[Hey!Say!Jump] Can I really love you with all my heart? [03/04]

Feb 05, 2012 22:29

Titolo: Can I really love you with all my heart? {Tegoshi Yuya - Ai Nante}
Fandom: Hey!Say!Jump
Pairing: Yabu Kota x Inoo Kei
Rating: R
Avvertenze: Slash, AU!
Disclaimer: I personaggi non sono miei, tutti i diritti riservati e i fatti narrati sono frutto della mia fantasia. La storia non è scritta con scopo di lucro.
Riassunto: Si sentiva a pezzi, devastato, umiliato. Gli faceva schifo guardarsi allo specchio, vedere quello sguardo vuoto, arreso, quel corpo martoriato e sanguinante.
Note: Scritta e per la tabella della  corte_miracoli con il prompt “Tu l'ami, ma l'ami intorno, non sai che dentro non c'è niente.”
Note2: In questo universo alternativo Yabu ha 25 anni, mentre Kei e Hikaru ne hanno 21.
WordCount: 1876 @fiumidiparole

*°*


Kei si risvegliò dopo molto tempo. Tossì ripetutamente. Gli faceva male ogni osso del corpo e la testa continuava a girargli.
Si alzò faticosamente su un gomito, cercando di mettere a fuoco la stanza che lo circondava.
Ansimava. Si trascinò fino al bordo del letto e si appoggiò alle pareti, arrivando fino all'interruttore. La luce inondò la stanza e Kei serrò immediatamente gli occhi, cercando di abituarsi a quella luce.
Si osservò allo specchio. Era pulito. Il sangue era stato lavato, le ferite disinfettate e medicate, i capelli puliti. Indossava altri vestiti, che gli lasciavano scoperte le gambe e le braccia, bendate.
Si passò una mano sul labbro, poi sulla tempia, poi sullo zigomo. Si ricordava tutto, in sequenza.
Rimase immobile per minuti che gli parvero un'eternità. Mai Yabu si era spinto fino a quel punto, solo per gelosia. Mai lo aveva costretto a fare sesso, mai.
Si era fermato, sempre contenuto, sempre limitato ai lividi, ai graffi. Ma la notte prima aveva superato il limite.
Era andato oltre e non sapeva che cosa fare, non sapeva che cosa pensare.
Si sentiva a pezzi, devastato, umiliato. Gli faceva schifo guardarsi allo specchio, vedere quello sguardo vuoto, arreso, quel corpo martoriato e sanguinante.
Aveva ventuno anni ed era stanco di vivere, stanco di rimanere nel terrore, ma lo aveva sempre accettato, senza lamentarsi, senza chiedere aiuto. Andava avanti con le sue forze perché, in fondo, ci si era buttato da solo nella tana dei leoni e lui aveva deciso di farsi sbranare senza difendersi.

Scosse la testa. Era pomeriggio inoltrato e, probabilmente, Yabu era ancora a lavoro. Aveva ancora qualche ora di tranquillità prima di vederlo.
Invece Yabu era in salotto, che guardava la televisione. Spostò lo sguardo su di lui e gli andò velocemente incontro. Kei sussultò, iniziando ad indietreggiare. Si era appena alzato, voleva continuare da dove era rimasto?
Yabu però si limitò ad abbracciarlo e ad accarezzarlo. Aveva vaghi ricordi di essere svenuto fra le sue braccia la sera prima, poi non ricordava nient'altro.
Kei strinse le mani a pugno sui fianchi di Yabu, stritolando la maglietta, mentre la grande mano dell'altro gli sfiorava il volto.
Socchiuse gli occhi e gli appoggiò la fronte contro la spalla.

« Perché? » sussurrò solo con gli occhi pieni di lacrime « Perché mi hai fatto questo? Io mi sono legato a te e tu... »

Yabu lo prese per le spalle, lo allontanò, lo guardò negli occhi. Kei lo vide spaventato, quasi terrorizzato da quella frase che aveva interrotto a metà.

« Perché? » chiese ancora « Non ti bastava picchiarmi? Non ti bastava chiudermi in casa? Perché... mi hai dovuto fare anche questo? Ko... rispondimi. » sussurrò fra le lacrime, guardandolo in faccia.

« Tu mi hai costretto. Perché quel verme ti ha toccato, perché lui ti desidera e non deve. Tu sei puro Kei e così devi rimanere. E io, solo io posso farti tornare come prima. Mi capisci? »

« Tu... mi hai mai amato? » chiese piano Kei, mentre le sue mani si muovevano dai suoi fianchi alle sue spalle.

« Kei, tu sei tutto per me. Lo sai, senza di te la mia vita non ha alcun senso. Io torno a casa, so che ci sei e questo mi rende felice. Io ti amo. Così tanto che a volte credo di non sapertelo dimostrare. »

Kei lo guardò, un triste sorrise fra le lacrime. Gli accarezzò una guancia, poi i capelli. Ne era convinto.
Era davvero convinto che stuprandolo avesse tolto dal suo corpo un peccato immaginario, avesse tolto quel profumo, quelle mani di Hikaru che non lo avevano mai toccato.
Perché non aveva la forza per ribellarsi? Perché non riusciva a dargli le spalle, a fare le valigie e andarsene?
Perché lo amava? Perché?

« Ti prego. Non farlo mai più. Ti scongiuro. Seguirò tutte le regole, ma tu... non farlo più. »

« Kei - chan io vorrei. Vorrei davvero tanto smettere, ma tu... tu non mi aiuti. Tu sei sempre così... bello. » socchiuse gli occhi, come se cercasse le parole giuste per spiegarsi, per farsi comprendere « Io... ho paura che tu mi abbandoni, che tu te ne vada. La mia vita non continuerebbe senza di te. »

« Ko, io ho capito. Lo so, io ti amo alla follia, ma ti rendi conto di cosa mi hai fatto? Mi hai stuprato, solo per un sospetto. Potevi chiedermelo, parlarne. Invece finiamo sempre con il discutere e tu... » s'interruppe, gli occhi lucidi, il labbro inferiore fra i denti.

Scosse la testa, chinandola verso il petto.

« Torno a stendermi. Io... sono stanco. » mormorò allontanandosi.

Yabu lo afferrò per un polso, delicatamente, e lo strinse ancora a sé.

« Ti giuro su me stesso che non accadrà mai più. Te lo giuro. Io... non farò mai più niente contro la tua volontà. Devi credermi. »

Kei rimase ad occhi chiusi contro il suo petto, stringendo la maglietta. Voleva smettere di credergli, voleva smettere di sperare in un suo cambiamento, perché sapeva perfettamente che non sarebbe cambiato, che sarebbe rimasto sempre lo stesso.
Voleva smettere di guardarlo e decidere che lui potesse fare quello che voleva con il suo corpo.
Invece si strinse ancora di più a lui, facendosi abbracciare, piangendo silenziosamente fra le sue braccia per molto tempo.

**

Quella notte Kei non riuscì a chiudere occhio. Era accovacciato su sé stesso e guardava Yabu dormire. Gli sembrava bellissimo. Il volto rilassato, sereno, mentre inconsapevolmente gli stringeva una mano nella sua.
Per quanto sarebbe stato premuroso nei suoi confronti? Quando avrebbe fatto l'ennesima cosa che lo avrebbe fatto arrabbiare? Quando lo avrebbe picchiato, di nuovo?
Non aveva mai pensato a quanto fosse pesante quella relazione fino a qualche giorno prima. L'aveva sempre presa come veniva, forse perché non era abituato a preoccuparsi di ciò che diceva la gente.
Ma se qualcuno avesse scoperto di loro, che cosa sarebbe successo? Cosa avrebbero fatto a Yabu?
Non poteva permettere che gli altri lo giudicassero, perché gli altri non lo conoscevano.
Tutto il mondo conosceva solo una facciata di lui, ma non sapevano del vuoto che si portava dentro.
Del dolore, dell'amarezza, del passato che cercava tutti i giorni di dimenticare, senza riuscirci.
Non sapevano della sofferenza, delle umiliazioni che aveva passato per ottenere ciò che aveva.
Lo consideravano solo un bel ragazzo, tutti si innamoravano solo del suo sorriso, della sua spigliatezza e della sua esuberanza. Eppure non era solo così, così come non era solo l'uomo che lo picchiava.
C'era di più e Kei lo aveva visto. Aveva visto un uomo solo, che era diventato quell'adulto violento a causa di una famiglia altrettanto violenta.
Aveva letto la malinconia in quegli occhi che fingevano allegria e aveva deciso che sarebbe stato al suo fianco ogni giorno della sua vita, perché voleva vederli finalmente felici.
Quello era Yabu. Quello era l'uomo che amava e lo avrebbe protetto, a costo della propria vita.

Si alzò in piedi, lentamente, per non svegliarlo. Andò in cucina e si versò dell'acqua fredda. Stava ancora male, il volto gli doleva ogni volta che provava a fare delle espressioni più complesse.
Si sedette sul divano e osservò fuori dalla vetrata. Tokyo sarebbe stata immersa nel buio se non ci fossero stati milioni di luci accese, che accompagnavano così la vita notturna della città.
Si portò con fatica le ginocchia al petto, appoggiandosi allo schienale del divano e pensò a come avrebbe passato il resto della sua vita.
Sarebbe stato difficile, ne sarebbe valsa la pena?

**

Il mattino dopo Kei si svegliò a causa dei borbottii di Yabu provenire dal salotto. Si guardò intorno e si chiese perché fosse nel letto. Non si era addormentato sul divano?
Si alzò e raggiunse il fidanzato, che stava borbottando contro la macchinetta del caffè. Guardarlo armeggiare con la caffettiera lo addolcì. Yabu non era in grado di usarla e di solito era lui che preparava il caffè, che lo zuccherava, che glielo metteva da parte per farlo raffreddare.

« Faccio io. » mormorò sorridendogli, avvicinandosi.

« Non c'è ne è bisogno. Me la cavo, davvero. » mormorò l'altro arrossendo lievemente.

Kei ridacchiò e andò accanto, spostandogli delicatamente le mani e facendolo al posto suo.

« Fatto da te sembra più semplice. » borbottò l'altro incrociando le braccia al petto.

« Perché non mi hai svegliato? » gli domandò senza guardarlo, osservando la fiamma che si agitava sotto la caffettiera.

Yabu spostò lo sguardo, andando verso lo specchio in corridoio per sistemarsi la cravatta.

« Dormivi. Non mi andava di svegliarti. Se non ci fossi riuscito avrei preso un caffè a lavoro. »

« Tanto oggi devo studiare, mi sarei dovuto svegliare comunque. » gli disse ridacchiando.

Versò il caffè dentro una tazzina, poi gliela portò. Yabu mandò giù il caffè ancora bollente e lo guardò. Kei lo fissò a sua volta, senza capire. Piegò leggermente la testa da un lato, osservandolo in silenzio.

« Ho una settimana di ferie da domani. » gli disse « Quando torno fatti trovare con la valigia pronta. Andiamo ad Okinawa. »

« Eh? Okinawa? Ferie? Ma, Ko - chan, devo studiare, fra un mese devo consegnare il progetto. »

« Ce la farai tranquillamente, ne sono sicuro. Se non ne approfittiamo adesso, chissà quando saremo liberi. Tu troverai sicuramente un lavoro e io ho delle consegne piuttosto impegnative. »

Kei incrociò le braccia, pensieroso. Era effettivamente a buon punto con il progetto e la prospettiva di passare una settimana d Okinawa non era poi così spiacevole.
Quando rialzò lo sguardo gli sorrise, poi si alzò sulla punta dei piedi e, titubante, gli diede un bacio a fior di labbra, annuendo.
Lo fissò negli occhi e per un secondo Kei ebbe l'impressione di vedere lacrime negli occhi di Yabu, di solito sempre così sorridenti o così freddi. Non lo aveva mai visto piangere e, non sapeva perché, la prospettiva lo allarmava.
Comunque, si convinse di non aver visto nulla. Il secondo successivo infatti, gli occhi di Yabu sembravano asciutti, come sempre.

« Va bene. Vado a lavoro. Dovrei essere a casa per le cinque. Ti ho lasciato dei soldi sul tavolo, così puoi andare a fare la spesa se vuoi. » gli accarezzò la fronte, ancora incerottata.

Kei lo sentì soffermarsi sui cerotti, ma gli sorrise, come per rassicurarlo del fatto che in realtà andava tutto bene.

« A dopo. » mormorò solo il più grande.

L'altro alzò una mano per salutarlo e si ritrovò da solo in casa.

Kei si lasciò cadere sul divano, osservando il vuoto davanti a lui. Perché sentiva quella morsa dolorosa allo stomaco?
Aveva già visto Yabu triste e sofferente, a volte perché si sentiva sinceramente in colpa per come lo trattava, altre volte perché gli capitava di pensare alla sua famiglia.
Sapeva già che per il pomeriggio gli sarebbe passata, che sarebbe tornato il solito di sempre, che nessuna ombra avrebbe oscurato il suo volto.

Eppure non capiva perché aveva la sensazione che qualcosa di brutto stesse per accadere, come se un cataclisma si stesse per abbattere su di loro, distruggendo così le poche certezze che entrambi avevano.
Si domandava se avesse fatto bene ad accettare quella vacanza improvvisa. Le motivazioni di Yabu gli sembravano irragionevoli adesso che ci pensava. La settimana prima gli aveva detto che quello sarebbe stato un mese infernale perché tutte le ditte chiedevano nuovi spot o pubblicità per lanciare i prodotti della linea invernale.

Osservò la porta chiusa, chiedendosi che cosa avesse Yabu e sperando che il suo malessere passasse presto.

Fine

challenge: corte-miracoli, pairing: yabu x inoo, fandom: hey!say!jump

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