P0rn Fest 3.0 - Fatica nr. 13: AS/S - Cioccolata con panna e zucchero a velo

Jan 31, 2010 20:12

Titolo: Cioccolata con panna e zucchero a velo
Fandom: Harry Potter
Pairing Albus Severus/Scorpius
Rating: NC17
Word Count: 3241
Avvertimenti: Sesso orale descrittivo, giochi di parole di cattivo gusto, eccesso di fluff.
Disclaimer: Non è roba mia e li uso in modo improprio perchè se no la mia vita mi pare vuota e triste. La Rowling purtroppo è l'unica che ne trae beneficio.
Note: Storia scritta per il P0rn Fest, terza edizione, con il prompt che mi sono autodata Harry Potter, Albus Severus/Scorpius, lago.
Gli Albus e Scorpius descritti sono quelli della fic I Potter non sono raccomandati (mi hanno detto); ciononostante può tranquillamente essere letta singolarmente. E' ambientata pochi giorni prima di capodanno, un anno e mezzo dopo l'inizio della relazione tra Albus e Scorpius (quindi a grandi linee poco meno di un anno dopo la fine dell'altra fic).
Un grazie speciale a koorime_yu che mi ha dato i prompt mentali per ispirarmi. ♥


La proposta di quella settimana al lago era giunta inaspettata. Albus aveva mostrato qualche perplessità, perché avrebbe dovuto prendere ferie dal lavoro e sotto Natale c’erano già tanti disertori nei ranghi da assottigliare notevolmente le risorse umane del corpo Auror, ma Scorpius aveva sfoderato quella faccetta imbronciata, mezza offesa e mezza delusa, che tanto donava ai suoi lineamenti affilati, e aveva detto “Ma non abbiamo mai fatto una vera vacanza insieme…” in maniera così tenera - o meglio, il tono era stizzoso, ma Albus preferiva leggere tra le righe, spesso, onde evitarsi lunghe discussioni e mal di stomaco - che Albus non aveva proprio potuto dirgli di no. In fondo era vero: in un anno e mezzo di relazione, per svariati motivi, avevano dormito spesso insieme - Albus adorava il fatto che Scorpius vivesse da solo - ma non avevano mai chiuso col mondo per una decina di giorni rintanandosi in qualche angoletto sperduto del globo. Era anche ora che si ritagliassero un po’ di tempo per stare da soli.
Di fronte alla richiesta di ferie suo padre non aveva fatto storie e l’idea di una bella settimana di pace, dopo i bagordi del pranzo di Natale con tutta la famiglia, era parsa ad Albus decisamente invitante. Così aveva preparato i bagagli, salutato mamma, papà e i fratelli - la presenza di James a casa sotto Natale aveva un che di tradizionale, come il vischio sulla porta e lo scarto dei regali a mezzanotte - e si era fatto un viaggetto via Metropolvere dritto dritto nel cottage sul lago dei Malfoy.
Albus non sapeva di che lago si trattasse, ma aveva deciso che si trovavano nelle Midlands - decisione totalmente arbitraria, visto che un lago inglese, in pieno dicembre, era praticamente identico al sud come nel bel mezzo delle Highlands - e, una volta acceso il caminetto e familiarizzato con la casa, aveva decretato che il posto non era niente male. In fondo aveva parecchi pregi: tanto per dire, non c’erano fratelli ubriachi o sorelle ficcanaso tra i piedi e la casa era calda, confortevole e silenziosa. Inoltre il paese più vicino non era affatto vicino e il paesaggio circostante, spolverato di neve e apparentemente privo di impronta umana a deturparlo, creava una delle atmosfere più romantiche che Albus avesse mai sperimentato. Merlino, sua sorella glielo diceva in continuazione, ma anche Albus si rendeva conto di diventare più mollaccione ad ogni giorno che passava con Scorpius. Oh, be’, si disse, non era poi la fine del mondo, se il risultato era starsene qualche ora seduto sulla riva del lago con Scorpius tra le braccia e una coperta calda - perennemente, magicamente calda - sulle spalle.
“Non so come hai fatto a convincere i tuoi a mollarti la casa, ma è stata proprio una bella idea,” mormorò Albus all’orecchio di Scorpius. Con istintiva premura avvolse meglio se stesso e il compagno nella coperta, schermandolo dal vento gelido che cercava di infiltrarsi al di sotto di quel guscio accogliente.
“Non è poi così difficile ottenere qualcosa dai miei genitori, basta sapere quali tasti pigiare…” biascicò Scorpius, affondato nella trapunta fino agli occhi. “Alla loro età non è che se ne facciano granché.”
Albus ridacchiò.
“Sì, be’… Diciamo che non mi aspettavo che incoraggiassero i nostri sordidi propositi…” sussurrò, mordicchiandogli la punta dell’orecchio. Era gelata e la trattenne per qualche secondo di più tra le labbra.
“Non ho mai detto ai miei di volere il cottage per portarci te,” replicò Scorpius ironico, accomodandosi meglio nel suo abbraccio. “Anche se ti concedo che potrebbero essersene fatti un’idea…”
Albus sorrise. I capelli di Scorpius gli solleticarono il naso quando gli appoggiò il mento nell’incavo del collo. Lasciò che il suo sguardo indugiasse pigramente sulle rive innevate e sull’acqua, che, immobile e grigia, pareva una grande distesa d’argento. Gli ricordava vagamente gli occhi di Scorpius al mattino.
“Sono contento comunque,” disse. “Avevi ragione, ci voleva una vacanza insieme. Ultimamente non abbiamo avuto molto tempo libero tra una cosa e l’altra e avevamo bisogno di staccare un po’. Soprattutto visto che tra nemmeno dieci giorni mi lasci solo…”
Scorpius l’aveva colto completamente di sorpresa con la notizia che, a gennaio, sarebbe partito per la Germania. Albus aveva faticato a digerirla, ma non aveva saputo fargliene una colpa: si trattava di lavoro, di affari coi goblin, e quel viaggio avrebbe significato esperienza, conoscenze influenti e la possibilità di un avanzamento di carriera importante, anche per un Malfoy. Scorpius parlava delle sue mansioni al Ministero sempre con una certa freddezza, come se quel lavoretto gli fosse del tutto indifferente, ma Albus aveva capito che Scorpius, sotto sotto, era orgoglioso delle responsabilità e della stima che si era guadagnato con gli anni. Poco importava, quindi, se quel viaggio l’avrebbe portato lontano da casa - e da lui - per quasi tre mesi. Ad Albus non era rimasto altro da fare che mettersi l’anima in pace e organizzarsi per una bella sfilza di doppi turni e mansioni extra: se doveva riempire il tempo libero, tanto valeva guadagnare qualche galeone in più.
Scorpius sospirò. Si mosse nervosamente e aprì la bocca, come per dire qualcosa, ma alla fine parve ripensarci. Invece si liberò dal suo abbraccio e si alzò, rabbrividendo un secondo dopo.
“Voglio una tazza di cioccolata. Vieni?” gli chiese, tendendogli la mano.
Albus si lasciò tirare in piedi e ricondurre in casa. In salotto, se così si poteva chiamare la stanza principale nella quale si era introdotti all’ingresso, le tende erano tirate e per questo la stanza era avvolta da una confortevole semioscurità, spezzata solamente dal riverbero rosso scuro del caminetto acceso. Albus non si stupì minimamente quando Scorpius si lasciò cadere sul divano e gli strappò di mano la coperta: era naturale che quella cioccolata non intendesse prepararsela da solo, quando lo poteva fare lui. Albus quindi virò in direzione della cucina e mise un bricco sul fuoco; poi, versati gli ingredienti all’interno, lasciò che il mestolo si occupasse del procedimento vero e proprio. In meno di tre minuti poté tornarsene in salotto con due tazze di cioccolata fumante in mano. Scorpius gliene rubò una e la usò per scaldarsi le mani, intanto che Albus si produceva in inusuali contorcimenti per infilarsi tra lui e lo schienale del divano senza scostare la coperta o rovesciare la propria cioccolata. Si stirò un quadricipite, ma tutto sommato, una volta avvinghiato di nuovo al compagno, si sentì pervadere da un moto di soddisfazione. Oltretutto la cioccolata era deliziosa.
“Mi dispiace per il viaggio,” disse ad un tratto Scorpius, in tono quasi casuale. Albus si voltò a guardarlo; Scorpius era intento a soffiare sulla propria tazza e non pareva degnarlo della minima attenzione. “Sono solo tre mesi, per carità, ma immagino che sentirai la mia mancanza.”
Albus sorrise, anche se una punta di malinconia minava il suo buon umore.
“Perché, tu invece no?” domandò, buttandola sul ridere.
“Ovviamente sì,” rispose Scorpius, serio. “Se no perché avrei voluto rintanarmi qui con te, questa settimana?”
Albus rimase per un attimo spiazzato. Scorpius era così, sapeva fornire risposte di una sincerità disarmante con la naturalezza con cui avrebbe ordinato a un elfo domestico di portare via i panni sporchi, senza lasciar minimamente trapelare quanto l’argomento lo toccasse in profondità. In lui convivevano un’anima sarcastica e uno spirito delicato e romantico, ma entrambi erano sopraffatti da un’esagerata razionalità. A volte questo si rivelava un impiccio; tuttavia Albus non poteva che ammirare una tale qualità, visto che lui ne era totalmente sprovvisto.
Fu per l’intrinseca tenerezza dell’ammissione di Scorpius e per il modo in cui i suoi occhi grigi si spostarono sul suo viso, studiandolo con amorevolezza, che Albus si chinò in avanti e lo baciò. Le sue labbra sapevano di cioccolata, ma per qualche motivo gli parvero più zuccherine.
“Attento a non…” bofonchiò Scorpius, cercando di mettere in salvo la tazza prima di rovesciarsene addosso l’intero, ustionante contenuto, ma Albus aveva già provveduto a posare la propria sul tavolino lì accanto e si affrettò a fare lo stesso con la sua, liberandogli le mani.
“Vieni qui,” gli sussurrò a un centimetro dalle labbra, prima di attirarlo in un nuovo bacio, più profondo.
Scorpius si lasciò manovrare obbediente, scivolando più in giù sulla seduta del divano, cosicché Albus potesse stendersi su di lui e aggredire le sue labbra a piacimento. Albus gli leccò il labbro inferiore prima di prenderlo delicatamente tra i denti e succhiarlo piano. Ancora sentiva sulla lingua spandersi quel delizioso sentore zuccherino; andò a cercarlo più in profondità nella sua bocca, dove si era fuso alla cioccolata e diventava intossicante, quasi al punto da dargli alla testa.
“Che ti sei messo sulle labbra?” vi sussurrò contro, tra un bacio e l’altro.
“Mh… Niente,” mugugnò Scorpius. Una penosa menzogna, chiaramente, ma Albus non aveva tempo di sondare le profondità della sua femminilità mal celata. Al momento, era molto più interessato al suo mento e alla gola bianca che spuntava dal pesante maglione di lana.
Si avventurò giù lungo il suo collo, scoprendo la pelle una volta candida e ora arrossata dai succhiotti dei giorni precedenti. Scorpius aveva manifestato l’intenzione di ucciderlo dopo i primi due, poi aveva rinunciato ad opporsi e Albus era segretamente certo che il maledetto ci godesse un sacco a farsi riempire di segni. Passò la lingua sulle macchie rosso scuro, assaporandolo, inalando il suo odore. Mordicchiò la spalla, risalendo lungo l’incavo del collo e su fino all’orecchio, alitandoci contro e fermandosi per qualche istante a succhiare il piccolo lobo.
“Burrocacao?” mormorò all’improvviso, colpito dalla realizzazione. “Che bamboli…”
“Che stronzo,” lo troncò Scorpius, afferrandolo per i capelli e strattonandolo di nuovo fino alle proprie labbra. Lo baciò con irruenza, forzandogli la bocca con la lingua e togliendogli il respiro, cosicché quando si staccarono Albus aveva il fiato corto e la memoria a breve termine azzerata.
“Che stavo dicendo?” biascicò, disseminando di baci la guancia di Scorpius e tornando ad infilarsi nel suo collo.
“Ti muovevi verso il basso, mi pare,” lo soccorse Scorpius, mettendogli entrambe le mani sulle spalle e spingendolo senza tanti preamboli sotto la trapunta. “E dicevi qualcosa su quanto sono bello…”
“Bugiardo… Ed egocentrico…” borbottò Albus, senza opporre resistenza.
Le sue mani andarono anzi a slacciare velocemente i pantaloni di lana pesante del compagno, abbassandoli quanto bastava a scorgere ben delineata la sagoma della sua erezione. Vi strofinò contro la guancia, chiudendo gli occhi e inalando l’odore di Scorpius, lì più intenso ed eccitante. Individuata la punta, vi chiuse sopra la bocca, inumidendo di saliva il cotone dei boxer mentre lo succhiava piano attraverso il tessuto. Scorpius sospirò e alzò un po’ i fianchi, nel tentativo di calarsi la biancheria, ma Albus ne intercettò le mani giusto in tempo, bloccandolo per i polsi.
“Dai, lascia,” lo pregò Scorpius, cercando di divincolarsi.
“Nemmeno per sogno,” ribatté Albus, sogghignando. “Chiedi per favore…”
“Dai, Albus!” si lamentò l’altro, scalciando debolmente nella speranza di colpirlo senza fargli troppo male e di far scendere un altro po’ i pantaloni allo stesso tempo. “Non fare il cretino!”
“Per…” Albus alitò nuovamente sulla sua celata erezione, facendolo rabbrividire. “Favore,” scandì, sogghignando.
“F-fottiti,” replicò cocciutamente Scorpius, la cui voce però si rompeva già per l’ilarità. “Piuttosto me lo succhio da solo,” aggiunse, abbassando lo sguardo per intercettare quello di Albus. Vedere la sua testa fare capolino da sotto la trapunta come una tartaruga dal guscio fece esplodere il riso che gli aleggiava sulle labbra.
“Ehi, non dovresti ridere!” si lamentò Albus in tono volutamente petulante. “Si muore di caldo, qua sotto. Potresti almeno dimostrare un po’ di apprezzamento per lo sforzo.”
Scorpius si acquietò e smise di lottare per liberare i polsi dalla presa ferrea di Albus.
“Ok, ok,” sospirò. “Farò il bravo. Fammi vedere di che sei capace.”
Albus sogghignò, lasciandogli le mani per afferrare l’elastico dei boxer. Li abbassò di qualche centimetro, lentamente, poi, con uno strattone deciso, glieli calò. L’erezione di Scorpius saltò su come animata, colpendolo in volto. Albus aprì la bocca, richiudendola attorno al glande. Vi passò la lingua, succhiando con gusto, e il sapore salato che ben conosceva gli riempì la bocca, mischiandosi al dolce della cioccolata e delle labbra di Scorpius in un connubio a dir poco perfetto. Albus strinse maggiormente le labbra attorno alla punta, iniziando il lento moto di discesa e risalita, passando con insistenza la lingua su tutti i punti che sapeva essere più sensibili per il compagno. Scorpius gemette, aggrappandosi alle sue spalle per trattenersi dal muovere il bacino. La bocca di Albus scese più giù, accogliendo l’erezione dell’altro in profondità, poi tornò su, stringendosi a succhiarne la punta. Si soffermò a lungo sul glande, torturandolo abilmente, lasciando che scivolasse fuori dalle sue labbra per poi farcelo penetrare di nuovo, tenendole serrate fino a forzarle nella più classica delle simulazioni.
Scorpius inarcò la schiena, ondeggiando i fianchi in accordo con le suzioni, andandogli incontro senza costringerlo ad accelerare o a farlo penetrare più a fondo. Albus amava il modo in cui Scorpius si lasciava guidare, quando facevano sesso; quando riceveva un pompino così come quando si faceva scopare Scorpius domandava, incitava, implorava a volte, ma non imponeva mai i propri ritmi o le proprie fantasie. Da quando avevano superato i loro problemi iniziali, non c’era sessione amatoria in cui Albus non avesse ottenuto esattamente ciò che desiderava: lento se voleva prendersela con calma, frenetico se veniva colto dal desiderio all’improvviso e il bisogno di sfogarlo era impellente, Scorpius era sempre pronto a tutto. C’era da dire che l’altro era così bravo a far capire ad Albus quali fossero le sue, di voglie, che lui cercava di accontentarlo il più possibile. A letto avevano indubbiamente un’intesa perfetta.
All’ennesima carezza della lingua di Albus, Scorpius gemette più forte. Albus avvertì chiaramente nella sua voce e nel respiro affannoso l’orgasmo incipiente e se ne rallegrò, visto che iniziava a mancargli il fiato. Con un gesto brusco del braccio si levò la coperta da sopra la testa, concedendosi una boccata d’ossigeno, dopodiché prese un profondo respiro e fece affondare il membro del compagno in profondità nella sua bocca, risucchiandolo con movimenti delle guance e del capo veloci e decisi. Scorpius ansimò, chiuse una mano sulle sue ciocche scompigliate e le strinse con forza, poi il respiro parve spezzarsi e un secondo dopo urlò, riversando il proprio orgasmo nella sua bocca. Albus lo lasciò fare, deglutendo discreto, aspettando che la morsa delle dita si allentasse prima di lasciare che Scorpius scivolasse fuori dalle sue labbra. Lo leccò ancora per un po’, risalendo a baciargli la pancia, poi di nuovo la base e i testicoli, e godendo dei piccoli brividi che scuotevano Scorpius ogni volta che la sua lingua lo stuzzicava.
“Volevo giusto un po’ di panna da mettere sulla cioccolata,” mormorò sornione, stendendosi su di lui qualche secondo dopo.
Scorpius rispose con una risatina giuliva e gli passò mollemente le braccia attorno al collo, attirandolo in un bacio. Quando si staccarono Albus tirò indietro la testa, assaporandosi con cura le labbra.
“Zucchero a velo,” sentenziò infine. “Merlino, Scorpius, chi compra un burrocacao allo zucchero a velo?”
“A parte me?” ribatté l’altro, ironico. “Se ti fa schifo non baciarmi…”
“No, no,” si affrettò a precisare Albus, rubandogli un bacetto. “Mi piace.”
Scorpius sospirò, alzando gli occhi al cielo, ma quando tornò a guardare Albus la sua espressione era dolce e intensa.
“Non ti ho detto tutto,” mormorò, attirandoselo istintivamente un po’ più vicino per evitare la continua analisi dei suoi occhi verdi. Albus si lasciò adagiare sulla sua spalla, lo sguardo fisso sullo zigomo affilato e sulle ciglia chiare che si facevano trasparenti in controluce. “C’è un altro motivo per cui sono voluto venire qui, questa settimana.”
“Sei molto bello, te l’ho mai detto?” sussurrò in risposta Albus, passandogli distrattamente le dita tra i capelli.
“Volevo provare come sarebbe stato vivere con te per qualche giorno. Più che altro per vedere se ci saremmo scannati dopo due notti di seguito a fregarti le coperte. Lo so che hai dormito da me un sacco di volte e che ormai ti sei assuefatto alle mie idiosincrasie, ma solo perché stiamo insieme da un’eternità non vuol dire…”
“Stiamo bene,” lo interruppe Albus, ignorando cosa fosse quella roba che Scorpius aveva nominato ma traducendolo arbitrariamente in difetti. “Siamo fatti per vivere sotto lo stesso tetto. O nello stesso letto.”
Scorpius si voltò.
“Già. Non lo credevo possibile, ma è così,” mormorò, fissandolo con occhi seri. Albus era troppo vicino per riuscire a leggerne chiaramente l’espressione, ma la sua voce era profonda e controllata, il tono che Scorpius usava sempre per discutere le questioni importanti. “È un po’ banale, no? Il primo amore…”
Albus lo zittì con un bacio.
“Sì, probabilmente lo è,” ammise sorridendo. “Ci scrivono i romanzi d’amore su quelli come noi.”
“Allora mi chiedevo, in caso non ci lasciassimo nel corso dei prossimi tre mesi…”
“Ehi! La finisci di fare il menagramo?” esclamò Albus, incupendosi.
“Sto solo prendendo in considerazione la possibilità che tu vada a pucciarlo in giro mentre non ci sono, costringendomi a mollarti appena torno in patria…” si difese Scorpius con aria vissuta.
“Non ho intenzione di andare a pucciarlo in giro,” replicò, calcando sulle parole usate in precedenza da Scorpius. “Piuttosto, non sarà che tu speri di incontrare qualche bel figlio di papà in Germania e restarci a farti vezzeggiare dalla sua schiera di elfi domestici?”
Scorpius alzò un sopracciglio, piegando le labbra in un sorrisetto malizioso.
“Chi può dirlo? Il destino…”
“Il destino ‘sto cazzo. Se mi tradisci mentre sei via ti vengo a prendere e ti…” Ci pensò su per un attimo, cercando la punizione più crudele. “Ti lancio una maledizione per cui non potrai far altro che l’attivo per il resto della tua vita.”
“O Morgana…”
“Anzi, ti rendo etero!” esclamò Albus, divertito.
Scorpius lo guardò con l’aria mesta di un cagnolino preso a bastonate.
“Come puoi dirmi cose così orrende subito dopo avermi fatto un pompino? Sei un uomo senza cuore…”
Albus rise e lo strinse tra le braccia, baciandogli i capelli.
“Ti piaccio crudele…” mormorò malizioso.
“Prima che iniziassi a fare il cretino stavo dicendo,” riprese Scorpius, tornando serio e abbassando la voce ad un mormorio confidenziale, “che quando tornerò, se vorrai, potresti pensare di trasferirti da me. Sempre che ti interessi la faccenda, chiaro.”
Albus lo fissò esterrefatto.
“Trovi probabile che non mi interessi?” gli chiese, ironico e incredulo.
“Che ne so?” sbottò Scorpius, sollevando il mento al soffitto, altero. “Voi Grifondoro siete tutti attaccati alla famiglia, tu e la sorellina e mammina che ti cucina la cena…”
“Posso iniziare a portare la mia roba a casa tua prima che tu parta?” lo interruppe Albus.
Scorpius si voltò a guardarlo.
“No,” rispose, ghignando crudelmente. “Devi aspettare. L’attesa rinfocola il desiderio.”
Albus gli scoccò un’occhiata assassina.
“A proposito di desiderio,” borbottò torvo. “C’è qualcuno qui che si è dimenticato qualcosa.”
“Oh!” esclamò Scorpius, sempre più platealmente divertito. “È vero. Sai, nel turbine del romanticismo…” Con una mossa graziosa gli salì sopra, accoccolandosi sul suo petto. “Facciamo che ora ti spiego due cosine…”
“Tipo perché bisogna pregarti per ottenere un pompino?” mormorò Albus, ammirando il compagno che, lentamente, strisciava verso il basso.
“Potter, se ti concedessi una grazia simile tutti i giorni mi moriresti di infarto,” ribatté Scorpius, tirandosi la coperta sulla testa e nascondendosi così alla vista dell’altro.
Albus sentì i propri jeans aprirsi e abbassarsi insieme ai boxer, poi tutto il suo essere fu inglobato nel calore avvolgente della bocca di Scorpius e la risposta che stava nascendo sulle sue labbra venne sostituita da un più docile “Sì…”.

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