Titolo: I lied for a caress
Fandom: KAT-TUN + Kis-My-Ft2
Pairing: Tanaka Koki x Fujigaya Taisuke
Rating: NC17
Avvertenze: Slash
Disclaimer: I personaggi non sono miei, tutti i diritti riservati e i fatti narrati sono frutto della mia fantasia. La storia non è scritta con scopo di lucro.
Riassunto: Non era quella la felicità. Ma non era nemmeno il resto. Non era nemmeno quello che lo aspettava fuori da quella stanza.
Note: Scritta per la
diecielodee con il prompt “Se hai mentito per una carezza” e per il
mmom_italiaa.
WordCount: 728
fiumidiparole **
Era sempre così.
Una cosa rapida, gli diceva.
Muoviti altrimenti ci vedranno, continuava.
Sei bellissimo, gli mormorava all'orecchio.
Vorrei stare sempre con te.
Ed era a quella frase che la sua illusione andava in frantumi. Si svegliava, come di colpo, e non capiva più che cosa stava facendo.
Ed era in quei momenti che si sentiva un mostro. Era in quei momenti che il senso di colpa lo divorava, rapido e devastante come un cancro.
Avrebbe voluto trovare la forza per andarsene. Ma non ci riusciva. Perché c'era quel corpo caldo sotto il suo, sotto le sue mani, sotto le sue labbra. C'erano i suoi gemiti, la sua voce, il suo sorriso.
C'era quella voglia, che aveva sempre avuto, fin dall'adolescenza, di stare con lui. C'era quella consapevolezza che nessun altro, a parte lui, potesse renderlo felice.
Ma sapeva che nemmeno lui poteva farlo felice.
Non in quelle condizioni per lo meno. Non quando erano chiusi in un maledetto sgabuzzino, a fare sesso come animali, mentre se lo scopava contro un muro e mentre lo masturbava sempre più veloce, solo per riempirsi le orecchie dei suoi gemiti e per sentirlo venire nella sua mano, per avere la certezza che lo stava facendo godere.
No.
Non sarebbe stato felice.
Non era quella la felicità. Ma non era nemmeno il resto. Non era nemmeno quello che lo aspettava fuori da quella stanza.
Non era la sua relazione con Fujigaya. Non erano i suoi sorrisi e la sua voce che lo facevano felice.
Non era il suo sguardo pieno di piacere o di gioia che lo rendeva tale. Non era niente del più piccolo che riusciva a renderlo veramente felice.
E lui ogni volta era là. Fujigaya lo guardava, come a sfidarlo a negare, per l'ennesima volta.
E ormai era stanco anche lui di litigare, di farsi portare a letto come se fosse stato solo una puttana.
Quando venne dentro il corpo di Junno, suo amico da un'infinità di anni ormai, si sentì strano.
Come se non fosse realmente sé stesso. Allontanò lentamente la mano da lui e poi lo voltò. Ne aveva bisogno, ancora. E ancora. E ancora.
Il più piccolo si inginocchiò davanti a lui, prendendogli l'erezione in una mano, toccandolo velocemente. Aveva il viso arrossato, il fiato corpo ed era stanco, ma continuò.
Koki si appoggiò con la schiena contro il muro, lasciando che l'altro si prendesse cura di lui.
Sentì la sua mano su di sé, farsi veloce. Sentì i propri fianchi spingersi contro quella mano, come per dettare il ritmo, ma senza riuscirci.
Si mosse sempre più veloce. Lo sentiva di nuovo, l'orgasmo che sperava riuscisse a gli cancellargli quella sensazione di perenne infelicità.
All'improvviso Junno tolse la mano, portando invece la sua bocca sull'erezione. Succhio, avidamente, senza rallentare, andando sempre e solo più veloce.
E Koki gli afferrò i capelli, tenendogli ferma la testa, muovendosi contro la sua lingua e spingendosi fino in fondo alla gola, fino a che non gli venne in bocca.
Aspettò, guardandolo negli occhi, che Junno ingoiasse tutto, che non se ne perdesse nemmeno una goccia. E, come sempre, l'altro non se lo fece ripetere due volte.
Koki uscì da lui, sistemandosi e lo lasciò dentro la stanza. Era stanco di quella vita.
Aveva mentito a Junno per poterselo scopare. Più e più volte. Aveva mentito dicendogli che non stava con Fujigaya, che non era niente di che, che anche con lui sarebbe stato solo sesso.
Perché quello era l'unico modo che aveva per sentirsi più vicino all'uomo che aveva sempre amato.
Aveva mentito per quella mano, per quelle carezze, per quegli attimi rubati alla sua storia con Taisuke che non si meritava quelle pugnalate. Non da lui.
Quando si chiuse la porta alle spalle, spostò gli occhi. Taisuke era là, nascosto dietro il muro, che lo spiava.
Distolse lo sguardo, fingendo di non averlo visto. Poi s'incamminò lungo il corridoio.
Taisuke non lo avrebbe mai lasciato, lo sapeva. Non riusciva a stare da solo. E anche lui non avrebbe mai trovato le forze per farlo, perché, infondo, era abituato alla sua presenza.
Non lo avrebbe mai amato. E lo feriva fare così apertamente del male al più piccolo. Ma non poteva fare altro.
In quegli attimi in cui stava con Junno si sentiva bene. Nel resto della giornata, in cui stava con Fujigaya, fingeva di essere vivo.
Questo gli poteva dare, nient'altro. E Taisuke aveva sempre accettato.
Avrebbero continuato a recitare quel teatrino degli orrori per sempre. Ma sempre meglio della solitudine.
Fine.