Titolo: Hoshi wo mezashite
Fandom: Hey!Say!Jump
Pairing: Yabu Kota x Inoo Kei ; Takaki Yuya x Inoo Kei ; Takaki Yuya x Chinen Yuri ; Yabu Kota x Yaotome Hikaru.
Rating: NC17
Avvertenze: Slash, NonCon!, Death!Fic, Violence, AU!, Under!Age
Disclaimer: I personaggi non sono miei, tutti i diritti riservati e i fatti narrati sono frutto della mia fantasia. La storia non è scritta con scopo di lucro.
Riassunto: Kei è stanco della sua vita. Stanco di quella routine che lo stava lentamente uccidendo. E Kota, il suo padrone, il suo carnefice e l’uomo che lo aveva comprato non migliorava le cose.
Note: Scritta per il
bigbangitalia.
Note 2: Scritta per la
500themes_ita con i seguenti prompt.
“25. Soffrire l’agonia.”
“338. Affetto crescente.”
“253. Da solo vado in pezzi.”
“154. Favola incompleta.”
“339. Un tempo per essere in lutto.”
“108. Promettimelo.”
Note 3: Scritta per la
diecielode con i seguenti prompt:
"You trick your loves // That yo're wicked and divine"
“The undisclosed desires in your heart.”
“You may be a sinner.”
“Your beauty’s not just a mask.”
"I'll make you feel pure."
"Trust me // You are the one"
WordCount: 23.331 @
fiumidiparole Infine, ma non meno importante, per questa storia
vogue91 ha creato uno splendido fanmix. Meraviglioso. Mi è piaciuto tanto! ** Ancora grazie! <3
Gift!
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vogue91 Lista capitoli precedenti:
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Capitolo 01 -
Capitolo 02 -
Capitolo 03 -
Capitolo 04 -
Capitolo 05 **
Epilogo
“Un giorno fino al giorno in cui non te ne andrai,
non dimenticherò il tempo passato insieme.”
{Kanjani8 - Baby Baby}
Kota guardò Kei dormire. Lo amava. Era il suo fidanzato. Riusciva a controllare i suoi istinti animali più di quello che si sarebbe mai aspettato da sé stesso.
E gli piaceva quella vita.
Per un po’. Fino a che Kei non doveva andarsene per andare a lavoro e lui non dovesse rimanere l’intera notte da solo, ad aspettare il suo ritorno.
Fino a che Kei non tornava a casa, distrutto. E lui allora non aveva nemmeno il coraggio di dirgli che era sveglio per salutarlo.
Fino a quando non vedeva i suoi shatei allungare le mani e provarci, perché tanto era solo una puttana.
Fino a quando non si ricordava che vita lo costringeva a fare.
Quella mattina lo guardò dormire. Dio come lo amava.
Avrebbe voluto stare con lui per il resto dell’eternità, promettergli seriamente quella vita che gli aveva promesso Takaki.
Ma non poteva.
Era un boss della yakuza. Un capo-famiglia. Non poteva abbandonare tutto. Non poteva nemmeno far smettere di lavorare Kei.
Qualcuno li avrebbe uccisi prima ancora di capire che cosa stesse succedendo.
E non voleva Kei morto. Lo desiderava invece. Desiderava solo lui accanto a sé e basta. Immensamente.
Si alzò, piano, dal letto. Poi prese un blocco da dentro la borsa e un raccoglitore. Sfogliò alcune fogli, controllando che tutto fosse sistemato a dovere.
Oramai era qualche settimana che ci pensava ed era riuscito ad organizzare tutto. Prese una borsa di Kei, infilandoci dentro qualche vestito. Frugò un po’ per casa e finalmente trovò i quaderni del fidanzato. Erano il suo tesoro, glielo diceva sempre. C’era tutta la sua vita.
Li infilò dentro la borsa, insieme al fascicolo che guardava prima.
Poi uscì di casa, mettendo la borsa nella sua macchina. Rientrò a casa e vide Kei sveglio, l’aria assonnata,che lo aspettava.
« Dove sei andato alle sette del mattino Kota? » gli chiese sbadigliando
Yabu tirò fuori un pacchetto di sigarette dalla tasca.
« Le avevo finite. » si giustificò, poi lo afferrò per un polso, baciandolo « Dato che sei sveglio, facciamo qualcosa insieme. Giriamo per Tokyo. »
« Ma ho sonno e poi stasera devo ritornare a lavoro. »
« Lo so. Ma fai questo sforzo per me per favore. »
Kei lo fissò, perplesso e poi annuì.
« Va bene, vado a lavarmi. » accettò sorridendogli.
Passarono insieme l’intera giornata. Si divertirono, come una normale coppia di fidanzati e per Kota fu la giornata più bella della sua vita.
Era felice. Era felice perché ancora poco e Kei avrebbe avuto la sua vita, la sua felicità quella stessa felicità che gli aveva promesso e che non poteva dargli, né in quel momento, né in futuro.
Lo amava. Ma l’amore e la felicità non sempre vanno di pari passo e lui aveva appena imparato quella dolorosa verità.
Ritornarono a casa e accompagnò Kei alla macchina, dove l’autista lo stava già aspettando.
Kei lo baciò.
« Non vedo l’ora di tornare domani mattina. » sussurrò sulle sue labbra.
Kota gli sorrise, cercando di non lasciarsi andare proprio all’ultimo. Gli accarezzò il volto e lo baciò a sua volta.
« Ti amo. Ricordatelo sempre. » mormorò.
Kei rise.
« Certo che lo ricordo. Ho aspettato nove anni per sentirtelo dire. Pensi che me lo possa dimenticare proprio ora? »
Il più grande non rispose. Gli chiuse la portiera alle spalle e poi lo seguì con lo sguardo fino a che la macchina non girò l’angolo.
**
Kei si svegliò, non riconoscendo il luogo dove stava. Si alzò di scatto a sedere, terrorizzato.
Non c’era nessuno nella stanza.
Sembrava una normale stanza d’albergo. Ai piedi del letto la sua borsa. La prese.
All’interno c’erano i vestiti, i suoi preziosissimi quaderni, la macchinetta fotografica con cui si erano fatti le foto quel giorno.
Un fascicolo.
Lo prese, senza capire.
All’interno c’erano i dati di un’altra persona. C’era tutta la sua vita, dalla nascita, passando per l’istruzione e un lavoro.
L’unica cosa che riconosceva era la sua foto.
Senza capire arrivò all’ultimo foglio. Era la calligrafia di Kota. Lo prese, con gli occhi lucidi e le mani che tremavano.
Sei stai leggendo, vuol dire che sono riuscito a farti andare via.
Scusami. Per tutto quanto. Per averti strappato via la tua famiglia, per averti fatto fare questa vita infernale, per essere stato egoista nel dirti che ti amo.
Ma ti amo. Sul serio.
Negli ultimi mesi ho pensato a quello che potevo darti. E la mia risposta è stata “nulla”. Non ho mai potuto renderti davvero felice e questo pensiero mi ha quasi ucciso.
Io ti amo Kei e avrei voluto prometterti anche io la vita che ti ha promesso Takaki. Avrei voluto prometterti anche io una bella casa, un lavoro, forse una famiglia e una vita serena.
Ma non posso.
Sono uno yakuza. E non posso fare altro nella vita perché sono nato in questa famiglia. E’ il nostro destino, credo.
Vorrei dirti tante cose. Tante Kei, ma non so da dove partire.
Ho appena inscenato la tua morte. Per tutto il Giappone, Inoo Kei è morto in un incidente stradale. Il tuo cadavere è completamente bruciato e non si può riconoscere nemmeno con il calco dentale.
Io e Yuri diremo alla polizia che sei te.
Adesso hai una nuova vita. Un nuovo nome. Un diploma e un lavoro.
Non dovrai più sopportare mani estranee che ti toccano e ti costringono a fare sesso. Non dovrai più fare i conti con la mia testardaggine e la mia stupidità.
Non dovrai più avere incubi a causa mia, perché ti ho fatto fare questa vita.
Vorrei dirti di più. Vorrei dirti che ti vorrei accanto a me, che ti amo, che ti vorrei baciare e vorrei sentire il tuo corpo e la tua risata.
Vorrei stare con te.
Per sempre. E credimi quando dico per sempre Kei.
Purtroppo questo è il nostro destino. Non potremo mai più vederci. Ma sappi, io in un modo o nell’altro riuscirò a sapere sempre come stai.
Sappi che io cercherò un modo per starti accanto, lo troverò Kei. Sappi che io ti sono sempre vicino anche se non puoi vedermi.
Ti amo.
Per favore. Esaudisci questo mio ultimo desiderio egoistico. Promettimi di vivere, di vivere quella vita di cui io ti ho privato. Ho bisogno di saperti felice.
Promettimelo Kei.
Ti amo.
Per sempre tuo,
Yabu Kota.
Kei piangeva. Disperatamente. Non era possibile. Aveva sofferto tanto per stare con Kota e adesso era di nuovo da solo.
Non poteva essere vero.
Non poteva essere vero tutto quello.
Non se lo meritava. Né lui né Yabu.
Prese di nuovo i fascicoli. Non voleva dimenticarlo. Non voleva stare lontano da lui, per niente al mondo.
Ma, di nuovo, non aveva altro. Non aveva più nulla, se non sé stesso, i soldi che Yabu gli aveva messo nella borsa, i suoi quaderni e una nuova identità.
L’unica cosa per il quale gli era importato vivere era Kota e ora non l’aveva più.
Non poteva essere vero.
Si alzò dal letto. Ci doveva essere una soluzione infondo. Per forza. Prese la borsa e uscì dall’albergo.
Si guardò intorno. Era in una zona di Tokyo che non conosceva. Lui era sempre vissuto o nel suo quartiere natale o a Shinjuku.
Non conosceva altro. Camminò.
Camminò per ore.
Provò a chiamare Kota, ma non rispose nessuno.
Alla fine si accasciò a terra, piangendo. Chiamò Kota, per ore. Perché lui era la sua vita e non poteva davvero vivere ciò che gli rimaneva senza di lui.
Non poteva.
Riprese il fascicolo. Adesso tutto quello che aveva era racchiuso in alcuni fogli e una lettera.
Non avrebbe vanificato lo sforzo di Yabu. Avrebbe seguito il suo ultimo desiderio, solo con lo scopo, un giorno, di poterlo finalmente rivedere.
E lo sentiva, un giorno sarebbero stati insieme, per sempre, così come Kota gli aveva promesso.
Fine.