Titolo: Quel che è nascosto in noi
Fandom: 37-sai de isha ni natte boku
Pairing: Niimi Satoru x Shimoda Kentaro
Rating: G
Avvertenze: Slash
Disclaimer: I personaggi non sono miei, tutti i diritti riservati e i fatti narrati sono frutto della mia fantasia. La storia non è scritta con scopo di lucro.
Riassunto: Era vero. Niimi si era reso conto ben presto di quanto fosse sexy e bello il tirocinante e di quanto dovesse essere bello fare sesso con lui.
Note: Scritta per la
think_angst con il prompt “È un rifugio quel malessere, troppa fretta nel tuo crescere” e per la V Notte Bianca di
maridichallenge con il prompt [“Non sei più un bambino.” - “No, e mi sembrava che tu l’avessi capito molto bene, infatti.”] di
vogue91WordCount: 595
fiumidiparole **
Niimi afferrò il tirocinante e lo trascinò poco gentilmente verso la stanza dei dottori, in quel momento vuota.
Lo spinse dentro, chiudendosi la porta alle spalle, furioso con il più piccolo che mancava completamente di rispetto al paziente.
La ragazza. Era lei il problema per Shimoda, lo sapeva bene. Perché Niimi non aveva idea dei traumi che Kentaro potesse avere, ma, ne era sicuro, non giustificavano la sua poca professionalità nei suoi confronti.
Non era compito dei dottori giudicare le azioni dei pazienti. Loro dovevano solo curarli, più e più volte se era necessario, ma non giudicarli.
Se quella ragazza voleva tagliarsi le vene e farla finita, Shimoda non era nessuno per rimproverarla o per tirare sospiri di sollievi alla notizia delle sue dimissioni.
« Sei un dottore, non un bambino. » esclamò il più grande « Come ti è saltato in mente di parlarle in quella maniera? »
« No, non sono un bambino e mi sembrava che tu l’avessi capito molto bene infatti. » fu la veloce replica del più piccolo.
Niimi sembrò essere colpito da un fulmine e i suoi occhi si assottigliarono ancora di più, mentre squadravano il tirocinante da capo a piedi.
Era vero. Niimi si era reso conto ben presto di quanto fosse sexy e bello il tirocinante e di quanto dovesse essere bello fare sesso con lui.
E lo aveva scoperto presto e altrettanto presto avevano perso il controllo, invischiandosi in una relazione fin troppo clandestina.
« Non parlare di queste cose in ospedale. » lo rimproverò, a mezza voce e gettando una vaga occhiata per poi massaggiarsi la fronte « Ora torni in quella stanza e ti scusi con la paziente. Il tuo unico compito è salvarla. Se lei non vuole, non è affare tuo. » commentò poi, lasciando velocemente la stanza.
Shimoda rimase in silenzio, al centro della stanza, senza proferire una parola. Chinò lievemente la testa, stringendo le mani a pugno.
Voleva che Niimi la smettesse di trattarlo come un bambino quando erano a lavoro, perché non era giusto.
Era un bravo medico, competente, conosceva una vasta gamma di malattie, anche quelle che i tirocinanti normali non conoscevano.
E non gli andava giù sentirsi dire che non sapeva trattare i pazienti, proprio da Niimi. Come se lui fosse una persona gentile ed educata con loro. Imprecò a mezza voce, perché era solo stanco forse.
Erano più di quarantotto ore che non dormiva e il nervosismo iniziava a farsi sentire, anche fra i colleghi che si trovavano nella sua stessa situazione.
Si diresse verso il suo armadietto e prese la sua bottiglia di Coca-Cola, bevendo lentamente. Aveva un disperato bisogno di zuccheri e caffeina e quella bibita lo aveva sempre aiutato, fin da quando andava alle superiori.
Si appoggiò allo sportello di metallo, riflettendo su ciò che Niimi gli aveva detto. Forse aveva ragione. Si era arrabbiato troppo. Avrebbe dovuto semplicemente chinare la testa e accettare la predica invece di fare l’immaturo.
In quel modo aveva solo dimostrato a Niimi che lui aveva ragione. Prese il telefono, mandandogli una mail, dove si scusava per il tono, dicendogli che stava andando nella stanza della paziente.
La risposta arrivò poco dopo e lo fece sorridere, perché, alla fin fine, c’era un motivo se si era innamorato di lui. A modo suo, Niimi riusciva sempre a dimostrargli che lo amava, per quanto fosse difficile per il più grande esternare i suoi sentimenti.
“Non fa niente. Vai a fare il tuo lavoro. Non vedo l’ora di tornare a casa e trovarti, Kentaro.”
Shimoda si morse un labbro, poi chiuse il cellulare e si apprestò a fare il suo lavoro.
In fondo, era ancora un tirocinante.
Fine.