Titolo: Secret bond
Fandom: Prison Break
Pairing: Alexander Mahone x Michael Scofield
Rating: R
Avvertenze: Slash, AU!
Disclaimer: I personaggi non sono miei, tutti i diritti riservati e i fatti narrati sono frutto della mia fantasia. La storia non è scritta con scopo di lucro.
Riassunto: Michael aveva immaginato molto spesso la sua vita quando sarebbe diventato “grande” e quando sarebbe finalmente diventato un “adulto”.
Note: Scritta per la
500themes-ita con il prompt “168. Legame segreto” e per il COW-T3 di
maridichallenge con il prompt “Band!AU”
WordCount: 1457
fiumidiparole **
Michael aveva immaginato molto spesso la sua vita quando sarebbe diventato “grande” e quando sarebbe finalmente diventato un “adulto”.
Aveva immaginato una vita parzialmente tranquilla, con la necessità impellente di essere il più “normale” possibile, magari con una donna che si sarebbe sforzato di amare e con dei bambini che scorazzavano urlando nel lo giardino e che magari quando sarebbe tornato a casa dopo un lavoro ordinario avrebbe insegnato loro a giocare a baseball o ad andare sulla bicicletta.
Immaginava un po’ di quelle cose tipiche da “padre”, quello che lui non aveva mai avuto e quindi tentava di immaginare sé stesso in quel ruolo, compensando con un troppo affetto quello paterno che a lui era mancato, risultando quasi soffocante.
Sua moglie si sarebbe accorta troppo tardi che non lo amava, avrebbe chiesto il divorzio e lui sarebbe rimasto con in mano solo un pugno di mosche, troppi alimenti da pagare all’ormai ex-moglie e dei figli che avrebbe visto sì e no un paio di volte al mese.
Ecco. Così Michael aveva sempre immaginato la sua vita da grande. In quel momento invece si rese conto di quanto la realtà potesse essere diversa dalla vita immaginaria.
Il frastuono che si sentiva nel backstage era quasi assordante, tanto che era stato costretto a mettersi delle cuffie protettiva sulle orecchie, gironzolando per il sottopalco, sbirciando ogni tanto e osservando il concerto direttamente dagli schermi nei piccoli camerini improvvisati.
Alex era sul palco, sudato, i capelli lunghi che si agitavano insieme a lui mentre abbandonata contro il proprio corpo si trovava la chitarra elettrica. Poco distanti, dietro di lui, c’erano il fratello Lincoln, alla batteria e Sucre, il suo migliore amico, al basso mentre alle tastiere si trovava Gretchen, quella che Michael definiva una lesbica psicopatica con gravi problemi comportamentali.
Michael accennò un sorriso perché di sicuro quando era piccolo non si sarebbe mai sognato di potersi trovare in quella situazione, più o meno fidanzato con il main vocalist di una delle più famose rock band del momento.
Di certo per una volta avrebbe dovuto ringraziare suo fratello che era stato quasi arrestato per offesa a pubblico ufficiale perché era stato in centrale che aveva incontrato Alex, che tentava in tutto i modi di non far sporgere denuncia a nessuna e tanto meno di arrestarlo per l’ennesima volta.
Michael aveva sempre tentato di rimanere fuori dal giro delle amicizie del fratello e stare a debita distanza anche dal suo ambiente di lavoro. Non è che non gli piacesse, ma in fondo lui era fatto per cose decisamente più tranquille.
Gli piaceva andare a bere, forse anche a ballare, ma quello era un ritmo di vita che non sarebbe stato in grado di sostenere e fino a pochi mesi prima pensava anche di non essere in grado di resistere accanto a quella tipologia di fidanzato.
Alex non aveva orari, non aveva giornate che finivano a mezzanotte perché poi devi andare a letto, non aveva giorni di ferie o di lavoro predefinite. La sua vita era un continuo “vivere alla giornata”, andare dove dovevano andare, cantare, esibirsi, fare concerti, bere e fumare come se non ci fosse il giorno dopo.
E di solito era il più piccolo che si ritrovava con il cadavere del più o meno fidanzato davanti alla porta di casa. Lo portava stancamente in bagno a lavarsi e poi altrettanto stancamente lo gettava nel letto e Michael si chiedeva sempre perché dovesse ubriacarsi di notte, quando le persone normali dormono perché hanno orari di lavoro che non permettono solo due ore e mezza di sonno.
Poteva bere alle quattro del pomeriggio, quando lui usciva dal lavoro e non aveva più niente da fare fino alle otto del giorno dopo?
No, probabilmente c’era qualcosa di magico nel bere alle due del mattino e tornare alle quattro come se qualcuno ti fosse passato sopra più e più volte con un trattore.
Michael spostò l’attenzione dal suo orologio allo schermo. Finito l’encore forse sarebbero riuscito ad andare a casa, magari a riposare. Erano giorni che non si vedevano e quello era finalmente l’ultima tappa del tour nazionale.
Osservò Alex. Era bello, Cristo, bello come non si ricordava che fosse l’ultima volta che lo aveva visto.
Beh, l’ultima volta che si erano visti Michael aveva guardato quasi per tutto il tempo il muro del bagno perché stavano facendo selvaggiamente sesso in uno degli stadi in cui si dovevano esibire, era in ritardo e lui tecnicamente non avrebbe dovuto trovarsi a New Orleans ma avrebbe dovuto trovarsi nel suo comodo e caldo appartamento a Washington DC, a preparare il progetto edilizio che avrebbe dovuto presentare il giorno dopo a lavoro.
Alex gli aveva sempre fatto quell’effetto, fin dal primo secondo che lo aveva visto, fin dal primo istante in cui si erano incrociati. Sesso. Semplicemente sesso. Puro e semplice e godurioso sesso.
Poi si era innamorato. Follemente. Non sapeva perché, non sapeva di che cosa, non sapeva se quella pseudo storia sentimentale forse ricambiata avrebbe portato a qualcosa di serio e di concreto eppure era felice, perché negli ultimi mesi Alex tornava nel suo appartamento, tornava da lui, si accasciava sul letto accanto a lui senza nemmeno aver cenato e stavano insieme. Era come se fra di loro ci fosse un legame, un legame segreto a cui nessuno dei due voleva dare un nome, spaventati dal fatto che potesse svanire tutto da un momento all’altro.
Forse era davvero quella la vera felicità, forse era davvero quello che si provava quando si diceva che quando si è innamorati ci si sente veramente completi.
Alex scese nel backstage e alzò un sopracciglio nel vederlo, prima di andargli incontro e baciarlo. Michael si abbandonò contro quelle labbra, come se non ci fosse suo fratello a pochi metri da loro a guardarlo a bocca aperta, come se Sucre non stesse scuotendo la testa mormorando qualcosa in spagnolo e come se non ci fosse Gretchen che malediva i froci del cazzo della sua band del cazzo.
Michael avrebbe voluto dire a Lincoln che gli dispiaceva avergli tenuto nascosto quella relazione, avrebbe voluto dire a Sucre che sì, gli dispiaceva perché non era una persona matura e avrebbe voluto dire a quella lesbica frigida del cazzo che a lei della sua fottuta vita sessuale non gliene dovuta fregare nulla.
Eppure rimase in silenzio, strinse le mani intorno ai fianchi di Alex, stringendolo contro di sé mentre una mano del più grande gli passava intorno al collo, spingendolo contro un tavolo, baciandolo avidamente, spingendogli la lingua dentro la bocca, come se fosse un duello all’ultimo sangue e non un bacio.
Si allontanò da lui con fatica perché se avessero finito per fare sesso là davanti allora sì che perfino Sucre avrebbe avuto qualcosa da ridire.
« Mi mancavi. » si limitò a dirgli Michael passandosi la manica del maglione contro le labbra, umide e calde dal bacio di Alex.
L’altro ridacchiò, rimanendo a pochi centimetri dalla sua bocca.
« Lo so. Sei libero stasera? » esclamò Alex come se ci fossero solo loro e non gli altri membri del gruppo e una decina di membri dello staff.
All’improvviso provò una terribile vergogno per essersi fatto baciare in quella maniera.
« Sì. Mi sono preso parecchi giorni di ferie. »
Gli occhi del più grande si illuminarono.
« Perfetto. Così abbiamo più tempo per stare insieme. » lo afferrò per una mano, trascinandolo verso l’uscita, afferrando al volo la sua borsa gettata malamente sul tavolo e poi parve ricordarsi qualcosa « Ah, ci vediamo fra qualche giorno, ok? Ah, Lincoln… mi dispiace. » disse solo voltandosi verso il compagno.
Lincoln alzò lo sguardo verso di lui.
« Sparisci prima che la mia voglia di metterti le mani alla gola mi faccia perdere la ragione. » ringhiò.
« Oh sì. Una battaglia di testosterone, proprie quello che ci voleva. » replicò acida Gretchen sbuffando e afferrando una bottiglietta d’acqua, quella di Sucre.
L’ispanico avrebbe voluto dire qualcosa, ma decise saggiamente di imitare l’esempio di Alex e andarsene. Ultimamente, aveva notato Michael, nonostante la palese tendenza di Gretchen verso le donne, aveva notato una certa tensione fra lei e il fratello.
Poco intenzione a porsi domande delle quali non era certo di volere una risposta strinse la mano di Alex, dirigendosi verso l’uscita.
« Andiamo. Dobbiamo recuperare questi giorni. »
« Decisamente sì. Che ne dici di una vacanza? Panama mi sembra bella. »
Michael storse il naso, senza smettere di camminare, fino a che non raggiunsero l’uscita.
« Direi di limitarci a qualcosa di più tranquillo. Panama mi sembra troppo attiva per i miei gusti. Caso mai finissimo in prigione sarebbe impossibile tornare in America. » rise.
Alex prese le chiavi della macchina scuotendo le spalle.
« Come desideri. Hai tutto il tempo da qui al ristorante per decidere dove vuoi andare. »
Michael entrò in macchina e poi si adagiò contro il sedile, socchiudendo gli occhi e ascoltando Alex parlare.
Oh sì. Decisamente, la realtà a volte è davvero meglio di quello che si può immaginare.