Hetalia - Fuego de Infierno, capitolo II (Spain/South Italy)

Dec 05, 2012 13:19

Titolo: Fuego de Infierno
Personaggi: Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Sud Italia/Lovino Vargas
Pair: Spagna/Sud Italia
Numero capitoli: 2/3
Generi: storico, drammatico, introspettivo, slice of life
Avvertimenti: shonen ai
Rating: arancione
Numero parole: 2436
Nota dell'autore: per esplicita sollecitazione di una certa principessa tsundere, ciò che doveva essere una one-shot si è trasformata in una fanfic di tre capitoli.
Quindi. La dedico completamente a lei, che mi ha fatto da beta 3


Madrid, XXI siglo.

Inspirò profondamente il profumo dei suoi capelli. Strinse il suo corpo caldo a sé. Dal suo respiro regolare sapeva che stava ancora dormendo, e quindi sorrise.
Poteva godersi ancora qualche attimo di pace prima del risveglio del suo Italiano preferito. Poi avrebbe detto addio alla tranquillità e buongiorno alla quotidianità.
Una quotidianità sempre uguale da secoli. Da quando aveva ottenuto la custodia di quel piccolo Italiano sempre imbronciato. Una quotidianità fatta di alti e di bassi.
Cos'era che diceva Lovino? Che avevano caratteri incompatibili?
Sorrise ricordando le parole del ragazzo. Era una cosa che ripeteva spesso, e sicuramente era vero che viste dall'esterno le loro personalità potevano sembrare a chiunque in perenne collisione. Oh, lo erano. Ma loro avevano imparato ad avere un loro equilibrio. Lentamente. Tra litigi e pianti. Tra porte sbattute e sensi di colpa.
Inspirò nuovamente il profumo dei suoi capelli. Tenerlo tra le proprie braccia lo tranquillizzava, e lo aveva fatto sin dai primi tempi della loro forzata convivenza. Il per niente celato astio di Lovino nei suoi confronti, specialmente nel primo periodo, lo deliziava e lo infastidiva allo stesso tempo. Quelle paffute guanciotte rosse ed imbronciate erano un antistress perfetto.
E non avrebbe mai immaginato che un giorno quel bambino sarebbe sbocciato diventando uno splendido adolescente. Come mai avrebbe immaginato di innamorarsi di lui.
Non era una situazione per nulla semplice. Soprattutto non in un periodo in cui il suo Stato era dominato dal terrore dell'Inquisizione.
Posò un bacio sui capelli dell'altro. Per loro poi era particolarmente complicato, nonostante fossero entrambi discendenti dell'Impero romano e tutti sapessero che allora l'omosessualità era tollerata. Anche il vecchio aveva amato un uomo. Sospirò.
Tutto ciò che loro avevano di pagano era stato rimodellato dal cristianesimo. E la loro gente credeva fermamente in questa religione, per la quale desiderare o giacere con una persona del tuo stesso sesso era un peccato mortale.
Ma lui amava Lovino. Nessuna religione avrebbe mai potuto fargli cambiare idea. Forse per qualcuno poteva ancora, dopo così tanti secoli, sembrare un peccato, ma lui non ci vedeva nulla di male. E nemmeno il ragazzo che ora dormiva beatamente tra le sue braccia. Anche se non era sempre stato così.
Tra i due lui era sicuramente quello più religioso, nonostante Lovino avesse a casa il papato. Gli era sempre sembrato che per il ragazzo fosse più una questione etica, anche se si nascondeva sempre dietro alla scusa della religione.
Osservò i capelli castani sparsi sul cuscino, mentre permetteva ai ricordi di farsi vivi.

XVII siglo.

Mentre era impegnato in una guerra che stava distruggendo l'Europa, doveva combatterne una molto più intima.
In un momento in cui la sua mente era annebbiata dai fumi dell'alcol aveva permesso alla propria bocca di dire cose che dovevano restare assolutamente segrete. Erano cose che aveva confidato soltanto a Francis - con il quale era ufficialmente in guerra al momento - , che probabilmente era l'unico che potesse capirlo, vista la strana relazione che aveva con Inglaterra.
Ed era proprio una di quelle sere in cui beveva e si confidava con il Francese che tutto successe.
Aveva abbandonato Francis sul divano, nonostante le proteste di Lovino che voleva buttarlo fuori, a dormire in corridoio.
Rise appoggiandosi all'adolescente che lo stava aiutando ad andare in camera da letto.
- Non c'è nulla da ridere, bastardo! Guarda che ti mollo qui!
Si appoggiò di più al ragazzo. Aveva sempre un buon profumo di pulito.
- Poi mi chiudo a chiave in camera mia, chiaro? - aveva sibilato lanciandogli anche un'occhiataccia.
- Francis sta dormendo - sospirò - e comunque non gli permetterei mai di avvicinarsi a te con quell'intento, ben sapendo che tu non vuoi.
- Ovvio che non voglio! E' un maschio!
Si aspettava la risposta di Lovino. Sapeva che al giovane piaceva solo il gentil sesso, vista poi l'evidente cotta che si era preso per Belle.
Percepì il materasso sotto la schiena, e le poco gentili parole dell'Italiano raggiunsero subito le sue orecchie, mentre era impegnato a togliergli gli stivali per abbandonarli con un sordo tonfo sul pavimento. Appena sveglio ne avrebbe sentita una per colore, come ogni volta che beveva troppo.
Sentì il materasso abbassarsi e subito dopo le dita di Lovino che gli aprivano la camicia: - Dovresti essere tu a badare a me, non io a te, bastardo.
Sorrise. Adorava quando il ragazzo parlava in italiano, come se lui non lo capisse: - Lo siento, Lovi.
- Lo siento un cazzo!
Rise guardando il ragazzo. Oddio, quell'espressione accigliata era adorabile. Addirittura la dura linea delle sue labbra imbronciate era adorabile. Tutto di Lovino era adorabile.
E prima che potesse rendersene conto, aveva afferrato la camicia del ragazzo, attirandolo a se e premendo le labbra sulle sue. Non lo aveva fermato nemmeno un primo rifiuto di Lovino, che poi, per qualche strana congiunzione astrale aveva miracolosamente risposto al bacio.
Ma nonostante l'audacia del gesto, la fortuna non era stata dalla sua parte.
Si era ritrovato con una guancia dolorante e con gli occhi di Lovino pieni di lacrime.
- ...bastardo - aveva mormorato, prima di spostarsi velocemente dal letto. Era uscito sbattendo la porta, che lui era rimasto soltanto a fissare.

XVIII siglo.

Era appena ritornato dalle Province Unite. Stanco. Distrutto.
Desiderava soltanto buttarsi sul letto e dormire per i prossimi cento anni.
Invece, come aveva aperto la porta del suo appartamento madrileno, doveva fare i conti con un ragazzino che lo stava aspettando dietro la porta.
- Lovino... - aveva avuto solo la forza di sussurrare il suo nome, prima che uno schiaffo raggiungesse il suo viso. Sapeva quale fosse il motivo. Lo sapeva bene e non aveva la forza di dirgli nulla.
- Quando avevi intenzione di dirmelo? - aveva quasi ringhiato, ma la sua voce era tremante. E Antonio proprio non riusciva a sopportare quel tono. Voleva dire che aveva pianto, e che probabilmente stava per farlo di nuovo.
- Volevo dirtelo di persona. Non mi sembrava il caso di mandare una missiva mentre ero già sulla strada di casa - aveva guardato dietro il ragazzo. Non aveva la forza di guardarlo negli occhi. Perché sapeva che aveva fallito su tutta la linea.
- Peccato che questa sia arrivata ieri! - aveva urlato, alzando una pergamena mezza stropicciata. Era un miracolo che non l'avesse ridotta in migliaia di pezzi.
Ed era anche un miracolo che fosse ancora lì, ad aspettarlo.
- Lo siento, Lovino... - mormorò mentre si spostava dall'ingresso e si dirigeva verso la cucina. Aveva bisogno di bere. Aveva bisogno di non pensare. Aveva forse solo bisogno di dormire, e poi svegliarsi per rendersi conto che tutto quello era soltanto un incubo.
Forse l'indomani mattina, sarebbe iniziato con la loro solita routine. Con Lovino che entrava in camera sua. Che gli portava la colazione bestemmiando qualcosa. Lui gli avrebbe sorriso. E alla fine si sarebbero messi a fare colazione insieme. Si, sarebbe sicuramente andata così.
- Lo siento un cazzo! Hai preferito i francesi a me! Mi hai venduto per avere loro! - la voce del ragazzo era come una pugnalata in pieno petto - Se non mi fosse arrivata questa lettera tu non mi avresti detto niente! E ti odio, Antonio! Ti detesto!
Continuava a dargli le spalle. Stava iniziando a sgretolarsi tutto. Il suo impero. Lui. Lovino. Stava andando tutto in pezzi.
- Era la condizione per finire la guerra - mormorò a mo' di scuse, ben sapendo che non c'erano parole capaci di rimediare a ciò che stava succedendo - E io non sono in grado di continuare a combattere.
Era una resa la sua? Era una resa anche nei confronti del ragazzo? Era una resa perché Lovino non aveva mai ricambiato i suoi sentimenti?
Era una punizione per quel peccato?
- Mi avevi fatto una promessa, figlio di puttana! Avevi promesso... - sentì la voce del ragazzo morire, trasformandosi in un singhiozzo.
Si era voltato per guardarlo, per la prima volta da quando era entrato in casa. Vederlo con il volto rigato dalle lacrime non era mai stato semplice da accettare, e ora lo era anche meno.
Mosse qualche passo verso di lui. Voleva abbracciarlo. Voleva tranquillizzarlo in qualche modo.
...voleva solo tenerlo ancora con sé.
- Avevi promesso che non mi avresti mai abbandonato... Me lo avevi giurato - con le maniche cercava inutilmente di asciugarsi il viso - Invece hai preferito quei cazzo di francesi! - aveva alzato nuovamente la voce, e lui non avrebbe mai creduto che la reazione di Lovino potesse essere così.
Incurante delle proteste che avrebbe sollevato il ragazzo, si decise ad abbracciarlo. Lo strinse forte a se.
Quella poteva essere l'ultima volta in cui lo vedeva. Non sapeva assolutamente cosa gli avrebbe riservato il futuro, e l'unica vera paura che aveva era quel timore che si faceva sempre più largo nel suo cuore. Cosa avrebbe fatto senza il ragazzo?
- Non mi toccare! Non mi toccare mai più! - ma lui stava ignorando le sue lamentele. Lo strinse di più, mentre affondava il viso tra i suoi capelli. Il corpo del ragazzo stava tremando contro il suo, e non riusciva proprio a sopportare quelle lacrime.
- Sarà solo per un periodo... Vedrai, presto verrò a prenderti - baciò piano i suoi capelli - Pensala come una vacanza, e potrai stare con Feliciano...
Le dita di Lovino strinsero con forza la stoffa della sua camicia, mentre continuava a tremare.
No, non avrebbe mai creduto che lo avrebbe visto piangere ad una loro possibile separazione. Non dopo quanto era successo tra di loro in passato. Non dopo tutto ciò che gli aveva detto in tutto quel tempo in cui avevano vissuto insieme.
- Sai che non posso stare senza di te - si, ora si sarebbe sbilanciato. Avrebbe detto anche le cose che aveva sempre taciuto. Perché forse era l'ultima volta in cui aveva occasione di farlo - E anche se hai sempre fatto finta di niente, sai benissimo cosa provo per te - parlava lentamente, come se non volesse turbarlo. Ma in realtà erano già turbati entrambi.
- Si, per questo ora ti farai scopare da Francis e ti dimenticherai di me - le mani di Lovino fecero pressione sul suo petto, e lui lo liberò da quell'abbraccio che forse era diventato troppo pesante per il ragazzo - ...non voglio più sentire niente.
Semplice difesa. Come sempre. Ferirlo per proteggere se stesso. E lo lasciò fare. Mentre il ragazzo usciva dalla cucina, senza aggiungere altro.
Quando sarebbe uscito così da quella casa, lui avrebbe continuato a esistere?

XIX siglo.

Il bicchiere di vino rosso rimase sospeso a mezz'aria, tra la tavola e la sua bocca, mentre fissava il giovane uomo che gli sedeva di fronte.
- Puoi ripetere, per favore? - non poteva togliergli gli occhi di dosso. Non poteva nemmeno abbassare quella mano che stupidamente continuava a tenere il calice a mezz'aria. Forse perché quelle parole non le aveva mai nemmeno immaginate.
O meglio, aveva fatto di tutto pur di non ascoltare le voci che giungevano dall'Italia. Quelle piccole sommosse non volevano dire nulla. Dopo la Restaurazione, tutto era tornato alla normalità.
Soprattutto la vivacità del suo amato Meridione.
Sbuffò mentre appoggiava il proprio calice e guardava negli occhi lo Spagnolo: - Feliciano ed io uniremo l'Italia. Cosa c'è di così difficile da capire in questa frase?
Tutto, avrebbe voluto rispondergli.
- Non capisco - aveva finalmente appoggiato il calice a sua volta. Cercava le parole giuste. Voleva capire in cosa avesse sbagliato stavolta - Sei già indipendente. Non ti basta?
- Sono ancora governato da dei bastardi spagnoli.
Aveva spalancato gli occhi. Non si aspettava una simile risposta. Che odiasse lui non lo aveva mai nascosto. Ma l'odio verso tutta la Spagna era qualcosa di assolutamente nuovo.
- Certo, sono meglio i tuoi, ma sono comunque stranieri. E io voglio essere finalmente solo Italia. Non voglio più essere governato da qualche bastardo straniero, e Feliciano la pensa come me.
Continuava a guardare il ragazzo. Quando era diventato così grande da parlare di politica? Normalmente, era sempre lui che decideva, anche se faceva credere a Lovino che non fosse così.
Per questo gli aveva concesso quella sorta di indipendenza, permettendogli di avere dei regni suoi, anche se governati dagli spagnoli. Per questo gli aveva permesso l'istituzione del Regno delle Due Sicilie. Tutto pur di farlo sentire indipendente, ma per poterlo avere ancora vicino.
- Ma a Feliciano piace stare con Roderich e Elizaveta... - farfugliò, con la mente ancora annebbiata da quella rivelazione a fine pasto. Si portò una mano alla fronte, massaggiandosi le tempie. Sarebbe finita così? Lovino se ne sarebbe andato per sempre?
- Tu non puoi capire come ci si senta, oppressi dal piede straniero su di noi. Anche nel peggiore dei tuoi momenti sei sempre stato abbastanza forte da mantenere la tua indipendenza e anche le tue colonie.
Sentiva gli occhi del ragazzo su di sé. Non era forte. Non più. Era solo abbastanza vecchio da saper navigare nel mondo e riuscire a salvare sempre la pelle in qualche modo.
L'aveva fatto anche per salvare Lovino.
- E allora cosa vuoi? La mia benedizione, Lovino? - incurvò le labbra in quello che poteva essere un sorriso. Ma non aveva molta voglia di ridere. Non in un momento simile. Non ora che lo stava per perdere di nuovo.
L'Italiano distolse lo sguardo. Nonostante tutto, Spagna lo intimoriva, perché Antonio non era sempre la persona spensierata che gli altri erano abituati a vedere. No, Antonio sapeva essere anche molto crudele. Ed era meglio non avere niente a che fare con lui in quei momenti.
- No, non voglio nessuna benedizione. Sono solo venuto ad informarti di persona - restò in silenzio per un attimo, osservando la stanza - Credo di dovertelo, almeno questo.
- Se proprio mi devi qualcosa, allora devi restare - suonava così patetico anche a se stesso - Cambieremo tutto ciò che vuoi. Miglioreremo la tua posizione in Europa.
- Non pregarmi come se fossi una delle tue donne, Spagna - l'aveva guardato negli occhi, serio e forse anche arrabbiato. Strinse un pugno, mentre continuava a guardare l'uomo di fronte a se. Non avrebbe ceduto. Non questa volta - Mio fratello ed io diventeremo uno Stato indipendente, e saremo governati da regnanti italiani. Non voglio più essere un tuo sottoposto. Voglio essere finalmente riconosciuto per ciò che sono.
Spagna continuava a guardarlo, incapace di proferire parola. Perché se Lovino fosse diventato indipendente, lui non lo avrebbe più visto. Avrebbe perso la persona per lui più importante.
E non lo voleva.
- La prossima volta che ci vedremo, sarò il Regno d'Italia.

Note storiche: la parte intitolata XVII siglo è ambientata durante la Guerra dei Trent'Anni, per il semplice motivo che iniziò come una guerra di religione. Si, lo so benissimo che Spagna e Francia erano nemiche in questa guerra, ma per qualche strano motivo, io ho sempre pensato che loro, nonostante il rapporto tra i loro Stati non fosse proprio rosa e fiori, fossero sempre amici. Quindi questa è solo una piccola licenza "poetica" che mi prendo.
Tornando più specificatamente alla guerra: questa ebbe 4 fasi (boemo-palatina, danese, svedese, franco-svedese). Inizia nel 1618 come guerra tra protestanti e cattolici, e si riduce ad essere alla fine una guerra per l'egemonia della Francia o degli Asburgo. La Spagna, oltre a combattere per motivi religiosi, combatte anche perché era interessata a esercitare una decisiva influenza sul Sacro Romano Impero per garantirsi la possibilità di affrontare la guerra con gli olandesi (dichiaratasi indipendenti nel 1581) che durava ormai da molti anni, e che sarebbe ripresa apertamente nel 1621, allo scadere cioè della tregua dei dodici anni.
Nell'impossibilità di proseguire la guerra, gli Asburgod'Austria, detentori della corona imperialeabbandonarono i propri disegni egemonici e firmarono la Pace di Vestfalia(1648). La Spagna invece, non volendo riconoscere l'egemonia francese che si stava profilando in Europa, continuò a lottare fino al totale esaurimento delle proprie forze, sancito dal Trattato dei Pirenei(1659).
La Spagna, che continuò ancora a combattere con la Francia dopo la firma della pace, evidenziò chiaramente i segni della inarrestabile decadenza già iniziata negli ultimi decenni del secolo XVI; sconfitta sul fronte pirenaicoe su quello dei Paesi Bassi, tormentata internamente dalle rivolte della Catalognae del Portogallo, si vide costretta a riconoscere l'indipendenza dell'Olandaprima e del Portogallo poi, che venne messo sotto protezione dell'Inghilterra. Più tardi l'Impero diede l'indipendenza alla Svizzera. Il ruolo della Spagna in Europa veniva parzialmente ridimensionato: doveva rinunciare al suo ruolo egemonico, ma rimaneva detentrice di un vasto impero coloniale e di un esercito efficiente.
Per ulteriori informazioni: wiki/Guerra_dei_trent'anni

La parte XVIII siglo è ambientata invece durante la Guerra di Successione spagnola. Nel 1700 muore l'ultimo Asburgo di Spagna, Carlo II. Succede che, mentre questi era ancora in vita, aveva designato come suo erede Filippo d'Angiò, nipote del re di Francia Luigi XIV, il quale assumeva il nome di Filippo V.La maggior parte delle dinastie regnanti, comunque, al momento vantava parentele con l'illustre moribondo. Olanda ed Inghilterra desideravano dividersi l'immensa eredità: territori in Nord Africa, in America ed in Asia, Napoli e la Sicilia, il Ducato di Milano, lo Stato dei Presidii, il Marchesato di Finale, le Baleari, Gibilterra, i Paesi Bassi, la Sardegna. La Spagna, benché se ne riconoscesse generalmente la decadenza economica e politica, aveva a disposizione un'estensione territoriale tale da allettare le altre nazioni europee con la prospettiva di vantaggiosi traffici commerciali. Tutte le ipotesi formulate avevano quindi come obiettivo principale lo smembramento della grande potenza economica e militare della Spagna. Il perché era fin troppo evidente: l'"impero" spagnolo, infatti, unendosi integralmente ad uno qualunque dei troni delle grandi potenze europee, avrebbe fatto spostare certamente l'asse dell'equilibrio politico-militare ed economico a favore di quest'ultimo. Queste condizioni resero difficilmente governabile il rapporto tra gli stati e impossibile il mantenimento della pace.
Ad un certo punto, l'Austria pensò anche di mettere un erede suo sul trono di Spagna, in modo che si mantenesse la dinastia Asburgica. E quando tutto lasciava presagire una definitiva sconfitta della Francia che avrebbe trascinato con sé anche il designato nuovo re di Spagna Filippo V, nel 1711 si registrò una svolta politica inaspettata e decisiva per la risoluzione del conflitto. Moriva, infatti, l'Imperatore Giuseppe I e gli succedeva il fratello già pretendente al trono di Spagna, l'arciduca Carlo d'Asburgo, col nome di Carlo VI (lo stesso che poi farà scoppiare la Guerra di Successione austriaca, avendo designato come erede al trono sua figlia, Maria Teresa).
La guerra si concluse tra il 1713 e il 1714 con da una parte la pace di Utrecht tra Francia e gli altri "avversari" e la pace di Rastatt tra Francia e Austria. Nella prima pace gli impegni presi furono:

Filippo d'Angiò veniva riconosciuto legittimo re di Spagna con il nome di Filippo V, ma la sua corona veniva separata da quella di Francia.

Spagna cedeva all'Austria i Paesi Bassi spagnoli, il regno di Napoli e quello di Sardegna, nonché il Ducato di Milano e lo Stato dei Presidii in Toscana.

Spagna cedeva all'Inghilterra la rocca di Gibilterra e l'isola di Minorca nelle Baleari.

Francia cedeva all'Inghilterra i territori nordamericani di Terranova, l'Acadia e la Baia di Hudson. Inoltre si impegnava a non più appoggiare le rivendicazioni dei cattolici Stuart al trono inglese espellendo Giacomo III dalla Lorena e riconoscendo quale legittimo re d'Inghilterra Guglielmo d'Orange, marito di Maria, figlia primogenita del defunto Giacomo II.

olandesi veniva concesso il diritto di costruire fortificazioni militari lungo il confine tra i Paesi Bassi ex spagnoli, ora austriaci, e la Francia.

duca Vittorio Amedeo II di Savoia venne assegnata la Sicilia con il relativo titolo regio, nonché Casale e tutto il Monferrato, parte della Lomellina e la Valsesia.

Ducato di Mantova (gli ex domini gonzagheschi) rimaneva all'Austria.

regione della Gheldria veniva ceduta alla Prussia

Spagna cedeva all'Inghilterra l'asiento de negros, ovvero il monopolio del commercio degli schiavi africani verso l'America, nonché il cosiddetto vascello di permissione, ovvero l'autorizzazione ad un vascello inglese di attraccare una volta l'anno in uno dei porti dell'America meridionale per poter commerciare liberamente le proprie merci.
Gli impegni assunti dalla Francia e dall'Austria a Rastatt furono i seguenti:

La Francia riconosceva tutti i nuovi possedimenti asburgici in Italia: il milanese, il napoletano e la Sardegna e riconosceva, altresì, l'assegnazione definitiva all'Impero dei Paesi Bassi spagnoli.

I principi elettori di Baviera e di Colonia venivano reintegrati nei loro possedimenti.

I trattati di Utrecht e Rastatt, dopo aver smembrato l'impero spagnolo, sancirono molti cambiamenti nel rapporto di forze tra le maggiori potenze europee e mondiali. Sinteticamente potremmo così riassumerli:

Il tramonto definitivo della Spagna come grande potenza, nonostante le colonie d'oltremare fossero rimaste legate alla madrepatria.

Il fallimento delle mire espansionistiche ed egemoniche della Francia di Luigi XIV.

La rinuncia parziale da parte della Francia e a favore dell'Inghilterra di parte dei suoi possedimenti continentali nell'America del Nord, riservandosi soltanto poche presenze nell'area caraibica.

L'affermazione dell'Inghilterra come potenza marittima egemone nel mondo e suo monopolio, unitamente agli olandesi, del controllo sulle rotte commerciali verso l'America e verso l'oriente.

L'affermazione dell'Austria asburgica come prima e più grande potenza presente sul continente europeo.

La nascita del nuovo Regno di Prussia nell'Europa orientale.

L'acquisizione del titolo regio da parte dei Savoia, del quale Vittorio Amedeo II fu il primo a fregiarsi.

L'avvicendamento della dinastia Borbone sul trono di Spagna, dopo due secoli di dinastia asburgica.

L'attracco di un vascello inglese, una volta l'anno, in uno dei porti spagnoli dell'America meridionale, notoriamente chiusi a tutti i Paesi non appartenenti alla Spagna, per poter liberamente commerciare significava l'inizio dello scardinamento delle misure protezionistiche adottate dalla Spagna per favorire le proprie navi nel trasporto delle merci da e verso l'Europa.

Inoltre, in seguito ai trattati di Utrecht e Rastatt, Filippo V salvò il trono ma allo stesso tempo dovette rinunciare a tutti i possedimenti in Europa, cosa che però gli permise di concentrarsi maggiormente sulla politica interna per migliorarne la situazione. Successivamente la Spagna si ritrovò nuovamente a fronteggiare l'Austria a causa degli interessi in Italia di entrambe le potenze, così la Spagna firmò con la Francia i cosiddetti Pactos de familia.
Anche per questo ringrazio Wikipedia che di certe cose fa degli schemi perfetti. Fosse per me scriverei pagine su pagine di spiegazione storica: wiki/Guerra_di_successione_spagnola

XIX siglo: succede che... Alla fine delle guerre napoleoniche nel 1815 la Spagna ed il suo esercito sono completamente distrutti. Questo spingerà molte colonie all'indipendenza. In questo contesto si inserisce il concetto di Restaurazione. La Restaurazione, sul piano strettamente storico-politico, è il processo di ristabilimento del potere dei sovrani assoluti in Europa, ossia dell'Ancien Régime, in seguito alla sconfitta di Napoleone. Essa ha inizio nel 1814 con il Congresso di Vienna, convocato dalle grandi potenze per ridisegnare i confini europei (gli Imperi di Austria e Russia e i Regni di Prussia e Gran Bretagna). Teoricamente si cercò di ritornare integralmente all'Ancien Régime, ma in pratica si trovò un compromesso fra il vecchio e il nuovo sistema di governo. Molte delle istituzioni francesi, in campo amministrativo, giuridico ed economico, vennero mantenute là dove i francesi le avevano instaurate. Era poi difficile sradicare dalle coscienze le idee di libertà e uguaglianza introdotte con la rivoluzione. Infine, questo tentativo di ritorno all'Ancien Régime era un compromesso antistorico, per l'irreversibilità del processo di secolarizzazione iniziato, o meglio, affrettato dalla rivoluzione francese.
Ogni Stato praticamente tornò a com'era prima di Napoleone. Tranne il Sacro Romano Impero che non venne riformato.
In Italia, il Regno di Napoli venne ricondotto sotto la monarchia di Ferdinando IV di Borbone che già governava il Regno di Sicilia che venne abolito nel 1816 con la creazione del Regno delle Due Sicilie con capitale Napoli. Il re assunse il nuovo titolo di Ferdinando I delle Due Sicilie. Come tutti sappiamo, il Meridione è stato per molto tempo sotto il dominio spagnolo, con brevi interruzioni di domini francesi e austriaco. E l'ultimo dominio spagnolo risale appunto al Regno delle Due Sicilieesistito tra il 1816 ed il 1861. Il regno venne istituito dal re Ferdinando di Borbone, dopo il Congresso di Vienna e il Trattato di Casalanza, che soppresse il Regno di Napoli e il Regno di Sicilia e la relativa costituzione che li teneva separati.
Il Regno Delle Due Sicilie cessò di esistere il 20 marzo 1861, giorno della resa della Fortezza di Civitella del Tronto, ultima roccaforte borbonica. In quello stesso anno, il 17 marzo, si unificò ufficialmente il Regno d'Italia.
wiki/Restaurazione

wiki/Regno_delle_Due_Sicilie

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