Hawaii50italy; Steve/Danny; Of Thursdays and other meaningfull days (more or less)

Jun 02, 2011 23:15

Titolo: Of Thursdays and other meaningfull days (more or less)
Autore: chibi_saru11
Beta: ///
Fandom: Hawaii Five-0
Personaggi: Danny "Danno" Williams, Steve McGarrett, Kono, Chin (menzione di Grace Williams e Rachel)
Pairings: Steve/Danny
Rating: PG15
Avvertimenti: Slash.
Word: 8103 (FiDiPua)
Riassunto: I Giovedì sono sempre i giorni in cui succedono le cose peggiori. Tipo Danny viene rapito. No, davvero.
Note:
1. QUESTA COSA AVEVA UN SENSO NELLA MIA TESTA. TIPO HO INIZIATO A SCRIVERLA PENSANDO A QUALCOSA. Poi ne è uscita questa cosa... io boh. Perdono?
2. Scritta per il Big Bang organizzato da hawaii50italy *limona tutti* PERCHE' VI AMO E BOH CIOE' CHE VOLETE.
3. Ma a parte la schifezza che è questa fic, FACCIAMO TUTTI LA OLA PER lizzie_81 CHE NONOSTANTE L'ORRORE HA COMUNQUE FATTO UN LAVORO SPLENDIDO PER QUESTA FIC *__* no, seriamente, qualcuno la prenda e la limoni. Tipo ora. Okay faccio io, tanto ormai molesto chiunque *la limona* E ora andate a guardare che bello quello che ha fatto *____* E' linkato lì qui sotto. QUI SOTTO ANDATE BITCHES.
Link Art: Qui @ lizzie_81 
Disclamier: Nope, nulla è mio. No, davvero, NIEEEEENTE. Vedete quanto faccio schifo ad immaginarmi un trama? H5-O non è mio DUUUUDES. *mastica un ananas*

Erano sempre i Giovedì - il che era ridicolo perché non è che i Giovedì fossero così speciali, erano giorni come tanti altri in quella parte del modo che per sua incredibile fortuna non gravitava intorno all’incredibile dose di sfortuna che seguiva Steve McGarrett. Nel mondo di Danny Williams che purtroppo gravitava persino troppo attorno a Steve McGarrett - contro ogni sua voglia o controllo, davvero, perché Steve era semplicemente una di quelle forze che ti intercettava e ti tirava a terra con sé come una valanga - i Giovedì, comunque, nella vita di Danny Williams erano dei giorni da temere.

Chiunque avrebbe detto che il giorno peggiore era Lunedì e Danny poteva capire perché: succedeva sempre qualcosa di Lunedì, ma erano episodi piccoli, sebbene frequenti. I Giovedì erano solitamente tranquilli, scanditi solo dal rumore dei fogli e delle risate di Kono (i giorni che Danny preferiva, quando poteva rilassarsi e godersi la compagnia di quella che stava cominciando a diventare quasi una seconda famiglia per lui); quando qualcosa accadeva di Giovedì, però, era sempre qualcosa di grosso e che, solitamente, culminava in almeno uno di loro - se non spesso entrambi - in ospedale.

Questa volta sarebbe toccato a lui pensò, sputando sangue a terra e cercando di capire se avesse una costola rotta (probabile, ma non era certo).

Ovviamente era un fottutissimo Giovedì e Danny era incatenato ad una parete da qualche fottuta parte delle Hawaii che probabilmente nemmeno la bellissima Catherine Rollins poteva rintracciare con i suoi marchingegni.

Perché i Giovedì, in quel mondo che orbitava intorno a Steve McGarrett, erano così.

Il padre di Steve era morto di Giovedì - non che Steve lo sapesse nel minuto in cui Hesse aveva premuto il grilletto (troppi giorni passati in isolamento per poter davvero contare i giorni) - e Danny lo sapeva fin troppo bene, ma non lo usava mai come esempio della sua teoria sul perché i Giovedì fossero i giorni peggiori (perché sarebbe stata una mossa incredibilmente bassa, quindi facevano entrambi finta di non pensarci. Non ci riuscivano bene.)

Non era cominciata come una giornata diversa dal solito, non c’era stato nessun segno dell’incombente disastro che sarebbe caduto su di loro - il problema era che, davvero, il mondo non funzionava a quel modo, per quanto Danny avesse voluto non c’erano segnali divini che permettevano di capire se una giornata sarebbe diventata la giornata peggiore della sua fottuta esistenza, era un problema, se ci fosse stato una specie di allarme per le giornate che sarebbero finite in tragedia la sua vita sarebbe stata incredibilmente più facile.

Invece no. E quindi Danny si era svegliato e non aveva davvero pensato a che tipo di giornata l’avrebbe aspettato (cercava di non farlo perché preferiva cominciare la giornata senza visioni apocalittiche in testa, ecco), era uscito, si era fermato a quel bar vicino casa di Steve e aveva comprato delle malasadas (perché ‘fanculo Steve, okay? Se voglio uccidermi con lo zucchero ho tutto il diritto di farlo, chiar-no, no Steve non m’interessano le tue opinioni sulle mie arteri-e ora cosa c’entrano le mie cravatte?) e si era fermato a parlare un poco con Lucy, la barista, e le aveva chiesto come stava Rob, suo figlio, ed era uscito con una malsana in più e un sorriso sul viso.

Per gli standard di Danny quella giornata era cominciata incredibilmente bene. Avrebbe dovuto insospettirsi a quel punto, ma forse Danny stava cominciando ad abituarsi un poco troppo a quella sua nuova vita perché non si era nemmeno fermato a pensare a quanto fosse incredibilmente disturbante tutta quella tranquillità.

In ogni caso era arrivato in ufficio in orario, la macchina di Steve già nel parcheggio e con un poco di zucchero sul mento. In definitiva era quasi contento.

Il che rendeva tutta quella faccenda dello sputare sangue e tutto un poco uno schifo. Perché ovviamente doveva succedere in una di quelle giornate in cui Danny era quasi di buon umore.

«Oddio, stai sorridendo…» l’aveva salutato Steve (beh, salutato…) e Danny aveva roteato gli occhi ancora prima che la porta si chiudesse dietro di lui.

«Sì, Steve, sto sorridendo, comprendo che non sei abituato a vedermi sorridere visto che, quando sono in tua compagnia - che è tipo sempre, Steve e davvero? Davvero, Steve? Dovrebbero darti un nuovo soprannome, qualcosa tipo piattola, perché è questo che sei, Steven. Una Piattola. O una sanguisuga - a volte mi capita di essere di buon umore, ecco, come tutte le persone normali. Non che tu possa capirne nulla di cosa facciano le persone normali…»

E ad un certo punto Danny non era più nemmeno certo di cosa stesse cercando di dire e Steve aveva cominciato a dirgli di come quelle cose che si ostinava a mangiare gli avrebbero rovinato la salute e sarebbe morto un giorno - sì, esatto, perché sai cosa fanno queste cose alle tue vene, Danno? - e Danny gli aveva chiesto “Da quando sei diventato mia madre, Steve? Perché-perché me ne ricorderei, ecco, se tu fossi mia madre, cosa che non sei!” e poi erano passati a parlare di qualche altra cosa, sempre urlando, sempre come se stessero litigando (perché Danny non era sicuro che fossero in grado di non comunicare a quel modo, ecco, e anche se ne erano capaci non riusciva a capire perché fosse necessario visto che quel metodo funzionava per loro, ecco).

Poi erano entrati Kono e Chin e Danny aveva chiaramente sentito Kono dire qualcosa come “Oh, mamma e papà stanno litigando” e Chin rispondere con qualcosa tipo “Uh, spero che non si mettano a lanciare piatti”.
Danny si era dovuto impegnare per non ridere apertamente.

La prima volta che aveva incontrato Steve era un Giovedì - non che Danny o Steve lo ricordassero, certo, era uno di quei tanti dettagli che erano andati perduti assieme al colore della cravatta di Danny e la maglietta di Steve. Andava ricordato, però. In qualche modo sembrava semplicemente avere senso.

Quando avevano ricevuto la chiamata, Danny stava sbuffando perché Kono stava raccontando loro l’ultimo scoop familiare di uno dei mille cugini che lei e Chin sembravano avere e si stava quasi rilassando, lasciandosi trasportare dal suono della voce di Kono e dal calore di Steve che era seduto forse un po’ troppo vicino - solo che né Danny né Steve ne parlavamo mai di tutto questo stare seduti troppo vicini, chiamarsi baby a vicenda e generalmente flirtare più di quanto moralmente consigliabile (era una delle tante cose del loro rapporto che non avrebbe dovuto funzionare, che sarebbe dovuta esplodere per la tensione, ma che invece sembrava reggere alla perfezione).

Poi il telefono era squillato e non c’era stato davvero tempo per pensare o rilassarsi o rendersi conto che era un Giovedì e che, per la legge dell’universo, qualcosa sarebbe andato irrimediabilmente storto.

Il fatto era che, Danny pensava, sarebbe potuta andare molto peggio - e okay, né Kono né Chin né Steve probabilmente la pensavano così ma ehi, questo era il motivo per cui Danny era il più sano dei quattro: prospettiva.

Sarebbe potuta andare molto peggio e, al posto suo, ci sarebbe potuta essere Kono (e Danny sapeva fin troppo bene cosa le avrebbero fatto dei tipi del genere ed era immensamente grato che non era stata lei ad essere presa) o Chin o Steve (e okay, probabilmente non sarebbe stato peggio professionalmente parlando, ma Danny non era mai stato troppo bravo a non farsi trasportare dalle emozioni e gli faceva piacere pensare che non erano quei due bastardi lì a prendere tutte le botte). E non è che non stesse pensando a Grace (ci pensava ogni fottuto secondo, ogni fottuto colpo e ogni fottuta parola che usciva dalle sue labbra. Ci pensava ad ogni respiro, ogni volta che sentiva il sapore metallico del sangue e l’unica cosa a cui riusciva a pensare era a quanto si sarebbe sentita sola la sua bambina) solo che Danny era sempre stato abbastanza bravo con tutta quella faccenda del martire o cose simili.

Quindi sì, sarebbe potuta andare davvero peggio. Specialmente per lui. Avrebbe potuto essere Steve e oh, era assolutamente certo che Steve si sentisse incredibilmente peggio di come si sentisse lui.

Era un caso abbastanza standard, almeno per loro (il che era una follia, ecco, ma considerando che una volta qualcuno aveva creato un falso-tsunami per un colpo-beh, Danny era quasi certo di averle viste davvero tutte). Qualcosa che c’entrava con un sacco di soldi e con un paio di gang in lotta e con dei politici amici della loro boss e davvero, standard. A parte il corpo.

Non c’era nulla di fottutamente standard in un corpo, mai. Una morte era… era un qualcosa che faceva fermare l’universo e semplicemente ti prendeva all’altezza dello stomaco e ti scuoteva. Danny a volte si chiedeva se sarebbe mai riuscito a superare quel senso di vuoto che lo prendeva ogni volta che vedeva un corpo immobile davanti a lui.

Molti sostenevano che era quella reazione che lo rendeva un detective così bravo. Danny pensava che l’avrebbe fatto uscire di testa, un giorno.

Il punto era che c’era un morto e che non faceva parte di nessuna delle due gang e chi cazzo era, sul serio?
«Magari Max potrà dirci di più,» aveva detto Steve, abbassato accanto al corpo e Danny aveva cominciato a guardarsi intorno alla ricerca di qualche indizio - mentre Kono e Chin parlavano con gli abitanti delle tre case accanto, sperando avessero visto qualcosa.

Era stato Steve a trovare un indizio per primo, dentro la giacca della vittima (probabilmente gli uccisori erano dovuti correre via in fretta e non avevano avuto il tempo di perquisirlo e questo era stato un gigantesco colpo di fortuna per loro, lo sapevano bene): una pendrive.

E beh in un caso del genere una pendrive poteva essere come il Santo Graal! Poteva essere la chiave per risolvere tutta la questione e spiegare loro, finalmente, perché le due più grandi gang locali avessero cominciato ad uccidersi a vicenda come in una specie di strana corrida.

Steve gliel’aveva lanciata per fargliela esaminare e, non sapeva esattamente perché, Danny l’aveva chiusa in uno di quei sacchettini per le prove e poi se l’era messa in tasca dicendo «Okay, torniamo in centrale e vediamo cosa riesce a tirarci fuori Chin!» che era il piano migliore che avessero.

E poi erano rientrati in macchina e “Hips don’t lie” aveva cominciato ad uscire dalla radio e “Davvero Steve? Davvero? Shakira?” e Steve “Cosa hai contro Shakira, Danny? La trovo orecchiabile” e Danny aveva dovuto urlargli contro perché no, Shakira non era orecchiabile e nemmeno Britney Spears poteva essere considerata un esempio di gusti musicali decenti e quindi Steve dimmi che ascolti qualcosa di decente una volta ogni tanto ed erano caduti nella loro solita routine e stava andando tutto bene: avevano trovato un indizio, stavano litigando come al solito e Steve stava guidando.

A quel punto un maledetto camion li aveva mandati fuori strada.

Giovedì. Esattamente.

A dire la verità Matty era sparito di Martedì (un maledetto Martedì che Danny non avrebbe mai dimenticato per tutta la sua intera esistenza) però prima che Danny riuscisse a rimettere insieme i pezzi della sua esistenza e chiamare i suoi genitori per dare loro la notizia si era fatto Giovedì.

Danny non ricordava nulla di quel Mercoledì (no, non era corretto dire così, ricordava il profumo di Rachel - familiare ed estraneo allo stesso tempo - e le venti bottiglie di birra che aveva portato Steve e di aver pensato di dover dire qualcosa tipo “Non ho intenzione di entrare in un coma etilico, Steve” ma di non averne la forza).

Il Giovedì, comunque, aveva fatto schifo.

Danny non ricordava molto di quello che era successo quando erano usciti fuori strada ed erano andati a finire contro un maledetto albero. Ricordava il mal di testa e Steve che cercava di dirgli qualcosa come “Danno, svegliati. Dio, Danny, non osare morirmi qui,” e poi mani e qualche mossa di Steve da super ninja (e seriamente, il tipo era appena andato a sbattere contro un maledetto albero a 80km/h e ora stava combattendo come se fosse fresco e profumato).

E Danny non era riuscito a fare altro che dare una gomitata al tipo che l’aveva appena preso per le spalle e pensare “La pendrive, non devono prendere la maledetta pendrive” prima di liberarsi dalla stretta del tipo, prendere il sacchettino e svuotarne il contenuto nel sedile della macchina (senza farsi vedere dai loro assalitori, ovviamente).

Quando uno di quei maledetti tipi aveva colpito Steve alla nuca con una trave, mandandolo effettivamente al tappeto (e no, Danny non voleva pensare al fatto che un colpo del genere avrebbe potuto-no, non ci stava pensando) prima di prendere Danny e farlo svenire a sua volta.

Quando si era svegliato (e non sapeva quanto tempo fosse passato, se Steve stesse bene, se avesse trovato la pendrive, se i suoi assalitori si fossero resi conto che Danny non aveva la maledetta cosina addosso e fossero tornati indietro a riprenderla) si era ritrovato incatenato e con un mal di testa degno di essere ricordato.

Era solo il che poteva voler dire solo che non avevano preso Steve (o che era morto, certo, ma Danny continuava a non volerci pensare).

«Ti sei svegliato finalmente, haole,» e oh, buono a sapersi, almeno i suoi rapitori erano originali (e okay, magari Danny dovrebbe davvero evitare di roteare gli occhi con quel mal di testa).

«Mi dispiace, ti ho fatto attendere? Se volevi che mi svegliassi più velocemente, però, sarebbe bastato colpirmi con più dolcezza,» rispose, scuotendo le spalle (perché era Danny Williams e poteva anche essere mezzo morto e dolorante ma ‘fanculo, non avrebbe certo smesso di essere se stesso) «voglio dire, immagino che tutta questa aggressività sia grandiosa a letto, ma dato che non credo che tu mi abbia ancora nemmeno offerto una cena, trovo che-» e poi il primo pugno era arrivato e Danny se lo era meritato alla grande.

Aveva sentito tutta l’aria uscirgli dai polmoni, come se qualcuno l’avesse rimossa con forza, come se lo stessero soffocando maledizione e Danny stava morendo, cazzo.

Quindi aveva sorriso «Ecco vedi? Questi non li chiamo preliminari io,» e aveva preso il calcio con grazia, prima di cominciare a sputare quello che sembrava essere tutto il sangue che aveva in corpo.

«Hai intenzione di chiudere la bocca? » aveva ruggito quello che sembrava essere il capo e Danny aveva sorriso pensando “Col cazzo,” ma non aveva detto nulla. «Perché vedi, tu dovresti avere qualcosa che ci interessa,» e dicendo questo aveva preso il sacchetto delle prove, vuoto, e gliel’aveva sbattuto in faccia. Non avevano la pendrive, bene (il che voleva probabilmente dire che Steve era ancora vivo e Danny si sentì un poco meglio) «quindi ora tu ci dirai dov’è. »

«Non ho la minima idea di cosa tu stia parlando,» disse, ricevendo il secondo calcio e cercando, nel frattempo, di riflettere. Probabilmente li avevano osservati sulla scena del crimine, o non avrebbero mai potuto sapere che Danny era in possesso della maledetta pendrive. Li avevano seguiti per una di quelle maledette strade Hawaiane in cui non passava mai nessuno e li avevano spinti, facendoli uscire di strada. E tutto per quella pendrive.

Danny sperava che Chin ci avesse già messo le mani di sopra e che ora sarebbero stati in grado di sbattere tutti quei grandi stronzi (un altro pugno, un’altra domanda, nessuna risposta, un calcio) in galera.

«Hai intenzione di parlare, Haole? » aveva chiesto il tipo, le nocche sporche di sangue (il suo sangue) e l’aria infastidita.

«Certo, di cosa vuoi parlare? Del tempo? Cioè è un argomento strano per la nostra situazione ma…» all’ennesimo calcio allo stomaco, Danny aveva perso conoscenza.

Il punto era che Steve? Steve stava sicuramente peggio di quanto stesse Danny. Lo sapeva perché se fosse stato il contrario, se Danny avesse dovuto rimanere impotente di fronte al rapimento di Steve, si sarebbe sentito così maledettamente in colpa da impazzire.

Perché non solo Steve era diventato il suo migliore amico (non che lo avrebbe mai ammesso, perché Steve era già abbastanza arrogante di suo, senza bisogno di alcun aiuto da parte di Danny, ma era comunque la verità) e in qualche modo una parte costante della sua esistenza, Steve era anche qualcosa di più. E magari non ne avevano mai parlato e non avevano mai fatto altro se non guardarsi a volte per un po’ troppo tempo e pensare “Cazzo, credo di essere completamente innamorato del mio capo,” (o almeno Danny, i pensieri di Steve erano probabilmente più “Oddio, sono forse emozioni queste? No, non è possibile! Io non provo sentimenti!”) ma era qualcosa comunque e Dio, Danny non avrebbe potuto sopportalo.

In più Danny poteva quasi vederlo Steve che chiamava Rachel e le raccontava cosa era successo, perché Danny sarebbe dovuto andare a prendere Grace il giorno dopo ed, evidentemente, non era in grado di farlo.

Poteva immaginarlo lì a cercare di trovare le parole giuste (e normalmente Danny si sarebbe divertito a cercare di immaginare che faccia potesse avere - probabilmente un miscuglio tra “Attenzione! Sentimenti in arrivo!” e “Darò fuoco al mondo mentre bevo una fottuta bibita vegetale”).

E non è che non fossero pronti per cose del genere, faceva parte del loro mestiere, però Danny sapeva perfettamente che essere ipoteticamente preparati non equivaleva ad essere praticamente. Anche per super-Ninja Steve.

Lui e Rachel avevano divorziato di Sabato (che giorno di schifo per divorziare) e Rachel se n’era andata di Mercoledì. Però era quasi certo che lei e Stan si fossero incontrati di Giovedì.

Non aveva alcuna prova a sostenere questa sua teoria, ovviamente - non aveva la minima idea di come e perché si fossero incontrati e non gli interessava, non davvero - ma avrebbe continuato a sostenere che fosse un Giovedì.

Sembrava calzante che l’uomo che aveva rovinato la sua vita e aveva portato sua figlia a chilometri e chilometri da lui fosse entrato nella sua esistenza di Giovedì. Semplicemente poetico.
Danny odiava tutto il fottuto universo.

Apparentemente venire rapito ti lasciava un sacco di tempo per pensare. Quando Danny aveva ripreso conoscenza era solo - il che era un bene, perché non era certo di quanto avrebbe resistito se si fossero rimessi a picchiarlo - e per quanto si sforzasse, non c’era semplicemente moto di rimuovere le catene.
Quindi non aveva nulla da fare. Grandioso.

Probabilmente avrebbe dovuto pensare ad un modo di capire chi fossero i suoi rapitori, di capire cosa ci fosse in quella pendrive (ma sperava davvero che se ne stesse occupando il suo team, ecco, e che magari lui poteva prendersi una piccola vacanza). Invece pensò a Kono.

Kono era una di quelle donne che Danny avrebbe potuto amare con facilità (chi avrebbe mai potuto non innamorarsi di Kono?) ma con cui, per un motivo o per un altro, sapeva che non avrebbe mai fatto nulla.
Danny non poteva certo dire di non trovare Kono attraente (Dio solo sapeva quante volte aveva rischiato di finire a pensare a Kono sotto la doccia) ma allo stesso tempo questa attrazione non sembrava mai raggiungere il livello successivo.

Aveva avuto la prova del fuoco due mesi prima, quando lui e Kono si erano ritrovati da soli a bere in un bar del centro e vedere una partita di football (no, Danny non aveva la minima idea di chi giocasse - se l’era dimenticato più o meno al terzo bicchiere di birra - e no, non ricordava nemmeno perché fossero solo loro due) ed erano così ubriachi che Kono, ne era quasi certo, a fine serata era finita nel bagni a fare sesso con una tipa che aveva appena incontrato.

E per un minuto sarebbe stato così facile sporgersi un po’ e baciarla, poggiarle una mano sulla guancia e portarsela più vicina, lasciare che i loro petti si incontrassero e godersi il calore della sua pelle attraverso i vestiti.

Ma non l’aveva fatto. Non ne aveva nemmeno sentito la voglia. Era un concetto astratto, avrebbe potuto farlo, ma non ne aveva intenzione.

E beh, Danny tendeva ad essere un poco una puttana quando beveva (era sempre stato abbastanza tattile, ma dopo un poco di birre diventava un poco ridicolo) quindi se nemmeno l’alcool l’aveva fatto succedere voleva dire che non doveva succedere.

A Danny non era importato.

Avevano riso e urlato e tifato e a fine serata Danny si era sentito bene, contento. E aveva quasi sentito l’istinto di dirle “Siete tutti pazzi in questa maledetta isola - e all’inizio pensavo fosse solo McGarrett, ma mi rendo conto che è una cosa comune, davvero, non potete mentirmi più - però… però cazzo, Kono - Io - cioè questa cosa della famiglia e la squadra e tutto… non è così male cioè-io-cazzo” e chissà, magari sarebbe stato abbastanza ubriaco da dirle “cazzo siete la mia famiglia, ti voglio bene come se fossi Betty e cioè, Betty è sempre stata la sorella che preferivo”. Non l’aveva fatto ovviamente.

Ora se ne stava pentendo. Sarebbe stato bello se Kono avesse saputo, se mentre si faceva quella tipa nel bagno avesse saputo che Danny le voleva bene, anche se era completamente pazza e possibilmente la donna più terrificante del pianeta (e okay, magari non ci avrebbe pensato mentre se la faceva con quella tipa perché sarebbe stato così fottutamente strano, ma il punto restava).

Poi aveva pensato a Chin (perché pensare a Kono senza pensare a Chin era un po’ strano, ecco, erano tipo uniti da un filo invisibile. A volte si dimenticava che non erano tipo usciti dalla pancia di qualcuno nello stesso secondo, pronti a conquistare il mondo). Chin che sembrava calmo e rilassato ed equilibrato ed era probabilmente più pericoloso di Steve se lo si faceva arrabbiare.

Chin con cui, a volte, prendevano una birra - mentre Steve e Kono andavano in palestra ad uccidersi a vicenda, perché non bastava loro colpire i criminali, oh no - e parlavano del più e del meno, senza dire mai davvero nulla.

Che era stato accanto a lui nella faccenda di Meka, che aveva capito senza che dovesse spiegare, che l’aveva ascoltato lo stesso.

Danny non ricordava se l’aveva mai ringraziato. Sperava di sì. Sperava di…

E ora avrebbe voluto aver fatto qualcosa di più per lui, magari cercare di ripulire un po’ l’aria con il distretto o semplicemente averlo ascoltato di più. Non aveva mai visto casa di Chin e vorrebbe - improvvisamente vorrebbe andare a casa di Chin e prenderlo in giro perché era quasi certo che Chin era un ossessionato della pulizia a livelli noti solo a Steve McGarrett. Avrebbe voluto accettare la sua offerta di portare Grace nel negozio di caramelle di suo zio e… e magari chiedergli di quella sua ex-fidanzata di cui nessuno parlava, ma a cui tutti pensavano (perché beh okay, lui era divorziato che non era esattamente la stessa cosa, ma probabilmente era quasi simile).

E avrebbe voluto abbracciarlo due settimane fa, quando Chin gli si era affiancato dopo una di quelle litigate con Steve che non erano solo un modo per ventilare la tensione, ma una di quelle volte in cui Steve era stato troppo stupido e troppo testardo e Danny troppo arrabbiato per ascoltare ed era così arrabbiato. Chin era venuto con una birra e non aveva detto nulla, era rimasto seduto con lui in silenzio a bere e in qualche modo era quello di cui Danny aveva bisogno, maledizione, perché Chin era così, silenzioso ma sempre al posto giusto al momento giusto.

Sempre così maledettamente responsabile.

Danny si ripromise di portarlo a divertirsi, se mai fosse uscito vivo da quel casino. Portarlo a bere o da qualche altra parte. Oppure trovare questa ex-fidanzata e convincerla a dargli un’altra possibilità.
O qualcosa di incredibilmente pazzo e stupido, perché magari stava diventando un po’ Hawaiano anche lui.

Poi era tornato il tipo e Danny gli aveva sorriso, sentendo il sangue che scivolava dalle sue labbra «Oh, bentornato caro,» aveva detto, perché era l’unico mezzo di difesa che aveva quello e maledizione se non l’avrebbe sfruttato fino alla fine.

«Ti piace tanto parlare, vero? » aveva detto il tipo - che Danny avrebbe chiamato Caparezza da ora in poi.
«Visto che tutto il mondo è completamente pazzo, mi ritrovo sempre a parlare più del necessario per ridare un po’ di sanità a questo universo. Per dire, la tua maglietta. Ora, capisco che probabilmente il capo di una gang non deve esattamente preoccuparsi del vestiario ma… persino il mio partner si veste meglio di te! E lasciamelo dire, il mio partner? Steve - conosci Steve, no? Quello che avete quasi ammazzato in macchina con me, ah bei tempi - beh Steve ha più o meno un guardaroba che sembra essere appena uscito da un film di Rambo e…» quando Caparezza lo colpì per l’ennesima volta, Danny non si sorprese nemmeno un poco.

«Dimmi dov’è la maledetta pendrive,» ringhiò Caparezza e beh, Danny si chiedeva quanto potesse essere stupido per non avere capito che, ovviamente, era nelle mani di Steve (era logico, no? Perché continuava a chiederglielo?).

«L’ho data ad un passante mentre lasciavamo la scena, perché è quello che noi poliziotti facciamo, sai? Diamo le prove al primo che passa e-» e poi Caparezza aveva preso una pistola e… beh, cazzo.
«Dunque non abbiamo più alcun bisogno di te,» aveva detto e Danny avrebbe voluto dire “Ehi, ehi, possiamo parlarne, pensavo che stessimo diventando amici. Abbiamo passato così tanti bei momenti, ricordi questo livido?” o “Cazzo, no, Grace, Grace. Devo tornare da Grace, Dio, crescerà chiamando Stan papà e un giorno lo chiamerà Stanno e si scorderà di me e…” o “Fottiti e tagliati questi maledetti capelli” solo che c’era stato uno sparo prima che avesse aperto bocca.

Era stato un Giovedì - uno di quelli calmi, che gli piacevano tanto - che Kono aveva deciso che, se dovevano davvero continuare a compilare quei dannati rapporti, potevano anche farlo in spiaggia (Danny aveva davvero provato a spiegare a tutti loro che no, non era così che funzionava il mondo, che erano tutti pazzi e no, no, non lo diceva solo perché aveva la pelle che si scottava facilmente - che non è assolutamente vero, Steve, smettila di spargere queste bugie - e Chin, so che non aspetti altro che mettermi le mani addosso, ma proporti di spalmarmi la crema addosso mi pare un poco esagerato).

In sé la giornata sarebbe stata assolutamente normale (per una volta nessuno era esploso, nessuno era stato rapito, nessuno era quasi morto, una giornata perfetta) ma ad un certo punto, quando il sole stava cominciando a calare e Danny si era voltato verso Steve per dirgli che dovevano andarsene, l’aveva trovato addormentato, la bocca un poco aperta che sbavava sulla tovaglia.

Il problema era che Danny non avrebbe dovuto trovare tutto quello tenero o sexy o qualcos’altro. Non avrebbe dovuto. Ciò non toglieva il fatto che era esattamente quello che provasse.
Ed era stato in quel momento, in un maledetto Giovedì, che Danny si era reso conto di essere completamente fottuto.

Tutta quella faccenda della vita che scorre davanti agli occhi? Una scemenza, davvero. Danny non stava ricordando tutta la sua maledetta vita e di certo non c’era niente di logico nelle immagini che il suo cervello continuava a mandargli.

C’era Grace la prima volta che l’aveva portata al parco e Steve che minacciava di lanciare il loro sospettato dal letto e Rachel che lo abbracciava un po’ troppo stretto.

Steve che prendeva una maledetta granata dalla sua macchina -

Grace che gli regalava un disegno di loro due che si tenevano la mano ed era la cosa più brutta del mondo (i Williams non erano mai stati artisti particolarmente dotati), ma Danny non credeva di aver mai visto qualcosa di più bello -

Kono che gli insegnava a mettersi in piedi sulla tavola, che gli sistemava i fianchi e le braccia e rideva e rideva e rideva -

Chin che si alzava in piedi che urlava “Non posso più essere un poliziotto,” e Steve che gli chiedeva “Li hai presi i soldi?” -

Kamekona che gli cuciva un maledetto vestito da Babbo Natale anche se c’erano cinquanta gradi fuori e non c’era neve da nessuna parte e non poteva davvero essere natale, perché natale non era così -

Steve che sparava a qualcuno; Grace che lo abbracciava; Rachel che urlava; Chin che rideva; Kono che tratteneva le lacrime; Kamekona che gli vendeva uno dei suoi maledetti gelati. Steve e Grace e Kono e Rachel e Chin e Steve e Grace e…

Vita un corno.

Quando pensava a Grace la prima cosa che gli veniva in mente non era quando gliel’avevano data in braccio, piccola e fragile e così brutta e bella e magnifica e un poco disgustosa. Non era nemmeno quando aveva detto papà per la prima volta o quando aveva detto Danno perché il suo nome era troppo difficile e a Danny sarebbe andato bene anche se lo avesse chiamato un nome assurdo ed imbarazzante.

La prima cosa che gli veniva in mente quando pensava a Grace era una notte quando lei aveva due anni e mezzo e non smetteva di piangere.

Aveva cominciato alle undici di sera e aveva continuato e continuato e continuato e non riusciva a capire perché - non stava male, non aveva fame, stava semplicemente piangendo.

Danny era rimasto in piedi tutta la notte a cullarla e coccolarla e bisbigliarle frasi che non avrebbe mai ripetuto in pubblico per nessuna ragione al mondo. L’aveva pregata di smetterla, di dormire - perché diamine, aveva passato una giornata a rincorrere un criminale ed era distrutto e Rachel era partita per un fine settimana e non poteva aiutarlo, non in quella situazione.

Grace aveva continuato a piangere e piangere, e Danny - che amava la sua bambina più di qualsiasi altra cosa al mondo, più di se stesso e della pizza che facevano a quel ristorante all’angolo per cui si sarebbe tagliato un braccio (no, davvero, era così buona) - per un attimo si chiese se qualcuno l’avrebbe davvero potuto condannare se l’avesse gettata dalla finestra (non che l’avrebbe mai fatto davvero, ma Danny era quasi certo che questi pensieri a volte passavano per la testa di tutti i genitori).

E poi, verso le due di notte, quando Danny stava già pensando che avrebbe passato una notte insonne e si stava rassegnando all’idea (contando mentalmente il numero di caffè che avrebbe dovuto bere il giorno dopo per sperare di sentirsi anche solo minimamente smesso), Grace aveva smesso di piangere.

Danny aveva abbassato lo sguardo verso di lei, continuando a cullarla per paura di spezzare qualsiasi cosa l’avesse fatta zittire, e aveva visto gli occhioni grandi (enormi) di lei che lo guardavano e oh.

Improvvisamente non aveva sonno, non aveva voglia di andare a dormire, non aveva voglia di fare assolutamente nulla se non rimanere lì a guardarla per tutta la serata.

Aveva bisbigliato qualcosa come “Temo non riuscirò mai a dirti di no. Dovremo fare una specie di patto per quando avrai quindici anni e comincerai a chiedermi di uscire con i ragazzi - come se fosse possibile, quindici anni, Gracie! Troppo pochi! Almeno ventitre!” ma quello che aveva pensato era stato più “Sei il dono migliore che il mondo potesse farmi” e aveva sentito il bisogno di chiamare Rachel (alle due di notte!) e dirle che l’amava e che se Grace era stato il frutto della loro unione, non potevano che essere speciali.
Non l’aveva fatto, ovviamente, ma il pensiero era rimasto lì, dentro la sua testa.

Aveva abbracciato la sua bambina quella settimana? Si era chiesto, poco prima di sentire lo sparo. Dio, gliel’aveva detto “Danno ti vuole bene”? Glielo diceva ogni giorno, l’aveva sempre fatto, non poteva… Come faceva a non ricordare? Come faceva a non esserne certo?

Grace, Grace, Grace…

Quando si era svegliato non aveva pensato “Sono morto e andato in paradiso?” primo perché, beh, aveva sempre pensato che fosse una delle frasi più stupide dell’universo e secondo perché, se il paradiso profumava come un ospedale, sarebbe stata la più grande delusione nella storia dell’universo, davvero.

Si guardò intorno e sì, decisamente un ospedale. Non poteva muoversi, ogni singolo osso, muscolo, cartilagine e nervo del suo corpo sembrava urlare e stridere e pregarlo di smetterla di agitarsi, smetterla di respirare. Danny stava quasi pensando di accontentare tutti.

«Danny?» aveva mormorato qualcuno e oh, Chin. Il che era solo un’altra prova che non era morto. Okay.

«Non-» parlare non era una passeggiata, doveva ricordarselo, la sua voce era troppo roca e un poco addormentata. Sarebbe passato presto, o almeno sperava «non hai davvero nulla di meglio da fare?» aveva chiesto e Chin aveva riso, rilassandosi contro la sedia.

«Beh, uno dei miei colleghi è andato e si è fatto prendere da una gang criminale, come un idiota,» aveva risposto Chin, e Danny rispose al sorriso quasi automaticamente «lo conosci? È colpa sua se non dormo da ore ed ore ed ore,» e dietro quel tono scherzoso, Danny poteva sentire i residui della preoccupazione e della lotta e… e voleva chiedere scusa, ma non avrebbe avuto senso.

Il loro era un lavoro che comportava questo tipo di cose, chiedere scusa sarebbe stato incredibilmente stupido. Quello che era successo a lui sarebbe potuto capire (e sarebbe capitato) a qualsiasi altro di loro e tutti avrebbero fatto del loro meglio per rimettere le cose a posto.

Funzionava così.

Quindi scosse le spalle «Mi sembra un tipo a posto, sano di mente, semplicemente circondato da pazzi,» e risero entrambi a quel punto (perché davvero, nemmeno Danny riusciva più a dire di essere una persona sana senza ridere. Era l’effetto delle Hawaii, o di Steve. O di entrambe le cose assieme).

«Grace? » chiese a quel punto, cercando di fare chiarezza nella sua mente. Ricordava lo sparo e poi più nulla, però non si sentiva come se qualcuno gli avesse perforato una qualsiasi parte del suo corpo. Si sentiva come se un tir gli fosse passato di sopra uno o due volte, giusto per divertimento, perché uccidere il povero Danno era uno sport divertente ed appassionante. Ma non come se qualcuno gli avesse sparato addosso (il fatto che potesse riconoscere le due sensazioni era particolarmente patetico).

«È a scuola,» gli spiegò Chin, prendendo il cellulare dalla tasca e cominciando a scrivere qualcosa (probabilmente un SMS a Kono per dirgli che si era svegliato e stava bene e potevano tornare a pensare a come conquistare il mondo) «non… Rachel ha detto che era meglio se Grace non ti vedeva in questo stato, non abbiamo pensato di…»

Danny lo interruppe immediatamente, perché era d’accordo con Rachel per una volta nella loro vita. Non avrebbe avuto senso per Grace vederlo a quel modo, l’avrebbe solo spaventata ulteriormente.

«Kono e Steve? » chiese poi, perché immaginava non fosse stato solo Chin a salvarlo dalla sua morte certa e voleva ringraziare Kono (e urlare a Steve- gli sarebbe venuto in mente un motivo, era facile trovarne).

«Kono sta arrivando, dice che vuole fartela pagare per averle fatto perdere le onde spettacolari di oggi,» lo informa Chin, alzando il cellulare (che conteneva un SMS di Kono) «Steve…» e poi si interruppe, come se non sapesse come continuare.

Danny sbuffò e cercò di capire quanto gli fosse possibile muoversi (non molto) e se potesse urlare a pieni polmoni (no).

«Okay, okay, dimmi cosa ha fatto questa volta questo pazzo scriteriato,» anche se non era davvero sicuro di volerlo sapere (ma con Steve non era mai sicuro di voler sapere nulla).

La prima cosa che gli disse (quando fu in grado di muoversi dal letto - e con questo intendeva dire prendere una maledetta sedia a rotelle e dirigersi con furia verso la camera di Steve) fu «Sei un cretino, Steve McGarrett, sei - dovrebbero fare poster alla tua cretinaggine, monumenti, statue d’oro per ricordare la tua epica stupidità!»

Steve rispose con «Ehi, Danno!» come era abbastanza scontato. E stava ridendo, come un cretino e Danny aveva voglia di urlare. Quindi lo fece.

«No, seriamente, McGarrett. Ora mi devi spiegare come sia possibile, come. Sia. Possibile. Perché esattamente tra quello che è stato rapito, picchiato e incatenato ad una parete e il fottuto cavaliere in armatura bianca - o SEAL in pantaloni color kaki, davvero - alla fine di tutto è il maledetto SEAL a finire con un buco nel braccio?» chiese, e probabilmente non avrebbe dovuto urlare così tanto, non faceva bene alla sua pressione.

«Oh, Danno, sembra quasi che tu sia preoccupato,» ghignò Steve e ‘fanculo, ‘fanculo Steve.

«Io sono sempre preoccupato, Steven. Sono preoccupato per il mondo fino a quando tu sei ancora vivo, sono preoccupato per il tuo cervello, per le persone che ti stanno intorno - e non pensare che non mi abbiano racconta-come hai potuto rubare la macchina di un poliziotto, Steve? - sono preoccupato Steve, molto preoccupato! » solo che Steve stava ancora ridendo - anche più di prima il bastardo - e Danny poteva capirlo (aveva voglia di ridere anche lui perché era vivo e Steve era vivo e ancora nessuno aveva cercato di fargli mangiare un ananas) ma aveva continuato ad urlare comunque perché era familiare ed esattamente quello di cui aveva bisogno.

C’erano voluti cinque giorni perché il dottore ne avesse abbastanza di lui per rilasciarlo sotto la promessa di prendere regolarmente le sue medicazioni (e Danny era mediamente impressionato, cinque giorni erano una quantità incredibile di tempo, di solito tutti i suoi altri dottori rinunciavano dopo due giorni, al massimo tre) e una volta che Steve aveva ricevuto la notizia che Danny era stato rilasciato aveva cominciato a sbraitare e lamentarsi e, probabilmente, a pianificare una fuga che avrebbe fatto impallidire persino il tipo di Prison Break (non che Danny avesse mai visto il maledetto telefilm, ma aveva fiducia nelle capacità di Steve). Danny non era stato particolarmente sorpreso di sapere che il dottore aveva dimesso Steve il giorno dopo.

Di Giovedì.

Danny soffocò uno sbuffo e un lamento alla notizia.

Ora, Danny aveva insistito per ore che, davvero, poteva prendersi cura di se stesso e non c’era bisogno che Chin e Kono continuassero ad apparire davanti la sua porta ad intervalli regolari (come se, in quel modo, Danny non si fosse accorto di cosa stessero cercando di fare - non era così che funzionava, probabilmente avrebbe dovuto avvertirli) ma nessuno dei due sembrava davvero dargli ascolto.

L’unica cosa che lo tirava un poco su di morale era che, apparentemente, non stavano dando ascolto nemmeno a Steve.

Solo che, per questo, Danny si era ritrovato sul divano di casa di Steve accanto al padrone di casa mentre Chin e Kono spiegavano loro che, siccome non erano fisicamente capaci di tenere d’occhio entrambi mentre erano in due posti separati (“Siamo umani, abbiamo bisogno di dormire! E stare lontano da voi due! Siete insopportabili!” aveva dichiarato Kono, e Danny si era risentito “Oh, certo, prendiamocela con il ferito, mi pare giusto. Certo. Molto maturo complimenti”) quindi sarebbero rimasti assieme, senza fare danni, a casa di Steve (“Dato che casa di Danny è un buco,” si era inserito Steve, divertito e Danny gli aveva dato un pugno nel braccio buono).

«Tutto questo è assurdo,» aveva mormorato, passandosi una mano sugli occhi prima di riprendere «no, davvero, apprezzo quello che state facendo - più o meno - sono la persona più riconoscente del pianeta, sono pronto a costruire un altare per la vostra benevolenza e sacrificarvi ananas sacri o qualcosa di simile, credetemi. Ma è ridicolo, sono troppo grande per aver bisogno dei wonder twins. Non ho bisogno di un baby sitter!» e poi indicò Steve «e sebbene io sappia perfettamente quanto Steve possa essere un pericolo per la società in generale - credetemi, potrei scrivere un libro su questo argomento, potrei insegnare questa materia all’università, potrei tenere congressi su questo dato di fatto - è abbastanza grande da riuscire a stare da solo per un poco di tempo.»

Gli sembrava un discorso assolutamente razionale, no?

«Sono con Danny,» aveva detto Steve, sbuffando leggermente «non ho bisogno di qualcuno che mi controlli ogni secon-»

Ma qualsiasi cosa stesse per dire Steve, Kono la ignorò, avvicinandosi pericolosamente ad entrambi (e okay, okay, Danny era incredibilmente spaventato di Kono, okay? Era una donna assolutamente terrificante) «Ora mi state bene a sentire, tutto ciò può andare in due modi: nel primo modo fate come vi diciamo di vostra spontanea volontà, fate i malati per qualche giorno e smettete di lamentarvi, nel secondo vi incateno a letto e non vi lascio andare fino a quando non sarò sicura che non stiate entrambi bene.»

Danny non pensava stesse scherzando.

Annuirono. Kono era assolutamente terrificante.

Quando Kono era entrata nella sua stanza d’albergo, dopo che Chin gli aveva detto di quanto Steve fosse assolutamente idiota, Danny si era ricordato di quello che aveva pensato mentre era chiuso in quel maledetto capannone.

C’era una parte di lui che voleva dire a Kono che le voleva bene - perché la parte più difficile da affrontare in quelle ore erano stati tutti i rimpianti che l’avevano colto all’improvviso e come un uragano.

Eppure Danny non era bravo con le parole - sebbene ne usasse sempre troppe, ne metteva tante una dopo l’altra ad una velocità impressionante… Danny non sapeva mai come esprimere quello che era veramente importante. Preferiva farle in silenzio quelle cose, preferiva esprimerle a gesti, quasi timidamente.

Quindi aveva stretto Kono un poco più a lungo, stringendosela addosso con più forza del necessario e aveva sperato che lei avrebbe capito.

Kono lo aveva fatto, ovviamente.

Con Chin era stato un poco più difficile - perché Chin non poteva andare da lui e dirgli “Ehi, senti, penso che dovresti davvero smetterla di passare il tuo tempo a tenere il muso al mondo e provare a perdonare te stesso per una cosa che nemmeno hai fatto, ecco”. O forse poteva.

Lo fece comunque.

Chin arcuò un sopracciglio e se si fosse alzato e fosse corso via da quella stanza il più velocemente possibile, Danny non l’avrebbe biasimato per nulla (perché beh, sebbene avesse detto quelle cose solo perché voleva vedere un suo amico felice, sapeva perfettamente di aver abbattuto una serie di linee di confine che non avrebbe mai dovuto nemmeno sfiorare), invece l’altro annuì, senza dire assolutamente nulla.

Danny non sapeva esattamente come considerare il tutto. (Poi Chin gli sorrise e Danny decise di considerarla una vittoria).

Con Grace fu tutto molto più spontaneo, davvero. Prese la sua bambina tra le braccia, inspirò il suo profumo e improvvisamente le parole cominciarono ad uscire da sole dalla sua bocca.

«Lo sai che Danno ti vuole bene, giusto Gracie?» e ovviamente lo sapeva, non poteva non saperlo, ma continuò comunque «sei la cosa più bella della mia vita,» perché lo era.

Grace arcuò un sopracciglio e gli chiese «Sei sicuro di stare bene?» e oh, non c’era persona al mondo che Danny amasse di più.

Ora, essenzialmente, non era che Danny stesse cercando di evitare Steve, okay? Era più una cosa involontaria, una parte del suo subconscio continuava ad urlare “Tieniti alla larga da Steve!” (e a volte Danny si chiedeva dove fosse stata quella parte della sua mente in quegli ultimi mesi, perché allora sarebbe stata molto utile) solo che quasi-ma-non-proprio-non-so-di-che-stai-parlando-Kono ignorare Steve non era facile quando erano costretti a stare sotto lo stesso tetto e ogni volta che Danny provava a fare più di due metri da solo aveva voglia di gettarsi a terra e urlare dal dolore.

In sostanza? Lui e Steve passavano le giornate seduti sul divano l’uno accanto all’altro e beh, era difficile ignorare qualcuno in quel caso.

E probabilmente, se fossero state due persone normali - e uno di loro non fosse stato sentimentalmente stitico come lo era Steve - si sarebbero ritrovati a discutere di quello che nessuno dovrebbe sapere ma che è di dominio pubblico comunque il primo giorno. Grazie al cielo non erano due persone normali e Steve evitava situazioni che mettevano in luce il fatto che provasse dei sentimenti come ogni altro essere umano come se fosse il suo mestiere.

Quindi sì, era il terzo giorno e nessuno dei due aveva detto assolutamente nulla sul fatto che, a volte, per qualche motivo strano - e perché non era esattamente un divano enorme - le loro mani (o le loro spalle, o le loro caviglie, o qualsiasi cosa davvero) si sfioravano e per qualche secondo nessuno dei due sapeva bene cosa fare.

Stava cominciando a diventare una situazione assolutamente assurda (e a volte Danny aveva il dubbio che Kono e Chin li stessero costringendo a stare lì tutto il giorno nella speranza che si stancassero di ignorare il grande elefante arcobaleno nella stanza e parlassero. Danny e Steve erano molto più testardi di quanto si fossero immaginati però).

E improvvisamente Kono, seduta nella poltrona si era alzata, li aveva guardati e aveva detto «Okay, non ce la faccio più. Chin mi perdonerà ma ho provato a lasciarvi risolvere la situazione da soli e beh…» e li indicò, come se il fatto che fossero seduti e stessero guardando una partita di baseball fosse un qualche indizio per risolvere tutti i misteri dell’universo «e non so se farvi ammettere il fatto che siete pateticamente sposati possa servire a qualcosa, ma capo. Capo se io e Chin saremo costretti a sopportare nuovamente quello che abbiamo sopportato una settimana fa? Potremmo ucciderti. No, seriamente.»

A quel punto Danny si voltò verso Steve chiedendogli mentalmente “Che diamine hai fatto mentre ero via, Steven? Cosa hai fatto esplodere? Come hai fatto a far perdere la pazienza all’incredibile duo?”. Steve si limitò a scuotere le spalle (evidentemente questa cosa telepatica non funzionava bene come sperava).

«Quindi smettetela di comportarvi come dodicenni e scopate, maledizione. O continuate a rimanere sposati senza indulgervi nelle delicatezze del sesso gay, non m’interessa, ma parlate, okay?»

Tutto considerato era un discorso incredibilmente convincente.

Danny aveva già sentito il racconto di cosa era successo - Chin e Kono non avevano resistito a dargli tutti i particolari quando Danny era stato abbastanza sveglio e coerente da ascoltarli.

Apparentemente Steve, dopo essersi svegliato dal colpo in testa, aveva trovato la pendrive, si era ricordato di cosa era successo, aveva scalato il pendio ed era tornato in strada (e Danny era stato indeciso se ridere e chiamare Steve Rambo per anni o roteare gli occhi) e aveva fermato la prima macchina che era passata di lì (una macchina della polizia, sì) e, mostrando il suo distintivo, se n’era impadronito lasciando i due poliziotti sull’orlo della strada (Danny aveva avuto tanta voglia di piangere).

Aveva provato a convincere Catherine a trovare Danny, ma nemmeno lei era stata in grado di trovarlo. Quindi era tornato in centrale dove aveva urlato e sbraitato e quasi picchiato almeno metà del loro staff.

Quando Chin era finalmente riuscito a capire cosa ci fosse sulla pendrive (i conti di una delle due gang, sì, quella che l’aveva rapito ovviamente) erano andati dall’altra gang (perché, ovviamente, Steve si metteva a fare accordi con le gang locali come se non fosse nulla) ed erano riusciti a farsi dire dove, probabilmente, avevano portato Danny.

Quando erano arrivati, Danny stava quasi per essere sparato da quel bastardo di Caparezza e insomma, tutto era andato un po’ come in un vero film di Rambo da lì in poi. E Steve si era fatto sparare.

Danny conosceva la storia e la trovava esilarante e infuriante allo stesso tempo.

«Quindi…» aveva mormorato Danny quando Kono aveva lasciato la stanza.

«Non dobbiamo parlarne,» era stata la risposta di Steve invece. E oh, Danny avrebbe tanto voluto dirgli “hai ragione, non dobbiamo parlarne, non parliamone!” ma non poteva.

«Non credo che la signora ne sarebbe molto felice…» perché beh… e Kono era ancora una delle persone più spaventose che Danny conoscesse e non aveva voglia di farsi uccidere, non davvero. Ecco.

E poi si stavano comportando come bambini (e Danny aveva una figlia di nove anni, sapeva cosa voleva dire comportarsi come bambini) e Danny era sempre stato molto fiero del fatto di avere un’intelligenza mediamente elevata.

Apparentemente stare accanto a Steve McGarrett abbassava il suo quoziente intellettivo in maniere imbarazzanti.

«Quindi ora noi due parleremo, Steve, non m’interessa quanto-» e aveva un discorso in testa, o qualcosa di simile, lo aveva davvero ed era un discorso incredibilmente accurato.

Solo che poi Steve si era sporto in avanti e l’aveva baciato - e Danny in quella situazione si sarebbe aspettato un bacio esitante, a fior di labbra, ma quello era Steve McGarrett e quando mai Steve aveva esitato?

Quindi Steve l’aveva baciato con forza, mordendogli il labbro e spingendosi contro di lui con tutto il corpo e oh, chi era Danny per lamentarsi?

«O possiamo fare questo, sì. Credo che vada bene,» aveva mormorato, passando una mano dietro la nuca di Steve e baciandolo a sua volta.

«Sta zitto, Danno,» e per una volta Danny era rimasto in silenzio.

«E’ domenica,» annunciò ad un certo punto Danny - mentre Steve aveva una mano sotto la sua maglietta e gli stava mordendo il collo e oh, sì, non aveva davvero di che lamentarsi.

«Cosa? » aveva chiesto Steve a quel punto, arcuando un sopracciglio.

«Non… insomma ho sempre pensato che se un giorno fossimo davvero riusciti a…» e indicò entrambi, «sarebbe stato di Giovedì. Tutte le cose peggiori dell’universo accadono sempre di Giovedì e sarebbe stato stranamente calzante. Ecco.»

Steve sbatté le palpebre un paio di volte prima di baciarlo di nuovo. Probabilmente per zittirlo.

Danny non aveva nulla in contrario.

character: kono, fandom: h5-o, character: chin, paring: steve/danny, *hawaii50italy, !fanfiction, character: steve, character: danny

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