BDT Special Relationship - 004. Interiorità (Hetalia - UsUk)

Dec 06, 2012 16:35

Titolo: 004. Interiorità
Pair: America/England
Numero capitoli: 22/100
Generi: slice of life, storico, introspettivo
Avvertimenti: shonen ai
Rating: giallo
Numero parole: 828
Nota dell'autore: prompt difficile da realizzare perché non trovavo l'idea giusta. Ma poi l'illuminazione mentre preparavo l'esame di storia contemporanea.
La guerra in Vietnam e tutto il resto sono stati un ottimo pretesto.
Ovviamente il reverendo a cui si riferisce era Martin Luther King.
Cuba, beh, Cuba è retta ancora da un regime comunista, che negli anni 60 era molto in sintonia con l'URSS.
L'Argentino in questione ovviamente è Ernesto Guevara, detto Che.
Gli Stati non allineati erano quegli Stati che alla fine della WW2 hanno deciso di fare buon viso a cattivo gioco, secondo me. La maggior parte erano comunisti/socialisti, ma che non hanno mai accettato la guida dell'Unione sovietica (ricordiamo la piccola ex Jugoslavia, e l'enorme Cina).
E la DDR, Deutsche Demokratische Republik, aka Germania Est.

US, 196*

Uscì dalla Stanza Ovale della Casa Bianca e si appoggiò alla porta. Aveva appena acconsentito a una nuova azione bellica in Indocina. E questo stranamente non lo rendeva felice. Aveva sempre creduto che esportare la democrazia e combattere il comunismo fosse il suo nuovo eroico compito.
Invece ora se ne stava appoggiato alla porta e non era tanto sicuro della propria decisione. Aveva conosciuto la dona contro la quale stava combattendo. Una bella ragazza dai lunghi capelli neri e convinta nelle proprie idee.
Lo era anche lui. Lo era sempre. Le decisioni che prendeva era sempre giuste. Lo erano sia per lui che per tutti gli altri Stati.
Già, lui agiva per il bene mondiale. Combatteva contro i Vietcong perché non poteva permettere che la sua amata democrazia (e il capitalismo) fosse sconfitta da un'ideologia tanto assurda. Non poteva esistere l'utopia chiamata comunismo.
Si affacciò alla finestra guardando fuori. Da qualche parte, lì a Washington, migliaia di studenti erano in protesta. Contestavano le sue decisioni. Erano contrari ad una guerra che coinvolgeva troppi civili.
Ma quei studenti erano giovani. Non avevano visto il conflitto che vent'anni prima aveva scosso il mondo intero. Conoscevano la guerra solo tramite i racconti. E nemmeno ora la conoscevano. Si svolgeva a migliaia di chilometri di distanza.
...forse però avevano fratelli e amici che combattevano e perdevano la vita laggiù.
- Cos'è quel muso lungo? Non è da te.
A quella voce aveva subito alzato lo sguardo, per incontrare due pozze verdi che lo fissavano. Oh, no. Ora avrebbe dovuto sorbirsi le prediche da parte sua.
- Smettila di fare quella faccia. E' inutile visto che hai iniziato tu questa guerra.
Sospirò e si grattò la nuca. Arthur aveva ragione. Lui aveva deciso di intervenire. Lui aveva deciso di mandare lì i suoi soldati. Perché l'aveva ritenuta una cosa giusta.
- Il mio popolo non è contento. Stanno protestando contro di me e i miei capi.
L'Inglese aveva sospirato e mosso qualche passo verso di lui.
- Vogliono la pace. Vogliono più diritti civili. E io non so cosa fare - si stava lamentando. Forse proprio con Arthur non doveva farlo. L'avrebbe di nuovo preso per uno stupido ragazzino. Ma lui avrebbe soltanto voluto un mondo senza pace e comunismo. Il comunismo per lui era davvero un male da debellare il prima possibile.
- Alfred, cerca di ragionare con calma. Sono cose che non puoi decidere su due piedi - sospirò scuotendo la testa - Ecco perché ti reputo ancora un ragazzino. Sei troppo impulsivo.
L'Americano aveva abbassato lo sguardo e si fissava la punta delle scarpe: - C'è un reverendo che vuole più diritti per le persone di colore. Ha delle ottime argomentazioni e un buon seguito. E io condivido il suo sogno - guardò Arthur e si morse un labbro - Ma la mia società è troppo razzista. Non si rendono conto che nessuno di noi è autoctono. O meglio, gli autoctoni li abbiamo uccisi o rinchiusi nelle riserve. Siamo europei, africani e asiatici. Siamo americani solo di nome e il nostro sangue è un miscuglio mal riuscito.
Arthur lo ascoltava con attenzione. Quello stupido ragazzino era una contraddizione vivente. Il suo cieco capitalismo si mescolava con idee socialiste senza che se ne rendesse conto. Ah, se solo non fosse stato così ossessionato dalla sua idea di democrazia.
- E poi devo pensare a tutte le rivoluzioni che stanno scoppiando nel Sud America - aveva proseguito guardando l'Inglese - Cuba è una spina nel fianco non indifferente. Per non parlare di quell'Argentino che sta cercando di esportare la rivoluzione proletaria ovunque. Non riesco a stare dietro a tutto. Forse dovrei estirpare il problema alla radice e distruggere Ivan.
- Non osare! - lo aveva interrotto alzando al voce - Vuoi portare il mondo alla distruzione, Alfred? Ti rendi conto che scoppierebbe una guerra mondiale? E che ci distruggerebbe tutti?
Alfred aveva distolto lo sguardo. Se ne rendeva conto, ovvio, ma davvero desiderava liberarsi del Russo.
L'Inglese sospirò: - Devi aveva pazienza e ragionare. Ivan si distruggerà con le sua stesse mani. E' solo questione di tempo.
- Si distruggerà? Come fai a saperlo? - lo guardò di nuovo, tra il curioso e lo stupito.
Si trattenne dal rispondergli male e sospirò per l'ennesima volta: - Pensaci, idiota. Gli Stati non allineati non ti fanno pensare che forse l'idea del comunismo sovietico gli sta stretta? E poi la DDR. Vogliamo parlarne? O gli Stati che abbiamo lasciato nelle sue mani? Non sono contenti. E prima o poi gli si rivolteranno contro.
Arthur aveva ragione. Lui non l'aveva mai vista a questo modo, ma Arthur aveva ragione.
- Quindi vedi di risolvere prima i tuoi problemi interni. E poi concentrati all'estero - cercò di sorridergli - Dimmi la verità, eroe. Ora vorresti essere assieme a quei studenti che vogliono la pace e l'uguaglianza, no?
Lo guardò e sorrise. Arthur conosceva il suo cuore meglio di quanto non lo conoscesse lui stesso.

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