Blu Cobalto (o: Dean Winchester e l’Occhio dell’Armonia)
Parte 1 Parte 2:
* * *
Quando riapre gli occhi, l’Impala sta viaggiando a ottanta chilometri orari nel bel mezzo del nulla, circondata da un deserto di sabbia e cartelloni pubblicitari in stile anni ’70. Dean sterza di lato, convinto di essere caduto vittima di un colpo di sonno. «Fottute streghe».
È il maggio 2003, e Dean non ricorda nulla del Dottore e della TARDIS. La sola conseguenza del suo incontro con un alieno lunatico è l’espressione frustrata che suo padre gli rivolge quella sera, quando Dean gli confessa di aver perso la sua giacca preferita in seguito a un incontro con una strega di quinta categoria.
In effetti, ci vuole parecchio prima che Dean cominci a ricordare qualcosa.
Nell’istante in cui lo sguardo di Castiel incrocia il suo in un capanno abbandonato a Pontiac, Illinois un nodo gli stringe lo stomaco.
A posteriori, Dean si dirà che il colore degli occhi di Jimmy Novak avrebbe potuto causare la fine dell’Universo, ma sul momento non vi presta molta attenzione. Il blu cobalto, in fondo, è un colore sospetto, ed il fatto che la cosa che l’ha tirato fuori dall’Inferno sia sospetta a sua volta ha completamente senso.
Passano ancora tre anni prima che quella strana sensazione di disagio possa manifestarsi in un pensiero definito.
*
Il 27 luglio 2011 Dean è sprofondato nel divano di Bobby Singer, una lattina di birra stretta nella mano sinistra e un’altra, vuota, in bilico sulle cosce. «Trovato niente?», chiede al vuoto.
Da dietro la scrivania Sam, il naso immerso in cinque enciclopedie diverse, emette un suono di sarcastica negazione. Dean non è sorpreso; non è come se gli Angeli del Signore se ne andassero in giro tutti i giorni ad aprire le porte del Purgatorio - o, non si sa mai, dichiararsi il nuovo Dio - solo perché sono entrati nella loro fase da adolescenti emo.
«Cristo», Dean svuota la lattina sopravvissuta in un unico sorso.
Bobby riemerge dalla cucina con l’ennesima bottiglia di vodka stretta sotto il braccio e una scodella dal contenuto sospettosamente salutare e tre sandwich al formaggio fuso accatastati su un vassoio che ha visto giorni migliori.
Dean nasconde il viso tra le mani e trattiene una risata isterica. Gli sembra che gli ultimi sei anni della propria vita si possano riassumere un’unica scena: lui, Sam, e Bobby, nascosti nella loro base segreta a fare piani per salvare il mondo. Solo che, per un po’, un Angelo del Signore si era unito a loro, e Dean aveva cominciato credere in qualcosa di nuovo; qualcosa di migliore.
«Figlio di puttana», sussurra, amaro. Se pensa che non sarebbero in questa situazione di merda se solo Il Coglione avesse avuto il coraggio di ammettere che aveva bisogno di aiuto…
Dean schiaccia le lattine e le getta sul tavolino basso alla sua sinistra. Un improvviso dolore alla mano destra lo fa sussultare; l’anello che porta al dito indice gli brucia la pelle.
Meglio che non sia un altro dei trucchetti di Castiel, perché in caso contrario non è sicuro che la fascinazione del tizio per i suoi gioielli di famiglia sia qualcosa su cui vuole riflettere più del necessario. Senza perdere tempo, Dean si sfila l’anello e flette le dita: «Che diavolo», impreca. Una fascia rossa e cupa gli fascia l’indice laddove una volta c’era l’anello.
«Tutto ok, figliolo?», chiede Bobby, preoccupato.
Dean annuisce in modo automatico, ma non si muove dal divano. «Si», sussurra.
Il dolore alla mano è cessato, ma è stato sostituito da qualcosa di diverso. Dean ha sensazione di aver dimenticato qualcosa di estremamente importante. Come ipnotizzato, ruota il polso e si esamina, a turno, dorso e palmo della mano. Una specie di fulmine gli attraversa la mente. Blu cobalto.
Sconvolto, Dean si alza in piedi e impreca ad alta voce.
«Dean!», lo richiama Sam, abbandonando una forchetta nella ciotola d’insalata che gli sta di fronte. Dean solleva il braccio destro e gli punta il dito contro: «T-Rex erbivoro!», dice.
«È solo cicoria, Dean», si difende Sam, sventolando la forchetta in sua direzione con aria offesa.
Dean lo ignora e, quasi nel delirio, sposta lo sguardo (e il dito d’accusa) su Bobby. Cappellino unto, camicia unta, jeans unti, barba incolta. E la puzza di alcool si sente probabilmente fin dall’altra parte dello stato. «Vecchio montanaro ubriacone!», urla, in estasi.
Bobby assume un’espressione indignata. «Ehi, aspetta un momento…»
Ma Dean non ha tempo di aspettare. D’un tratto, si ricorda di un sogno che ha fatto anni prima. Solo che, Dean capisce, non si trattava affatto di un sogno. O almeno così spera, visto che le probabilità di trovare il numero di telefono di un centro di disintossicazione per divinità in uno dei libri che Bobby ha ‘preso in prestito’ da metà delle università del Sud Dakota sono obiettivamente scarsine.
Invasato, Dean stringe l’anello tra indice e medio e comincia a strofinarlo contro la maglietta. «Avanti», dice. «Vieni fuori».
Sam e Bobby si scambiano uno sguardo nervoso. «Dean?», lo chiamano.
«Dean, quella non è una lampada magica», «Dean! Terra a Dean?», «…potresti smettere un secondo di imitare Gollum e dirci che cavolo ti è preso?!», «Credo che stavolta abbia raggiunto il limite», «Forse ha solo bisogno di mangiare… Dean?...», «Possiamo sempre provare con del porno», «Oh, per… Dean!»
Dean fa del suo meglio per ignorarli, ma quando è ormai evidente che l’anello non possiede alcun potere magico, apre la finestra e lo getta alla cieca contro il cumulo di rottami più vicino. «Dannazione», impreca.
Qualcuno si schiarisce la gola dietro di lui.
«Dean, sei sicuro di stare bene...?»
Dean annuisce. «Si, Sammy sto solo…», un rumore improvviso gli impedisce di completare la frase. Dean spinge la testa fuori dalla finestra e sorride; non credeva che sarebbe mai stato così felice di sentire il suono di un gabinetto intasato.
«Il Dottore!», annuncia, estatico, battendo le mani tra loro.
Alle sue spalle, Sam si lascia cadere sul divano. «Ok. Lo shock ha avuto la meglio», lo sente cospirare con Bobby. «Ora sta avendo allucinazioni del Dottor Sexy. In pieno giorno».
«Meglio far sparire la vodka».
«E la tv».
Dean rivolge a entrambi uno sguardo acido. «No, no, no. Questo è molto meglio! Doc!», urla, precipitandosi fuori dalla porta.
«Dean, aspetta!», lo prega Sam, mentre l’ennesimo ‘idiota’ di Bobby gli arriva alle orecchie. Ma, sordo a tutto il resto, Dean continua a rincorrere il risucchio d’aspirapolvere che rimbalza da un’auto all’altra nel labirinto di rottami che circonda la casa. Due svolte a destra, una a sinistra; poi il rumore cessa improvvisamente. Dean aggira un’ultima carcassa d’automobile e si trattiene dal saltellare dalla gioia. La TARDIS è a meno di due metri da lui.
«Doc!», chiama. «Doc! Vieni fuori!».
Sam e Bobby lo raggiungono in quel momento, i loro: ‘Che diavolo è quell’affare?!’, appena udibili sopra il martellare dei pugni di Dean contro la porta della TARDIS.
«Doc!», insiste Dean. «È importante, avanti! Ho bisogno di prendere in prestito l’Occhio dell’Allegria!»
Questo sembra avere effetto. La porta si spalanca senza preavviso e Dean fa appena in tempo a fermarsi prima che il suo pugno di abbatta contro il viso di un uomo dai capelli di stoppa e una sottospecie di fedora infilata in testa. Dean fa un passo indietro, turbato; poi nota la gamba di sedano appiccicata sul bavero della giacca del tizio e sa di avere l’alieno giusto.
«Dottore!», lo saluta.
L’altro pare combattuto tra curiosità e confusione. «Chi sei e come mi conosci?», gli chiede, sospettoso. Per un istante Dean si dimentica dell’Apocalisse 3.0 e considera quella temporanea inversione di ruoli una schiacciante vittoria.
«Beh?», insiste il Dottore.
«Atterraggio d’emergenza, o qualcosa di simile», dice Dean, sbrigativo. «Ho conosciuto la versione con le orecchie a sventola e il sorriso da lunatico».
Il Dottore aggrotta le sopracciglia e annuisce. «Ah, d’accordo», acconsente con una scrollatina di spalle. «Deve essere una delle mie…»
«Future incarnazioni», lo interrompe Dean. «Sì, sì. Si stava rigenerando o che diavolo quando è atterrato nell’Impala».
Il Dottore sorride. «Oh. Questo è tutto molto interessante, ma ho paura che non rappresenti una ragione sufficiente per prestarti l’Occhio dell’Armonia».
Dean gli mette le mani sulle spalle. «Doc, ascolta. È importante che-», una serie di ripetuti colpi di tosse lo costringe a voltarsi.
Bobby e Sam gli stanno rivolgendo una serie di occhiate piene di perplessità. Bobby, efficiente come sempre, ha prodotto da chissà dove un fucile e pare indeciso se concentrare la propria attenzione su Dean, sull’uomo in tenuta da polo apparso sulla sua proprietà, o sulla strana scatola blu dalla quale è emerso. «Dean?», chiede Sam, preoccupato.
Dean posa la mano sulla spalla del Dottore. «Dottore, questi sono Bobby e mio fratello Sam», dice.
Il Dottore si toglie il cappello e solleva la mano destra in segno di saluto. Dean gli afferra il gomito della giacca a lo tira verso si sé: «Tieni il tuo sedano lontano da Sam se non vuoi che tenti di mangiarselo», gli sussurra, sbrigativo. Il Dottore annuisce preoccupato e si porta una mano al petto, in un evidente gesto di difesa del suo sedano. Dean sogghigna divertito.
«Dean», insistono Bobby e Sam.
Dean sospira: «Ok, ok. Sam, Bobby, questo è il Dottore».
«Chi?», chiedono gli altri due all’unisono.
«Il Dottore», dice il Dottore.
«Il Dottore ha buco nero portatile nella sua astronave», spiega Dean.
Bobby lo guarda come fosse impazzito. «Il tizio ha un cosa nella sua cosa?»
«Un buco nero portatile», ripete il Dottore. «Che, come ho già spiegato, non è in prestito».
Dean sta per ribattere, quando Sam mormora un affrettato ‘Non è possibile’ e si precipita all’interno della TARDIS.
«Ehi!», lo segue a ruota il Dottore.
«Oh mio Dio! L’interno è più grande!», urla Sam, in una vocina terribilmente acuta e piena di meraviglia.
Dean alza gli occhi al cielo e sale a sua volta a bordo della TARDIS. L’interno è diverso da come ricordava: i muri sono completamente spogli e il pannello di controllo, privo di qualsiasi luce elettrica, è terribilmente simile a un joystick gigante rubato da qualche sala giochi, tutto plastica bianca e bottoni colorati che potrebbero essere facilmente scambiati per caramelle. Il Dottore deve ridecorare piuttosto di frequente.
«Cristo santo». Dean si volta di scatto, attirato da quell’imprecazione.
Immobile sulla soglia della TARDIS, Bobby sembra sul punto di vomitare: «Ho bisogno di altro alcool», commenta, un piede ancora ben piantato fuori dalla porta.
«So come ti senti», lo rassicura Dean, solo per ricevere un ‘idiota’ in risposta.
Dietro di lui, Sam smette di fissare i muri e concentra la sua attenzione sul proprietario dell’astronave. «Sei un alieno», dice, avvicinandosi al Dottore con una mano tesa in avanti.
Il Dottore fa un passo indietro. «Signore del tempo», risponde, evidentemente a disagio, le mani incrociate al petto.
Sam lancia un’occhiata sospettosa al sedano del Dottore. Poi, rinunciato a capire il motivo di quell’ostilità, si volta in direzione di Dean: «Perché non mi hai detto che conoscevi un alieno?», gli chiede, indignato.
Dean comincia a perdere la pazienza. «Perché fino a dieci minuti fa credevo che il tizio nudo con la cabina telefonica fosse un semplice prodotto della mia immaginazione», spiega.
«…Cosa?»
«Lascia perdere, Sammy», dice, evadendo il discorso. Non ha intenzione di cominciare una conversazione sull’esistenza di alieni e fatine; Sam finirebbe solo con il tentare di provare l’esistenza degli unicorni. «Senti, Doc», torna a molestarlo, «abbiamo davvero bisogno di aprire quel buco nero».
«Ma perché?», domanda il Dottore, sinceramente interessato.
«Si», interviene Bobby, ancora mezzo al di fuori della TARDIS. «Che ce ne facciamo di un buco nero portatile?»
Dean deglutisce. «La futura incarnazione del Dottore - il tizio con le orecchie a sventola… beh, è stato lui a dirmi che abbiamo usato l’Occhio dell’Armonia per aiutare Cas».
«Cas? Cas chi?», chiede ancora il Dottore.
«Castiel. Un Angelo del Signore», risponde Sam, che nel frattempo è passato ad esaminare più da vicino il quadro dei comandi. «Beh, ex-Angelo, immagino».
Bobby emette una specie di grugnito d’approvazione. «Due mesi fa l’imbecille ha aperto le porte del Purgatorio e fatto indigestione di anime. Poi si è proclamato il nuovo Dio».
Il Dottore comincia a giocare con il bordo del proprio cappello. «Oh, un altro di quelli» commenta, vago. «Vediamo se capisco bene il problema», dice, dopo un attimo di riflessione. «Volete che apra l’Occhio dell’Armonia per risucchiare le anime del Purgatorio fuori da questo Castiel e farlo tornare a come era prima di questa sua… intossicazione alimentare».
Dean nota Sam e Bobby scambiarsi uno sguardo sbalordito. «Esatto!», conferma, completamente soddisfatto di quel piano d’azione.
Il Dottore emette una risatina strozzata. «No. Mi spiace ma questo è del tutto impossibile».
Dean si impedisce di urlare. «Perché?», insiste, esasperato.
«Perché non c’è modo di aprire l’Occhio dell’Armonia senza provocare un qualche disastro di proporzioni… beh, cosmiche».
Dean si lecca le labbra. «Doc… ascoltami bene: non ho idea di quanti disastri cosmici tu abbia incontrato fino ad ora, ma ti posso assicurare che in questo caso il gioco vale la candela».
Il Dottore sembra indeciso; l’espressione corrucciata, comincia a giocare con qualcosa all’interno della tasca destra dei suoi pantaloni. Una monetina, forse.
Bobby sceglie quel momento per inserirsi nel discorso. «Domandina veloce: se Dean dice di avere incontrato una futura versione di questo inglesino, non significa che, di fatto, questo Occhio dell’Armonia è già stato aperto?»
«No», risponde il Dottore, rapido. «Dal mio punto di vista questa è la prima volta che vi ho incontrato. E il mio punto di vista è quello che conta».
Bobby solleva il fucile.
Prima che gli eventi possano precipitare, Dean scatta verso destra. Il Dottore è la loro unica possibilità di sistemare le cose: non possono permettersi di perdere tempo in queste stronzate. «Non adesso», ammonisce, parandosi davanti a Bobby e ostruendogli la visuale.
Il Dottore si rimette il cappello in testa. «Sentite», dice, imbarazzato. «Mi piacerebbe davvero aiutarvi, ma non avete idea di quello che mi state chiedendo».
«Ma che ne è della linearità temporale?», chiede Sam.
Il Dottore s’infila entrambi le mani in tasca e fa un giro su se stesso. «Prego?», indaga.
«Beh, immagino che aprire un buco nero in Sud Dakota o dove diavolo ci servirà aprirlo sia qualcosa che ha una profonda influenza sul flusso temporale, no?»
«Sì, si potrebbe dire si sì, ma…»
«In tal caso, Dottore», continua Sam, nella sua migliore voce da studente modello, «non aprire l’Occhio dell’Armonia vorrebbe dire cambiare in modo consapevole gli eventi di cui si compone la tua stessa linea temporale. Il che genererebbe un paradosso, no?».
Questa volta è Dean ad assumersi il compito d’invadere lo spazio vitale del Dottore. «E tu stesso hai detto che alcuni eventi non possono essere cambiati», gli dice, puntandogli l’indice contro il petto.
Il Dottore sembra indeciso. Le mani ancora affondate nelle tasche dei pantaloni, comincia a passeggiare avanti e indietro per il corridoio della sala di controllo. A un certo punto, estrae una monetina dalla tasca sinistra e ne studia la superficie, affascinato.
«Ho ingannato me stesso», decreta, infine, con uno sguardo divertito.
Dean aggrotta le sopracciglia, confuso. Dietro di lui, Bobby mugugna qualcosa di indecifrabile: «Ti spiace elaborare un pochetto?», comanda. L’’idiota’ è sottinteso.
Il Dottore sobbalza leggermente, come ricordandosi solo in quel momento di non essere più solo. «La mia futura incarnazione», dice, infilandosi la monetina in tasca. «Questo ‘tizio con le orecchie a sventola’. Mi ha… ingannato. Beh, più costretto in questo punto della linea temporale».
«In che senso?», gli chiede Dean.
Il Dottore preme un paio di bottoni sul quadro di comando e spinge in avanti una delle leve che ne decorano la superficie. Una colonna bianca si solleva dal pavimento, al cento della stanza; sulla sua sommità, adagiato su cuscino rosso, c’è l’anello che Dean ha lanciato dalla finestra solo pochi minuti prima. «È stato lui a dartelo, no?», chiede il Dottore, accennando al gioiello. «O, almeno, vi ha impresso il segnale che la TARDIS ha seguito fino a queste precise coordinate nello spazio-tempo».
Dean si porta la mano dietro la nuca e si massaggia il collo. «Uh, immagino di si…», ammette. Poi, con la coda dell’occhio, nota Sam soccombere a un momento di pura gioia geek. Dean fa un istintivo passo indietro.
«Certo», dice quel cervellone del suo fratellino, che sembra aver seguito senza problemi tutte le farneticazioni del Dottore. «Usando l’anello come punto di convergenza gli eventi che stiamo vivendo sono diventati parte di una ricorsività temporale. E rivelare a Dean dell’Occhio dell’Armonia e del fatto che è stato usato per liberare Castiel dalle anime del Purgatorio è servito a fare in modo che i punti fissi dello spazio-tempo non collassassero su se stessi», blatera, senza riprendere fiato. «È brillante, Dottore! Semplicemente brillante!», si congratula infine, con un sorriso a trentadue denti, la mano tesa in direzione del Dottore.
Imbarazzato, il Dottore mette da parte i suoi timori per il suo sedano e stringe la mano di Sam tra le proprie. «Sì, ammetto che è stata una mossa piuttosto astuta da parte del futuro me stesso. Anche se non è come se l’avesse elaborato in modo autonomo», commenta, quasi deluso.
«Non saprei», s’intromette Dean, senza pensare. «All’inizio era piuttosto confuso. E nudo. Era appena stato colpito da un raggio della morte o simili».
Il Dottore sbatte le palpebre, sorpreso. «Oh, meglio che tu non mi dica altro di lui, allora».
Dean annuisce; assistere al quasi collasso dell’Universo gli è bastato una volta. E almeno che la salvezza di Cas non vi dipenda in modo esclusivo, non ci tiene a vedere l’Impala trasformata in una specie di flipper gigante - o in una serra per verdure, o in qualsiasi altra cosa un’altra fusione con la TARDIS la renderebbe questa volta.
Dietro di lui, Bobby batte la canna del fucile contro la porta della TARDIS. «Allora», dice, autoritario. «Prima che voi signorine cominciate a farvi le treccine a vicenda, posso sapere se siamo prossimi ad aprire un buco nero in mezzo alle gambe del nostro nuovo dittatore celeste?»
«Aprirlo a un centinaio di metri di distanza dal bersaglio desiderato dovrebbe essere sufficiente», corregge il Dottore, perfettamente sobrio. «Se riusciamo prima a capire come non far collassare la struttura atomica della Terra, ovviamente».
«Sul serio?», gli sorride Sam.
Il Dottore curva le spalle, remissivo. «Non è come se avessi altra scelta, no?», risponde.
Dean rilascia il respiro che non sapeva di star trattenendo. Prima di rendersi conto di quello che sta facendo, ha il Dottore intrappolato in un abbraccio letale. «Grazie», gli sussurra, grato. E poi batte in ritirata perché, non importa quale sia la gravità della situazione, Dean non abbraccia altri uomini - o alieni di sesso maschile - in pubblico.
Il Dottore si sistema il gilet e sorride. «Purché tuo fratello se ne sta lontano dal mio sedano…», minaccia.
Dean emette una risatina divertita. «Non sarà un problema», dice, mentre il viso di Sam si congela sulla sua migliore espressione da stronzetta irritata.
«Splendido!», il Dottore si avvia saltellando verso l’uscita della TARDIS. «Avete del tè? È terribilmente difficile fare piani per detronizzare gli dei senza l’aiuto di una buona tazza di tè».
Bobby si scansa di lato e lo lascia passare. «Per essere un alieno ti comporti in modo orribilmente inglese», borbotta, incamminandosi a sua volta nel deposito di rottami.
«Oh, incontro sempre parecchi Inglesi durante i miei viaggi. Deve essere quello», commenta il Dottore.
«Ma non mi dire…»
«Tanti Scozzesi, anche».
Dean rimane immobile al centro della sala di controllo e ascolta quello strano scambio di battute fino a che le voci non si sono fatte troppo flebili per distinguere quello che stanno dicendo. Poi Sam si schiarisce la gola.
«Un alieno, eh?», chiede retorico.
Dean s’infila i pollici nelle tasche posteriori dei jeans e ondeggia sui talloni. «Ti dirò, Sammy: ci sono successe cose ben più strane».
Sam lancia un ultimo sguardo al pannello di comando e lo segue all’esterno. Dall’altra parte della porta, la TARDIS ha ancora la forma di un’innocente cabina telefonica. Blu cobalto, pensa, tra sé.
«Dean», Sam richiama la sua attenzione dopo un lungo silenzio. «Credi davvero che funzionerà?».
In quell’istante, l’assurdità degli eventi sembra piombargli addosso come un muro di mattoni. Dean pensa a otto anni prima: all’uomo nudo che è comparso dentro l’Impala e al pianeta Barcellona. Pensa al sorriso del Dottore e tutti i suoi ‘la prossima volta’ e: ‘non ne ho ancora la minima idea’. Dean pensa a Castiel, e che il tempo e il destino si possono cambiare, anche se solo in parte, e sorride.
«Una divinità contro due Winchester, un vecchio scorbutico e un uomo con un gambo di sedano attaccato al bavero della giacca? Il successo è assicurato, Sammy. Semplicemente assicurato».
E dal sorriso sghembo che Sam gli rivolge, Dean sa di avere ragione. Presto - molto presto - si riprenderanno il loro Cas. Da qualche parte in quell’infinito casino che sembra essere lo spazio-tempo l’hanno già fatto.
* * *
Note
- Ditemi se non è meravigliosa (ok, è del '66, ma esiste ed è dello stesso fottutissimo colore):
- E, se volete cavarvi gli occhi, vi consiglio questa pagina:
1967 Impala External Colors (io faccio un po' il tifo per il Marina Blue, cioè dai...
gli interni).
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