P0rn Fest 3.0 - Fatica nr. 10: Adriano/Antinoo - Come Giove e Ganimede

Jan 22, 2010 13:46

Titolo: Come Giove e Ganimede
Fandom: RPS storico
Pairing: Adriano/Antinoo
Rating: NC17
Word Count: 1400
Avvertimenti: Sesso omosessuale descrittivo, rapporto tra uomo maturo e adolescente (48/15) e imprecisioni storiche di vario genere.
Note: Storia scritta per il P0rn Fest, terza edizione. Il prompt che l'ha generato è: RPF Storico, Adriano/Antinoo, Come Dei.
Il mese scorso ho iniziato a leggere "Memorie di Adriano" e arrivata al capitolo su Antinoo non sono più riuscita a contenere l'amore. In verità questa fic doveva essere l'ultima parte di un trittico a loro dedicato, il trittico della pederastia felice, a cui sarebbe seguito un trittico deprimente, detto della maturità triste. Tutto p0rn, ovviamente. Poi ho sviluppato un odio virulento per Adriano e ho dovuto buttare alle ortiche il progetto. Quindi questo è, per il momento, l'unico p0rn che scriverò su di loro. Non escludo, però, di riuscire ad accantonare il mio odio in futuro...
Vorrei anche sottolineare che non sono una fanatica della pederastia e che proprio per questo ho a lungo tentennato all'idea di scrivere su questa coppia. Tuttavia il costume, all'epoca, era questo. Non giudicate, dunque, male questa storia per la forte differenza di età e per la giovinezza di Antinoo. La scelta stessa di utilizzare i termini giovinetto o ragazzo concorrono a dare l'idea di un rapporto pedofilo, ma non è questo che volevo sottolineare. Mi sono limitata a ritrarre una coppia come ce n'erano tante in antichità, senza per questo dare un giudizio morale sulla faccenda. Davvero, non immaginatelo bambino: a quindici anni i ragazzi sono più che formati anche al giorno d'oggi e fanno cose turpissime, di solito.
Ringrazio per la beta framianne.


La porpora cade dalle sue spalle, avvolgendolo tutto. Il fondo del manto sfiora le piastrelle e il giovane imperatore lo trascina con poca accortezza sul pavimento della terrazza, pur conservando intatta quella grazia celeste che lo caratterizza. Si ferma davanti all’uomo barbuto di mezz’età e lo fissa fiero, superbo.
“Impudente!” tuona con la sua voce appena velata, squillante di ilarità e liquida per il vino. “Come osi stare in piedi di fronte all’imperatore?”
L’uomo ridacchia, ammirato da tanta sfrontatezza, e lentamente si inginocchia ai suoi piedi.
“Mi perdoni,” dice, aprendo le braccia in segno di resa, il capo chino, supplice.
È inebriato dal vino quanto il giovinetto, a causa delle celebrazioni, ma non solo: è la follia dell’amore a farlo schiavo, a guidarlo nel delirio giocoso della finzione; per una notte, solo per i loro occhi, Antinoo sarebbe stato l’augusto imperatore e lui, Adriano, un suo suddito, uno qualsiasi, solo più fedele di tanti altri.
Il ragazzo lo fissa. I folti riccioli chiari gli cadono scomposti sulla fronte, sfuggiti al controllo durante gli eccessi della serata, e le labbra piene, perennemente imbronciate, si piegano in un’espressione divertita che suggerisce un moto di superbia. Assapora il potere della porpora che esalta l’animo divino sonnecchiante in lui, ciò che per primo ha attirato lo sguardo di Adriano, un anno prima, nell’ormai lontana regione della Bitinia.
“Meglio,” commenta con bonaria superiorità.
Adriano si chiede da chi abbia imitato quel contegno, ma forse è semplicemente connaturato alla sua bella persona. Ha le guance arrossate come dopo una corsa per i pendii assolati dell’Arcadia, o come il giorno in cui hanno scalato l’Etna per vedere l’alba dorata. I fuochi che illuminano Roma trionfante si rifrangono sulla sua pelle velata di sudore, facendolo splendere come un astro. Adriano non resiste e approfitta della posizione per abbracciargli le ginocchia, stringendo al petto le sue cosce calde, la sua tunica leggera e la porpora imperiale. Antinoo lancia un urlo e si divincola come un’anguilla, sfuggendo al suo abbraccio con l’agilità irrequieta e nervosa dei suoi quindici anni. Ride, si soffoca e tossisce, ma l’ilarità non si acquieta, il riso non lo abbandona. Ciondolando un po’, si lascia cadere sul triclinio lì vicino e sospira, frenando gli ultimi accessi di gaiezza in un risolino sommesso.
“Dove credi di scapparmi?” lo apostrofa Adriano alzandosi in piedi e fermandosi al suo fianco, così da torreggiare su di lui. “Vieni qui…”
Le gambe di Antinoo scalciano appena, giocose, ma sono rimaste avviluppate nel mantello e dalla posizione in cui è non ha vie di fuga. Non che ne desideri. Adriano si siede accanto a lui, facendosi spazio con forza, afferrandogli le gambe e tirandolo verso di sé. Antinoo scivola sul triclinio, ricominciando a ridere, e Adriano gli serra le labbra con un bacio appassionato, travolgente come il desiderio che lo scuote e fomenta i suoi gesti. Le sue mani viaggiano sul corpo snello del giovinetto, accarezzandone le forme perfette, la proporzione scultorea che da mesi è la benedizione e il tormento di ogni artista dell’impero.
“Il mio Ganimede…” gli sussurra all’orecchio, mentre le sue mani scivolano sulle ginocchia di Antinoo, su per le cosce, verso il pube.
Antinoo geme e butta indietro la testa, inarcando la schiena sotto il suo tocco. Adriano sussulta e si sente travolgere da un desiderio disperato, violento e incontenibile. Lo spoglia in fretta, più di quanto farebbe di consueto, ma quando sta per buttare a terra il manto imperiale si blocca. Ripensandoci, lo avvolge di nuovo attorno alle spalle esili del ragazzo e lo invita a voltarsi con una gentilezza fino ad allora dimenticata. Antinoo si piega in avanti, tornato docile come sempre, le ginocchia aperte quanto basta a dischiudere ad Adriano un mondo, il petto appoggiato al bordo del triclinio. Il giovinetto sa ciò che Adriano desidera da lui ora e lo concede senza remore, senza resistenza alcuna; anzi, è con desiderio che si volta a guardarlo, che schiude le labbra in una muta richiesta di attenzioni, di essere travolto dal suo amore fino all’estasi dei sensi. È avido di piaceri e questo, che ha scoperto soltanto da quando l’imperatore è entrato nella sua vita, è quello che desidera più di tutti.
Adriano si alza sulle ginocchia e si spoglia, lasciando cadere i propri indumenti attorno a sé, senza distogliere un attimo gli occhi dal corpo divino che gli si offre, promettendogli meraviglie di lì a pochi istanti. Quando è nudo, la sua virilità tesa verso il ragazzino come se questo l’attraesse irresistibilmente, si avvicina a lui; gli passa la mano sulla schiena liscia, nascosta dal manto, e sfiora con la punta delle dita i riccioli biondi alla base della nuca, poi si china su di lui e, tenendogli il mento per voltargli con delicatezza la testa, lo bacia teneramente. La sua lingua gli pare dolce, sa di vino fruttato, e sembra sciogliersi in miele ardente quando si unisce alla sua: è un Ganimede privo di coppa, Antinoo, ma Adriano beve instancabilmente l’ambrosia dalle sue labbra, inebriandosi senza saziarsi, vittima di una sete mai placata. Le labbra ne conservano ancora il sapore quando le abbandona.
Le mani, intanto, hanno intrapreso un nuovo sentiero, ben conosciuto e molto amato, e scivolano sui glutei morbidi di Antinoo; le dita si insinuano tra essi, ansiose di sperimentare ancora una volta la divina sensazione che solo il suo corpo gli sa dare, lo solleticano, lo stuzzicano, gli fanno pregustare ciò che accadrà. Antinoo geme quando Adriano scosta un lembo del mantello e si spinge in lui. Si aggrappa al bordo del triclinio, gli occhi chiusi e il capo abbassato. Adriano sente il suo corpo dischiudersi per lui, accoglierlo nell’abbraccio più stretto che possa esistere, che a volte gli fa dubitare della reale possibilità che la morte li divida, un giorno: come potrebbe, infatti, il Fato dividere ciò che Amore ha avvinto così in profondità, tanto che non è più possibile distinguere dove uno inizia e l’altro finisce?
Spinge, Adriano, con decisione ma senza la crudeltà che, a volte, si usa quando si è giovani e per questo ansiosi di arrivare all’apice, senza curarsi granché di chi è per noi il tramite e lo strumento di tanto piacere. Con l’età viene l’esperienza e lui vuole che Antinoo sia partecipe del suo godimento fino in fondo. Lo prende con dolcezza, anche nell’irruenza di una notte di celebrazioni durante la quale il vino è scorso a fiumi. Lo accarezza, gli bacia le spalle, afferra con delicatezza i suoi fianchi esili e li attira a sé, affondando in lui sempre più. Antinoo ansima, ma i muscoli si rilassano, la voce perde la nota tesa che la distorceva e si fa più languida, più velata e squillante al contempo. Adriano chiude gli occhi e si fa guidare da quei gemiti, scivolando dentro e fuori con agio. In basso, nel proprio ventre, sente già tendersi l’orgasmo, il desiderio trasformarsi in appagamento e prepararsi ad esplodere.
Apre gli occhi quando Antinoo geme più forte e questi si posano, per caso, sulla nuca del giovinetto. Nel riverbero delle ultime fiamme l’oro dei suoi capelli, reso appena più cupo dal sudore, spicca in modo delizioso sul rosso cupo della porpora, e Adriano pensa che mai ha visto creatura più degna di indossare quel colore, a cui persino lui si sottrae per la maggior parte del tempo.
“Antinoo…” mormora estasiato, accelerando le spinte e portando una mano su di lui, per condurlo rapidamente al culmine del godimento. “Mia Fortuna… Amore…” sussurra contro i suoi riccioli, baciandoli, aggrappandosi a lui disperatamente mentre il piacere lo scuote, strappandogli la lucidità.
Antinoo non dice niente, ma le sue labbra piene rimangono dischiuse nell’atto di agognare il respiro e un singhiozzo roco gli sgorga dalla gola. L’orgasmo lo possiede con violenza, lasciandolo sperso e molle tra le braccia protettive di Adriano, che lo sostengono con infinita pazienza mentre questi riprende fiato. Adriano si accascia al suo fianco e se lo tira sul petto, avvolgendolo tra le sue braccia e la porpora. Antinoo si lascia avvincere con un mormorio di apprezzamento e Adriano ridacchia tra sé, sentendo il cuore balzargli frenetico in petto. Si sente giovane, come se l’amore gli avesse levato vent’anni dalle spalle, e, per l’ennesima volta da quando Antinoo è entrato nella sua vita, davvero un dio. Sorride agli astri, che ammirano il congiungersi tumultuoso e appassionato di Giove e del suo amato giovinetto reincarnati, e inspira ancora una volta il profumo della sua felicità.

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