Arriva un treno carico carico di angst.

Feb 16, 2010 01:08

Come ho anticipato nel post precedente, Paris e Johnny non vivono più insieme. I motivi non sono chiari: la scusa ufficiale è che Paris volesse trasferirsi in un appartamento più vicino al suo posto di lavoro, perchè il loro appartamento era effettivamente in mezzo al nulla, ma la decisione è parsa così improvvisa e inaspettata anche per Johnny che tutti abbiamo pensato "O Paris è veramente un uomo di merda oppure c'è qualcosa sotto."

Dopo essermi strappata il cuore al pensiero del povero Johnny moglie abbandonata (ve lo giuro, se avete la possibilità di scaricare da qualche parte la quarta puntata, o almeno l'inizio, non potrete non cogliere gli evidenti sintomi della moglie lasciata che ancora difende il marito bastardo) e avere apprezzato a fondo le sue opportunità di carriera come colf (forse siamo un tantino maniacali e ossessivo compulsivi, Johnny? Nooo...), framianne ha letto in un commentino un gossip che ci ha fatto riconsiderare la faccenda. Si dice, e la cosa è assolutamente priva di prove, che Paris in verità sia andato in rehab, quindi a disintossicarsi. Non è una novità assoluta che Paris fosse incline alle droghe, in verità, quindi la notizia non suonerebbe nemmeno tanto strana, così come il fatto che abbiano preferito insabbiare la cosa.

Edit del 20.04.10: ci ho ripensato. Niente rehab, è tutto molto più complesso. Godiamoci il dolore puro e semplice della bionda mollata in tronco.

Quindi, detto questo, ho scritto due ficcyne piuttosto corte e inconcludenti, al solo fine di elaborare il lutto, se così si può dire. So che suona psicotico, ma mettere queste cagate nero su bianco mi fa acquietare il cervello, che ancora piangeva l'OTP scoppiato.
Condivido, ma non aspettatevi due fic pervase di allegria o trama. Sono scenette, come delle istantanee, di un dolore vissuto con un po' di sconcerto e di distacco dalla realtà.

Titolo: Cuore di mamma
Fandom: RPS Johnny Weir
Pairing Johnny Weir/Paris Childers (in passato e solo accennato)
Rating: PG13, credo...
Word Count: 1105
Avvertimenti: Angst, uomini ghei lasciati.
Disclaimer: Paris e Johnny sono (o forse erano) solo migliori amici. Quindi è tutto frutto della mia mente malata.
Note: La scena, secondo un calcolo approssimativo della sottoscritta, dovrebbe avere luogo verso il 14 aprile 2009, per l'esattezza la sera in cui Paris ha detto a Johnny che se ne sarebbe andato. Come siamo arrivati a questo punto l'avete letto nell'introduzione al post.
Ringrazio framianne per la beta e la condivisione del dolore e le mie due amykette perchè ancora mi sopportano. Che forza d'animo... Quasi quanto Patti.


CUORE DI MAMMA

“Mamma… Paris se ne va.”
“Cosa?” La voce affannata all’altro capo del telefono la preoccupa - peggio, la spaventa.
“Paris ha detto che se ne va.”
“In che senso?”
“Quello che ho detto! Non lo so… Me l’ha appena…”
“Johnny. Calma.” Sono questi i momenti in cui vorrebbe che non se ne fosse mai andato, gli istanti in cui rivorrebbe il suo bambino a casa, senza telecamere per i piedi, eccentrici fidanzati che si danno arie da debuttanti di Manhattan e soprattutto senza tutti quei chilometri di mezzo. Si odia per averlo lasciato andare, per aver accettato che si accollasse altre responsabilità e che si sottraesse alla sua ala protettiva. “Vi siete lasciati?”
Dall’altra parte del telefono segue un lungo silenzio, tanto che Patti teme di aver fatto la domanda sbagliata.
“…Non lo so,” risponde poi Johnny, e la sua voce è così fragile, così simile a quella dei suoi diciotto anni e delle prime delusioni, o dei ventidue e dei grandi dolori, quando andava a rifugiarsi tra le sue braccia, che fa male al cuore. “Credo di no. Non gliel’ho chiesto.”
Patti inspira a fondo. Calma, si dice, ci vuole una persona con i piedi per terra. Se Johnny è rimasto schiacciato dalla realtà, sarà lei la voce pratica.
“Ma allora perché…?” domanda.
“Vuole vivere più vicino al centro, cioè, lui lo diceva da mesi, ma non credevo che sarebbe stato così...” Johnny biascica qualcosa che Patti non riesce a intendere, poi sbotta “Ma perché deve andarsene? Io lo so che non ci sono mai, ma non poteva aspettare almeno che tornassi a casa?”
Se Patti avesse sottomano Paris, in questo momento, gli spezzerebbe ogni osso del corpo con estrema lentezza, solo per fargli provare un briciolo del dolore che sta causando a suo figlio. Non può dirlo, però, perché Johnny per qualche astrusa ragione lo ama e comunque, per sua natura, non capirebbe. Anzi, è piuttosto sicura che, in tutta questa faccenda, Johnny finirà per perdonarlo e lei non potrà fare niente per tenere le sue manacce lontane dal suo bambino.
“Senti, quando ha detto che vuole traslocare?” domanda quindi, spiccia, tornando alle questioni pratiche.
“Tra tre o quattro giorni.”
I muscoli del viso di Patti si tendono ancor di più, rendendo la sua espressione marmorea, e per la prima volta quella sera è felice che il figlio non la possa vedere.
“Scherzi? E l’appartamento?” domanda, il tono serio ma conciliante. “Quello in cui stai ora non te lo puoi permettere da solo.” Ciononostante, in fondo al suo cuore, la consapevolezza che presto Johnny non dovrà più condividere i propri spazi con quell’individuo la fa sentire meglio. Ci vorrà tempo, ma tutto passa, prima o poi.
Un sospiro, dall’altro capo, richiama la sua attenzione e Patti immagina Johnny seduto sul letto, o scivolato ormai per terra.
“Lo so,” geme piano Johnny.
“Dobbiamo trovarne un altro più piccolo. Nel condominio dove stai tu ce ne sono un paio sfitti, di sotto, no? Magari uno di quelli potrebbe andare bene. Domani chiamo.”
“Ma io non ci sono neanche! Come faccio a traslocare in un appartamento nuovo se non ci sono?”
Patti apre la bocca per rispondere di getto, ma poi tace. Si morde la lingua e prende un nuovo, profondo respiro, prima di dire “In qualche modo faremo. Domani vengo lì, mi lasci le chiavi e sistemo tutto, ok? Per le scatole ci pensiamo io e papà.”
“Oddio…” Johnny mormora con voce strozzata. “Non ce la faccio. Mi sento male.”
“Tesoro,” lo richiama la madre, la voce più ferma di prima. “Tesoro, basta. Respira. Andrà tutto bene.”
“Devo ancora fare la valigia…” mormora Johnny, perso nei suoi pensieri, con un filo di voce.
“Falla, allora, poi mettiti a letto e cerca di dormire.” Non riesce a trattenersi dall’aggiungere “Ti mancava proprio questa. È proprio il momento adatto…”
“Perché mi deve fare una cosa del genere? Sembra che l’abbia fatto apposta! Lo sapeva che dovevo partire, lo sa che…”
“Dov’è adesso?” chiede Patti, interrompendolo.
Johnny ansima un po’. Probabilmente l’unica cosa a frenarlo da un attacco di panico è la voce di sua madre.
“È uscito,” mormora. Patti distingue una punta di lacrime nella sua voce. “Credo sia andato dai suoi.”
“Non saresti mai dovuto andare a vivere con Paris. Lo sapevi che non era in grado di comportarsi come una persona responsabile, e…”
“Ma mi aveva promesso!” esclama Johnny, stridulo.
“Lo so, amore, ma lo sai. Sono tutte parole al vento. Non so neanche perché ti fai prendere in giro così.” Un singhiozzo, appena soffocato, le gela l’astio che le sta crescendo dentro parola dopo parola, e si zittisce. “Non fare così,” dice, il tono più carezzevole, quasi potesse abbracciarlo solo con la voce. “Ti voglio bene. Johnny, tranquillo. Andrà tutto bene. Sshh…”
Lo conosce bene. Johnny si acquieta e dall’altro capo del telefono il respiro rimane affannato, ma Patti avverte lo sforzo del figlio che cerca di ritrovare il controllo.
“Bravo,” mormora. “Allora, vai in bagno e lavati la faccia, poi torni qui e fai la valigia con me, così sono sicura che non ti fai prendere dall’ansia, ok?”
“Sì.”
“Aspetto qui.”
Sente il fruscio del telefono cellulare abbandonato sul letto e i passi leggeri allontanarsi. Il suo volto si increspa allora in centinaia di rughe che, lo ricorda bene, una volta non c’erano. Si toglie gli occhiali con la mano libera e cattura col dorso le lacrime che sono sfuggite al suo controllo. Inspira a fondo, sbattendo le palpebre, imponendosi l’autocontrollo.
“Patti?”
Si volta nel sentire la mano grande e calda di suo marito sulla spalla. Lui la guarda, senza chiedere niente ma indagando il suo stato d’animo attraverso gli occhi preoccupati.
“Dopo,” sillaba, facendogli cenno di andare e non darsi pena. Avranno modo di discutere di tutto e sa che sul suo petto potrà lasciare che il proprio dolore di madre si sciolga liberamente. Ora però dovrà essere forte per Johnny. Solo un altro po’.
“Mamma?” giunge la voce tesa del figlio, rompendo il momento di sconforto.
“Sì, tesoro. Sono qui,” risponde con voce calma e sforzandosi di sorridere, perché Johnny possa sentirlo. “Allora, forza con questa valigia.”

Titolo: That's what friends are for
Fandom: RPS Johnny Weir
Pairing Johnny Weir/Paris Childers (in passato e solo accennato)
Rating: G
Word Count: 265
Avvertimenti: Angst, uomini ghei lasciati. Lievissima ossessione per l'ordine e la pulizia.
Disclaimer: Paris e Johnny sono (o forse erano) solo migliori amici. Quindi è tutto frutto della mia mente malata.
Note: Christa è la migliore amica di Johnny e nonostante non appaia mai nel reality nè nel film su di lui sappiamo dal suo sito ufficiale che lei gli è stata molto vicina nel periodo dopo la delusione ai nazionali e anche nel corso del drammatico trasloco.


THAT'S WHAT FRIENDS ARE FOR

“Là. Questo era l’ultimo.”
Johnny si lascia scivolare drammaticamente in ginocchio sul pavimento, sospirando di sollievo.
“Non ci posso credere,” dice, osservando i cartoni ormai svuotati e ordinatamente ripiegati addossati al muro . “Pensavo che sarei morto prima di rivedere il pavimento.”
Christa ridacchia, mentre si sbarazza anche dell’ultimo cartone.
“Sei sempre esagerato. Era già quasi tutto a posto quando sono arrivata.”
“Sì, be’…” borbotta Johnny, storcendo le labbra scettico. “L’ordine è un’altra cosa, eh. Magari dopo inizio a dare una passata…”
“Magari domani,” lo doma Christa al volo. “Non per altro, ma io sono distrutta e non mi sono precipitata qui solo per guardarti fare la casalinga.”
Johnny ride, poi sospira di nuovo e fa dondolare la testa pigramente da un lato e dall’altro, sgranchendosi il collo e rilassando i muscoli affaticati.
“Sono esausto,” mormora. Chiude gli occhi ed espira, fino a che il suo busto esile sembra sgonfiarsi.
Tra lui e Christa scende un silenzio confortevole, ma l’amica avverte la tensione sottopelle e l’istinto le dice di non perderlo d’occhio. Quando Johnny riapre gli occhi, infatti, il suo sguardo si è fatto vagamente vacuo. Lo sposta attorno a sé, osservando il suo appartamento nuovo ormai sistemato, le sue cose posizionate precisamente dove le vorrebbe. Ascolta il silenzio provenire dall’ingresso, avvolgere le stanze in cui lui e l’amica non sono, e Christa vede la realizzazione farsi strada sul suo volto.
“Se n’è andato davvero,” mormora, la voce tremante già sul punto di spezzarsi.
Christa non può fare altro che allungarsi in avanti ed abbracciarlo, mentre i suoi begli occhi verdi si sciolgono in pianto.

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