Titolo: Solving the problem
Autore:
chibi_saru11 Beta:
mikamikarin (e mi ero dimenticata di metterlo perchè sono un'idiota, ma lei è la cosa più bella che esista, sappiatelo)
Fandom: Sherlock (BBC)
Personaggi: Sherlock Holmes, John Watson
Pairing: Sherlock/John (sorta, kinda, ehm)
Word Count: 1563 (Fidipù)
Rating: NC-17
Warning: Dub-con, Sherlock (? XDDD)
Riassunto: Sherlock si è accorto del problema qualche mese prima, ma non ha mai fatto nulla. Ora è arrivato il momento di prendere in mano la situazione... letteralmente.
Disclaimer: Sherlock non mi appartiene, è della BBC e di Moffat e di chiunquealtroc'èlìdietro. Io mi diverto solo a scriverci porcate su, perchè ovviamente VOLEVANO questo quando l'hanno fatto dato che loro sono così GAY.
Note:
1. E' del PWP, giusto? Non è PWA, non c'è angst. CHE IO SIA GUARITA? FORSE LO SONO.
2. Scritta per il prompt John/Sherlock, "Tu hai una dipendenza da sesso." per il PornFest @
fanfic_italia 3. Un porno per domarli e nel buio sodomizzarli. (8D)
Il punto era, Sherlock ci aveva pensato attentamente, molto semplice, a dire il vero.
Il problema gli si era presentato davanti qualche mese prima - anche se, probabilmente, aveva visto il suo principio precedentemente all’arrivo di Sherlock nella vita di John Watson (e avrebbe dovuto accorgersene prima, ma Sherlock preferiva non pensarci a questo) - e dal momento in cui l’ipotesi gli era balenata in mente, un giovedì sera particolarmente noioso, Sherlock aveva fatto delle ricerche.
Aveva raccolto indizi religiosamente, come avrebbe fatto per qualsiasi altro caso e aveva tratto delle conclusioni, basandosi anche sulla mentalità dell’amico. Aveva fatto tutto quello che faceva normalmente per il caso di uno qualunque dei serial killer che gli presentava Lestrade (anche se John non era un serial killer e Sherlock riconosceva di non essere partito da una base di studio completamente pertinente) ed era arrivato a scoprire il nocciolo del problema.
Non c’erano altre possibilità, era ovvio. Il punto, ora, stava nel trovarvi una soluzione.
E nel farlo presente a John, ovviamente.
Ad essere completamente sinceri, Sherlock aveva provato ad affrontare il problema con John almeno tre volte nel corso dell’ultima settimana, ma ogni volta sembrava sempre essere interrotto prima di poter arrivare alla conclusione del suo pensiero e John non riusciva mai a seguire il suo ragionamento abbastanza bene da comprendere a cosa fosse arrivato Sherlock con quei dati.
Aveva dunque deciso di sospendere i tentativi di riferire a John del suo problema fino a che non vi avesse trovato un’adeguata soluzione (ne aveva trovate, a dire il vero, almeno 107, ma nessuna di queste avrebbe probabilmente soddisfatto il suo coinquilino) o almeno quello era il piano, ma nell’ultimo periodo il problema del suo amico sembrava essersi aggravato notevolmente e Sherlock decise di prendere una delle 107 soluzioni e metterla in pratica.
Decise di metterla in pratica un mercoledì (perché solitamente il mercoledì e il lunedì erano i giorni in cui John rimaneva a casa la sera e il lunedì Sherlock era impegnato da alcune settimane in un esperimento per determinare le varie fasi di decomposizione del topo che aveva ritrovato tre settimane prima nell’attico ed era estremamente importante controllare il corpo allo stesso orario lo stesso giorno settimana dopo set- non era questo il punto, il punto era che mercoledì era la serata perfetta), mentre John era seduto sulla sua poltrona impegnato a guardare un qualche telefilm di cui Sherlock aveva già indovinato le parentele, chi avesse ucciso chi e di chi fosse quel gatto che compariva ovunque.
Si avvicinò prudentemente, perché aveva bisogno che John rimanesse esattamente nella posizione in cui si trovava in quel minuto, calcolando tutti i modi in cui John avrebbe potuto cercare di scappare.
Non era stato facile considerare e scegliere questa soluzione, era la più appropriata per le esigenze del suo coinquilino, ma Sherlock era consapevole del fatto che avrebbe provato a sottrarvicisi. Sherlock non poteva permetterglielo, semplicemente.
Quindi avanzò piano, fino a ritrovarsi esattamente accanto alla sua poltrona e John non dava segni di essersi accorto della sua presenza. Bene.
Si spostò velocemente, frapponendosi tra l’amico e la televisione e mettendo entrambe le mani sui due braccioli, impedendo così all’altro qualsiasi via di fuga.
«Sherlock?» chiese John, evidentemente confuso, guardandolo però con lieve esasperazione (John aveva spesso questa espressione e Sherlock aveva provato a decifrarla al meglio delle sue possibilità ricollegandola a due possibili sentimenti diversi: “media frustrazione causata da un infante particolarmente pestifero o un adulto particolarmente molesto, ma dopotutto simpatico” e “media frustrazione che precedere l’atto di sbattere la testa contro il muro ripetute per punirsi per la propria stupidità”, doveva ancora decidere quale delle due fosse più appropriata).
«Ho qualcosa di importante da dirti, John,» cominciò, dunque, decidendo che avrebbe saltato il ragionamento, anche perché John non sarebbe stato in grado di coglierlo a pieno in ogni caso, e sarebbe passato direttamente al problema «Tu hai una dipendenza da sesso,» lo informò dunque.
John cominciò a tossire violentemente, ma questo Sherlock se lo era aspettato, e secondo le sue predizioni entro i 15-20 secondi successivi avrebbe cominciato a cercare di liberarsi di Sherlock e alzarsi.
Non poteva permetterglielo.
Spostò una mano sul cavallo dei pantaloni di John, guardando l’altro che saltava leggermente dalla sorpresa (pupille dilatate, battito accelerato, leggero rossore - le prime due potevano essere causate dallo shock, ma la terza no. Sherlock si rese conto che il suo piano stava andando bene).
«Sher-? » chiese di nuovo John, dimenandosi, ma Sherlock non aveva tempo (aveva più o meno 25 secondi prima che John si riprendesse dalla sorpresa e scacciasse la sua mano) e, senza tergiversare, aprì la cerniera dell’altro, infilando la mano nelle sue mutande.
John fece un suono come se qualcuno stesse cercando di strozzarlo - il che non era particolarmente erotico, ma dato che lui trovava poche cose particolarmente erotiche lo considerò normale - e Sherlock cominciò dunque a muovere la sua mano lentamente.
Conosceva, ovviamente, le basi della masturbazione - era stato sedicenne anche lui, dopotutto, e sebbene non avesse mai trovato la pratica particolarmente attraente aveva provato, qualche volta, in nome della sperimentazione - ma vedere il respiro di John subire una drastica accelerazione (abbastanza da sostenere un’ipotesi di eccitazione crescente) e la sua erezione indurirsi sotto il suo tocco cementarono la sua sicurezza e aumentò il ritmo, accarezzando l’altro in tutta la sua lunghezza.
John gemette, sotto il suo tocco, ma Sherlock sapeva che non era abbastanza, che avrebbe ancora potuto scacciarlo via, se solo avesse voluto. Fortunatamente, come aveva spiegato a John un minuto prima, questo era estremamente improbabile data l’assuefazione dell’amico ad un qualsiasi atto sessuale.
«Sherlock, cosa sta…?» provò a chiedere John, prima che un altro gemito gli sfuggisse dalle labbra nel minuto in cui Sherlock sfiorò uno dei suoi testicoli (interessante, avrebbe dovuto appuntarsi questi dettagli per futura memoria).
Il battito cardiaco dell’altro era accelerato di parecchio da quando avevano cominciato e ora le sue pupille avevano subito una dilatazione chiaramente anomala, tutti chiari segni che John stava decisamente apprezzando la soluzione di Sherlock - ovviamente - quindi probabilmente avrebbe potuto cominciare a spiegare il suo ragionamento.
«Esci almeno tre volte la settimana con una donna,» gli spiegò quindi, accelerando un po’ il movimento e guardando mentre l’altro si inarcava, sebbene quasi impercettibilmente, verso la sua mano, permettendogli di accarezzare l’intera lunghezza dell’erezione più facilmente «e sempre una donna differente, mi sono accorto di questo fatto qualche mese fa, e ho cominciato a raccogliere dati.»
John non sembrava particolarmente attento, a dire il vero, e ora aveva cominciato a mordersi il labbro, cercando di fermare i frequenti ansiti e gemiti che il tocco della mano di Sherlock gli provocavano.
Sherlock strinse un poco più forte alla base, guardando lo spasmo che attraversò il corpo dell’altro con curiosità.
«Ovviamente non eri interessato a loro dal punto di vista intellettuale, non solo perché - te lo devo dire - nessuna di loro poteva anche solo vagamente essere considerata intelligente,» sottolineò il concetto sfiorando nuovamente i testicoli dell’altro «ma anche perché, in quel caso, saresti stato interessato a rivederle oltre quella serata.»
John gemette ad alta voce, e Sherlock accelerò nuovamente il movimento, «Quindi mi sono chiesto perché mai ti ostinassi ad uscire praticamente ogni sera per andare, spesso, in ristoranti che non sono nemmeno di tuo gusto. So che non ti piace l’islamico, ma sei andato a mangiarci almeno cinque volte nell’ultimo mese,» se John fosse stato in sé avrebbe probabilmente chiesto come Sherlock facesse a saperlo. Sarebbe stata una domanda stupida, quindi il fatto che John non potesse parlare era, dopo di tutto, un bene.
Sherlock sentì l’erezione dell’altro quasi pulsare nella sua mano e, guardando il viso dell’altro, si rese conto che probabilmente John stava per avere un orgasmo - considerò che probabilmente avevano ancora un altro minuto (non particolarmente impressionante, rifletté).
«L’unica risposta sensata era, ovviamente, che quello a cui eri e sei realmente interessato è l’atto sessuale che segue la cena,» era un ragionamento logico, dopotutto, e Sherlock sapeva quanto fosse importante l’aspetto sessuale per un normale uomo sui trenta, quarant’anni .
«Ma uscire con tutte quelle donne ti porta via tempo prezioso che potrebbe essere usato per passarmi il cellulare o stare a sentire i miei ragionamenti.» Poi Sherlock si sporse in avanti «Quindi,» mormorò, a pochi centimetri dalla bocca dell’altro e sorridendo, incredibilmente fiero della sua idea, che si stava rivelando uno strabiliante successo «d’ora in poi provvederò io alle tue necessità sessuali,» concluse, posando le sue labbra su quelle dell’altro.
Nello stesso esatto momento John venne, sporcando la mano di Sherlock e mordendogli il labbro inferiore con un po’ troppa forza (avrebbe potuto arrabbiarsi, ma sarebbe stato quantomeno ingiusto dato che, nel momento dell’orgasmo, l’uomo manteneva relativamente scarse capacità di controllare il proprio corpo).
Si staccò dalla bocca dell’altro, rimuovendo la mano dal sesso dell’altro e guardando con un sopracciglio alzato lo sperma che vi era rimasto appiccicato (probabilmente avrebbe potuto usarlo per un esperimento, sarebbe stato quantomeno interessante).
«Dato che abbiamo raggiunto un accordo,» sentenziò, tornando a concentrarsi su John, che ansimava sulla poltrona, gli occhi verso il soffitto e le guance incredibilmente rosse «io mi ritirerei, purtroppo per questa serata credo che dovrai accontentarti di questo, lavorerò al resto.»
Mentre Sherlock risaliva in camera pensò a quanto fosse soddisfacente la soluzione trovata (anche se, probabilmente, avrebbe dovuto cominciare a prepararsi mentalmente a tutti gli altri atti sessuali che prendersi cura del problema di John avrebbe richiesto) e che la decomposizione del topo non stava andando esattamente secondo i suoi diagrammi.