[Hey!Say!Jump] La colpa che rifarei

Dec 16, 2012 23:14

Titolo: La colpa che rifarei
Fandom: Hey!Say!Jump
Pairing: Yabu Kota x Yaotome Hikaru ; Yaotome Hikaru x Takaki Yuya
Rating: NC17
Avvertenze: Slash
Disclaimer: I personaggi non sono miei, tutti i diritti riservati e i fatti narrati sono frutto della mia fantasia. La storia non è scritta con scopo di lucro.
Riassunto: Hikaru non avrebbe potuto dire con certezza quando quella semplice ricerca di un affetto che non aveva mai ricevuto dal fidanzato, fosse diventato una dipendenza.
Note: Scritta per la Maritombola di maridichallenge con il prompt “53. Perché ci sia la colpa deve volerlo la mente, non il corpo.”, per la 500themes_ita con il prompt “227. Fame d’affetto.” e per la Zodiaco!Challenge di fiumidiparole per sconfiggere i mostri “Fez” e “Aak”  e per la wish list di maridichallenge con il prompt di yukiko_no_niji con il prompt "Takaki Yuya/Yaotome Hikaru, "Ti sei divertito in Francia?"
WordCount: 3429 fiumidiparole

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Hikaru non avrebbe potuto dire con certezza quando quella semplice ricerca di un affetto che non aveva mai ricevuto dal fidanzato, fosse diventato una dipendenza.
Non sapeva dirlo, perché non aveva mai imparato a tracciare quella linea sottile e a volte quasi invisibile che separa l’amicizia dall’amore e l’amore da droga.
Aveva sempre visto coppie, i suoi genitori per primi, amarsi in maniera così forte quasi da annullarsi l’uno con l’altro. Volevano bene ai figli, ovviamente. Lui non si era mai sentito privato di nulla, né in ciò che era materiale, né negli affetti. Percepiva l’affetto tipico di una madre, quello un po’ più titubante di un padre e a suo modo, compreso solo da “grande”, anche quello che gli mostravano la sorella e il fratello maggiori.
Aveva visto come suo fratello fosse stato risucchiato dall’amore che provava per sua moglie e per sua figlia così come lo aveva visto nei suoi genitori. Aveva visto anche come quello stesso amore così forte avesse, per un breve periodo, mandato in depressione sua sorella maggiore, che aveva annullato sé stessa per il suo ex fidanzato.
E quando si era fidanzato a sua volte, pensava che nel suo codice genetico ci doveva essere qualche cosa di sbagliato, perché non avvertiva le stesse emozioni e le stesse sensazioni che avvertiva quando guardava i genitori, anche solo se immersi nella loro ormai consolidata quotidianità.
Se avesse dovuto guardare lui e Kota dall’esterno, non avrebbe saputo dire che cosa avrebbe sentito. Forse avrebbe fatto solo un sorriso tirato e avrebbe scosso le spalle, dicendo che non tutti sono uguali quando stanno insieme.
Ma ripensava ai suoi genitori e sapeva che qualcosa non andava. Li osservava muoversi a loro agio fra quelle quattro mura, anticiparsi, viaggiare sulla stessa linea d’onda. Concludersi le frasi a vicenda e prevedere, anche se non erano entrambi nella stessa stanza o nella stessa casa, cosa stavano facendo a distanza anche di chilometri.
Amava Kota. Lo amava davvero tanto. Sentiva di essere completamente rapito da quel ragazzo che era incapace di esprimere i propri sentimenti, scivolando la maggior parte delle volte in una freddezza che lo feriva. Ma Hikaru sapeva, o sperava, di leggere fra le righe e ciò che vedeva gli piaceva e lo ripagava di ogni tono indifferenze, di ogni sfuriata ingiustificata e di ogni assenza, fisica e non.
Andava avanti, giorno dopo giorno, dicendosi che lo amava, percependo che lo amava, perché solo se si ama qualcuno così follemente si riusciva a passare sopra quei difetti e quella sofferenza.
Eppure c’era sempre un tarlo che lo disturbava. C’era sempre quella scena di sua sorella piangente nel suo letto d’infanzia che lo tormentava, che gli ricordava che non sempre amare una persona serve per portare avanti una relazione e che spesso, un giorno, proprio quell’amore sarebbe diventato un’arma dalla quale non si poteva scappare.
Eppure giorno dopo giorno decideva di continuare.
Perché ogni volta che stava per mollare, che era deciso a troncare tutto, Kota tornava a casa e lo sorprendeva.
Un bacio, un abbraccio, una cena pronta o un regalo. E si comportava così come avrebbe dovuto comportarsi un fidanzato. E tutte quelle attenzioni, quell’amore che di solito era seppellito sotto strati e strati di incapacità emotiva, apparivano così luminosi davanti a lui che a quel punto non riusciva a fare nient’altro.
Tirava fuori il suo sorriso tirato e stanco e si abbandonava contro Kota, dicendosi che la volta successiva non avrebbe chinato la testa e lo avrebbe lasciato.
Ed era con quel tarlo, con quel dubbio e quel disagio che un giorno, assolutamente per caso, si era ritrovato con le labbra incollate a quelle di Yuya, con le proprie mani che lo toccavano, mentre si rotolavano come due animali fra le coperte del più grande, ad ansimare e godere come mai gli era successo.
Non aveva mai sentito quelle sensazioni, che lo travolsero come un fiume in piena, come se si trovasse al centro esatto di un tornado.
Le orecchie erano piene dei gemiti di Yuya, sentiva le sue mani e le sue unghie su ogni centimetro di pelle e la sua bocca che si stringeva alla sua, baciandolo come se fosse una cosa che volesse davvero fare e non che fosse costretto a fare.
Hikaru si sentiva bene, finalmente. Per la prima volta riusciva a capire che cosa gli stava succedendo, riusciva a capire che andava bene così, che non avrebbe più dovuto fare troppi salti mortali per essere felice.
Era felice. Per la prima volta.
Sentiva Yuya, lo sentiva intorno a sé, contro di sé, mentre gli chiedeva di più e lui allora lo accontentava. Spingeva dentro il corpo di Yuya come se fosse l’ultima cosa che avrebbe mai fatto in vita sua e più spingeva, più si sentiva bene. Ogni volta che la propria mano, stretta intorno all’erezione del più grande si muoveva, sentiva come se i dubbi che lo avevano assillato fino a quel momento fossero improvvisamente scomparsi.
Niente più ricordi di sua sorella che piangeva, niente più pensieri sull’amore quasi ossessivo dei suoi genitori, niente più immagini di suo fratello felice mentre lo accompagnava a trovare la moglie in ospedale, dopo il parto.
Si sentiva finalmente libero, da qualunque cosa. Dalla felicità molesta della sua famiglia che lo soffocava, da quel rapporto con Kota che non sapeva più come salvare, forse anche libero da quelle catene che si era chiuso intorno al corpo, al cuore e al cervello per non dover più soffrire.
Quando quella nuova prima volta era conclusa si era accasciato sul letto, accanto al corpo ancora bollente di Yuya. Ebbe la tentazione di avvicinarsi, di stringersi a lui e di farsi abbracciare, ma resistette.
Era stato solo un caso.
Un caso che lo avesse aspettato fin dopo la doccia, un caso che lo avesse baciato, un caso che avevano fatto sesso. Sempre per caso negli ultimi anni il loro rapporto si era fatto incredibilmente stretto e per la stesse casualità negli ultimi tempi, mentre osservava la sua relazione con Kota sfaldarsi giorno dopo giorno, si era ritrovato a pensare a come potesse essere la sua vita con Yuya.
Yuya si era voltato verso di lui, sorridendogli un po’ timidamente e Hikaru si era ritrovato a pensare che fosse davvero un po’ sorriso, che rispecchiava perfettamente l’anima dolce del ragazzo. Gli era sempre piaciuto vedere Yuya ridere e quando lo sentiva tranquillo e rilassato, si sentiva calmo a sua volta.
Allungò lentamente una mano, come se il corpo del più grande potesse sparire all’improvviso al suo tocco, e gli accarezzò i fianchi. Sentì la pelle ancora calda e a quel punto mando all’aria tutti i suoi buoni propositi.
Si strinse al corpo di Yuya con tanta enfasi che anche l’altro ne fu stupito, ma si limitò a ridacchiare, a passare un braccio sotto le sue spalle e ad abbracciarlo Hikaru affondò la faccia nel suo collo, inspirando a pieni polmoni l’odore della sua pelle e dei suoi capelli, facendosi coccolare da quelle mani che gli sfioravano gentilmente la schiena e dalle parole gentili sussurrare al suo orecchio.
Chiuse gli occhi, sentendo un improvviso e mai sentito bisogno di affetto. Aveva fame di quell’affetto, aveva fame di amore e non riusciva a fare a me di quelle parole, di quei gesti che Yuya gli stava dispensando.
Socchiuse gli occhi, baciandogli ancora la pelle, dolcemente, accarezzandogli i fianchi nudi e le spalle muscolose, spingendo in avanti il bacino, come se fosse in cerca di qualcosa che lo soddisfacesse di nuovo.
Yuya a quel punto aveva girato la testa, catturandogli le labbra in un bacio più famelico, iniziando a divorargli le labbra e spingendolo con la schiena sul materasso, scacciando velocemente le lenzuola che si erano arrotolate intorno ai suoi piedi.
Hikaru sorrise fra i baci, passandogli le braccia dietro al collo e tirandolo verso di sé, continuando a baciarlo e a farsi baciare, mentre sentiva le sue mani, un po’ titubanti, toccarlo su ogni centimetro di pelle.
Sentì le labbra di Yuya baciargli il collo, succhiargli il lobo dell’orecchio, giocare con la cavità delle clavicole e poi con i suoi capezzoli, giocando con lui lentamente, desiderando forse portare il più piccolo sempre più vicino all’esasperazione.
E Yuya, Hikaru ne era sicuro, si era ben reso conto dello stato in cui il suo corpo si trovava. Infatti gettò una rapida occhiata in mezzo alle sue gambe, osservando la sua erezione dura e sorrise fra sé e sé.
Hikaru si limitò a muovere in avanti il bacino, di nuovo, sfiorando la punta la pelle della coscia di Yuya, che però decise che era arrivata l’ora di porre fine alla tortura del più piccolo.
Si sistemò in mezzo alle sue gambe, assaporando la pelle tesa dell’erezione di Hikaru nella sua bocca, facendo passare lentamente la lingua lungo ogni vena pulsante, sentendo quando scorresse velocemente il sangue nel suo corpo, sentendo quando fosse eccitato.
Lo lasciò quasi con dispiacere, prima di scivolare oltre la sua erezione, portando la bocca fra le sue natiche, iniziando a prepararlo.
Hikaru era troppo preso da tutte quelle sensazioni e quelle emozioni per preoccuparsi di tutto il resto e come prima si limitò semplicemente a muoversi contro quella lingue e quelle dita che avevano ben deciso di renderlo pazzo.
Osservò Yuya con disappunto quando si allontanò da lui e decise allora di prendere in mano la situazione, allacciando le gambe dietro la sua schiena e spingendosi contro l’erezione del compagno.
A quel punto Yuya parve perdere ogni controllo o remora che aveva avuto fino a quel momento e iniziò a penetrarlo, all’inizio lentamente, ma poi, incoraggiato anche dai gemiti di Hikaru e dal proprio nome pronunciato in maniera così eccitate, iniziò a spingere sempre più velocemente.
Si chinò sulle labbra di Hikaru, senza riuscire a smettere di muoversi e fu in quel momento che il più piccolo aprì gli occhi, guardandolo come se lo vedesse per la prima volta. Yuya continuò a spingere, senza mai staccare gli occhi da lui, senza mai perdere la sensazione delle dita di Hikaru delicate contro la propria pelle, prima che risalissero verso il volto, tirandolo dolcemente verso di sé per baciarlo, più avidamente del suo tocco.
Ad Hikaru parve il bacio più bello che avesse mai dato in vita sua. Gli sembra la perfezione, in assoluto la cosa più bella che potesse mai capitargli.
E fu in quel momento che si sentì di nuovo bene. Che percepì in sé stesso e in Yuya quell’amore che aveva sempre voluto provare.
Sentiva la mano di Yuya stringersi sulla sua erezione, muoverla fino a che non raggiunsero entrambi l’orgasmo, per poi lasciarsi di nuovo ricadere l’uno accanto all’altro.
Nell’aria si sentirono per qualche minuto solo i loro respiri affannati, poi Hikaru si ritrovò Yuya fra le braccia, come se fosse in attesa di qualche coccola, di qualche conferma. Il più piccolo si strinse delicatamente il mento in una mano, alzandogli il volto, per riprendere a baciarlo.
« Sei instancabile. » ansimò ridendo Yuya, senza però scostarsi dalle sue labbra.
« Scusa. E che mi è piaciuto e… vorrei non dovermi alzare mai da questo letto. »
Yuya lo guardò, come se avesse voluto dire qualcosa, ma poi richiuse la bocca, riprendendo a baciarlo.
« Beh, puoi rimanere da me la notte, no? » chiese stringendogli ancora i fianchi.
Hikaru parve pensarci un attimo, prima di annuire.
« Avverto Yabu che stasera rimango da te allora. Tanto comunque non credo sarebbe tornato a casa per cena. » scosse le spalle, come a dire che non gli importava tanto quello che succedeva a Kota e un po’ in fondo era vero.
Si chinò su di lui, non riuscendo ad averne mai abbastanza delle sue labbra. Yuya gli parve del suo stesso avviso, infatti lo strinse a sé e coprì entrambi con la coperta, per ripararsi dal freddo che arrivava, insieme alla notte, scomparendo sotto di essa.
Hikaru rise quando sentì le mani di Yuya fargli il solletico e si lasciò finalmente andare, dopo anni e anni di forzata reclusione.
Yuya era la sua ventata di aria fresca, l’uomo di cui aveva bisogno per essere felice. E adesso che lo aveva trovato, non lo avrebbe mai più lasciato andare.

**

Hikaru però non aveva fatto i conti con la vita quotidiana. Quella sera e quella notte si era fatto prendere dall’entusiasmo, dimenticando per un po’ le cose che lo assillavano, i dubbi che lo tormentavano.
Come aveva immaginato, Kota non si era fatto problemi, lui sarebbe rimasto in sala di registrazione a lavorare e in tutti quei mesi che erano passati dall’inizio della sua storia con Yuya non gli aveva mai fatto domande su quella vicinanza che ai più sembrava essere sospetta.
Solo con un po’ di amaro in bocca, Hikaru aveva scosso le spalle, rendendosi finalmente conto di quanto poco il più grande fosse in grado di amarlo. E non si preoccupava nemmeno tanto di quella innaturale vicinanza fra lui e Kei.
Non gli importava più marcare il territorio, perché effettivamente Yabu non era mai stato suo. Nulla del suo cuore o del suo corpo gli appartenevano ormai.
Era tutto per Yuya.
La cosa che lo faceva realmente soffrire, era la mancanza di segnali da parte di Yuya. Per lui le cose sembravano funzionare bene così e Hikaru non era intenzionato a farlo scappare. Se era necessario rimanere nell’ombra per sempre, lo avrebbe accettato. Non voleva separarsi da Yuya, dal suo amore, dal suo calore.
Yuya era tutto ciò che chiedeva, tutto ciò che aveva sempre desiderato e che pensava di poter ottenere da Yabu.
Osservò Yuya arrivare a lavoro, un po’ in ritardo. Effettivamente, più che triste, in quel momento era irritato.
Quando aveva saputo che lui e Yuri sarebbero partiti per una settimana in Francia per un programma, aveva cercato di tenere a bada la gelosia, cercando di ignorare il ragazzino che gli saltellava intorno.
Si era detto che Yuya non provava niente per i bambini e per qualche giorno si era tranquillizzato.
Ma una settimana intera senza sue notizie lo aveva mandato in agitazione e in quel momento non riusciva a fare nulla se non pensare a quanto gli era mancato e a come gli sembrava bello.
Fortunatamente Yuya si avvicinò a lui, abbracciandolo per salutarlo come aveva fatto con gli altri, ma Hikaru non avrebbe voluto allontanarsi mai da quelle braccia. Avrebbe voluto abitare là, per sempre.
« Dopo il lavoro vieni da me? » sussurrò Yuya al suo orecchio.
Hikaru tentennò per qualche secondo, ma poi tentò di stirare un sorriso, cercando di ignorare lo sguardo fisso di Yabu sulla sua schiena e l’aria carica di aspettative di Yuya.
« Certo. » sussurrò poi allontanandosi e tornando a sedersi accanto a quello che era ancora il suo fidanzato.
Yabu gli gettò una rapida occhiata, prima di tornare con lo sguardo fisso sui fogli su cui stava scrivendo. Kei, al fianco di Yabu, era intento nella lettura di un libro per l’università, fingendo poco abilmente di non ascoltare ogni singola parola di quello che si stavano per dire.
« Abbastanza lungo l’abbraccio con Yuya. » si limitò a dire Kota, senza sprecarsi nemmeno per incrinare il tono della voce.
Hikaru scosse le spalle, limitandosi ad accavallare le gambe e a tenere, di contro, lo sguardo fisso sulla schiena di Yuya, osservandolo ridere e scherzare con Yuri.
« Nemmeno così tanto. Un abbraccio normale. » tentò di rispondergli, cercando invece di non risultare troppo colpevole.
Non gli piaceva dover mentire a Kota. Non gli piaceva dover vedere lo sguardo ferito di Yuya quando scappava via la sera, perché aveva comunque una relazione con un altro uomo.
Non era abituato a quel tipo di vita. Gettò uno sguardo a Kota, notando, come sempre negli ultimi mesi, quanto invece Kota dovesse esserci abituato dato che permetteva a Kei di poggiare la testa sulla sua spalla, cosa che a lui non aveva mai permesso.
Sbuffò. Era decisamente arrivata ora di finirla.
Voleva avere la sua relazione con Yuya, voleva viverla felicemente, senza doversi preoccupare troppo di quello che avrebbero potuto presupporre i suoi amici o senza dover ancora rispondere alle domande invadenti della sua famiglia sul suo rapporto con Kota, ormai del tutto naufragato.
Effettivamente, aveva ragione sua madre, quando aveva provato ad accennargli di Yuya. “Perché ci sia la colpa deve volerlo la mente, non il corpo.”
E lui si era reso conto fin da subito che non aveva tradito Kota perché aveva voglia di una scopata con Yuya, ma perché lo amava. Lo amava così tanto che temeva di impazzire se le cose fossero proseguite su quella linea.
« Hikaru, posso farti una domanda? » chiese all’improvviso Kota, voltandosi verso di lui.
Il diretto interessato sussultò, preso alla sprovvista e annuì velocemente con il capo.
« E’ più facile secondo te tradire o essere traditi? »
Hikaru si morse un labbro. Avrebbe voluto chiedergli da quanto tempo sapeva che andava a letto con Yuya, ma la domanda più spontanea che gli saliva per la gola invece riguardava la sua relazione con Kei.
Ma rimase in silenzio perché in fondo non era del tutto colpa sua se si era innamorato del loro compagno di gruppo. Era anche stato a causa di Kota, del suo continuo allontanamento, della sua freddezza.
A volte si scopriva ad odiarlo, con tutte le sue forze, ma ragionò ugualmente sulla sua domanda.
Tradire era difficile, ma lo era anche essere traditi. Tutto si giocava sul perché. Sul perché si tradisce e sul perché si viene traditi.
« Ci vuole coraggio per entrambi. Coraggio per non lasciare una persona e quindi tradirla e coraggio per sopportare il tradimento. » si voltò verso il ragazzo, che non aveva ancora spostato lo sguardo dai fogli « Ah, comunque stasera non torno a casa. Hai tempo fino a domani mattina per portare via le tue cose da casa mia. Abbiamo chiuso Kota. »
Il più grande si degnò finalmente di guardo e lo osservò anche lui come se lo vedesse per la prima volta in quasi dieci anni.
Accennò un sorriso, sarcastico, quasi cattivo.
« Va bene. Divertiti con Yuya. »
Hikaru si alzò in piedi, guardandolo per l’ultima volta.
« Grazie. E tu divertiti con Kei. »
Non voleva darlo a vedere, ma quella freddezza lo aveva ferito. Scoprire di non essere nulla, di aver gettato anni della tua vita dietro ad una persona che ti odia fa male, anche se non la ami più.
« Tranquillo, mi divertirò sicuramente. »
Il più piccolo decise di andarsene prima di perdere il controllo delle sue azioni. Andò verso Yuto e Keito, in cerca di pace.
Ma la pace non era a lui destinata evidentemente, dato che a disturbarlo più della sua appena finita relazione, erano le risate che sentiva nell’aria, un misto fra quelle di Yuya e quelle di Yuri.

**

Quella sera Hikaru si stinse maggiormente a Yuya, come se avesse bisogno di marcare un territorio che, in realtà lo sapeva, era solo suo.
Era solo geloso perché adesso che lo aveva trovato non voleva allontanarsi, non voleva lasciarlo, non voleva più stare senza di lui.
Yuya rise della sua fame di attenzioni, accarezzandolo comunque con la stessa dolcezza e delicatezza dell’ultima volta che si erano visti, una settimana prima.
« Ti sei divertito in Francia? » avrebbe voluto essere più colloquiale possibile, eppure si rese conto anche da solo di aver usato un tono più acido del normale.
Yuya rimase un secondo immobile, ma poi accennò un sorriso.
« Sì. Ho visto un sacco di cose belle e mi sono divertito molto. » lo strinse a sé « Ma avrei preferito avere te accanto a me. Yuri è simpatico, è divertente, ma… io voglio te. »
Un po’ più tranquillo, Hikaru si alzò su un gomito, baciandolo e lo fissò negli occhi, attentamente. Era arrivata l’ora di dire tutto quanto, perché non era giusto che Yuya si dichiarasse a lui, giorno dopo giorno, ricevendo in cambio solo risposte mute perché era troppo vigliacco per darle.
« Yuya, non mi interessa se tu mi prendi per pazzo, ma… ti amo. E’ tanto che ci penso, è tanto che lo voglio e solo adesso… solo adesso posso dirtelo. Tu sei mio e io sono tuo. Voglio stare con te, per sempre. »
« E Kota? Lui… »
Hikaru lo interruppe, baciandolo ancora, desiderandolo solo eliminare quel tono spaventato dalla sua voce.
« Con lui è finita da anni o forse non è mai iniziata, non lo so. » scosse le spalle « In ogni caso, l’ho lasciato oggi pomeriggio. Ora… posso finalmente dedicarmi solo a te. »
Yuya sorrise, di quel sorriso di cui Hikaru si era innamorato, anni e anni prima, di cui non poteva fare a meno, che lo rendeva veramente felice.
Lo abbracciò, affondando di nuovo il volto nel suo collo, sentendo il suo cuore battere velocemente.
« Ti amo. » ripeté « Ti amo. »
E il suono della propria voce mentre pronunciava quelle parole, specialmente a Yuya, gli piaceva, e non avrebbe voluto privarsene mai, e avrebbe fatto di tutto pur di proteggere quel loro piccolo amore, che faceva ormai parte della loro vita.

challenge: 500themes ita, challenge: maritombola 2012, pairing: yabu x yaotome, fandom: hey!say!jump, challenge: wish list 2012, challenge: zodiaco!, pairing: yaotome x takaki

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