono e non con Steve avrebbe significato meno pazzia generale. Col tempo era diventato più saggio.

Infatti mini-Steve (come aveva rinominato Kono nel suo intimo) si avvicinò al tipo e appoggiò le mani sullo schienale della sedia, in maniera tale che il bastardo non avesse scelta se non guardarla negli occhi (avrebbe anche potuto guardarle il petto, ovviamente, ma a quel punto Danny gli avrebbe sparato lui stesso).

«Chi era l’acquirente, mh? Ti conviene dircelo, non siamo esattamente di buon umore,» il che era assolutamente vero «e credimi, moriamo dalla voglia di vedere cosa possiamo fare per farti parlare» e Danny, anche se non poteva accertarsene, era quasi certo che la faccia della sua collega era terrorizzante.

«Guarda che sei fortunato,» si sentì in dovere di dire all’uomo - il suo nome era Poa - «perché vedi, potevi essere al posto del tuo amico e dover fare tutto questo con i nostri due colleghi. Cosa credi che gli staranno facendo ora, Kono?»

«Conoscendo il boss,» disse l’altra, raddrizzandosi «probabilmente l’hanno chiuso in una scatola piena di tarantole. »

«Tarantole? Possibile, ancora non l’ha provato e gli piace trovare nuovi modi di farmi venire l’ulcera,» poi si avvicinò a Poa «dobbiamo farlo anche noi? Credo che ho ancora una delle sue granate in macchina, se vuoi posso andarle a prendere»

«No, Danny, io direi di ripetere l’idea degli squali! Ci sono ancora rimasta male che non l’avete con me»

Poa cominciò a dire loro tutto quello che gli avevano chiesto e anche qualcosa in più.

Chin e Steve avevano ottenuto lo stesso risultato e dopo essersi informati con Lori della condizione del terzo criminale, si riunirono davanti al loro solito tavolo, cercando di trovare il loro uomo.

«Il nostro caro amico Poa,» cominciò a dire Danny «ci ha raccontato delle cose abbastanza interessanti. Apparentemente la sfortunata persona che oggi on riceverà il suo piatto di zanne d’avorio è un certo Kekipi Kulua - che, se volete la mia opinione, è un nome davvero stupido. E infatti non esiste.»

Non che fosse una grande sorpresa, se qualcuno aveva abbastanza potere ed era abbastanza intelligente da riuscire a far portare numerose casse piene di zanne di elefante attraverso la frontiera senza farsi notare, era difficile che si sarebbe perso in qualcosa di così stupido come nel dare il suo vero nome ad un gruppo di malviventi inaffidabili.

«Non sarebbe un nome stupido,» disse Steve, mentre Kono e Chin cercavano di trovare se per caso qualcuno dei loro criminali più noti aveva usato quell’alias prima nella loro vita «e a parte questo nome falso il vostro amico ha dato qualche altra informazione? »

«Immagino la stessa del vostro,» rispose Danny, prima di aggiungere «ed è stupido. Tutte quelle K, sembra il nome che si potrebbe dare ad un cartone animato. O tipo quella rana… Keroro?»

Improvvisamente i suoi tre colleghi si voltarono a guardarlo come se non avessero la minima idea di chi fosse. Danny arrossì leggermente e borbottò: «ricordate? Padre? Non avete idea delle cose che sono costretto a vedermi a volte»

«Quindi, Danno, pronto ad andare a visitare l’ennesimo capannone polveroso?» lo invitò Steve, ghignando come un maniaco.

Poa e il suo complice avevano rivelato l’ubicazione di dove sarebbe avvenuto lo scambio e l’orario, il che non era stato particolarmente intelligente da parte loro, ma per la loro squadra era stata una manna dal cielo.

Lui, Steve e Lori - accompagnati da un qualche agente - sarebbero andati a fare un controllo. C’era la possibilità che avrebbero trovato il loro Kekipi misterioso lì - o magari uno dei suoi sottoposti.

Al massimo avrebbero potuto capire quale sarebbe stato il posto migliore per un appostamento e aspettare che arrivasse a ritirare il suo acquisto.

Per qualche strana ragione Danny aveva il timore che ci sarebbe stata una sparatoria e che qualcuno gli avrebbe sparato contro. Di nuovo.

Due volte in una sola giornata erano troppe.

«Andiamo, Danno, sarà divertente» gli disse Steve, superandolo e Danny roteò gli occhi.

«Dovevi dirlo, dovevi! Ora sarà tutto un completo disastro, lo è sempre quando dici così. Ti odio» sbraitò, mentre si affrettava a seguirlo.

Steve rise e Danny sbuffò.

Ovviamente, come Danny aveva predetto, c’era stata una sparatoria. E ovviamente, come al solito, era stata colpa di Steve, era sempre colpa di Steve, no?

L’aveva già detto, giusto?

Non avevano trovato il loro famigerato Kekipi alla scena, ma dieci brutti ceffi dal grilletto facile (Danny avrebbe voluto prenderli, consegnarli a Steve e augurare loro di essere felici con le loro maledette pistole e la loro voglia di sparare a qualsiasi cosa si muova).

Danny era stato sfiorato da ben due proiettili e il suo braccio gli faceva così male che avrebbe voluto prendere a pugni qualcosa solo per farlo smettere (e oh, guarda, stava diventando Steve).

Il suo compagno, il maledetto, sembrava fresco come una maledetta rosa, invece. E se quella non era la storia della sua vita, Danny non sapeva cosa fosse.

E poi si era tolto la maglietta.

«Perché mai?» aveva urlato Danny «spiegami per quale motivo ti stai spogliando ora!» tutta questione del contrabbando era servita a non fargli pensare al suo solito problema mattutino e invece Steve aveva deciso di spogliarsi così, dal nulla.

Un giorno l’avrebbero arrestato per nudismo, ne era certo.

«Perché devo andare a parlare con il governatore e non posso andarci con una maglietta sporca di sangue, non credi?» e okay, aveva ragione, ma non era quello il punto. Il punto era che erano passati tre giorni e Danny stava impazzendo.

Sbuffò, quindi e lasciò che il paramedico finisse di fasciargli il braccio. «Ovviamente, tranquillo Steve, continua con il tuo show»

Steve arcuò un sopracciglio, ma non disse nulla.

Come avevano previsto Kekipi non si era presentato dopo la sparatoria del pomeriggio.

Avevano comunque creato dei turni per un appostamento, ma sapevano perfettamente che sarebbe stato inutile.

Lui e Steve tornarono a casa verso l’una di notte, dopo aver finito il loro turno, distrutti e stanchi, Danny che si teneva leggermente il braccio che aveva cominciato a bruciargli mezzora prima e Steve che zoppicava un poco - apparentemente si era fatto male durante la sparatoria, ma era riuscito a nasconderlo perfettamente a tutti fino ad ora, l’idiota.

Avevano preso dal frigo gli avanzi della sera prima - anche se nessuno dei due aveva particolarmente fame - e si erano messi sul divano a guardare la partita che avevano registrato.

Normalmente passavano tutta la partita ad urlare contro i giocatori, commentare ogni singolo errore, ogni faccia dell’allenatore o semplicemente a discutere di qualsiasi cosa veniva loro in mente (avevano questo rapporto, sì, si divertivano a litigare, ormai era diventata quasi una specie di tradizione discutere su qualsiasi cosa) ma oggi erano troppo stanchi per fare qualsiasi cosa se non guardare la tv in silenzio.

Era ancora più strano del solito, stare così, era domestico, in un certo senso.

Tutte le altre sere in cui Danny aveva dormito dall’altro le avevano passate come se fossero una delle tante sere in cui lui rimaneva fino a notte fonda per qualche stupida partita o per bere qualche birra in compagnia e quando era tempo di andare a letto era come se Danny stesse tornando a casa.

Quel giorno, invece… quel giorno improvvisamente Danny si rese conto che stavano davvero vivendo assieme, anche se solo per un certo periodo, che Steve lo aveva lasciato dormire sul suo divano, che Danny gli preparava ogni giorno la colazione, che Grace gli aveva chiesto se potevano chiedere allo zio Steve di fare una camera anche per lei.

Danny si rese conto che non aveva davvero cercato un posto dove stare da quando Steve gli aveva proposto il suo divano, che in qualche modo aveva cominciato a fare la spesa per entrambi (era solo educazione, aveva pensato) e che Steve non aveva menzionato nemmeno una volta quando Danny aveva intenzione di sloggiare  ma era ovvio che non gli sarebbe piaciuto se Danny avesse deciso di trasferirsi così.

Probabilmente a fine giornata l’altro ne aveva fin sopra i capelli di Danny e voleva solo tornare a casa e dimenticarsi del suo rumoroso partner - e specialmente non voleva svegliarsi con suddetto partner che non riusciva a staccare gli occhi dal suo petto nudo.

Steve era semplicemente… semplicemente troppo Steve per ammetterlo.

Danny chiuse gli occhi e si ripromise di ricominciare a cercare  un posto dove stare l’indomani e in qualche modo, mentre prendeva questa decisione, si addormentò.

La diceva lunga su quanto fossero stanchi il fatto che non solo Danny si era addormentato come un idiota non appena aveva chiuso gli occhi per un singolo secondo, ma apparentemente Steve si era addormentato su di lui.

In più erano le sette e mezza e Steve “mi sveglio alle sei per nuotare e camminare poi a torso nudo” McGarrett stava ancora dormendo della grossa. A dire il vero stava anche un po’ sbrodolando sulla sua spalla.

Danny avrebbe dovuto svegliarlo - anche perché ormai non era più un giovane sedicenne e poteva sentire tutti i muscoli del suo corpo ribellarsi ferocemente per la posizione in cui aveva dormito - ma non voleva. Non voleva e il solo pensiero di cosa quello volesse dire lo terrorizzava.

Dopo quello che era successo con Rachel, dopo tutto il casino che era stato il suo matrimonio… in più era Steve! Steve che lo faceva impazzire, che era causa di più di una visita all’ospedale, che gli faceva alzare la pressione solo grazie alla sua esistenza. Quello Steve.

Senza poi contare, ovviamente, tutta la questione dell’essere uomo ed avere un pene, perché beh…

Aveva decisamente bisogno di trovare un altro posto in cui vivere. E di svegliare Steve.

Prese un profondo respiro e si disse che okay, okay, poteva farlo. Doveva essere normale, lamentarsi che Steve si era addormentato su di lui, che il suo ginocchio lo stava uccidendo e che l’altro era pesante (tutte cose vere, dopotutto).

Quello che fece, invece, fu portare la mano tra i capelli dell’altro.

E se Danny non si fosse appena svegliato, si sarebbe ricordato perché era una cattiva idea: Steve si svegliava anche se sentiva il battito d’ali di una farfalla, abituato com’era a dormire nella foresta o chissà dove.

Come poteva pensare che non si sarebbe svegliato a quel punto, mh? E giustamente l’avrebbe trovato disteso sotto di lui - anche se quella non era colpa di Danny - con la mano tra i suoi capelli.

Cavolo. Cavolo.

Steve non gli avrebbe più parlato, gli avrebbe detto di andarsene da casa sua e di non farsi vedere mai più. Anzi, l’avrebbe espulso dal Five-0 (e, nonostante quanto si lamentava, quella squadra era l’unica cosa buona - a parte Gracie - che aveva nella sua vita).

«Danno?» chiese Steve, ed era strano non vederlo immediatamente attento, con gli occhi semi-chiusi e che stava evidentemente subendo quei famosi cinque secondi in cui non eri sicuro di stare dormendo o essere sveglio.

Gli faceva venire voglia di baciarlo.

Il che era assolutamente la cosa peggiore a cui poteva pensare in quel secondo.

Rimosse immediatamente la sua mano dalla testa di Steve, e lo spinse via con una certa isteria.

«Ti sei addormentato su di me,» gli disse velocemente «sai quanto sei pesante, Steve? E già questo divano è la cosa più scomoda mai creata nell’universo, poi ti ci metti anche tu! » sapeva perfettamente di stare blaterando persino più del solito, ma non poteva fermarsi «in più hai sbavato sulla mia maglietta! Non sapevo fossi uno sbavatore, è disgustoso, non capisco come fai a portarti a letto così tante donne se poi sbavi loro addosso. »

«Mi stavi accarezzando i capelli? » chiese Steve, confuso, toccandosi la testa.

«Di cosa stai parlando? Sei ancora addormentato?» ribatté Danny, cercando di non iperventilare. L’unica ragione per cui ci riuscì fu che proprio in quell’istante il telefonino di Steve cominciò a suonare.

Steve rispose immediatamente e Danny ne approfittò per correre in bagno, portando con sé un cambio di vestiti.

«Danno,» urlò Steve improvvisamente «muoviti che Kono ha trovato il nostro Kekipi»

Danny prese due respiri profondi e poi annuì. Poteva farcela, doveva solo… doveva solo superare questa giornata e poi avrebbe chiesto a Chin se poteva andare a stare da lui. O magari a Kono. A questo punto era abbastanza disperato che avrebbe persino potuto chiedere a Rachel (a parte per tutta la questione del bambino e beh, le loro conversazioni erano un po’ imbarazzanti ultimamente),

Nulla sarebbe dovuto cambiare, assolutamente nulla, avrebbe potuto convincere Steve che si era solo immaginato tutto. E per la sua cotta… era certo che una volta tornati a vivere separatamente sarebbe passata.

Danny si chiese chi, esattamente, volesse prendere in giro. Non si rispose semplicemente perché aveva una dignità, ma probabilmente avrebbe detto “assolutamente nessuno”.

Odiava la sua vita, a volte.

L’odiava ancora di più quando Kono disse loro che il fantomatico Kekipi era Mano Hukala, uno dei capibanda più importanti della zona.

Ovviamente, ovviamente era lui, Danny non si sarebbe aspettato nessuno di meno.

E l’aveva odiata ancora di più quando lui e Steve si erano ritrovati soli in macchina, mentre si dirigevano a casa di Mano.

Steve era stato estremamente silenzioso - il che non era mai un bene - e lui non sapeva di cosa parlare. Fino a che non si rese conto che non aveva ancora informato Steve dei suoi piani.

«Ehi,» disse, perché ormai era diventato quasi normale per loro avere questo genere di conversazioni mentre si dirigevano alla loro possibile morte «io… stavo pensando di ehm, andare a stare da Chin magari»

Steve si voltò verso di lui, aggrottando le sopracciglia, evidentemente confuso. «Perché mai? »

«Per- perché mai? Sono domande da fare? Ti ricordo che sono senza casa, ora come ora. Situazione momentanea, certo, ma…»

«No, cioè… lo so, è per questo che stai da me. E puoi continuare a starci» lo interruppe Steve, e le sue parole sembravano così definitive, come se non lo stesse offrendo, ma glielo stesse ordinando.

Danny non era mai stata una persona che reagiva bene a questo genere di ordini.

«Non puoi semplicemente pretendere che io stia sul tuo divano! » urlò, perché Steve era assurdo e qualcuno doveva correggergli quel suo strano cervello e farlo diventare un bambino vero o qualcosa di simile «se io voglio andare a dormire sul divano di Chin, andrò a dormire sul divano di Chin! »

«Il divano di Chin è scomodissimo» fu la risposta di Steve.

«Scomo- non è questo il punto, Steve! » sbottò Danny, perché non lo era davvero e poi anche il divano di Steve non era esattamente comodo come un letto a due piazze. «Il punto è che tu sei stato incredibilmente gentile a prestarmi il tuo divano, ma non è giusto continuare ad approfittare della tua gentilezza»

«Appr- da quanto tu ti fai questi problemi? » chiese l’altro - e Danny era sul punto di offendersi perché lui era una persona estremamente educata, grazie e si faceva sempre questo tipo di problemi. «No, seriamente, da quando ci facciamo di questi problemi tra noi? Non ha senso.»

Rimasero in silenzio per qualche secondo, mentre Danny si chiedeva perché tutti i loro discorsi finivano sempre così.

Poi Steve chiese, seriamente: «È per questa mattina?»

E Danny entrò nel panico - che non era esattamente la strategia migliore che aveva mai adoperato, ma anche l’unica possibile.

«Questa mattina? Non capisco cosa tu voglia dire. No, Steve, non c’entra questa mattina, che tu ci creda o no il mondo non gira intorno a te!»

«Lo fa quando si tratta di te che vuoi abbandonare il mio divano!»

«Non voglio abbandonare il tuo divano! È un divano, non è possibile abbandonarlo! Ho semplicemente pensato che… » e come poteva spiegarlo? Come poteva spiegare cosa aveva pensato senza rivelargli anche tutta quella massa di sentimenti che provava e che nemmeno lui riusciva a spiegare a se stesso? «lavoriamo tutto il giorno fianco a fianco… se viviamo assieme finiremo a litigare ancora di più e…»

«No» sentenziò Steve, improvvisamente e Danny si voltò verso di lui, la bocca aperta.

«No? No cosa? No perché? Non puoi semplicemente grugnire un no come un cavernicolo e poi rimanere in silenzio! Non è così che funziona! » sbraitò lui, perché non era così che sarebbe dovuta andare, Steve avrebbe dovuto essere felice della sua decisione di andarsene non… non così.

«Non abbiamo bisogno che tu te ne vada, non cominceremo improvvisamente a non tollerarci a causa della vicinanza. Il nostro rapporto non si rovinerà semplicemente perché viviamo assieme, non… non sono la tua ex-moglie, Danny» il che era scontato e una cosa stupida da dire.

E Danny era stanco, il suo braccio gli faceva ancora male dal giorno prima ed era… era semplicemente stanco. E dava la colpa di quello che gli uscì poi dalla bocca a quella stanchezza.

«E se non sta tutto lì il problema» mormorò a bassa voce, ma Steve lo sentì comunque.

«Cosa vorresti dire?» chiese, voltandosi verso di lui e Danny… Danny fu salvato dal rispondere perché improvvisamente erano arrivati a destinazione.

«Ne riparliamo dopo» sentenziò Steve, guardandolo come se Danny fosse un criminale che stava cercando di trattenere informazioni vitali per il caso.

Era uno sguardo terrorizzante e finalmente Danny comprese perché tutti sembravano parlare quando si trovavano di fronte Steve McGarrett.

«Okay,» concesse, stancamente «okay… dopo… sì, dopo ne parliamo» non voleva e sapeva che sarebbe stata una pessima idea, che nulla di buono sarebbe uscito dalla discussione, ma ora non avevano tempo.

Ora doveva concentrarsi sui contrabbandieri e sui loro stupidi elefanti.

La sua vita era così fottutamente strana.

Mano non era stato troppo contento della loro visita - il che era un eufemismo bello e buono, perché per non troppo contento Danny intendeva “aveva minacciato di darli in pasto ai suoi bassotti” - ma inizialmente, come ogni cattivo che si rispetti, aveva almeno fatto finta di tollerare la loro presenza nella sua dimora.

Guardate dove preferite, aveva detto. Sono sicuro che non troverete nulla, aveva detto. Comprendete che vi sto lasciando guardare solo perché sono amico della legge, aveva detto.

Poi avevano trovato un paio di statuette fatte d’avorio e dopo la confessione dei suoi scagnozzi - che era davvero l’unica cosa di cui avevano bisogno per costruire il caso, comunque - gli avevano detto che era in arresto.

Uccideteli e poi dateli in pasto ai miei bassotti, aveva urlato a quel punto Mano, entrando immediatamente nelle antipatie di Danny (se si doveva dire una frase del genere si doveva avere almeno la decenza di dire squali o qualcosa di simile).

Il tutto era ovviamente finito in sparatoria, come qualsiasi loro caso da quando avevano iniziato a lavorare.

Steve stava sorridendo come un bambino a cui avevano appena regalato un nuovo giocattolo e Danny lo odiava immensamente.

A parte che tutti i suoi problemi erano iniziati perché, in realtà, ne era un po’ innamorato.

Steve, in uno sfoggio di barbarismo che non aveva sorpreso assolutamente nessuno, aveva lasciato tutto il lavoro a Kono, Chin e Lori e aveva costretto Danny a tornare immediatamente a casa sua con lui.

Danny aveva provato a lamentarsi - non perché volesse realmente occuparsi dei documenti, per carità, ma perché voleva rimandare quella discussione il più possibile - ma Steve era stato inamovibile.

Erano arrivati a casa McGarrett in meno di quindici minuti (ed era stato solo possibile perché Steve aveva infranto qualsiasi legge stradale possibile ed immaginabile) e Steve lo aveva quasi trascinato dentro, come se avesse paura che Danny sarebbe scappato.

Il che era assolutamente possibile, pur di non avere quella conversazione.

«Ora mi spiegherai cosa sta succedendo» sancì  Steve, incrociando le braccia e guardandolo con serietà.

Danny sospirò, si passò una mano tra i capelli (che erano comunque scombinati a causa dell’ultima sparatoria in cui erano stati coinvolti) e cercò di venire fuori con una mezza-verità abbastanza convincente.

«Non sta succedendo niente. Non è questione di cosa sta succedendo, non…» sbuffò, andandosi a sedere sul divano - perché era stata una giornata stancante e aveva voglia di buttarsi da qualche parte e svenire - «è solo che… mia madre mi ha cresciuto bene e non posso… non posso sistemarmi qui in pianta stabile e sembra che non riuscirò a trovare un appartamento così in fretta come pensavo e…» okay, okay, questo era buono, queste erano buone scuse, vai così Danny Williams!

«Ecco, volevo parlarti appunto di questo» lo interruppe improvvisamente Steve e Danny arcuò un sopracciglio.

Cosa voleva dire? Anche lui aveva pensato al fatto che Danny si stesse mettendo un po’ troppo comodo? Beh, ovviamente l’aveva pensato! Era la prima ragione che l’aveva spinto a pensare di andarsene (quella e la sua cotta, ovviamente, ma Danny stava ancora ignorando la sua esistenza, quindi…)

«Penso dovresti trasferirti qui,» concluse Steve, con un sorriso a trentadue denti «in pianta stabile dico. È una casa abbastanza grande, Mary non viene a trovarmi quasi mai e…»

«Woah,» lo interruppe Danny, mettendo le mani in avanti «frena frena frena! Mi stai… Steve, mi stai seriamente chiedendo di trasferirmi qui? Cioè nel senso di vivere assieme? Steve, cosa c’è che non va in te?!»

E oh, perfetto, ora gli occhi da cucciolo, ma era possibile? A nessuno, nessuno, sopra i dieci anni era consentito avere degli occhi da cane bastonato così buoni.

«Perché? » chiese l’altro e Danny si passò di nuovo la mano tra i capelli.

«Perché mi chiede. Perché! Perché no, Steve, perché… perché non possiamo vivere assieme. Perché non mi hai offerto la cena prima! Perché non lo so, ci sono così tanti motivi che non posso…» cominciò, gesticolando febbrilmente perché tutto quello… tutto quello era una pazzia e Danny era quasi certo di essere in una realtà alternativa in cui nulla aveva senso.

Forse era la maledizione degli elefanti - e okay, forse Danny doveva calmarsi, perché quell’ultimo pensiero non aveva senso.

«Senti, io non…» cominciò, prima che Steve lo interruppe.

«Cena? Okay, possiamo andare da Cubisco’s, ti è piaciuto l’ultima volta, no?» e oh, Steve sembrava così compiaciuto di se stesso, come se avesse risolto tutto!

«Così sembra che mi stai portando ad un appuntamento per chiedermi di venire a vivere con te! Come se fossimo fidanzati!» urlò, coprendosi il viso con le mani e chiedendosi dove fosse finita la sua sanità mentale.

«Beh, magari è quello che voglio…» disse Steve, a quel punto, come se non ci fosse nulla di strano e Danny… Danny abbassò le mani e aprì la bocca, ma non disse assolutamente nulla.

Era quasi certo che il suo cervello si fosse immaginato quell’ultima frase, ma in ogni caso non riusciva a smettere di guardare Steve con bocca e occhi spalancati. Era più forte di lui.

Oddio stava entrando in uno stato di shock.

Steve non aveva abbassato lo sguardo, apparentemente assolutamente convinto di quello che aveva appena detto.

Shock, Danny riconosceva i sintomi.

E poi cominciò ad urlare: «Non è divertente, McGarret! Non puoi dire cose del genere solo per fottere con le persone, perché non è divertente e so che hai un senso dell’umorismo di merda, ma questo non vuol dire che puoi…»

Solo che a quel punto Steve lo aveva baciato.

E Danny gli aveva dato un pugno - non particolarmente forte, anche perché Steve era, gli scocciava ammetterlo, più forte di lui, ma comunque un pugno.

«Non puoi baciare le persone per zittirle, coglione! » gli urlò contro «né per convincerle ad andare a dormire nei divani di altre persone!»

«Sì che si può! Ovviamente si può! » ribattè Steve e poi, a voce più bassa «e poi era più che speravo di convincerti a venire a dormire nel mio letto.»

Ed era una persona assolutamente insopportabile. «E da dove viene tutto questo? Cosa stai facendo? Cosa mi significa? Cosa…? »

«Cosa dovrebbe significare, Danny? Non è greco arcaico! » urlò Steve di rimando «voglio svegliarmi ogni giorno e mangiare le tue stupide frittelle, che ci tolgono almeno tre anni di vita ogni giorno! Voglio svegliarmi addormentato sul divano con te con le tue urla sul fatto che ti ho sbavato addosso, voglio…» e a quel punto Danny lo baciò.

Steve non gli diede un pugno, per fortuna.

Il giorno dopo Danny si svegliò nel letto di Steve, vuoto. Si stiracchiò pigramente, prima di prendere di vestirsi.

Andò in bagno, si lavò, e poi scese in cucina.

Preparò l’impasto per le frittelle, riscaldò la padella e poi Steve entrò in cucina, a torso nudo, come al solito.

Solo che ora Danny poteva vedere dei succhiotti sul suo collo e dei piccoli segni di morsi sul suo stomaco e questo rendeva la visione da un lato molto più sopportabile e dall’altra una tortura ancora maggiore.

«Lo sai che queste frittelle ci uccideranno, vero? » chiese Steve, prendendo il suo solito bibitone.

Danny sorrise. «Già, sono stato informato, però, che qualcuno le vuole comunque ogni giorno.»

Steve rise.

A volte la vita di Danny era bellissima.

character: kono, fandom: h5-o, paring: steve/danny, !fan fic, *cow-t, character: lori, character: steve, character: danny

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