[FanFic] No One Feels Like You

Mar 13, 2012 01:41

Series: Tomorrow There'll Be Sunshine And All This Darkness Past
Summary: Sono solo dieci minuti che è seduto lì in macchina, a tamburellare impaziente sul manubrio, ma in qualche modo gli sembra già un’ora abbondante, e anche più. Controlla l’orologio sul quadrante una volta ogni venti, trenta secondi, convinto che ne siano passati mille. Cambia posizione quasi di continuo, incapace di star fermo.
Words: 1,770
Genre: Fluff, Introspective, Romantic, Slice Of Life
Pairing: Jude Law/Robert Downey Jr.
Rating: PG-15
Warnings: Missing Moments, One-Shot, Slash
Notes: Basicalmente perché manubibi stamattina mi ha fatto vedere questa foto di Jude a Venice Beach, e la mia mente ha fatto immediatamente l'associazione con Malibu (che si trova poco distante da lì). Avevo davvero voglia di scriverla, un po' perché erano un paio di settimane che non lo facevo (per scazzi di connessione - a proposito, non vi fate mai corrompere da Fastweb, è uno schifo -.-), un po' perché boh, non lo so nemmeno io. xD Fatto sta che quando mi ci sono messa la storia ha preso a scriversi da sola (credo sia la più lunga one-shot RDJude che abbia mai scritto), e lol, lo vedrete, ha preso un andamento tutto suo ad un certo punto. O_o Io volevo solo scrivere di Jude che va a trovare Robert. *si va a nascondere in un angolo*

‹‹ … Robert? ››
‹‹ … Yeah, I’m here. ››
‹‹ Don’t be mad? Please? ››
‹‹ I’m not… ››
‹‹ Upset then? ››
‹‹ No, it’s just… Nothing, okay? I’m happy you’re coming. I mean, really. And that’s all that matters to me. ››
‹‹ You sure? ››
‹‹ Yes, I’m sure. I’ll see you on Sunday then. ››
‹‹ … Right. ››
‹‹ Now I really have to go, sorry. ››
‹‹ Robert, come on… ››
‹‹ I swear, I’m not mad or anything, but Susan is calling me, and I only get an hour of sleep last night, so… ››
‹‹ She’s trustw-- ››
‹‹ Yeah, okay. Bye, Jus. ››
‹‹ … I love you. ››
‹‹ Me too, yes. ››

Sono solo dieci minuti che è seduto lì in macchina, a tamburellare impaziente sul manubrio, ma in qualche modo gli sembra già un’ora abbondante, e anche più. Controlla l’orologio sul quadrante una volta ogni venti, trenta secondi, convinto che ne siano passati mille. Cambia posizione quasi di continuo, incapace di star fermo. Per certi versi è come se quattro anni si fossero volatilizzati di colpo, perché si sente nervoso esattamente come una di quelle prime volte in cui l’altro era andato a trovarlo, ancora clandestinamente allora. Non che adesso non lo siano, però almeno sua moglie sa, e per fortuna a lei ha finito di mentire, era qualcosa che odiava fare. Quanto al resto del mondo, non gliene frega nulla, e si limita ad ignorare praticamente tutte le menzogne che di tanto in tanto gli sono capitate sotto gli occhi, o all’orecchio. Il punto è che l’ultima conversazione avuta per telefono non è stata delle migliori, anzi, a dirla tutta non sa come abbia fatto a trattenersi dal chiudere la chiamata di punto in bianco, come l’altro gli ha rivelato la grande genialata di piano che aveva messo su, senza neanche degnarsi di chiedere il suo parere, prima. Come se non sapesse che odia essere tenuto all’oscuro, quando si tratta di decisioni da prendere su di loro.
È talmente immerso tra il fissare l’ora e il ragionare con sé stesso ancora e ancora sul medesimo punto che ha un piccolo sobbalzo quando sente qualcuno picchiettare sul finestrino dal lato passeggero. Si sporge leggermente per scorgere un volto e il suo cuore non può fare a meno di battere un pochino più veloce quando riconosce la faccia del suo uomo che lo fissa con quel suo piccolo sorriso da Londinese educato e composto. Gli fa cenno di entrare e nel frattempo accende il motore, partendo nello stesso momento in cui la portiera si richiude e il sedile accoglie il suo nuovo passeggero. Non ha molta fretta in realtà, ma vuole togliersi subito dal centro della cittadina e raggiungere un luogo isolato prima di fermarsi, sulla strada verso casa. Fa in tempo a percorrere soltanto cinquecento metri scarsi che nell’abitacolo si diffonde un fastidioso pigolio, come un allarme, ma assai più fastidioso.
‹‹ Seatbelt... ›› brontola, con un vago gesto nella sua direzione, tenendo gli occhi sulla strada anche se non ce ne sarebbe strettamente bisogno. Ma deve fingere di essere ancora alterato per quella storia, ha paura che altrimenti gli possa sfuggire qualcosa, ed è un rischio che non vuole correre.
‹‹ First time we talk face to face in almost three months and this is the first thing you tell me? ›› lo riprende subito l’altro, continuando a far proseguire l’allarme, apparentemente incurante del fastidio che gli provoca. O probabilmente proprio per quello.
Ci mette un paio di secondi per capire che l’unica cosa da fare è non rispondergli con quel tono sarcastico che lui usa spesso, e che il più delle volte in casi come questo finisce soltanto per irritare l’altro, e niente più. Così gli getta una piccola occhiata, sorridendogli appena, e sospira.
‹‹ You’re right, I’m sorry… Hi, baby… How was your flight? ››
Le parole si rivelano essere quelle giuste, perché dopo solo alcuni istanti non solo quel bip fastidioso cessa, ma la sua guancia viene sfiorata da un piccolo e leggero bacio, che riesce a liberare la sua testa da tutto quanto il resto, e lo spinge a premere ancora di più sul pedale dell’acceleratore, il suo corpo percorso da un fremito lieve ma duraturo.
‹‹ It was good, thank you... ›› gli risponde l’altro, rimanendo poi in silenzio, poggiando la propria testa sulla sua spalla, donandogli un nuovo brivido.
‹‹ Great... ›› sussurra, riuscendo a trattenersi soltanto per una manciata di secondi appena prima di lasciare il suo stesso capo su quello dell’altro, lasciando andare un sospiro che sa di resa incondizionata, e di una lontananza che stava davvero diventando insopportabile per entrambi, su ogni livello.
Ed è solo il suo corpo che lo guida adesso, accelerando sempre di più, sfidando il limite di velocità, fin quando alla fine non scorge la piazzola di sosta ai margini della carreggiata, la prima e l’unica presente tra Venice Beach e Malibu. Raggiunge la piccola sporgenza a picco sul mare e finalmente si ferma, la gamba che manda un piccolo segnale di sollievo misto a fatica come lui lascia andare la tavoletta, poggiando il piede sul tappetino e tirando indietro il sedile, per far spazio davanti a sé. Poi si gira verso l’altro e non fa in tempo a dire una sola parola che se lo ritrova in grembo, le ginocchia puntate dritte contro il sedile, le mani che già scivolano sulla sua maglietta, impazienti di un contatto di primo grado con la sua pelle. E lui sente il cervello spegnersi quasi all’istante, e le sue braccia spalancarsi per accogliere il corpo dell’altro, stringendolo poi contro il suo, desiderandolo così tanto che gli sembra impossibile essere riuscito a farne a meno per così tanto tempo, centosettantasette giorni, per essere precisi. Gli abbassa la zip della felpa mentre avverte il proprio corpo venire scoperto sempre di più, e avvampare sotto quel tocco, anziché rabbrividire di freddo. Poi come riesce a toccare la pelle dell’altro fa scivolare la mano contro la portiera, individuando la manopola giusta per allungare il sedile e sorridendo in una maniera che forse lo fa sembrare un po’ idiota, ma lui non può saperlo, perché non se ne accorge nemmeno. Ormai è partito verso un luogo di loro esclusiva proprietà, nascosto agli occhi di tutti gli altri, così che nessuno, tranne loro due, può e potrà mai raggiungerlo. Percorre i fianchi dell’altro con una dolcezza particolare, piena di tutte le attenzioni che è in grado di dare. Non lo sta guardando ma in qualche maniera sa che sta sorridendo. Lo avverte con la sola forza del loro contatto. Raggiunge il tessuto dei pantaloni e sa che è quasi arrivato a destinazione, lo sente nel proprio corpo, e dentro di sé, all’altezza del cuore.
‹‹ Jude... ›› ansima sottovoce, come fosse la prima parola di una preghiera che sta quasi per cominciare.
‹‹ Yes... I’m here now... Call my name... I’ll prove it to you… ››
Arrivato.

‹‹ I’m sorry I was cold over the phone, baby… ››
‹‹ It doesn’t matter, I should have talked to you before taking that decision… You had every right to get upset… ››
Sospira dolcemente e gli lascia un piccolo bacio tra i capelli cresciuti da poco, stringendolo più forte a sé e chiudendo gli occhi, per godersi meglio la sensazione dei loro corpi nudi a stretto contatto tra loro. Non sa da quanto tempo hanno finito di fare l’amore, probabilmente da un po’, visti i leggeri brividi di freddo che ogni tanto fanno capolino sulle loro pelli. Ma come ogni volta se ne sono rimasti lì, abbracciati come a diventare un tutt’uno, dapprima in silenzio e poi a parlare piano. Delle loro emozioni, dei loro battiti accelerati, della loro dipendenza reciproca.
‹‹ I guess I’m afraid, that’s all. It’s not like I don’t trust you, it’s… What if she falls in love with you? What if she becomes another… Sienna? What if she finds out about us? It’s been a fucking mess the first time, remember that? And you know me, I… I don’t wanna share you with anybody else… ››
Fa fatica ad ammetterlo, non solo ad alta voce, ma anche con sé stesso. Che ha così tanta paura di perderlo non appena qualcuno diventa un filo più intimo con il suo uomo, anche se non ne ha motivo, e il suo cervello ne è consapevole. Ma per qualche strana ragione non riesce mai a convincere il cuore.
‹‹ Don’t worry, Robert, okay? Ruth is just a friend, that’s all. We’ve worked together for a whole summer, if she was interested, she would have done something about it earlier, don’t you think? ››
Ovviamente sa che ha ragione, ma anche se dischiude le labbra per rispondere, non ne esce alcun suono. Il cervello perde un’altra importante battaglia.
‹‹ ... I just needed a cover, I told you. Just… Just to be sure about our privacy, you know? We can’t risk a false move, not now. ››
‹‹ … Not with Exton. ›› sussurra allora, ed immediatamente il viso placido e pacioccone del bebè gli compare davanti agli occhi, facendo piazza pulita di ogni brutto pensiero presente nella sua testa pazza. Abbassa lo sguardo sul suo uomo e gli solleva dolcemente il mento, guardandolo negli occhi e sussurrando piano, le labbra che si distendono in un sorriso luminoso. ‹‹ Speaking of whom... I think it’s about time he meets his stepfather. ››
L’altro deglutisce e continua a tenere i propri occhi nei suoi, mordicchiandosi il labbro inferiore in un gesto che lui riconosce subito, e che gli riempie anche il cuore di tenerezza. È paura, mista a felicità. Gliel’ha già vista altre volte in viso, quando si è trattato di prendere decisioni importanti, sul loro amore.
‹‹ You... You think so? ››
‹‹ He can’t wait for it. He’s heard a lot about you. Every night before going to sleep. ››
Gli sorride con una dolcezza che riserva solo a lui, e lo bacia piano, chiudendo gli occhi e tenendolo stretto su di sé, come a voler sigillare un patto segreto, una volta di più. Poi l’altro annuisce, passando una mano tra i suoi capelli e restituendogli il sorriso, più sicuro adesso.
‹‹ We shouldn’t keep him waiting much more... ››
‹‹ Nope… ››
‹‹ Let’s go then? ››
‹‹ … In a moment. ›› sussurra, prima di ricominciare a baciarlo, per lunghi, interminabili secondi. E quando alla fine lascia andare il suo viso, ormai è troppo tardi per rimanere nella realtà. Così ricominciano a viaggiare, ancora una volta, verso la loro meta preferita.

genre: introspective, sub-type: one shot, tag: missing moments, series: tomorrow there'll be sunshine an, genre: romantic, tag: slice of life, genre: fluff, tag: slash, rating: r/mature, fandom: rpf, pairing: robert downey jr./jude law, type: fanfic, sub-fandom: rdjude

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