I Potter non sono raccomandati (mi hanno detto) - capitolo 5/8

Jan 03, 2010 22:33


Capitolo 4

Albus non incrociò praticamente nessuno dei suoi familiari per le seguenti trenta ore. Complici qualche ora di sonno mattutino rubato, il turno di notte e una nuova, lunga e meritata dormita, Albus si svegliò alle due del pomeriggio passate - con una fame da leone - e non si stupì affatto, aprendo gli occhi, di trovarsi davanti le lentiggini di Lily che lo fissavano accusatorie.
“Non credo di essere mai stata più felice di quando James ha annunciato che non sarebbe rimasto a casa per più di tre mesi all’anno, ma negli ultimi giorni mi pare di essere diventata figlia unica. Non che la cosa mi dispiaccia, sia chiaro.” Si guardò intorno, soppesando noncurante la stanza. “Questa camera fa schifo, ma c’è sempre bisogno di un po’ di spazio per i vestiti. Magari una volta svuotata sembrerà decente.”
“Hai finito?” ribatté Albus scocciato, strofinandosi gli occhi intrisi di sonno. “Sono sveglio da decisamente troppo poco tempo per sopportare una sceneggiata drammatica. Prima almeno fammi mangiare qualcosa.”
Lily sospirò.
“Non ti pare di essere stato un tantino crudele? No, dico, te ne esci per cena con un certo…com’era il nome? Oh, sì, Scorpius Malfoy e non torni per tutta la notte.” Lo fissò truce. “Mi prendi in giro?”
Albus sogghignò.
“Mmm… E quindi? Dove sta il problema?”
“A parte mamma che si è fatta partire un embolo? Albus, la mia pazienza ha un limite.”
“Che diavolo vuoi, Lily? Che ti dica se ci sono andato a letto?” Sospirò, ghignando sotto i baffi. “Sì. Contenta?”
“No!” Lily balzò in piedi, poi ci ripensò e si ributtò ginocchioni sul letto. “Non puoi essertelo scopato! Nessuno se l’è mai scopato, tu sei troppo sfigato!”
“Grazie per la stima,” replicò Albus piccato. “E comunque sì, ci sono andato a letto, e piantala di urlare come una cornacchia. I vicini non hanno bisogno di essere informati della mia vita sessuale.”
Lily lo fissava ad occhi sgranati.
“Lo sai che voglio ogni singolo particolare, vero?” lo assalì poi, piazzandoglisi praticamente in braccio.
Albus levò gli occhi al cielo. La situazione si sarebbe fatta a breve spinosa e stressante.
“Non ho molto da raccontare…” mugugnò, mettendosi finalmente seduto. Da quella posizione si sentiva leggermente meno in svantaggio. “Siamo andati a cena, poi a casa sua e poi… Niente, è successo. Tutto qui.”
“Tutto qui,” ripeté Lily atona.
“Sì, tutto qui. È stato bello.”
“Bello, eh?” gli fece eco Lily, per nulla convinta. Chiuse gli occhi e quando li riaprì aveva un’aria davvero minacciosa. “Senti un po’, credi di liquidare la faccenda così? Dopo aver pianto sulla mia spalla per ore perché il bellimbusto ti aveva mandato in bianco?”
“Non ho pianto!” esclamò oltraggiato Albus.
“Poco ci mancava,” replicò lei. “Non ho intenzione di lasciarti in pace finchè non mi dirai cosa è successo per filo e per segno, e ti assicuro che lo farai, che tu lo voglia o no. Sai che ho ottimi mezzi di persuasione.”
Albus sospirò.
“Posso mangiare qualcosa, prima?” la implorò. “Così ne parliamo con più calma…”
Lily aveva il dono di far fare alla gente tutto ciò che voleva. Recuperato dal decrepito elfo domestico un vassoio con gli avanzi del pranzo e concessa ad Albus una breve tappa in bagno per evitare che se la facesse addosso, la ragazza si dispose in ascolto e suo fratello non poté far altro che raccogliere le idee e augurarsi di non dire qualcosa di troppo.
“In verità c’è qualcosa che non ti ho detto…” iniziò. Già temeva la reazione di sua sorella, ma se Lily voleva i dettagli non avrebbe potuto lasciare nel racconto troppe lacune; già così i doverosi tagli l’avrebbero mandato in crisi nera. “Qualche giorno fa è successa una cosa…”
“Tipo?”
“Ero al lavoro e mi sono visto con Scorpius, sai, per avere informazioni, e…”
“E?”
“Sai com’è… Eravamo in uno stanzino appartato, dovevamo parlare di quel che era successo la settimana scorsa e… Sai com’è…”
“No, Albus, non lo so com’è. Dimmelo tu. Com’è?”
Albus sbuffò.
“Quanta poca fantasia, Lily. Una parola tira l’altra e siamo finiti a far sesso tra gli scatoloni.”
Lily rimase a bocca aperta.
“L’avete fatto al Ministero?” esclamò incredula. “Non tu! Non mio fratello Albus!”
Albus annuì con forza.
“Tuo fratello Albus, sì,” confermò sogghignando. “In verità ha fatto quasi tutto lui, ma è successo.”
“E com’è stato? Voglio dire, com’è a letto?”
Albus piegò la testa di lato. Fece finta di pensarci per un po’, mangiucchiandosi un’unghia, poi si sciolse in un ghigno sfrontato.
“Fantastico,” rispose. “Non so spiegartelo, Lily. Non sono mai stato con uno così.”
“Così come?”
“Così…” Era difficile trovare un aggettivo per Scorpius. “Non lo so. È intrigante, misterioso, sa essere insopportabile a volte, ma mi affascina, mi incanta. È una sensazione strana, ma quando sono con lui mi sento come se fossi in balia dei suoi desideri. Non capisco più niente, esiste solo lui.”
“Ommioddio!” Lily lanciò un urletto deliziato. “Tu sei innamorato!”
Albus ridacchiò, ma non volle nascondere la verità, così annuì.
“Sì, credo proprio di sì.”
Lily gli si gettò al collo, stritolandolo con tanta forza da soffocarlo quasi.
“Oh, sono così contenta! Ti odio, in verità, non so come hai potuto nascondermi questa cosa per tutto questo tempo, ma… Lo sapevo, lo sapevo che ti piaceva davvero!” acclamò.
“Sì, be’, lasciami in vita, però…” biascicò debolmente lui, liberandosi dalla sua stretta mortale.
“Giusto, non hai ancora finito di raccontare!” fece Lily di rimando, rimettendosi in ascolto.
“Non c’è molto altro da dire,” mormorò Albus. “Quella volta è stata un po’…frenetica, diciamo. D’altronde non era stata preventivata… Ieri sera c’eravamo dati appuntamento per cena, quindi sapevamo come sarebbe finita. Siamo andati a casa sua, abbiamo iniziato a baciarci sul divano e poi siamo finiti a letto.”
“Ed è stato bellissimo,” lo imbeccò Lily sognante.
“Sì,” confermò ridendo Albus, mentre mandava giù il boccone amaro di quanto invece avrebbe dovuto nascondere. “È stato bellissimo. Dopo…non me la son sentita di andarmene.”
“Hai fatto bene. Sarebbe stata una follia,” approvò Lily con determinazione.
“È proprio bello…” mormorò Albus, facendosi pensieroso mentre si perdeva nei ricordi della notte trascorsa insieme al compagno. “Non si direbbe, perché nella vita di tutti i giorni sembra che gli abbiano messo una scopa nel culo, ogni tanto, ma ha tutto un universo, dietro la facciata, che nessuno vede. Non ridere,” si interruppe, rimproverando l’ilarità che aveva colpito Lily all’improvviso, “sono serio! È intelligente e tutto il resto, questo lo sapevo, ma non l’avrei mai immaginato…debole.”
“Debole? Passivo, vorrai dire,” ironizzò la ragazza.
“Anche, sì,” replicò Albus, facendole la linguaccia. “Ma a letto, dopo, è quasi…indifeso.”
“Ma che amore…” sospirò Lily, scoppiando a ridere subito dopo.
Albus la scacciò con una manata troppo gentile, ridacchiando comunque insieme a lei. Era felice, davvero felice. Se quello era solo l’inizio della sua storia con Scorpius non riusciva a immaginare a che picchi di gratificazione sarebbe arrivata la sua vita. In ogni caso non avrebbe potuto chiedere di più: si sentiva già il re del mondo.



Albus aveva ragione a pensare che Scorpius fosse la cosa migliore che gli potesse capitare a quel punto della sua vita, ma aveva sottovalutato, o meglio ignorato volontariamente, il problemino che questi aveva mostrato di avere a letto. Invece, nel giro di poche settimane, Albus dovette ammettere che il fattore sesso, tra lui e Scorpius, si stava trasformando velocemente in un serio problema. Con Scorpius si divertiva; parlavano molto, spesso per lavoro, ma anche di loro stessi e dei tempi andati, e sebbene il carattere indisponente di Scorpius non fosse mai battuto in ritirata, dando vita di tanto in tanto a discussioni accese, Albus non si sarebbe mai stancato di starlo a sentire. Aveva riscoperto un mondo di sensazioni e particolari con lui: il piacere di accarezzargli i capelli mentre dormiva, inspirando il profumo della sua pelle accaldata; di ascoltare il suo respiro mentre, seduti l’uno accanto all’altro, restavano semplicemente in silenzio, senza sentire il bisogno di riempire l’aria di parole; di osservarlo mordersi le labbra e succhiare qualsiasi oggetto si portasse alla bocca, una piccola fissa che, ora lo ricordava perfettamente, aveva già ai tempi di Hogwarts. Aveva imparato ad addormentarsi e a svegliarsi e a contare le ore nell’attesa di rivederlo.
Era innamorato in modo così imbarazzante che se n’erano accorti tutti: i suoi genitori, i suoi colleghi, persino suo fratello, che era tornato per due settimane di riposo alla casa paterna. Albus era stato incerto per molti giorni su cosa fosse meglio fare, ma alla fine aveva scelto di non svelare a nessuno quale fosse l’identità del suo uomo misterioso: sua madre si sarebbe messa a fare l’impicciona e avrebbe disapprovato, come sempre; suo padre avrebbe esternato qualche perplessità, forse, su quella strana forma di collaborazione lavorativa; i suoi colleghi e amici avrebbero insistito per incontrarlo e parlarci, finendo per sottoporlo a un interrogatorio imbarazzante sia per lui che per Scorpius. L’unico a cui l’aveva detto era stato James, ma solo per godersi la sua faccia sconvolta e non poco orripilata.
Andava tutto a meraviglia, dunque, tranne per quella piccola, trascurabile parentesi sotto le lenzuola. Non che ad Albus non piacesse fare sesso con Scorpius; questo mai, anzi, non faceva che sognarselo anche la notte. Tuttavia la fissazione, se così si poteva chiamare, che Scorpius aveva per il sesso forte - o più precisamente violento, spesso e volentieri - iniziava ad andargli stretta. Se l’era detto fin dalla prima volta: lui non era tipo da perversioni di quel genere. Che poi non si trattasse proprio di una perversione, ma di qualcosa di più sottile e per questo infido, se n’era accorto col trascorrere delle settimane. Scorpius non voleva essere picchiato né sculacciato o umiliato. Gli piaceva essere sottomesso, a letto, guidato, comandato, sopraffatto persino, ma non accettava alcuna forma di aggressione violenta normalmente legata alla pratica del sadomasochismo. Semplicemente voleva essere preso in modo brutale, senza alcuna preparazione, in fretta. Voleva che la penetrazione facesse male, male sul serio, tanto che, se Albus cercava di trattenersi un po’, si metteva a contrarre e irrigidire appositamente i muscoli, creando situazioni poco piacevoli anche per lui.
Ad Albus la situazione stava stretta. Il sesso con Scorpius era spettacolare, finchè non si arrivava alla penetrazione vera e propria; era tutto magnifico, parevano dotati di una naturale complicità, di una sincronia quasi perfetta, tranne che per quell’unica nota stonata. All’inizio Albus si era detto che avrebbero potuto farne anche a meno, che c’erano tanti modi di fare l’amore che non prevedessero quello, ma, come Lily aveva preannunciato, Scorpius alzava qualche paletto di troppo, a letto. Era basilarmente un pigro: si rifiutava categoricamente di essere attivo e apriva molto più volentieri le gambe di quanto non elargisse un pompino. Albus era una persona accomodante e comprensiva, ma dopo un po’ le seghe gli stavano strette e, mano a mano che la frustrazione cresceva, anche i toni di discussione si facevano più accesi.
Un giorno, in un accesso di rabbia, era arrivato a fargli una scenata furibonda che, a posteriori se ne era reso conto, era stata decisamente eccessiva. Tuttavia Scorpius l’aveva ascoltato a labbra strette, lo sguardo gelido, e tutto ciò che era stato capace di dirgli era stato “Io sono così, lo sapevi fin dall’inizio. Se ti va bene bene, se no quella è la porta.” Albus aveva boccheggiato, inebetito, e se n’era andato davvero, sbattendo la suddetta porta dietro di sé; eppure, qualche ora dopo, era tornato a scusarsi, agognando una riconciliazione. Perché la frustrazione di Albus, sotto sotto, non nascondeva altro che la sua impotente disperazione nel vedere Scorpius farsi volontariamente del male e non riuscire ad impedirglielo. Ci teneva troppo, a lui, per poter sopportare che si ferisse da solo, tanto più utilizzando lui e il loro rapporto come arma.
Stava con Scorpius da circa tre mesi quando sua sorella lo inchiodò al muro in un pomeriggio di tranquillità.
“Si può sapere che cazzo ti sta succedendo?”
Albus la guardò stralunato. Era vero, da un po’ parlavano poco, ma era naturale visto che tra il lavoro e le uscite con Scorpius il tempo che passava a casa si era drasticamente ridotto. D’altronde nemmeno Lily si faceva vedere molto spesso.
“Eh?” ribatté quindi, confuso.
“Ti ho chiesto che cazzo ti sta succedendo,” ripeté Lily.
Ancora una volta Albus sbatté le palpebre, senza capire.
“Niente…” biascicò perplesso. “Che cosa mi deve succedere?”
“Non lo so, ma è da un po’ che non sei più tu!” sbottò Lily. “Non ci sei mai, quando passi da casa per metà del tempo sei intrattabile e poi ti trascini per le stanze con quella faccia depressa…”
“Non ho nessuna faccia depressa!” si difese Albus.
“Sì, invece. La faccia di chi ha un sacco di problemi per la testa e non sa nemmeno da che parte cominciare. Svegliati, Albus, fai pena. Fai venire la morte nel cuore. E poi non parli praticamente più.”
“Sapevo che era per questo…” sospirò Albus, sollevato in parte nell’aver inteso giustamente la gelosia della sorella. “Ma sai com’è, quando si ha una persona con cui uscire è normale perdere un po’ di vista le altre cose… E poi nemmeno tu passi tutto il tuo tempo libero ad aspettare me.”
“No, non è affatto questo,” lo contraddisse Lily. Era seria, incredibilmente troppo seria per essere Lily. “Non è un problema di quanto tempo passi con me. Ma forse hai ragione e dipende tutto dal fatto che ora c’è Scorpius.”
Albus si incupì.
“Che vorresti dire, scusa?”
“Che da quando è entrato nella tua vita tu non sei più tu.”
Albus corrugò la fronte ancor maggiormente, irritato.
“Sta’ attenta a quel che dici, Lily. Hai scelto un pessimo argomento.”
“Oh, lo so, guai a parlar male del tuo cocco,” rispose lei con aria di scherno. “Ma ti stai comportando come un cretino e qualcuno deve pur avere le palle di dirtelo, no?”
“E sentiamo, perché mi starei comportando come un cretino?” replicò Albus in tono di sfida.
“Te l’ho appena detto, ma se non mi stai a sentire…”
“No, ti ascolto. Dimmi.”
Lily scosse la testa.
“Non ti riconosco più, Albus. Una volta eri sempre allegro, attivo, con la battuta pronta. Scemo lo sei sempre stato, ma facevi ridere. Non rispondevi mai in modo cattivo per ferire la gente e se avevamo bisogno sapevamo che su di te si poteva contare. Non avevamo bisogno di darci appuntamento per parlare. Merlino, mi sembra di rivangare cose di mille anni fa, e invece sono passati appena un paio di mesi!”
“Non capisco cosa c’entri Scorpius con tutto questo,” borbottò Albus, incrociando le braccia sul petto. Non sapeva perché, ma in profondità le accuse di Lily un po’ lo ferivano.
“Da quando stai con lui sei cambiato. Ha una pessima influenza su di te. All’inizio ero contenta che ti fossi innamorato di lui, mi sembrava un bravo ragazzo, nonostante l’aria da principessina.” Albus sorrise involontariamente tra sé, ripensando a quando lui stesso aveva dato della principessa a Scorpius e a quanto questi si era incavolato. “Invece più state insieme più diventi insopportabile.”
“Forse sono sempre stato così, o magari sono solo stanco per il lavoro. Ci hai pensato?” si difese Albus, stizzito.
“Ah! Il lavoro! Certo, giusto quello…” esclamò Lily in tono di scherno.
“Che cosa vorresti dire?”
“Che da quando c’è Scorpius pure il lavoro è diventato un problema. Cavoli, Albus, una volta eri sempre entusiasta di andare a lavorare, non vedevi l’ora che cominciasse il tuo turno, anche se eri stanco pareva non ti bastasse mai. Ora sei svogliato, esci di casa con una faccia da funerale e torni ancora peggio. Non fai che lamentarti di tutto ciò che ti capita e papà dice che sul lavoro, con la testa, non ci sei mai. E non osare dire che non è vero,” concluse, imperiosa.
Albus non disse nulla, anche perché doveva ammettere che da quel punto di vista Lily aveva fatto centro. Da qualche tempo il suo lavoro non lo soddisfaceva più. I colleghi erano simpatici, vero, ma i turni erano troppo lunghi e stancanti e gli lasciavano poco tempo libero. In più nascevano problemi in continuazione, gestivano un’emergenza al giorno e le gratificazioni non erano poi molte. Anche la missione che gli era stata affidata sembrava essersi bloccata ad un punto morto e ora stagnava, racchiusa tra gli appunti, in verità pochi, del verbale sulla sua scrivania. La situazione dispiaceva anche ad Albus, che al suo lavoro ci aveva sempre tenuto moltissimo e che aveva voluto diventare un Auror a tutti i costi, contrapponendo alle accuse di nepotismo l’impegno e l’abnegazione e dandosi sempre al cento per cento.
“Ok, diciamo che è vero. Ultimamente il lavoro mi sta un po’ stretto. Che c’entra questo con Scorpius?”
“Non lo so! Non ne ho idea, ma tutta questa storia è iniziata dopo che hai cominciato a vederti con lui, quindi, in qualche maniera, deve c’entrare per forza,” rispose Lily accorata.
Albus scosse la testa, espirando con forza dalle narici.
“È vergognoso che tu abbia il coraggio di accusarlo di plagiarmi o qualcosa del genere,” disse.
“Non ho detto che ti plagia,” ribatté Lily. “Però non sei felice con lui e si vede. Io sono preoccupata per te. Se c’è qualcosa che non va e vuoi parlarne, io…”
“Non c’è niente che non vada. Stiamo a meraviglia,” troncò Albus.
Lily lo fissò in silenzio, poi abbassò gli occhi.
“Come vuoi,” mormorò. “Rovinati la vita. Ma non ti sorprendere se la gente inizia a evitarti e finisci solo come un cane.”
Non sarebbe finito solo come un cane, si disse Albus ritirandosi in camera propria. Non era stupido, e poi c’era Scorpius. Stavano bene insieme, erano felici. Scorpius non l’avrebbe lasciato per una sciocchezza qualsiasi.
Si era raccontato questa storiellina per un’altra settimana prima che suo padre lo convocasse nel suo ufficio per parlargli in privato.
“Che succede?” chiese, sedendosi di fronte alla scrivania di Harry.
L’uomo, sempre iperaffaccendato, lo omaggiò di un’occhiata veloce, ma invece di iniziare a parlare dal fondo del suo cassetto o dall’interno di qualche rapporto polveroso raddrizzò la schiena e chiuse ogni documento che potesse distrarre la sua attenzione, concentrandosi totalmente su di lui. Intrecciò addirittura le dita, rivolgendogli uno dei suoi peggiori sguardi severi, dal quale Albus dedusse chiaramente che suo padre faceva sul serio. Cercando di non darlo a vedere, deglutì.
“Hai idea del motivo per cui ti ho mandato a chiamare?” gli chiese Harry.
Albus scrollò le spalle.
“No. Dovevi parlarmi?”
“Sono molto arrabbiato, Albus. Arrabbiato e deluso.” Di nuovo Albus deglutì. “I tuoi superiori non fanno che lamentarsi di te e il verbale che dovevi scrivere per settimana scorsa lo sto ancora aspettando. Non stai andando affatto bene, lo sai, vero?”
Albus abbassò la testa.
“Sì…” mormorò mesto. “Io…ho avuto un po’ di cose per la testa, ultimamente.”
“Me ne sono accorto,” ribatté duro Harry. “Non che sia una scusa accettabile. Anzi, nel tuo caso è un’aggravante.”
Albus alzò lo sguardo su suo padre, confuso.
“Un’aggravante?” ripeté.
“Mi sono giunte delle voci, Albus, voci a cui vorrei non credere, ma che sembrano proprio essere fondate.”
“Che tipo di voci?” chiese, già sapendo, nel profondo del suo cuore, di cosa si trattasse.
“Si dice che il tuo misterioso fidanzato, da tre mesi a questa parte, altri non sia che Scorpius Malfoy, che guarda caso è anche il principale referente per gli affari dei goblin al Ministero e il tuo consulente di riferimento.”
Per la terza volta Albus deglutì, e ben a ragione. Istintivamente si portò il pollice alla bocca, iniziando a mordicchiarne l’unghia.
“Sì,” ammise. “Sì, è vero. Stiamo insieme da un po’.”
Harry picchiò il pugno sulla scrivania, facendolo trasalire.
“Albus, ma che diavolo ti salta in testa?” sbottò l’uomo, visibilmente irato. “È la prima volta che ti affido una missione e tu, invece di collaborare, ti scopi l’informatore? È così che porti avanti le indagini?”
“Ma papà, che c’entra il mio rapporto con Scorpius con le indagini?”
“C’entra, perché da tre mesi a questa parte non hai combinato nulla!” rispose Harry. “Dove sono le tue conclusioni? Il resoconto mensile? Quello trimestrale?” Si alzò in piedi di scatto, facendo qualche passo per l’ufficio prima di esclamare “Che ne hai fatto del tuo lavoro, Albus?”
Il ragazzo abbassò gli occhi, colpevole. Non aveva fatto nulla di tutto ciò che gli era stato richiesto. Non aveva relazioni da presentare perché non le aveva preparate: aveva avuto altro per la testa, in quei tre mesi, che non compilare chili e chili di scartoffie. Harry si risedette al suo posto, sospirando pesantemente. Si tolse gli occhiali e si massaggiò la radice del naso, appoggiandosi con la schiena alla poltroncina imbottita.
“Mi trovo costretto a rimuoverti dall’incarico,” mormorò poi, rimettendosi gli occhiali.
La testa di Albus scattò verso l’alto e fissò il padre inorridito.
“No,” lo pregò, “ti prego, non puoi farlo. È la mia prima missione.”
Harry scosse la testa.
“Non ti sei mostrato in grado di portarla a termine, Albus. Mi spiace.”
“Non avevo esperienza,” partì Albus, in un’accorata difesa di se stesso. “Ho fatto qualche cazzata, lo riconosco, ma capita a tutti le prime volte, no? Ho capito, mi impegnerò di più. Le informazioni le ho raccolte: c’è qualcosa di strano dietro a questa storia, qualcosa che puzza di complotto. È tutto nella mia testa e nei miei appunti, ma posso scriverti il verbale subito. Te lo consegno per domani, anzi no, entro la fine del turno.”
“Avresti dovuto pensarci prima. Ora è tardi.”
“Ma…”
“Niente ma, Albus. Sei fuori. Ti manderò la persona che se ne occuperà al posto tuo per un colloquio. Allora potrai condividere con lei queste…informazioni che stanno solo nella tua testa.”
“Ma papà…” tentò ancora una volta Albus. Invano. Gli bastò lo sguardo di Harry per capire che era finita.
In silenzio, la testa bassa, si alzò e uscì dall’ufficio di suo padre. Invece di tornare al proprio cubicolo, però, si infilò in bagno. Lì, seduto sulla ceramica fredda, lasciò che il nodo di preoccupazione formato da tutto ciò che gli si era accumulato tra mente e cuore si trasformasse in tempesta e, per la prima volta da quando aveva superato l’infanzia, si sciolse in un pianto convulso, che tuttavia non riuscì a essere liberatorio.



Capitolo 6

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