Supernatural; Bigbangitalia; Running Up That Hill 3/3

Nov 27, 2010 10:14


La terza volta che lei viene, Dean è stanco. Così stanco che, ormai, sono le catene a tenerlo e non è più lui ad aggrapparsi con tutte le sue forze.
Non ha più voglia di urlare e di soffrire. È così stanco.
Quanti anni erano passati? Duecento, dice lei, guardandolo e sorridendogli.
E Dean la guarda e ci pensa, per la prima volta in duecento anni ci pensa seriamente a fare come dice lei, a lasciarsi andare.
«Vieni con me, Dean, sei stanco, no?»
Sì, sì, è così stanco. Il suo corpo - o quello che era - è così pesante e piccolo e opprimente e forse se va con lei sarebbe andato tutto bene.
Lei gli passa una mano sui pettorali, graffiandolo con le sue unghie (non ha un corpo propriamente umano, ma è molto, molto simile). «Vieni con me, Dean, potresti essere libero.»
Ha un suono così bello quella parola. Libero dalla sofferenza, dalle urla, dal fuoco.
E Dean ci pensa, ci pensa sul serio. Ma deve aspettare Sam.
Deve aspettare Sam ed è l’unica cosa che ricorda. Se lo ricorda deve essere importante, no?
«Vieni,» dice lei e lui rimane fermo, anche se dentro di sé vorrebbe tanto dire di sì.


A Dean non è mai piaciuto molto aspettare, non è nel suo stile. Lui non riflette, lui non aspetta, lui agisce e ‘fanculo a tutto il resto.
Lui e Sam sono fermi da qualche minuto e sembra che la situazione non debba cambiare mai. È come essere fermi in un limbo - di nuovo.
«Davvero, Sam, perché sei qui?» chiede improvvisamente, buttandosi indietro sul letto. «Non è che io possa andare da qualche parte. Sale, sai?»
Sam non dice nulla, non risponde, nemmeno si muove ed è ridicolo.
«Oh, andiamo! Non è che tu possa fare molto contro di lei armato solo di acqua santa,» urla, frustrato.
«Il sale non la terrà lontana, non funziona contro di lei,» risponde Sam, e Dean vorrebbe dirgli che se lo ricorda. «È solo una precauzione ma… diciamo che io sono l’ultimo muro.»
Invece ride. «Perché tu con acqua santa e quel coltellino svizzero pensi di poterla fermare?» chiede e Sam non si muove.
«Ho tutto quello di cui ho bisogno,» dice, ma il suo tono è triste, quasi rassegnato, e Dean non capisce.
Fino a che qualcosa gli dice che no, no no no! Non è possibile, no! Ma non c’è davvero altra spiegazione e, oddio, Sammy.
Sa che è la sua parte umana a parlare, ma non può fermarla, non può controllarla in alcun modo. «No, no! Sammy, no! Tu, cioè… tu mi avevi promesso…»
Sta balbettando, non riesce a frenare le emozioni che lo distruggono dall’interno.
I demoni non provano nulla, i demoni non sentono. Ma lui non è un demone completo e Dean - la parte umana - prova e sente e si distrugge. E nel frattempo distrugge anche lui.
«Perché, Sammy?» mormora, mentre Sam si volta verso di lui, gli occhi spalancati.
«Tu… tu ricordi?» mormora, la voce che gli si ferma in gola. Dean vorrebbe dirgli che non è questo l’importante, che Sam non avrebbe mai dovuto accettare la proposta di Ruby, che ora ci pensa lui, che lo terrà al sicuro.
Ma in quel momento la porta esplode, lanciando Sam contro il muro e Lilith è lì - o almeno, il corpo che contiene Lilith.
Ha preso il corpo di una ragazza alta e bionda - tutti i suoi corpi hanno i capelli biondi - e cammina trascinando Ruby per i capelli, sorridendo dolcemente.
È perfetta e la sua aura è così potente e la sua anima così corrotta che Dean è diviso tra l’ammirarla e l’odiarla.
«Ciao, Dean, ti sono mancata?» dice, e Dean trattiene il fiato.

*

La seconda volta che lei viene, Dean non è stanco, né arrabbiato. La seconda volta che lei viene Dean non la ricorda, non sa chi sia, non sa cosa abbia fatto e non sa come lei lo conosca.
Dean sa solo che le catene fanno male, ma sono l’unica cosa che lo lega a quella sua parte umana che cerca di scivolargli dalle mani.
Lei gli dice di lasciarle andare, che non ne ha bisogno. Che penserà a tutto lei.
A Dean non importa.
«Devo aspettare Sam,» dice, anche se non sa perché. Anche se non capisce cosa voglia dire, esattamente.
«Devo aspettare Sam,» ripete, come se dirlo abbastanza volte lo convincerà che è la cosa giusta da fare.
Anche se Dean non sa proprio perché.


«Non ti stai forse dimenticando di qualcuno?» chiede Sam, rimettendosi in piedi, prima che Dean possa rispondere a Lilith.
Lei si volta verso di lui, il sorriso che si chiude solo leggermente. «Oh, sì, Sam.»
«Non ti vedo molto felice di vedermi,» mormora lui, spavaldo.
Dean passa lo sguardo dall’uno all’altro ed è un po’ assurdo, perché loro due rappresentano le due strade che può scegliere di percorrere. Da un lato c’è Lilith, il potere, l’orgoglio del demone che ruggisce dentro di lui di seguirla. Dall’altro c’è Sam e l’affetto, la spavalderia della parte umana lo spinge verso di lui.
E se fino ad ora è sempre stato solo una visione metaforica della situazione… ora è così reale. Fa quasi ridere.
«Sono solo un po’ seccata. Non mi piace quando le persone usano i miei giocattoli,» dice lei, sottolineando l’aggettivo possessivo, sperando di fare infuriare Sam con quelle poche parole.
«Lui non è tuo, Lilith,» ringhia Sam, e Lilith ride di gusto.
«Peccato che ho un contratto che dice esattamente il contrario, Sammy.»
È l’arma più potente che Lilith ha.
Perché per quanto Sam possa lottare, per quanto Sam possa negare, quel contratto è la prova che Dean, anche se solo per un minuto della sua vita, Dean ha voluto tutto quello.
Non ci possono essere errori, non ci posso essere cattive interpretazioni.
Quella situazione è stata Dean stesso a crearla. Non c’è nulla che Sam possa fare per cambiarlo.
Sam si riprende facilmente, però, cercando di mascherare quanto quel commento abbia colto nel segno. «Peccato che non mi importi un cazzo di quel tuo contratto.»
Lilith sospira annoiata, prima di lasciar andare i capelli di Ruby, facendo sbattere la faccia del demone sul legno del pavimento. «Peccato per te, Sam. Ucciderti era già nella lista delle cose da fare.» Poi sorride, divertita. «Era proprio tra la distruzione del mondo e la tortura di qualche nuova anima.»
Sam rotea gli occhi. «Sono contento che tu abbia trovato del tempo da dedicarmi, allora.»
«Oh, questo ed altro per te, Sammy,» è l’unica risposta che riceve. A quel punto Dean vorrebbe alzarsi e dire loro che questo è ridicolo, che lui è lì e non è proprietà di nessuno e può anche decidere cosa vuole fare.
Appena però fa per muoversi gli occhi di entrambi si puntano su di lui.
«Non provare a muoverti,» gli ringhia contro Sam.
«Dagli retta, Dean, tra poco tutto sarà finito comunque,» gli dice invece Lilith.
Nessuno dei due sembra particolarmente di buon umore, quindi Dean si limita a sedersi di nuovo. Dopotutto non è ancora realmente pronto a scegliere una fazione. A scegliere una parte di sé.
Quando si rendono conto che Dean non ha più intenzione di disturbarli, ritornano a guardarsi.
Sam prende il coltello e lo mette di fronte a sé, Lilith si limita a sorridere.
«Oh, Sammy, credi davvero di potermi uccidere con quel coltello?» mormora divertita. «Ti rendi conto che per poterlo utilizzare dovresti prima avvicinarti?»
E con un gesto della mano manda Sam contro al muro, tenendolo lì - incapace di muoversi.
Sam però non sembra particolarmente preoccupato e si limita a chiudere gli occhi.
Si concentra per qualche secondo e poi è capace di muoversi di nuovo, come se Lilith non avesse fatto nulla.
«Oh, vedo che siamo migliorati,» mormora Lilith, estremamente compiaciuta, come se questo rendesse il tutto estremamente più divertente.
«I tuoi trucchetti non funzionano con me,» risponde Sam, impugnando meglio il coltello e lanciandosi contro Lilith.
Lilith evita il primo colpo facilmente, cercando poi di dare un pugno a Sam, ma lui blocca il colpo e continuano così, con colpi corpo a corpo fino a che Lilith non riesce a spingerlo lontano.
«Devo ammettere, Sam, sei migliorato,» dice, ammirata, prima di alzare una mano. «Ma non è abbastanza.»
In un attimo una luce bianca ingolfa l’intera stanza - loro, la tappezzeria, tutto. Dean ricorda di averla già vista, ma è un ricordo sfocato, ovattato e, realizza, probabilmente di quando stava morendo.
Quando riapre gli occhi c’è Lilith, un taglio superficiale sulla sua guancia e il coltello dietro di lei, sul muro.
Sam è a terra, apparentemente svenuto - o morto? Deve avere lanciato il pugnale quando ha realizzato che non poteva vincere, pensa. E sarebbe stata una mossa intelligente se Lilith non avesse evitato il colpo.
«Oh, Dean, il tuo fratellino è davvero una spina nel fianco,» sospira Lilith. Dean si accorge che sta ansimando pesantemente, che quel colpo dev’essere stato il suo attacco più forte. «Ma non ti preoccupare, ora è tutto finito, ora possiamo tornare a casa. E finalmente potrai liberarti del legame con questo… corpo.»
Lo dice come se fosse una cosa disgustosa, ma nel frattempo gli si avvicina e gli passa una mano dietro al collo, giocherellando con i suoi capelli.
«Certo, dovrò finire prima di giocare con Sam, ma poi andiamo a casa.»
Dean a quel punto la guarda negli occhi, poi sposta lo guardo verso Sam svenuto a terra. E sorride.
«Non vedevo l’ora, è stata una noia mortale qui,» dice e poi bacia Lilith.


La prima volta che lei viene, Dean vorrebbe urlare e calciare e ucciderla.
Ma le sue corde vocali sono state logorate dalle urla o sono stati bruciati come i suoi organi e i suoi occhi e la sua lingua e come tutto il resto.
Lei è sopra di lui, un sorriso divertito sul viso, perché sa di avere vinto.
Ha Dean Winchester lì e lui ha detto a Sam di non tirarlo fuori. E lei ha vinto.
«Ciao, Dean, benvenuto all’inferno,» gli dice, e può quasi sentirlo il senso di vittoria nella sua voce, nell’aura che emana.
È così insopportabile che Dean quasi non riesce a guardarla.
Fottiti, pensa, ma dalla sua gola non esce fuori alcun suono.
Le sue risate coprono le urla di dolore e i pianti di tutti gli altri.


Lilith sta sorridendo nel bacio, probabilmente gustandosi il sapore della vittoria. Gli accarezza una guancia con una mano, e poi gli conficca le unghia nella pelle, come a marchiarlo.
È una questione di possesso per lei, come se Dean stesse formando un contratto ancora una volta.
Ma Dean non sta facendo nulla del genere.
Non sa controllare i suoi poteri, non li hai mai usati molto, ma mette una mano in avanti, mentre con l’altra circonda la vita di Lilith, per non farla insospettire. E poi si concentra.
Cerca di trovare il coltello, ovunque sia, e quando lo trova cerca di capire come fare a portarselo alla mano.
È conficcato nel muro davanti a loro, accanto alla porta. E poi improvvisamente vola nella mani di Dean, così all’improvviso che per un attimo Dean rischia di farlo cadere.
Cerca di capire se Lilith se n’è accorta, ma non sembra così, Lilith continua a baciarlo e a graffiarlo e non sembra che qualcosa sia cambiato.
Dean cambia l’impugnatura sul pugnale - in maniera tale che la lama punti contro la schiena di Lilith - e poi dà un colpo secco, cercando di piantarglielo nella carne, di sentire quella sua anima disintegrarsi contro le sue dita.
Ma prima che possa raggiungere il suo obbiettivo qualcosa blocca il suo braccio e quando si rende conto che è la mano di Lilith è ormai troppo tardi.
In un secondo Dean viene catapultato contro la porta, contro il sale - fastidio, maledizione, che fastidio - e Lilith sta lì, con il pugnale in mano.
«Dean, perché? Avremmo potuto fare grandi cose assieme, avresti potuto finalmente abbandonare questa tua patetica fragilità e diventare incredibile,» mormora lei, senza muoversi, girandosi semplicemente il coltello tra le mani con aria annoiata.
«Speravo che non fossi tornato ad essere lo stupido Dean Winchester di sempre, sai?» continua e Dean tossisce, cercando di liberare la gola dal sangue.
«Che ci posso fare, sono troppo affezionato a me stesso. È tutto un problema di vanità,» le risponde, mentre Lilith alza una mano e comincia a stringere.
È come essere di nuovo all’inferno, solo che le urla sono solo sue questa volta - le sue interiora stanno bruciando, si stanno rivoltando e aggrovigliando e, Dio, fatelo smettere, fatelo smettere!
«Mi spiace, Dean, ma non ho bisogno di giocattoli rotti,» è tutto quello che lei dice - e gli ricorda tanto quando lei ha chiamato i cerberi e li ha fatti giocare con il corpo di Dean come uno di quei giocattolini da masticare.
Puttana.
È allora, mentre sente il fuoco divorargli i polmoni, che sente un mormorio, un bisbiglio, quasi.
«Exorcizamus te, omnis immundus spiritus, omnis satanica potestas,» sta dicendo il bisbiglio e Dean sente i suoi organi tornare al proprio posto, smettere di bruciare, ma ora la sua anima cerca di scappare dal corpo.
È una sensazione fastidiosa, è una sensazione lacerante - è come se la sua anima volesse andarsene ma non potesse, come se fosse incatenata da mille e mille più catene che la stringono e la soffocano.
È un po’ come morire, ma Dean non può morire, perché è già morto.
Lilith si è presa la testa tra le mani, gli occhi di un bianco candido, e si volta verso Sam, che continua a recitare senza sosta: «Omnis incursio infernalis adversarii, omnis legio.» Lilith ne sta risentendo, non tanto quanto qualunque altro demone (che fine ha fatto Ruby, sta subendo l’esorcismo anche lei?) ma abbastanza perché Dean si rimetta in piedi, piano, mentre lei è occupata con Sam.
L’esorcismo è terribile, gli dilania l’anima, ma Dean sa che non può fargli altro che un dolore infernale.
Dean non può lasciare quel corpo, è un demone solo a metà e quel corpo sarà la sua prigione per l’eternità.
Lilith ha di nuovo alzato la mano, verso Sam, facendolo zittire - e Sam non ha abbastanza forze per concentrarsi e rendere nullo il suo attacco. Dean si butta in avanti verso il coltello - è l’unica loro possibilità, il coltello - e riesce ad aggrapparsi al braccio di lei, ma non a farle lasciare la presa sul manico.
«Voi, piccoli insetti,» sibila Lilith, dando un calcio nello stomaco a Dean.
Dean sente i suoi polmoni riempirsi di sangue, ma tanto non può morire. Stringe la presa sul braccio di Lilith e quando finalmente lei lascia andare il coltello, si abbassa a prenderlo, velocemente e Lilith gli dà un altro calcio, facendolo cadere a terra, privo d’aria.
E un altro calcio e un altro ancora. Sam sta provando ad alzarsi, sta cercando di andare ad aiutarlo, ma i suoi movimenti sono troppo lenti. Si è fatto male ad una gamba? Dean non riesce a vedere bene, ma gli sembra che zoppichi, e Dean continua a sputare sangue, a respirare sangue.
Non è esattamente orrendo: gli piace il sangue. Solamente preferisce il sangue altrui.
Poi i calci smettono, ma Sam è ancora dall’altra parte della stanza e Dean sente uno sparo e poi un altro e c’è Bobby, alla porta, sangue che gli scende dalla tempia, che spara e spara e spara.
Non ci vuole molto perché Lilith lo sbatta al muro, ringhiando, e Dean non ha nemmeno il tempo di mettersi a gattoni. Si aspetta un altro calcio, ma questo non arriva.
Qualcun altro sta lottando con Lilith. Non Sam, che si sta avvicinando verso di lui, ma Ruby. Ruby cerca di colpire Lilith, non ci riesce, ma prova e riprova dando tempo a Sam di arrivare accanto a lui e a Dean di alzarsi.
Sam lo sta guardando, probabilmente indeciso su cosa chiedergli prima, ma Dean sa che non hanno tempo, che magari potranno parlare dopo.
Gli passa il coltello, allora. «Cerca di piantarglielo a fondo, Sammy, a quella figlia di puttana,» dice e poi si porta in avanti, per aiutare Ruby, che sembra instabile sulle sue stesse gambe, troppo stanca per riuscire a portare un colpo serio.
Non appena Dean fa partire il primo pugno, Ruby cade a terra, probabilmente svenuta, e Dean prende il suo posto.
Lilith è più forte, più veloce e più letale. Dean cerca di parare i suoi colpi e restituirglieli, perché non importa quanto lei sia più forte di lui, Dean Winchester non si tira indietro.
Dean Winchester combatte fino all’ultimo. E questa è una caratteristica di Dean Winchester che piace anche al nuovo Dean.
Poi Sam è dietro Lilith e Dean le afferra entrambe le braccia, mentre Lilith gli sferra un calcio allo stomaco e Sam le pianta il coltello nella schiena.
Lilith comincia a tremare, violentemente, e poi più nulla.
Il corpo non respira, non si muove, non fa assolutamente nulla.
Dean tiene ancora tra le mani le braccia di una donna senza vita e Sam guarda incantato il corpo che si accascia, lentamente.
C’è silenzio, per qualche secondo, prima che Dean parli. «Ce l’abbiamo fatta?» chiede, non ancora certo di quello che ha visto.
Lilith è morta? Hanno ucciso Lilith? Com’è possibile?
«Ce l’abbiamo fatta,» dice Sam, ma sembra scioccato esattamente quando Dean e quando si guardano negli occhi riescono solo a leggere l’incredulità nello sguardo dell’altro.
Lilith è morta. Morta.
«Era ora, cazzo,» è l’unica cosa che riesce a dire Dean, ghignando.
E Sam ride, lasciandosi cadere sul letto praticamente distrutto.


Quando le catene si sciolgono, a poco a poco, lasciandogli liberi i polsi, lui non ha fatto nulla di particolare.
Non si è mosso, non ha parlato, non ha nemmeno respirato.
Si sono semplicemente sciolte, a poco a poco, liberando la pelle dei suoi polsi - martoriata e sanguinante - e lasciandolo cadere nel vuoto.
Non sa perché succeda, non sa cosa deve pensare, non sa nemmeno chi sia, a dirla tutta. È questa la libertà di cui parlava lei? È questo cadere nel vuoto, senza sapere dove arriverà?
I ricordi confusi che ha, le memorie di demone che dovrebbe avere, non l’aiutano a capire, non l’aiutano a fare chiarezza su qualsiasi cosa stia succedendo. Si sente come se qualcuno lo tirasse da due parti differenti, cercando di spezzarlo a metà.
Sa solo che sta cadendo e non sa dove andrà a finire.
L’unica cosa certa è che continua a cadere.


Quando Dean si sveglia, la mattina dopo, c’è qualcosa di diverso.
Quando Sam, la sera prima, aveva trascinato Ruby e Bobby fuori dalla stanza e poi aveva rimesso il sale, un po’ titubante, Dean non aveva detto nulla.
Quando si sveglia, Dean sa di avere fatto bene. Perché c’è qualcosa di diverso nella stanza e Dean sa cos’è.
Si alza e avanza lentamente verso la porta - lo stomaco che gli fa ancora un male cane dalla battaglia del giorno prima - e apre la porta lentamente.
Non c’è sale oltre la porta, non c’è sale da nessuna parte. Volendo, Dean potrebbe scappare e non tornare mai più.
Ma Dean non ha dove andare. Ha ucciso Lilith. Per qualsiasi demone al mondo è una disgrazia e lui è un demone, non può vivere normalmente assieme agli altri umani.
Fa qualche passo in avanti, cercando di imprimersi nella memoria il soggiorno e la sala da pranzo - con fogli e libri di esorcismi aperti e abbandonati - il tavolo è a terra, rotto. Lilith era passata anche di lì, il giorno prima.
Si avvicina alla finestra, poi, guardando gli alberi e il cielo e l’erba e si chiede quanto tempo sia passato dall’ultima volta che ha visto una qualsiasi di queste cose.
Appoggia una mano sul vetro - è freddo e piacevole - e poi sente un rumore alle sue spalle.
Sam lo guarda, appoggiato allo stipite della porta che dà sulla camera da letto di Bobby. Giusto, Bobby e Ruby.
«Come stanno?» chiede, senza rimuovere la mano dal vetro.
«Se la caveranno,» risponde Sam, staccandosi dallo stipite e cominciando a camminare verso di lui.
Dean sa già cosa chiederà Sam, sa già come andrà tutta la conversazione a dire il vero. Per il demone gli esseri umani sono troppo prevedibili, per Dean Winchester è Sam ad essere prevedibile.
«Tu quindi…» mormora Sam, abbassando lo sguardo e Dean risponde alla sua domanda, senza nemmeno avere bisogno di sentirla.
«Io ricordo, sì. Ho cominciato a ricordare più o meno qualche giorno dopo il mio arrivo.» Non distoglie lo sguardo da Sam, dal modo in cui si mordicchia il labbro, da come non riesce ad incontrare i suoi occhi.
«Perché non hai detto nulla?» chiede allora Sam, e sì, Dean si aspettava anche questa.
«Perché non volevo ricordare, perché stavo combattendo il processo con tutte le mie forze.» È una spiegazione semplice, a sentirla, ma era stato un processo così difficile. Un problema insormontabile.
«Quando urlavi…» ragiona Sam e Dean si limita ad annuire.
Questa? Questa è stata la parte facile. Perché ora Sam alzerà lo sguardo verso di lui, speranzoso di ritrovarci il fratello perduto e lui dovrà dirgli che non potrà mai riavere suo fratello indietro, comunque non quello che lui ricorda.
Lui è Dean Winchester, ormai, ma non lo stesso che era morto quattro mesi prima. Ora è un demone e ricorda cose che nessun umano potrebbe mai sopportare.
«Okay,» dice invece Sam. «Okay, l’Impala puoi guidarla tu. Non è lo stesso quando la guido io, credo che tu le manchi.» Ridacchia, avanzando e rimanendo a pochi passi da lui.
Dean lo guarda, cercando di capire cosa fare.
Sam ha capito? Senza chiedere? ha capito che Dean non può più essere il Dean che lui è abituato ad avere intorno? Che no, lui non è suo fratello, non è la stessa persona che era morta quattro mesi prima? No, deve dirglielo, deve specificare o Sam continuerà a vivere nella finzione fino a che non sarà stato tutto inutile. Fino a quando non sarà costretto ad aprire gli occhi.
Apre la bocca per parlare, per mettere in chiaro le cose, ma Sam lo precede.
«Non sono stupido, Dean, non… non ho mai pensato che avrei potuto riportarti indietro tutto d’un pezzo. Non com’eri prima.» Finalmente lo guarda, affronta i suoi occhi e Dean non vi vede paura, né rimorso, né nient’altro. Dean vi vede decisione.
«Magari pensavo con un po’ meno… sai, occhi neri e anima dannata e tutto il resto. Ma va bene, va bene anche così.» Poi Sam lo sta abbracciando e ha il viso affondato nel suo collo. «Va bene anche così.»
«Sam,» mormora, senza fiato, incapace di parlare. Incapace di respirare.
«No, senti io… non ce la faccio da solo, Dean. Non ce la faccio. Quindi mi va bene, mi andrebbe bene anche se diventassi Satana in persona. Mi va bene, Dean.» Si stringe più forte, con disperazione.
E Dean non sa cosa fare, non sa come reagire, non sa come rendere le cose un po’ meno… questo. Melense, strappalacrime.
Quindi fa l’unica cosa che gli viene in mente e si sporge, leccando il lobo dell'orecchio di Sam, mordicchiandolo leggermente.
Sam si irrigidisce tra le sue braccia, e Dean se l’aspettava. Si ritrae indietro, lo sguardo più serio che Sam gli abbia mai visto.
«Dean… tu ricordi… giusto?»
Dean aggrotta le sopracciglia. Non avevano già risolto questa parte del problema?
Evidentemente Sam legge la confusione nei suoi occhi e si affretta a continuare. «Tu ricordi e vuoi comunque… vuoi comunque questo?»
Dean capisce immediatamente, capisce tutti i dubbi e le titubanze. E poi le ignora completamente.
I suoi occhi diventano completamente neri prima che possa rendersene conto e prende Sam e lo sbatte contro il muro, come la sera prima, quando Sam gli aveva puntato il coltello alla gola.
«Io voglio, Sam. Voglio continuamente, voglio tutto.» Il suo mormorio è più un ringhio di un animale affamato, e Dean avvicina i loro visi, il più possibile. «Puoi darmi tutto, Sam?»
Non sa cosa sia tutto a dire il vero, qualsiasi cosa voglia prendersi, qualsiasi cosa potrà mai volere. Semplicemente tutto. Tutti quei sentimenti che senza Sam non riesce a provare - è diverso con Ruby, è stato diverso con Lilith, è Sam l’unico per cui provi ancora qualcosa.
E lui vuole sentire, vuole aggrapparsi a quelle fottute catene e non lasciarle andare mai.
Ha preso una scelta e ora la vuole seguire. Perché questo vuol dire essere Dean Winchester.
In risposta Sam lo bacia e Dean lo sente infilargli le chiavi dell’Impala nella giacca.
E in un modo o in un altro se la caveranno.
Troveranno qualcosa da cacciare, come sempre e Dean potrà sentire l’adrenalina. Potrà stringere una pistola tra le mani e amare il freddo contatto con essa.
E poi torneranno in un qualsiasi motel e Dean potrà sentire la passione. Potrà prendere Sam e sentire il calore del suo corpo mentre si piega per toccare la sua mano.
E magari non è proprio tutto, ma probabilmente è abbastanza.

Fine

« Part 2 | Master Post | Note»

paring: dean/ruby, character: ruby, character: lilith, fandom: supernatural, character: dean winchester, paring: wincest, paring: dean/lilith, !fanfiction, *bigbangitalia, character: bobby singer, character: sam winchester

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