Titolo: I lived for your smile
Fandom: Ninkyo Helper
Pairing: Izumi Reiji x Takayama Mikiya
Rating: NC17
Avvertenze: Slash, AU!, Death!Fic
Disclaimer: I personaggi non sono miei, tutti i diritti riservati e i fatti narrati sono frutto della mia fantasia. La storia non è scritta con scopo di lucro.
Riassunto: Mikiya non aveva quasi più fiato nei polmoni. Correva, correva, correva cercando passo dopo passo di non inciampare nei propri piedi e di continuare a correre.
Note: Scritta per la
think_angst con il prompt “Benda” e per la Zodiaco!Challenge di
fiumidiparole con il prompt “Angst” e per il
mmom_italia.
WordCount: 1129
fiumidiparole **
Mikiya non aveva quasi più fiato nei polmoni. Correva, correva, correva cercando passo dopo passo di non inciampare nei propri piedi e di continuare a correre.
Non gli importava quello che sarebbe successo.
Doveva arrivare in tempo. Assolutamente.
Tutto il resto scivolava in secondo piano.
Mikiya Takayama era stanco di andare a scuola. La odiava. Avrebbe preferito continuare a portare avanti gli affari del padre, per quanto quest'ultimo lo ritenesse solo un una persona poco affidabile.
Ma alla fine non gli interessava nemmeno quello che pensava lui. Volevo solo un'occasione, una sola, per poter fargli vedere che poteva essere quello che lui aveva sempre desiderato in un figlio.
Ma, in mancanza di altro, in quella nuova città, lontana dalla vita frenetica della capitale, Mikiya si era iscritto in una nuova scuola.
Nuovi edifici, nuovi insegnati, nuove persone da fingere di conoscere. E a Mikiya non importava che cosa volessero gli altri da lui. Sperava solo che gli anni delle scuole superiori passassero in fretta.
Alla fine, si trattava solo di due anni. Due anni e sarebbe rientrato a Tokyo. Doveva solo tenere duro.
Izumi si guardò intorno. Sospirò e gettò uno sguardo all'orologio. Non era ancora troppo tardi, ma sapeva che il ragazzo non ce l'avrebbe fatta.
Era un esperto delle fughe, ma questa volta...
Sospirò ancora.
Avrebbe voluto vedere. Solo un'ultima volta. Solo un'ultima volta prima di andarsene.
Come Mikiya fosse finito perfino a seguire le lezioni extra per i crediti scolastici, rimaneva un mistero.
Anzi, forse nemmeno tanto mistero dato che, dentro di sé, sapeva perfettamente perché si trovasse in quella situazione.
Il suo responsabile di classe, il professor Izumi Reiji, era bello. E lui era rimasto affascinato dai suoi modi di fare, disinteressati e attenti allo stesso momento.
Per osservarlo un solo secondo di più avrebbe fatto qualunque cosa. Perfino studiare.
All'uscita di uno dei tanti pomeriggi, Mikiya si era gettato la cartella oltre la spalla, aspettando il professore fuori dalla scuola.
Rimase lì fermo per delle ore, prima di vederlo uscire, affannato.
« Izumi - sensei. » esclamò sorridendogli « Ha da fare? »
L'uomo si bloccò sulla soglia, osservandolo stupito.
« No Takayama - kun. » gli sorrise « C'è qualche problema? »
« Avrei dei problemi con degli esercizi di inglese. » mosse leggermente la cartella « Dato che casa mia è un po' lontana e che la scuola sta per chiudere, le va di darmi una mano ad un bar qua vicino? » chiese poi.
L'errore di Izumi fu di dirgli sì. Avrebbe dovuto prendere immediatamente le distanze, perché se per un adolescente era normale innamorarsi di un suo insegnante, non era normale per un uomo adulto innamorarsi di un ragazzino.
Eppure stare con lui era così naturale, così perfetto, che non avrebbe saputo dire che cosa c'era effettivamente di sbagliato.
Mikiya corse ancora più in fretta.
Non mancava così tanto all'aeroporto. Era allenato. Poteva correre per chilometri. Forse non a quella velocità, ma spingendo al limite i suoi muscoli avrebbe potuto farcela.
Non avrebbe permesso a quel vecchio di andarsene senza nemmeno un saluto.
Non se lo meritava. Non dopo tutto quello che avevano passato insieme, non dopo tutte le ore di sesso, le parole d'amore, le nottate a guardare le stelle insieme, stringendosi la mano come due adolescenti innamorato.
Mikiya sentiva le guance rigate dalle lacrime. Ricordare quelle cose faceva male. Faceva male perché sapeva che non le avrebbe più avuto indietro, anche se erano sue.
E non voleva che Izumi se ne andasse.
Mikiya gemette, le mani strette da una stoffa leggera, legate alla spalliera del letto. Aveva una benda sugli occhi e le sensazioni che gli lasciavano le mani di Izumi sulla sua pelle sembravano amplificate.
Sentiva, poteva sentirlo, il sorriso sulle labbra del suo insegnante premuto contro la sua pelle mentre lo baciava e lo leccava, mentre le sue mani scivolavano lungo la sua erezione, toccando e sfiorandola, senza dargli mai una piena soddisfazione.
Mikiya gemette, reclinando la testa e mormorando che ne voleva di più. La benda sugli occhi non gli lasciava nemmeno uno spiraglio per osservare il volto di Reiji, ma in fondo andava bene così.
Si vedevano da quasi un anno e sapeva perfettamente riconoscere, o ricordare, ogni centimetro del suo volto.
Gemette a voce più alta quando sentì la mano di Izumi dargli sempre più piacere, sentendola muoversi rapidamente su e giù, senza sosta, mentre iniziava a penetrarlo con le dita, delicatamente.
I suoi ansimi si fecero più alti, sempre di più, fino a quando Izumi non capì che era sull'orlo dell'orgasmo: si allontanò bruscamente, per poi entrare dentro di lui con una sola spinta.
Il più piccolo urlò, irrigidendosi, mentre il più grande si fermò completamente dentro di lui, ansimando per l'improvviso piacere.
Mikiya avrebbe voluto protestare, insultarlo, ma Izumi iniziò a spingere dopo una manciata di secondi, riprendendo a toccarlo, mentre le sue spinte si facevano via via sempre più frenetiche e veloci.
Il più piccolo venne nella mano del suo insegnante, mentre lui veniva dentro quel piccolo corpo che amava.
Si fece ricadere al suo fianco.
Desiderava stare con lui, per il resto della sua vita.
Izumi guardò l'ora. Era arrivata. Sospirò. Come pensava Mikiya, nonostante la sua testardaggine, non ce l'aveva fatta.
Prese la sua valigia, iniziando a fare il check - in, osservando il suo bagaglio e i suoi effetti personali che venivano controllati minuziosamente.
La riprese prima di farla scivolare dal nastro trasportatore e fu in quel momento che sentì delle urla alle sue spalle.
Si voltò di scatto.
In cima al check - in, che veniva trattenuto da alcuni uomini della famiglia mafiosa di suo padre, c'era Mikiya.
Izumi si avvicinò leggermente, per quanto gli era concesso.
« Io aspetterò. » urlò Mikiya con tutta la voce che aveva, allungando le braccia fino a stringere le dita intorno ad un corrimano « Io ti aspetterò, sarò sempre qua. Crescerò e... sarò tuo. Per sempre. »
Izumi sentiva gli occhi pieni di lacrime. Anche Mikiya piangeva, come sempre. E come sempre cercava di fingere che andasse tutto bene.
« Ti amo. » urlò Mikiya « Ti amo stupido vecchio. »
« Anche io Miki. » esclamò il più grande, avvicinandosi di un altro passo.
Al più piccolo sembrò bastare. Smise di fare resistenza e, finalmente, fu portato via di peso.
Izumi osservò il sorriso di Mikiya per l'ultima volta.
Sapeva che non lo avrebbe più visto perché la sua famiglia avrebbe fatto di tutto per farlo stare lontano da lui.
Ed era per questo che si allontanava. Perché non voleva delle ripercussioni su di lui.
Eppure sperava davvero che un giorno, un giorno lontano forse, lo avrebbe rivisto. Si stampò a fuoco nella memoria quel sorriso.
Avrebbe vissuto per sempre ricordandolo.
Ad un certo punto, sentì un fastidioso dolore al petto. Izumi si portò una mano sul cuore e quando chinò lo sguardo vide la mano ricoperta di sangue.
Ai suoi piedi, dietro di lui, un proiettile.
Beh, pensò Izumi, erano drastici i metodi della famiglia di Mikiya.
Si accasciò a terra in un lago di sangue.
L'importante era ricordarsi fino all'ultimo quel sorriso per il quale era morto.
Fine.