Inception; bingo_italia; Arthur/Eames; Come lasciare qualcuno con cui non hai una relazione

Dec 31, 2010 18:35

Quando Arthur apre gli occhi e si rende conto, senza  alcun dubbio, che lui ed Eames stanno assieme da almeno tre mesi è un avvenimento sconcertante.

Arthur avrebbe dovuto rendersene conto prima, mentre accadeva, controllare tutti i passi che li avevano portati a quel punto e cercare di impedirli con tutte le sue forze, ma non si è accorto di nulla e ora fanno solo lavori in coppia e il suo appartamento non è più il suo appartamento ma l’appartamento suo e di Eames. Hanno la loro routine mattutina e vengono invitati assieme alle feste e non escono più separati e…

E stanno assieme, non c’è altro modo per definire tutto quello. Arthur se ne rende conto improvvisamente, una mattina in cui Eames è sotto la doccia che canticchia, e questo lo manda nel panico.

Lo manda nel panico perché Arthur non ha la minima idea di come si tenga in piedi una relazione e perché non lo vuole neppure  sapere come si tenga in piedi una relazione. Dio, Arthur vuole andarsene di(da) lì il più in fretta possibile. Nonostante i preconcetti - Eames è un dongiovanni, Arthur, chissà con quante donne sta ora - non è Eames quello che non sa mantenere una relazione stabile, ma Arthur.

Arthur che cambia partner come si cambiano i pesci rossi e che non ha mai avuto una relazione che sia durata più di un lavoro. Nessuna prima di Eames, ovviamente, il che lo riporta al punto della questione: lui ed Eames stanno assieme e Arthur non vuole, assolutamente.

Quindi deve mollarlo. Solo che magari Eames non si è ancora reso conto del fatto che stanno insieme, quindi prima dovrebbe informarlo e non sa come fare.

Poi Eames esce dal bagno, una tovaglia attaccata alla vita e i tatuaggi che sembrano quasi rinfacciare ad Arthur il fatto che sì, sì, stanno assieme e non c’è nulla che lui possa fare e non è forse stupendo, tesoro?

«Noi non stiamo insieme,» gli dice, quasi ringhiando, e Eames lo guarda come se fosse improvvisamente ammattito.

«Okay,» è la sua risposta, prima di prendere un paio di pantaloni,metterseli e dirigersi in cucina.

Arthur pensa che sia andata bene.

Lo raggiunge qualche minuto dopo, mentre Eames sta versando il caffè nella tazza, ed è ancora bagnato e Arthur si trattiene dal dirgli che non dovrebbe essere in cucina - vicino ad apparecchi elettrici - mentre gronda acqua ovunque.

«Ti ho appena mollato,» chiarifica, giusto perché Eames non sembra aver capito bene cosa è successo prima in camera da letto e Arthur ha davvero bisogno che lo capisca e interrompa la loro relazione - quella che Arthur non sapeva nemmeno di avere fino a due minuti prima.

«Non sapevo stessimo insieme,» risponde Eames, serafico, alzando un sopracciglio - e questa è una mossa sleale, perché è lui che alza i sopraccigli lì in giro - e Arthur lo guarda confuso, ma l’aveva previsto, dopotutto nemmeno lui se n’era accorto se non pochi minuti prima.

«Viviamo praticamente assieme e lavoriamo sempre assieme e passiamo ogni secondo libero assieme e…» ragiona, aspettando che Eames si renda conto della situazione e scappi dalla porta con solo la tovaglia addosso - probabilmente dovrebbe convincerlo a vestirsi, i suoi vicini avrebbero potuto lamentarsi.

«E tu questo lo consideri avere una relazione?» Eames, quel giorno, sembra particolarmente ottuso.

«Beh, logicamente…» comincia, chiudendo gli occhi e sospirando, mentre Eames gli passa la sua tazza di caffè senza zucchero, ma con un po’ di latte - e da quando Eames sa perfettamente come prende il caffè? Sono in una relazione, maledizione, giusto - e si appoggia al tavolo.

«A meno che tu non voglia essere in una relazione con me,» Eames lo interrompe, e Arthur fa una faccia che la dice lunga su quello che ne pensa di quella idea «non vedo perché dovremmo farla diventare tale, lo sai che a me non sono mai piaciute le cose logiche. »

Una parte del cervello di Arthur protesta fortemente, perché tutto quello non ha il benché minimo senso logico - se sono in una relazione lo sono, non possono semplicemente continuare a fare tutte le cose che si fanno in una relazione ma decidere che non… tutto questo gli sta facendo venire il mal di testa - ma quello è Eames, Eames che manda a monte qualsiasi piano su cui mette le mani e lo trasforma in qualcosa di completamente diverso - a volte migliore, probabilmente - Eames che è incontrollabile e che gli sta massaggiando le spalle esattamente come piace a lui.

Eames ridacchia, soffiando sulla sua pelle «Pensi sempre troppo, tesoro, te l’ho detto,» gli mormora, baciandogli poi la spalla, delicatamente.

Relazione, urla qualcosa dentro la sua testa.

«Scusami per volere un po’ di specificità,» dice, ridendo, e Eames pressa il pollice più forte dentro la sua scapola, riconoscendo quelle parole.

«A volte è bello lasciarsi semplicemente trascinare dagli eventi, sai? » e Arthur non ci crede, perché  farsi trascinare dagli eventi è una vera tortura e lui ama la sensazione di controllo che l’avere tutti i dettagli gli porta, però fa finta di essere d’accordo e si lascia andare mentre Eames lo riporta in camera da letto.

«Dobbiamo fare la spesa,» dice Eames, ad un certo punto, e Arthur alza gli occhi dai fogli che ha sulle gambe - lavoro, ovviamente, informazioni per Cobb che lui deve rendere comprensibili ad una veloce occhiata - e alza un sopracciglio.

«L’abbiamo fatta la scorsa settimana,» gli ricorda, e normalmente, prima di tutta quella non-relazione, Arthur faceva la spesa una volta al mese e durava alla perfezione. Ad Eames però piace cucinare e fare piatti ricercati e pieni di spezie e condimenti.

«Tesoro, nel mondo degli esseri civili si fa almeno una volta alla settimana,» gli dice lui, cominciando a picchiettargli la spalla con il dito. Una, due, tre, quattro, cinque volte.

«Smettila,» gli ringhia contro Arthur, spostando la spalla e cercando di concentrarsi nuovamente sui documenti, ma Eames continua, incessantemente.

«Okay! Se andiamo a fare la spesa poi mi lascerai lavorare in pace, maledizione?» soffia, posando i documenti di lato e ritrovandosi immediatamente le braccia dell’altro intorno al collo.

«Promesso!» trilla nel suo orecchio, incredibilmente compiaciuto per essere riuscito a staccare Arthur dal suo lavoro.

A volte ad Arthur sembra di essere in una relazione con un cane particolarmente stupido, poi si ricorda che non è una relazione e la voglia di buttarsi dalla finestra si affievolisce un poco.

Ariadne li invita ad una festa a Parigi e Arthur pensa che, dopotutto, una vacanza non sarebbe male e dopo i soldi per l’inception non devono certamente preoccuparsi di questioni monetarie. L’invito è sia per lui che per Eames, come se Eames fosse sempre a casa sua.

Non è vero, a volte Eames va… da qualche parte lontano dal suo appartamento. E comunque non è questo il punto.

«Dovremo vestirci eleganti?» gli chiede Eames, e la sua voce al solo pensiero si trasforma in un lamento. Arthur è disteso a pancia in giù e Eames gli passa una mano sulla schiena, lentamente. È piacevole.

«Perché l’ha indirizzata ad entrambi? Non…» gli dà fastidio, perché gli ricorda che nonostante i ragionamenti privi di senso di Eames quella è una relazione e Arthur non vuole relazioni, non davvero, ma quella cosa che hanno non gli dispiace. Almeno fino a quando non pensa che è una relazione e a quel punto ha solo voglia di prendere Eames e buttarlo fuori dal suo appartamento.

Eames sospira, ma quando Arthur si volta verso di lui sta ridendo, come se Arthur fosse la cosa più adorabile che avesse mai visto. È uno sguardo che gli fa guadagnare una gomitata nel costato e lui l’accetta senza lamentarsi.

«Solo perché noi due riusciamo ad essere sopra ogni logica non vuol dire che il resto del mondo segua il nostro ritmo, Arthur, e poi beh, dove avrebbe dovuto mandarlo il mio invito? A Mombasa?» Eames sta a casa sua quando è a Los Angeles e l’unico altro indirizzo attivo che ha per ora è a Mombasa ed è logico, quello che sta dicendo ha una fondatezza razionale che Arthur può accettare e può capire.

«Quindi, dovremo vestirci eleganti?ì» chiede Eames, di nuovo, e Arthur potrebbe dirgli sì, anche se sa che non è richiesto l’abito formale, giusto perché poi Eames comincerebbe a lamentarsi per almeno dieci minuti, stringendoglisi addosso e cominciando a parlare di piani di sabotaggio.

Rinuncia all’idea però, affondando la testa nel cuscino «No, credo però che Ariadne ti sarebbe grata se non accecassi i suoi ospiti,» dice dunque, mentre Eames ride.

«Il mio senso estetico è perfetto, tesoro, solo perché non sembro un insaccato,» dice, ma Arthur può sentire il tono leggero e divertito, e ride a sua volta.

«No, sembri solo un catarifrangente,» lo informa, mentre Eames gli si lancia addosso, deciso a fargliela pagare.

E Arthur per la prima volta nella sua vita si dice che forse Eames ha ragione, che per una volta può anche rinunciare alla sua specificità.

«Ma è assurdo, è ovvio che voi due stiate insieme,»  sta dicendo Ariadne, evidentemente molto indignata, solo che non lo sta dicendo a lui, perché Arthur è appena entrato nella stanza ed è nascosto da tutti gli altri da un muro.

«Questo lo sappiamo io, tu, Cobb, Yusuf e probabilmente anche il nostro macellaio,» risponde Eames, e Arthur può quasi immaginarselo con i piedi sulla scrivania, e le mani dietro la testa «ma non lui, e preferirei rimanesse così.»

Arthur è intelligente, incredibilmente intelligente, e non è che ci voglia un genio per capire che stanno parlando di lui e del fatto che, come lui aveva già fatto notare, lui ed Eames avevano una relazione.

«Perché?» domanda Ariadne, confusa, e Arthur sente Eames e qualcun altro - Cobb, probabilmente - sospirare.

«Perché Arthur ha un piccolo problema con il concetto di relazione,» arriva la voce di Cobb, come Arthur aveva sospettato, sembra divertito ed esasperato allo stesso tempo, come se Arthur fosse un animaletto particolarmente fastidioso, ma adorabile allo stesso tempo. Tutto questo sta diventando ridicolo, e Arthur è ad un passo dall’alzarsi e dire a tutti loro di andare a quel paese, quando Eames ricomincia a parlare.

«Già, è a posto con l’avere una relazione, ma appena le dai un nome si ritrae immediatamente,» sembra un po’ stanco, ma principalmente divertito, e Arthur non capisce. Non capisce perché… ad Eames va bene essere in una relazione con lui?
Perché? Sono così diversi che a volte Arthur non riesce a capire come non si siano uccisi la prima volta che si sono incontrati - prima di ricordarsi che gli ha sparato in testa, quel giorno, e tutto diventa incredibilmente più chiaro.

«Non è… fastidioso?» chiede Ariadne, e il suo tono è curioso, come se non riesca a capire come faccia Eames a sopportare la situazione.

Eames scoppia a ridere «No, perché? Non mi è mai interessato dare nomi alle cose, non sono come il signorino che ha bisogno di spe-ci-fi-ci-tà. Mi va benissimo prendere il tutto come viene,» e probabilmente il loro discorso sarebbe continuato a lungo, ma a quelle parole Arthur sente di non potercela più fare e si alza, dimentico del rapporto che doveva consegnare a Cobb e se ne va.

Arthur decide che, al suo ritorno, caccerà Eames fuori di casa - il che è assurdo perché Eames non vive lì, per Dio, Arthur è stato solo gentile ad offrirgli un luogo in cui stare e ora è successo tutto questo casino.

Quindi nel minuto in cui Eames entrerà in casa, il suo stupido sorriso sul viso, Arthur gli dirà che può andarsene a quel paese. Poi entra in camera e non ci sono i vestiti di Eames da nessuna parte - mentre di solito sono sparsi in giro come se un uragano avesse devastato la sua parte dell’armadio - e Arthur si ricorda che Eames sarebbe partito per la Russia, quel giorno, e che quella mattina si erano salutati per bene.

Il punto rimane, comunque, che Arthur dirà ad Eames, quando tornerà dalla Russia, di andarsene a quel paese.

Il problema è che Eames non ritorna dalla Russia  - non dopo una settimana, non dopo due - e Arthur pensa che magari è scappato, che magari si è reso conto anche lui dell’assurdità della situazione e ha deciso di troncarla in maniera netta. Arthur non ha nulla da obiettare.

Quando Cobb gli chiede se ha sentito Eames lui gli risponde “perché mai avrei dovuto?” e quando Ariadne gli domanda se Eames tornerà in tempo per l’uscita di un film, Arthur scuote le spalle.

Tutti e due lo guardano come se Arthur fosse particolarmente penoso, e a lui non piace particolarmente.

Il punto è, comunque, che Eames probabilmente è scappato con una biondona russa - o un biondone russo, a scelta - e gli andrebbe bene, ma il lavoro di Arthur è recuperare informazioni e scoprire tutto di tutti. Quindi Arthur raccoglie informazioni e scopre tutto su quello che sta facendo Eames - perché è il suo compito ed Eames, che conosce tutti i suoi progetti lavorativi e i suoi piani e le sue abitudini, è un pericolo per il suo lavoro.

E poi Arthur prende il primo aereo per la Russia.

Quando il tipo davanti a lui cade a terra, svenuto, Arthur sospira, togliendosi i capelli da davanti agli occhi - sono cresciuti troppo e deve tagliarli, pensa - e poi posa lo sguardo su Eames, legato come un salame ad una sedia, che gli sorride come se nulla fosse.

«Tes-» comincia, prima che Arthur gli dia un calcio ad una gamba.

«Ti lascio,» lo informa, candidamente, alzando un sopracciglio sfidandolo a contraddirlo.

Eames sembra soffocarsi con la sua stessa saliva, e Arthur fa un conto mentale dei danni -non sono particolarmente gravi, probabilmente qualche giorno a letto avrebbe rimesso tutto a posto; non vede niente di rotto, forse qualche contusione e un bel po’ di lividi.

«Ma noi non stiamo insieme,» dice Eames, guardandolo e Arthur alza un sopracciglio.

«Sì, invece, siamo stati insieme per esattamente due minuti, da quando sono entrato da quella porta,» dice, avanzando finalmente e liberando le mani dell’altro - i polsi sono graffiati e pieni di sangue, c’era da aspettarselo - «e io ora ti sto lasciando.»

«Non- cosa? » Eames evidentemente non riesce a seguirlo, non è una novità «tesoro, non mangio o bevo o dormo in maniera decente da giorni, non riesco davvero…»

A quel punto Arthur decide di semplificare il tutto «Non c’è niente da seguire Eames,» gli dice, mollandogli un pugno «va a quel paese.»  Quando si rende conto che gliel’ha finalmente detto, dopo che ha pregustato quel momento per un mese intero, si alza e se ne va.

Eames può benissimo cavarsela da solo, da quel momento in poi, dopotutto Arthur ha già messo fuori gioco tutti i membri del gruppo.

Quando Eames torna a casa, tre giorni dopo, Arthur è seduto sul divano che legge i documenti per il caso Witson.

«Sei un pezzo di merda, tesoro,» lo informa, candidamente e Arthur nota che ci sono un bel po’ di lividi sul suo collo, ma quello che si nota di più è il segno del suo pugno, sul suo zigomo. Il pensiero lo rende molto fiero.

«E tu sei in ritardo,» risponde semplicemente, prima di prendere il biglietto posato sul tavolo «Ariadne ci ha invitato alla prima di un film,» lo informa, allungandogli il biglietto «l’ha di nuovo scritto ad entrambi, sebbene le abbia detto che ci siamo lasciati.»

Eames prende il biglietto, posa la borsa sulla poltrona e si sedette sul divano poggiando i piedi sopra le gambe - e i fogli - di Arthur.

«Oh, volevo andarlo a vedere questo film,» mormora, piegando la testa, prima di alzare lo sguardo verso di lui «quindi siamo lasciati?» gli chiede e Arthur annuisce, togliendo i fogli dalla morsa delle gambe di Eames e controllando che non si siano sporcati.

«Oh, okay,» è il suo unico commento e poco dopo Arthur si ritrova con le labbra di Eames sul suo collo e le sue mani sotto la maglietta.

I documenti del signor Witson cadono a terra, scombinati, e Arthur ci metterà probabilmente ore a rimetterli a posto correttamente.

Sospira al pensiero e si lascia andare.

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