Kateikyoushi Hitman Reborn. Squalo/Dino. 001. Inizio

Aug 06, 2011 11:10

Titolo: There is no heart without you
Titolo capitolo: Uno strano incontro
Autore: seleniasan
Fandom: Katekyo Hitman Reborn!
Prompt: 001. Inizio
Pairing: Squalo x Dino
Rating: giallo
Genere: generale, giallo
Parole: 1914 parole
Avvertimenti: AU, shounen ai
Disclaimer: Squalo e Dino sono (c) di Akira Amano, io non ricavo nulla da ciò che scrivo, lo sapete, se fosse tutto mio KHR sarebbe un manga yaoi e questi due, come molta altra gente, farebbero ben altro.
Note: questo è il primo capitolo di una fic che terrà più prompt, perché mi piace vincere facile xDD *coffcoff* So che il titolo è quello di un capitolo/un volume di Bleach (il volume con Kaien, mi pare), ma mi piace veramente tanto quel titolo ç.ç
Tabella: http://seleniasan.livejournal.com/46595.html

01. Uno strano incontro

“Senza carne e senza ossi
Chi è che salta i fossi?”
Stefano Benni, “La compagnia dei Celestini”

« Vooi! »
Un urlo iroso fu accompagnato da una serie di imprecazioni tali da far impallidire il diavolo in persona. Squalo, investigatore privato di una piccola agenzia chiamata “Varia”, aveva violentemente riattaccato il telefono dopo che il suo capo, Xanxus, gli aveva mollato un caso impossibile per poi chiudere la conversazione all’improvviso. Dopo aver scaricato la tensione su una povera ed inerme sedia, si appoggiò al davanzale della finestra sospirando. In quel momento entrò Lussuria, il segretario dell’azienda, con una tazza di marocchino (1).
« Squ-chan, non fa bene arrabbiarsi, fa venire le rughe. »
« Vooi, vieni tu a rispondere la prossima volta, imbecille! »
Gli disse Squalo, infuriato come una iena. A quel punto artigliò il suo marocchino e iniziò a sorseggiarlo. Si allungò verso la scrivania e prese il dossier del caso che Xanxus gli aveva appena sbolognato senza troppi complimenti. Una patata bollente che ancora nessuno aveva avuto voglia di prendere tra le mani in modo abbastanza serio. Squalo scosse la testa. Si trattava di una serie di sparizioni alle quali erano seguiti i ritrovamenti in stato molto confusionale delle vittime. Gli inquirenti non avevano escluso che si trattassero di tentati omicidi falliti per cause sconosciute, ma nessuna prova era stata trovata per avvalorare questa ipotesi. Al dossier era allegato un identikit. Sembrava che una delle vittime fosse riuscita a mettere insieme la descrizione del potenziale colpevole, tra le varie frasi insensate che aveva detto. Il disegno ritraeva un giovane dai capelli mossi e dall’espressione gentile.
“Se lui è il colpevole, allora si può smentire del tutto il detto famoso.”
Pensò Squalo tra sé e sé. Continuando a leggere il dossier, l’investigatore scoprì che le sparizioni erano avvenute tutte tra il cimitero e il vecchio castello in rovina. A quel punto prese la spada, la fissò al fianco e fece per uscire dall’edificio. Passò davanti a Belphegor, il suo collega, al quale disse che sarebbe andato a investigare su un altro caso.
« Shishi… Voglio vedere come te la caverai con il barboncino della signorina Bianchi. »
« Te ne puoi occupare tu, Bel. »
« Io sono un principe! »
« Vooi, non ti ci mettere anche tu! Occupati del barboncino, altrimenti puoi scordarti lo stipendio! »
Con ciò Squalo uscì sbattendo la porta. Era sera, non faceva particolarmente freddo, ma c’era pioggia. Non che a Squalo desse particolarmente fastidio, ma avrebbe preferito un altro tipo di tempo. Si diresse velocemente sulla strada tra il cimitero e il castello per cercare indizi. Chiamò un taxi, che arrivò un po’ di minuti dopo, e intimò all’autista di portarlo verso il cimitero.
« Ma è il luogo delle sparizioni! »
« Allora qualcuno legge i giornali… »
Disse Squalo ghignando. Poi aggiunse, facendo vedere il biglietto da visita dell’agenzia:
« Vooi, si sbrighi a portarmi là, devo indagare! »
Il taxista annuì e partì, facendo un paio di gincane tra il traffico cittadino. Gli ci volle un po’ prima di arrivare, d’altronde quella era l’ora di punta. Il taxista sgommò infine di fronte all’entrata del cimitero.
« Sono ottantatremila lire. »
L’investigatore pagò scaricando un po’ di imprecazioni su taxi troppo cari, quindi se ne andò verso l’entrata. Esibendo la sua licenza di investigatore al custode, poté entrare all’interno del cimitero. Iniziò a girovagare tra le tombe con aria indifferente; si mise le mani in tasca e iniziò a guardarsi intorno, da qualche parte doveva pur iniziare. Era un cimitero abbastanza grande, che negli anni Sessanta era stato ampliato e rimodernato. Tuttavia la parte più vecchia era stata abbandonata a se stessa: ora tombe che anticamente erano state maestose erano ridotte a un cumulo di rovine. Questo a causa del fatto che quella parte era fin troppo vicina al castello diroccato, nel quale alcune voci dicevano che vi fosse un fantasma. Non che Squalo credesse a questo, non era il tipo di persona da credere a dicerie e superstizioni. Per questo iniziò a perlustrare proprio la parte antica del complesso, sebbene il guardiano, spaventato, avesse tentato inutilmente di fermarlo. Osservò alcune tombe dalle scritte ormai illeggibili e passò oltre altre lapidi che erano ormai inesorabilmente erose dalle intemperie. Ad un tratto qualcosa - o meglio, qualcuno - colse la sua attenzione: davanti a una tomba senza nome c’era un giovane, o così gli sembrava. Il cappuccio del cappotto - cappotto di lanetta dalla foggia antiquata - gli nascondeva il volto.
“Chi diavolo è il pazzo che a giugno porta il cappotto di lana?”
Fu il primo pensiero di Squalo. Il secondo fu che nessuno poteva trovarsi in quel luogo a caso. Con circospezione si avvicinò alla persona, mettendo nel frattempo la mano all’elsa della spada, per qualsiasi evenienza. Forse una pistola gli sarebbe risultata più comoda, ma lui, da bravo spadaccino, figlio di generazioni di spadaccini, era legato a quell’arma. Sfoderò la spada quando vide che il giovane, che sembrava aver finito la sua contemplazione, stava uscendo dal cimitero prendendo la via che portava al castello teatro delle misteriose sparizioni. Prima che svanisse nel nulla, Squalo lo seguì, parandoglisi davanti poco dopo.
« Voooi! Fermo dove sei! »
La persona si fermò e abbassò il cappuccio.
« Ci conosciamo, per caso? »
A Squalo servirono alcuni minuti prima di riprendere l’uso della parola. La prima cosa che Squalo aveva notato era il pallore cadaverico dell’altro. Solo dopo alcuni minuti gli venne in mente di tirare fuori l’identikit, che per buona misura si era portato dietro, e lo osservò a lungo prima di tornare a guardare il giovane. Quest’ultimo aveva un’espressione interrogativa, come se non sapesse bene come reagire. In lontananza si sentirono i rintocchi di una campana. Salì allora una strana nebbia, che avvolse entrambi. Squalo agitò la spada alla cieca e chiuse gli occhi.
Quando li riaprì si trovava dentro il castello. Tuttavia, non si ricordava di essersi mosso da davanti al cimitero. Il giovane era scomparso.
Squalo si guardò intorno. Doveva essere nell’atrio, un’ampia sala decorata in stile neoclassico, dalla quale si diramavano due corridoi e una rampa di scale. Dalla direzione della rampa si poteva distinguere il suono di alcuni flebili passi. Puntando la spada di fronte a sé, salì le scale. Si trovava in un lungo corridoio, che alla fine faceva angolo verso sinistra. Proprio da dietro quell’angolo, Squalo sentì il rumore di una rovinosa caduta; subito si precipitò per vedere che cosa stesse succedendo, ma tutto ciò che vide fu una porta semiaperta, accanto alla quale c’erano alcuni oggetti, che giacevano a terra, come se qualcuno li avesse fatti cadere da poco. Si avvicinò alla porta sudando freddo, quindi la oltrepassò senza abbassare la guardia. Ciò che vide aveva dell’incredibile. Il giovane che aveva incontrato giaceva disteso in un letto, circondato da fiori ormai secchi da tempo e impolverati. Con circospezione si avvicinò e gli toccò il volto. Un brivido scorse lungo la schiena di Squalo. Il giovane era freddo come il ghiaccio. Sebbene avesse il colore pallido che solo la morte può dare, sembrava che non fosse lì da molto tempo. Gli abiti dei quali il giovane era vestito, tuttavia, smentivano qualsiasi ipotesi vagamente logica: nessuno, nel 1984, sarebbe andato in giro vestito da Dandy. Quella era moda risalente a Oscar Wilde, se ben ricordava i suoi vari studi - studi che al tempo aveva bollato come inutili. Squalo pensò immediatamente a uno scherzo di cattivo gusto. Sfiorò con le dita il viso immobile di quel Dandy e constatò che era freddo come il marmo. Uno scherzo decisamente ben fatto, probabilmente.
« Vooi, è ora di finirla con i giochi. »
Pensò ad alta voce, con una nota cupa. La situazione non era divertente. Di scatto puntò la spada davanti a sé. Il giovane che - teoricamente - doveva trovarsi nella bara, era in piedi di fronte all’investigatore.
« Non è mia intenzione giocare, signore, potete constatarlo di mano vostra. »
La risposta fu accompagnata da una lieve risata. Se non fosse stato per l’orgoglio che Squalo possedeva, sarebbe collassato all’istante.
« V… VOOOI! Tu… Tu sei…»
Il giovane dandy ridacchiò imbarazzato.
« Signore, vi prego gentilmente di ascoltarmi. Lo so, dovrei essere - come dire - lievemente morto, ma… »
La spada gli venne puntata al collo.
« Vooi… Se questo è uno scherzo, giuro che ti faccio a fette. »
Con espressione interrogativa, il biondo si avvicinò un po’ a Squalo, che indietreggiò alzando di più la guardia. L’altro si fermò, con espressione sconsolata.
« Per favore… Non ve ne andate… »
« Tch… È così che uccidi le tue vittime? Patetico. »
L’ultimo commento di Squalo fu ignorato Il giovane si avvicinò a lui toccandolo. Lo spadaccino ebbe la sensazione di essere attraversato dalla nebbia: fu dunque il suo turno di guardare il biondo con aria interrogativa. Fu allora che il Dandy camminò - no, fluttuò - verso la bara e si sedette sopra il bordo.
« Il mio nome è Dino. Come forse avrete notato io non appartengo a quest’epoca. »
Un’occhiata in tralice da parte di Squalo lo trapassò, ma non ci fece caso. L’investigatore gli puntò l’arma contro e chiese spiegazioni. Aveva ormai rinunciato a capire la situazione da un punto di vista logico e razionale, quindi l’unica cosa che gli rimaneva era andare avanti seguendo la piega della conversazione. In fondo tra tutti quelli che lavoravano all’agenzia, lui era l’investigatore più professionale. Siccome questo caso era stato affidato a lui, decise che saperne di più non avrebbe fatto male. Avrebbe valutato in seguito le informazioni che il giovane - fantasma, scherzo, vattelappesca - gli avrebbe dato.
« Vooi, adesso noi due faremo una bella chiacchierata. »
Disse Squalo ghignando. In quel momento gli sembrò che Dino, così si era presentato il Dandy, sorridesse pallidamente. Fu così che i due iniziarono una strana conversazione.
« Potrei sapere che lavoro fate, signore? »
« Intanto non darmi del “voi”. E poi perché cazzo vorresti saperlo? »
« Siete un detective? »
Squalo trapassò Dino con uno sguardo che avrebbe congelato un muro di cemento armato.
« Sia chiara una cosa: le domande spettano a me. E la prima cosa che voglio sapere è: che cosa hai fatto alle altre vittime? »
« Prego? »
Dino sembrava genuinamente sorpreso. Poi, in tono incerto aggiunse:
« Davvero, siete il primo che mi nota… Generalmente nessuno può vedermi. »
In risposta il giovane venne squadrato da capo a piedi. Squalo gli si avvicinò per prenderlo per il bavero, ma quando le sue mani lo raggiunsero, semplicemente trapassarono l’aria. Ancora una volta l’investigatore rimase perplesso. Sospirò rassegnato e chiese:
« Vooi, perché allora sono qui? E tu cosa diavolo sei? »
« Vorrei il vostro aiuto, per questo mi sono fatto notare al cimitero. Voglio scoprire il mio assassino. Temo però di non potere fare molto per le vittime cui accennavate, poiché voi siete in assoluto il primo dal quale mi faccio notare volontariamente. »
Dino si alzò e sfiorò le mani di Squalo. Lo spadaccino gli scoccò uno sguardo perplesso, che ben presto divenne interrogativo. Forse la chiave delle sparizioni era lì di fronte al suo naso. A quel punto rinfoderò la spada.
« E come lo spieghi il tuo identikit? Non ti sei fatto notare anche da altri? »
Ricevette in risposta un cenno di diniego. L’investigatore rinfoderò la spada e sospirò a metà tra il seccato e il rassegnato.
« Va bene. Ti darò una mano. Ma anche tu dovrai aiutare me. »
Il Dandy ridacchiò. Squalo fece per uscire, poi però si voltò di scatto e disse:
« La tomba davanti alla quale ti ho visto… »
« È la mia tomba, signor…? »
« Squalo. Chiamami solo Squalo e dammi del “tu”. »
Ciò detto si diresse verso l’uscita con una risata strana, ironica e nervosa.
------------------------------
Note:
(1): il Marocchino è una bevanda calda servita probabilmente solo in Piemonte. Consiste in questo: prendete una tazza di di vetro, cospargete di cioccolato (o nutella) l'interno, versate una tazzina di caffè, spolverate con cacao magro, finite di riempire con la schiuma del latte (quella che si mette nel cappuccino) espolverate ancora con il cacao. Decorate, se volete, con pezzettini di nocciola. Servite.

squalo, squalo/dino, yaoi, dino, big damn table, squaloxdino, kateikyoushi hitman reborn

Previous post Next post
Up