[His John Watson] The Great Game

Mar 01, 2011 11:55

itolo: His John Watson
Titolo del Capitolo: A study in Pink
Fandom: BBC Sherlock
Pairing: Jim Moriarty/Sebastian Moran
Beta:
nessie_sun. L'unica, la santa. Amatela e ingraziatela.
Note: Indovinate....bravi! Ambientato durante The Great Game



III. THE GREAT GAME

Le ultime settimane di Marzo furono assolutamente impossibili. Una corsa sulle montagne russe.

Lavorammo come dei matti, perché oltre ai lavori canonici Jim aveva deciso che era tempo di incontrare la sua nemesi. No, non nemesi, per Jim erano più come due facce della stessa medaglia, o roba simile.

In realtà fu in grado di convogliare i lavori canonici nel suo piano per attirare l'attenzione di Sherlock Holmes, cosa che trovai decisamente notevole. Fatto sta che per poco non uscii fuori di testa ad ascoltarlo parlare per ore e ore di quello che aveva in mente di fare. Spariva per ore senza dirmi dove andava e quando tornava o non smetteva di parlare fino a che non mi chiudevo a chiave in camera per avere un po' di pace, oppure non parlava fino al giorno dopo a colazione.

E fu una in delle giornate particolarmente loquaci che a cena Jim mi raccontò come era incappato per la prima volta nel nome di Sherlock Holmes. Vi dirò: è stata anche una storiella alquanto interessante.

"Non sono sempre stato così, sai Sebastian? Intendo dire, tutto cervello e con una organizzazione ben strutturata alle mie dipendenze: tutti agli inizi dobbiamo improvvisare. In mancanza di gente a cui affidare il lavoro, anche io mi sono personalmente sporcato le mani. Frequentavo ancora la scuola ai tempi, sapevo di essere più intelligente degli altri, ma ancora non avevo capito cosa farmene di questa intelligenza. Andavo avanti pensando che sarei finito ad insegnare all'università -avevo scelto Oxford ai tempi- o che avrei fatto una scoperta sensazionale che mi avrebbe immortalato nella storia. Sogni di ragazzo, ma chi è che non sogna di fare qualcosa da grande e, una volta diventato grande, non si ritrova a fare qualcos'altro? Nella scuola c'era questo ragazzo della mia età,Carl Powers, uno dei classici tipi che si atteggiano da bulli ma che in realtà sono solamente troppo arroganti. Mi calpestò i piedi un po' troppe volte per i miei gusti, quindi dovetti prendere una decisione drastica. Passai notti insonni a studiare il caso, a cercare un modo per creare il crimine perfetto. Alla fine ci riuscii, ovviamente. Nessuno si rese conto che era un omicidio, tranne un ragazzo che avrà avuto più o meno la mia stessa età e che cercò di far capire alla polizia che non era stato assolutamente un incidente. Il mio primo crimine, Sebastian, quello che mi ha aperto gli occhi, che mi ha fatto capire che no, non volevo essere un professore, che volevo essere un consulente criminale; il mio primo crimine, Sebastian, e Sherlock Holmes,  anche lui alle prime armi presumo,  già mi metteva i bastoni fra le ruote. La polizia però non lo ascoltò e archiviò il caso senza mai citare la parola omicidio."

Alla fine della storia stavo quasi ridendo, non sicuro se mi facesse più strano immaginare Jim adolescente o Jim che giurava odio eterno ad un altrettanto adolescente Sherlock Holmes. O Jim che uccideva. Non riuscivo proprio a figurarmi lo stesso Jim che mi aveva assunto per fare i lavori sporchi al posto suo che, beh, faceva quei lavori sporchi.

"Presumo tua madre e tuo padre non siano stati molto contenti della tua decisione di abbandonare la prospettiva di diventare un professore universitario." commentai. Non avevamo mai parlato della famiglia di Jim tanto che mi ero quasi convinto che non ne avesse una. Il che avrebbe avuto senso: di solito sono sempre gli orfani a crescere con...caratteri particolari. Almeno qualche psicologo sarebbe felice se fosse sempre così.

"Ma io sono diventato un professore universitario." precisò Jim sorpreso. "Laurea cum laude, per tua informazione." era decisamente fiero di quel traguardo. "Prima di essere un cecchino tu sei stato un soldato, prima di essere un consulente criminale io sono stato un professore. Un piacevole diversivo mentre mettevo in piedi tutto questo."

Rimasi a fissarlo a bocca aperta per un paio di minuti, la forchetta a metà strada tra il piatto e la mia bocca "I professori universitari sono tutti dei vecchi bacucchi e tu, beh tu non lo sei proprio."

"Non ti ho detto che ho smesso di usare la mia intelligenza da quando ho deciso di diventare quello che sono. Mi sono laureato molto prima del tempo." si strinse nelle spalle come se fosse una cosa che tutti potevano fare.

"Professor J. Moriarty," mormorai quindi, cercando di far calzare quel nominativo all'uomo che avevo di fronte perché ancora non ero sicuro se credere o no a quella storia. "E come mai hai smesso di insegnare?"

"Perché essere un professore non aveva più senso dopo essere riuscito a creare la mia piccola organizzazione."

"Ma sono sicuro che se cercassi il tuo nome in qualche albo o in qualche annuale non troverei nessuna traccia, giusto?"

"Damnatio memoriae, Sebastian." per la prima volta vidi un'ombra di tristezza sul suo volto. "Non potevo diventare la più grande mente criminale d'Inghilterra finché ero ben rintracciabile da qualsiasi idiota in grado di aprire un albo o controllare un sito. Quando ebbi abbastanza soldi da parte e la sicurezza che il mio piano avrebbe funzionato, cancellai ogni traccia del mio passato accademico."

"Tu..." non riuscii a trovare subito le parole giuste perché era assolutamente assurdo. Mi immaginai Jim che, con la criminalità di Londra in pugno, cancellava ciò che era stata la sua vita fino a quel momento, vittorie e sconfitte, ricordi perfino -se voleva essere assolutamente non rintracciabile allora era bene che anche lui si scordasse di ciò che era stato-. E io che avevo pensato che essere congedato con disonore fosse una brutta cosa. Per la prima volta in mesi provai un sentimento decisamente umano di compassione verso una persona per la quale al massimo si può provare timore. "Tutto ciò che eri..."

"Era nulla in confronto a ciò che volevo e potevo diventare." Jim tornò in pieno controllo delle sue inesistenti emozioni. "Nulla in confronto a ciò che sono diventato. Un piccolo prezzo da pagare, tutto qui. Tutti facciamo sacrifici nella vita, non è un argomento così importante."

Pensai che invece lo era, eccome, però lasciai quell'argomento da parte. "Quindi Sherlock Holmes fu una spina nel fianco da subito, eh?"

"Oh, doveva ancora migliorare, non correvo pericoli eclatanti. Come ogni scienza, anche la sua scienza della deduzione andava perfezionata e aveva bisogno di tempo per farlo. Sapevo, però, che avrei fatto bene a tenerlo d'occhio, non perché avevo paura di lui, ma perché era l'unico che avesse una intelligenza pari alla mia. Gli diedi il tempo necessario per essere alla mia altezza."

"Anni e anni di attesa...ora capisco perché ci tieni così tanto a questo primo incontro!" e lo capivo davvero, per la prima volta. Mi misi in testa che tutto sarebbe dovuto andare come voleva Jim, perché se quell'incontro era così importante, l'ultima cosa che volevo era che fosse rovinato e dovermi subire l'ira funesta del mio coinquilino.

"Come ho detto, sei il meno stupido in circolazione."

Non ho mai preteso di sapere tutto di Jim, non gli ho mai nemmeno domandato nulla, ho sempre aspettato che fosse lui a dirmi qualcosa, decidendo che quello che non sapevo non aveva, evidentemente, alcuna importanza per me, che non era funzionale al mio lavoro. Non mi definisco un tipo curioso, ma nemmeno una persona esageratamente riflessiva, per esempio nel primo mese a servizio di Jim avevo imparato tutto su Chop perché non smisi di tempestarlo di domande. Ma tempestare di domande Jim? Mi sembrava stupido, soprattutto perché sapevo che anche se avessi fatto domande a raffica, non mi avrebbe mai risposto.

Proprio per questo quelle piccole informazioni mi interessavano tanto, era come spiare attraverso il buco della serratura e intravedere qualcosa che non riesci proprio a capire, eppure non smetti di guardare.

Quella stessa sera il telefono abilitato per le telefonate internazionali squillò per la prima volta da quando abitavo con Jim: solitamente squillava il telefono di Jim, quello degli affari più importanti, o quello abilitato per le telefonate in tutta la Gran Bretagna, più raramente ricevevamo chiamate da quello europeo. (Si ogni zona corrispondeva ad un telefono, così Jim sapeva esattamente di cosa si poteva trattare prima di rispondere. Poi c'era il suo telefono, ma è un'altra questione: quello era come il vaso di Pandora.) Ma il telefono internazionale era roba nuova.

"Jim, il telefono sta squillando." gli feci notare atono verso il terzo squillo.

Jim però rimase immobile, sdraiato accanto a me sul divano, la testa sul mio petto a guardare Caccia all'Ottobre Rosso. Oltre ad essere una giornata in cui aveva voglia di parlare, era anche una giornata in cui era in vena di contatto umano. Dopo il nostro primo bacio le cose andarono così: alcuni giorni sembravano trascorrere normalmente, come se nulla fosse accaduto, altri giorni in vece Jim sembrava ricordarsi che qualcosa era successo e allora mi cercava, mi baciava, restava accanto a me. Ovviamente a sua discrezione. Però Jim non era molto bravo in queste cose e tutto era dannatamente strano. Non che fosse male, per carità, ma era strano, innaturale. Ma ci feci il callo e mi abituai a quelle reazioni altalenanti, consapevole che Jim non mi cercava perché ero io, Sebastian ect ect, ma perché ero l'unico nei paraggi, l'unico abbastanza folle da lasciarlo fare. E a me andava benissimo.

"James." lo richiamai usando il nome completo sperando che ciò attirasse la sua attenzione, ma per essere sicuri lo scossi per una spalla più o meno delicatamente.

"Si ho sentito, grazie Sebastian." sbuffò lui alzandosi dal divano e decidendosi a rispondere.

Sospirai sollevato quando il telefono smise di squillare: i miei nervi ne avevano avuto abbastanza. Non lo ripeterò mai abbastanza: odiavo ogni singolo telefono in quello stupido appartamento.

Abbassai il volume del televisore, cercando di sentire per errore qualche frase di conversazione, realmente curioso di sapere da dove venisse una telefonata internazionale. Cercai di ricordarmi quali contatti avevamo spedito oltreoceano, ma non mi venne in mente nulla, a parte quella ragazzina spedita a Singapore per rubare dei documenti. Però era troppo presto perché fosse lei a comunicare qualche novità, quindi doveva essere qualcosa di nuovo.

Poi Jim si chiuse nel suo studio e per me fu impossibile ascoltare la parte saliente della conversazione. Peccato, c'è sempre più gusto nel captare informazioni che riceverle direttamente.

Quando tornò in soggiorno era ancora al telefono, ma aveva concluso la telefonata internazionale e aveva invece chiamato qualcuno con il suo cellulare e stava impartendo ordini ben precisi.

"Che c'è sta volta?" chiese sperando quasi che fosse un lavoro per me.

"Devo partire per l'Argentina." mi informò Jim assorto nei suoi pensieri.

"E' un viaggio infernale." l'avvertii. Una volta ero stato in Argentina, credo. O era il Perù? Da quelle parti insomma. "Devo venire anche io?"

"Non ce ne è bisogno." rispose Jim. "Resterai qui e ti porterai avanti con il lavoro: scegli un paio di cecchini, tre o quattro, fai tu."

"Non lavoro in squadra." borbottai poco allettato da quella prospettiva. "E poi in base a cosa diavolo li scelgo? Alle loro foto?"

"Un tempo lo facevi, Sebastian," Jim mi fulminò con gli occhi. "Sai dove sono i fascicoli, fatti una idea su come lavorano. Non serviranno a molto, solo a fare numero, quindi chi scegli scegli. Oh, beh, scegline almeno uno di cui fidarti."

"Un secondo?" scoppiai a ridere. "Se c'è qualcosa di peggio di lavorare in squadra è avere un secondo in comando."

"Sceglilo." ripeté Jim spazientito.

"Signor si signore." borbottai annoiato.

"Controlla anche che Sherlock risolva il mio primo enigma."

"Ovvio."

"Tieni sotto controllo il blog del dottore."

"Come sempre."

"Non prendere nuovi lavori mentre sono via."

"Non mi azzarderei mai."

"Non..."

"Jim, basta. Ho capito."

La mattina dopo Jim partì per l'Argentina e io iniziai la mia noiosissima ricerca.

Non posso dirvi dove Jim tenesse i fascicoli dei suoi...dipendenti...perché sarebbe controproducente e poi non voglio sputtanare nessuno. Capite che se sono stati così bravi da lavorare con Moriarty e rimanere in vita, non sarò certo io a mandarli in galera lasciandomi scappare qualche nome.

Diciamo solo che li trovai e che ci volle più del previsto. Diciamo che qualcuno lo conoscevo almeno di fama.

E diciamo solo che qualsiasi fosse il motivo per cui Jim avesse bisogno di più cecchini contemporaneamente, se fossi stato in Sherlock Holmes, avrei avuto paura.

Quando Jim tornò dall'Argentina avevamo un altro tassello del puzzle per Sherlock Holmes, uno complicato, uno di classe. Un tocco da vero maestro. Jim per primo era assolutamente fiero di se stesso. Anche se poi sorsero complicazioni e ammetto di aver ulteriormente complicato le cose anche io. Sentite non è colpa mia se voleva il custode morto e invece di chiederlo a me ha ingaggiato il Golem. Lo ammetto, mi sono offeso. Era un lavoro che aspettava a me di diritto. Mi aveva assunto per casi come quelli non per tenere sotto tiro una vecchietta. Litigammo. Litigammo spesso quegli ultimi giorni di Marzo.
Iniziando da lei, Molly Hooper.
Oh lasciate che vi parli di Molly Hooper. Molly Hooper è la classica ragazza della porta accanto, nel senso che vive nell'appartamento accanto al vostro e voi non vi accorgete che c'è, vi passa accanto, la salutate, ma non vi interessa. Invece Molly Hooper è stata la ragazza più importante nell'universo per un paio di giorni.
No aspettate, quella era Donna Noble in Doctor Who.
Ma più o meno siamo lì.
Molly non è stata una pedina qualsiasi nel Gioco tra Jim e Sherlock, è stata basilare, più importante di molti altri. Più importante perfino di me.
Molly è stata la ciliegina sulla torta, il colpo di genio. Lo strumento perfetto.
L'unico errore di Molly? Conoscere Sherlock Holmes.
Povera ragazza, quando ha iniziato a scrivere il suo blog non poteva proprio sapere che Jim l'avrebbe scoperto, avrebbe indagato su di lei e non l'avrebbe più mollata.
"Cristo." fu il mio commento quando rientrando in casa trovai Jim davanti ad una schermata rosa e piena di gattini. "Cosa è quello?" ebbi quasi paura di chiederglielo.
"Si trova di tutto su internet Sebastian, se sai cercare." Jim aveva il solito tono compiaciuto che usava solo in occasione di scoperte brillanti. Perfetto. Non so cosa mi ha convinto a restare, davvero. "Oggi giorno tutti mettono le loro vite online, cercando un po' di compagnia e comprensione, cercando di uscire dall'anonimato e il risultato? Finiscono nella vasca degli squali." si dondolò sulla sedia, alternando lo sguardo tra lo schermo e me. "E' come prendere caramelle dagli sconosciuti, e pensare che è la prima cosa che ogni madre insegna ai propri figli. Tua madre te l'ha mai detto Sebastian?"

"No, non ha avuto il tempo." diedi uno sguardo rapido alla posta -sì, ricevevamo posta come tutti i comuni mortali, si.-

"Ci avrei giurato." commentò semplicemente Jim. "Questa ragazza, Molly Hooper, lavora nell'ospedale che Sherlock usa per le sue indagini e ricerche. Se sono fortunato potrebbe perfino conoscerlo."

"Potrebbe?" la cosa mi fece inarcare un sopracciglio. "Non sei sicuro che lo conosca? Ti stai affidando alla fortuna?"

L'occhiata che mi lanciò subito dopo mi fece pentire di aver aperto bocca.

"Sebastian io non mi affido alla fortuna, mai. Sono solo cosciente che un margine di errore è sempre presente in ogni informazione. Non l'ho mai vista con i miei occhi, per quanto la descrizione corrisponde, potrebbe anche non essere la ragazza che aiuta Sherlock."

"Stai aspettando che te lo dica lei, dal suo blog?"

"Esattamente."

E lei lo fece.

Per essere sicuro che comunque fosse lei senza aspettare la conferma da blog, Jim si era infiltrato nell'ospedale come tecnico dell'IT. Solitamente Jim non si esponeva mai di prima persona, non ci metteva mai la faccia, insomma. Ma doveva vedere con i suoi occhi. Esattamente come durante il nostro primo incontro.

Furono giorni relativamente divertenti quelli durante il suo lavoro all'IT, per me almeno. Per lui furono un vero inferno.

Lavorò seriamente, come se fosse stato una persona normale, andando via la mattina presto e tornando per l'ora di cena. Mai visto Jim tanto sconvolto.

"Io mi chiedo perché la gente compra un pc se poi non sa nemmeno accenderlo." e "La gente è anche più stupida di quello che pensavo." erano le sue reazioni preferite.

Prendete una brillante mente criminale che considera inferiore il genere umano e mettetela a lavorare nell'unico posto dove, per definizione, dovrà confrontarsi con persone che sembrano inette. Il risultato? Un bel mal di testa perenne per il povero coinquilino della suddetta mente criminale.

"La gente non può essere così stupida." brontolò per l'ennesima volta da quando si era sdraiato sul divano -no più appiattito, quasi a volerci scomparire dentro-  e mi aveva obbligato -e si, era stato un ordine- a fargli un massaggio.  "Insomma, gente così stupida dovrebbe essersi già estinta. O evoluta."

"Jim, smettila." brontolai io annoiato. "Se continui a fare così non ti rilasserai mai."

"Non che il tuo massaggio sia utile." mi fece notare lui atono.

"Non ti ho mai detto di saper fare un massaggio" protestai di rimando.

"Non sapevi nemmeno giocare a scacchi, ma sei migliorato, no?"

"Non vorrai costringermi a farti massaggi tutte le sere."

Lui si limitò a ridacchiare e io roteai gli occhi.

Per essere una brillante mente criminale Jim era stranamente incline alle...chiamiamole coccole. Ti aspetteresti che fosse una persona distaccata, perennemente di cattivo umore, decisamente asociale e invece...Invece ti ritrovavi, come quella sera, a fargli un massaggio per poi passare il resto della serata con la sua bocca perennemente incollata alla tua e...

E poi niente perché il sesso era ancora decisamente off-limits. Ora so perché lo era, ma allora non avevo idea. Avevo perfino pensato che Jim fosse ancora vergine -come Sherlock- ma ad occhio e croce Jim non mi sembrava proprio il tipo da non aver almeno sperimentato il sesso, quindi doveva essere qualcos'altro. Ovviamente pensai anche al fatto che magari non aveva proprio molta voglia di farlo con un uomo, perché insomma anche io avevo i miei ripensamenti, però poi mi ricordavo che stavo facendo congetture su Jim e che quello doveva essere l'ultimo dei suoi problemi. La verità è che stava aspettando il momento opportuno, valutando e calcolando quale fosse il momento più adatto. Si lo so, uccide ogni possibile traccia di romanticismo, ma onestamente non me ne frega nulla.

Tornando a Molly e a Jim...successe una cosa divertente.

Dovete sapere che Molly adora Sherlock Holmes, no no no, lo ama. Un amore di quelli ingenui che ti prendono il cuore e ti fanno sentire felice solo perché l'altra persona esiste -sempre se qualcosa del genere esista. E come tutte le ragazze innamorate con un blog, ne parlava e parlava senza mai citarlo -sì Molly ha 31 anni, ma emotivamente ne dimostra 14- e come tutte le ragazze si è lasciata sfuggire quel nome.

Un semplice nome in un mare di altre parole e Jim si fiondò su di lei come l'aquila che scende in picchiata per prendere la preda.

Quella notte -sì perché capitò di notte- ero fuori per un lavoro, dovevo far fuori Oberyn Dandee, vero nome Steven Karls, un baro provetto che aveva preso troppi soldi dalle persone sbagliate che erano venute a bussare alla porta di Jim, e visto che Jim era bloccato all'IT con un turno notturno non mi aspettavo di ricevere un messaggio.

Molly conosce Sherlock.

Bingo.

JM

Imprecai a denti stretti perché l'ultima cosa di cui avevo bisogno era di essere distratto dai messaggi di Jim. Il problema è che essendo messaggi di Jim non potevo ignorarli neanche durante un lavoro.

Buon per te.

SM

Scrissi velocemente, tornando ad osservare la strada tramite il mirino, aspettando che Oberyn uscisse dal retro del locale, cosa che sarebbe avvenuta relativamente presto.

Però il telefono vibrò di nuovo.

Seb, come si flirta con una ragazza?

JM

O Jim si era scordato che io ero in missione, o davvero brancolava nel buio. Era evidentemente la seconda, perché mi risultò impossibile che Jim si scordasse di un lavoro. E poi perché era abbastanza isolato nel suo mondo per non sapere davvero come abbordare una ragazza. Mi ci volle qualche secondo per realizzare che aveva intenzione di flirtare con Molly e mi ci volle tutto il mio autocontrollo per non ridere. L'ultima cosa di cui avevo bisogno era perdere tutta l'adrenalina e la concentrazione del momento.

Falle un complimento. Alle ragazze piacciono.

SM

Credo di aver aggiunto un paio di lettere di troppe nella fretta di rispondergli. Sentite quando sono appostato il resto del mondo può andare a farsi fottere e smettere di esistere, non è un problema mio, sono totalmente votato all'obiettivo. Quei messaggi di Jim erano noiosi e snervanti come qualsiasi distrazione mentre tenti di masturbarti. Si, lo stesso identico effetto.

Fortunatamente Jim smise di inviarmi messaggi e io potei rimettermi al lavoro. Aspettai e aspettai, pazientemente, appostato sul tetto dell'edificio di fronte a quello dove Oberyn-Steven stava giocando la sua ultima partita a poker. Sperai che avesse vinto abbastanza soldi per morire soddisfatto di sé, almeno un po'. Infondo anche io aveva barato di tanto in tanto, per arrotondare lo stipendio, quasi quasi potevo capirlo. Sentimento che svanì quando comparve nel mio campo visivo per scomparirvi subito dopo quando si accasciò a terra con un bel buco al centro della testa.

Solo a quel punto mi misi in piedi, mi sgranchii un po' le gambe e mi concessi una sigaretta. Dopo un lavoro la vita mi sembra sempre più bella, come se una persona in meno facesse respirare un po' il mondo sovraffollato. Non che sia un benefattore, ma ritengo di offrire un servigio ad un mondo che sta collassando sotto il peso della popolazione umana. E poi c’è quel vago senso di onnipotenza dato dalla capacità di togliere una vita umana.

Avevo appena rimesso religiosamente a posto il fucile, arrivò l'ennesimo messaggio.

Queste macchinette fanno il caffè peggiore che abbia mai bevuto.

JM

Fortunatamente Jim non aveva mai amato molto il caffè, era sempre stato molto british sulla sua assoluta preferenza per il the, quindi mi limitai a scuotere la testa ed allontanarmi velocemente da lì, prima che qualcuno avvertisse la polizia, anche se quello era un fottuto posto dimenticato da Dio e non credo nessuno abbia trovato il corpo prima di mezzogiorno.

Fu così che Jim iniziò ad uscire con Molly, cosa di cui si pentì immediatamente presumo, ma non lo diede a vedere. Doveva arrivare a Sherlock e se per farlo doveva far finta di essere interessato a Molly l'avrebbe fatto.

Uscirono giusto un paio di volte dopotutto, ma la situazione era ridicola. Non perché Jim non sapesse come comportarsi con Molly -non che poi che con una ragazza semplice come lei ci volesse chissà cosa- ma perché era estremamente dolce e carino e lei...Okay, provai pena per Molly perché non aveva capito assolutamente nulla e credeva davvero di aver trovato un bravo ragazzo.

Jim un bravo ragazzo. Esiste qualcosa di più ossimorico?

Però ammetto che trattandosi di lavoro aveva dimostrato una pazienza infinita e ammirabile. Si era perfino sorbito una maratona di Glee con Molly e non aveva battuto ciglio.

Quando tornò a casa quella sera però era visibilmente sconvolto, me ne accorsi dal modo in cui trascinò i piedi rientrando, da come chiuse svogliatamente la porta, dalle spalle curvate che notai quando entrò in soggiorno. Si, eravamo arrivati a quel punto che potevo distinguere il suo umore da come camminava, soprassediamo.

"Hai un aspetto orribile" commentai rimanendomene sdraiato sul divano, il telecomando ancora in mano.

"Non mi dire." si trascinò fino alla poltrona tra i due divani e lì si accasciò esausto.

"Che diavolo è successo?" dovetti allungare il collo e guardare all'indietro per farlo entrare nel mio campo visivo.

"L'orrore." borbottò e anche se lo vedevo sottosopra l'ombra scura sul suo volto era chiarissima. "Molly mi ha fatto vedere questo telefilm infernale di ragazzini che passano tutto il tempo a cantare. Glee, o come diavolo si chiama."

Fu lì che scoppiai a ridere così forte da farmi venire le lacrime agli occhi. Molly Hooper, la ragazza della porta accanto, aveva obbligato la mente criminale più pericolosa d'Inghilterra a guardare il telefilm con meno senso logico della storia della televisione. Molly Hooper non sarà stata un genio, ma la ragazza aveva davvero compiuto imprese degne di nota.

"Smettila Sebastian!" mi ordinò annoiato. Io continuai a ridere, incapace di togliermi dalla testa l'immagine di loro due seduti sul divano intenti a guardare degli adolescenti con complessi che si sfogano cantando. "Smettila."

"Scusa ma...Glee! Di tanti telefilm nel mondo il più inutile? Cos'è l'ha fatto apposta per darti sui nervi?" non avevo ancora smesso di ridere e questo portò perfino Jim a sbuffare divertito.

"E' stato traumatizzante." ammise passandosi le mani sul viso. "Il prossimo che devi fare fuori è Ryan Murphy, e no, non sto scherzando."

"Oh?" non servì comunque a smorzare la mia risata. "Credo che molti fan piangerebbero, mi sembra alquanto crudele solo perché non sa scrivere degli episodi decenti."

Jim ci pensò un po' su, poi annuì dimenticando per sempre la questione Ryan Murphy, fortunatamente.

Rimase in silenzio, ma c'era qualcos'altro che la sua mente stava rimuginando perché aveva il viso contratto e l'espressione di indecisione che gli vedevo sul volto solo quando considerava lavori particolarmente rischiosi. Non era l'espressione da sto-per-rinchiudermi-nella-mia-testa-per-capire-cosa-diavolo-fare, ma l'espressione da il-rischio-che-sto-correndo-vale-il-risultato-che-otterrò?. E onestamente non succedeva mai nulla di buono quando aveva quell'espressione.

"Jim, che diavolo c'è ora?" gli chiesi serio, la testa che ancora ciondolava al di là del bracciolo del divano.

Ovviamente, non mi rispose, non subito, nemmeno quando lo chiamai James -oramai avevo preso a farlo solo quando volevo davvero la sua attenzione- e io lo lasciai crogiolare nel suo silenzio.

Non so quanto tempo passò prima che finalmente riaprisse bocca. "Voglio fare sesso."

"Potevi restare con Molly, allora." risposti istintivamente, senza neanche aver capito a pieno quello stava dicendo.

"Con te, idiota." ebbi giusto il tempo di vederlo sporsi in avanti prima che mi baciasse. Un bacio caldo, invitante, decisamente diverso dai nostri soliti baci. "Possiamo andare in camera da letto?"

La mia anima urlò un sì grande quanto una casa, ma la mia gola non articolò neanche mezzo suono. E questo perché il resto dei miei sensi mi fecero notare che non era da Jim chiedere, se voleva qualcosa se lo prendeva e basta. Ma non ci feci caso perché non me ne poteva importare di meno in un momento del genere.

Mi misi a sedere sul divano in una frazione di secondo, lo baciai a mia volta e finalmente, in un modo più tranquillo di quello preventivato, risposi semplicemente. "Si."

Ora, dovrei essere alquanto reticente a condividere questa memoria, a condividere un momento così privato e importante, ma il fatto è che è strettamente funzionale al resto della storia.

Vorrei poter dire che quella sera il sesso fu meraviglioso, ma mentirei platealmente. Fu imbarazzante e dannatamente strano. Non perché Jim non sapesse cosa fare -diavolo se lo sapeva-. Il problema è che...era Jim.

Eravamo nudi sul mio letto e mentre io ero decisamente concentrato su quello che stavo facendo, lui era fottutamente distante. Intendiamoci, sono stato con parecchie ragazze che appena si ritrovavano nude in un letto diventavano tese come corde di violino -per poi suonare altrettanto bene-, ma non era il caso di Jim, non era teso per la situazione. Non era proprio lì con me. Il suo corpo era teso perché la sua mente si stava concentrando su qualcos’altro.
Sono della scuola di pensiero per cui il sesso si fa in due, per cui mi arresi all'evidenza che stavo solo sprecando energie. Avrei potuto anche fare tutto da solo, lui non si sarebbe ribellato, ma l'idea non era per nulla allettante.

Gli lasciai un ultimo segno di denti sopra l'ombelico prima di sdraiarmi sul letto accanto a lui con un sbuffo annoiato. Almeno si accorse che la situazione era cambiata.

"Che ti prende?" era davvero, davvero confuso.

"A me?" non ero in vena di essere divertito, onestamente. "Ti stai sforzando Jim, e io non ho alcuna voglia di continuare con te che sei chissà dove." cercai di recuperare i  pantaloni per rivestirmi visto che, da come si era messa la situazione, non avremmo concluso molto. Non in due.

"Non mi sto forzando." protestò annoiato. Quindi mi impedì di recuperare i sopracitati pantaloni bloccandomi per un polso. Non fu una presa gentile, anzi mi fece dannatamente male; se avesse aggiunto un po' di pressione sono sicuro che avrei sentito le ossa schioccare e spezzarsi. "Torna a letto." e quello fu un ordine.

"Sarebbe inutile, continueresti ad essere un ghiacciolo." protestai anche in parte per il dolore al polso. Fortuna che era il sinistro, poco male.

"Non tutti reagiscono allo stesso modo a letto." si difese.

"Tu non reagisci proprio."riuscii a liberarmi dalla presa, anche se era oramai inutile: mi rimase il livido di quella presa per giorni. Jim non era dotato di grande forza fisica, ma sapeva quali erano i punti per fare davvero male.

Sospirò un paio di volte, indeciso se saltarmi al collo e farmi fuori o essere paziente ancora un po'.

"Va bene, così non si va da nessuna parte." usò il tono pratico che usava abitualmente quando qualche cliente faceva storie. E poi pretendeva che io credessi davvero che il motivo per cui era altrove era solo perché era il suo normale atteggiamento?

Uscì dalla stanza e io imprecai ad alta voce. Senza neanche accorgermi di averlo fatto, lasciandomi ricadere sul letto.

Qualche secondo dopo tutto l'appartamento fu invaso dalle note di un organo; avevo già sentito quella musica, ma non mi ero mai interessato più di tanto e quindi non riconobbi l'autore.

"Johann Sebastian Bach." annunciò Jim da fuori la porta, quasi mi avesse letto nella mente. "Il modo migliore per sgombrare la mente da ogni pensiero." E Mozart era il modo migliore per decidere su questioni complicate, Wagner era il modo migliore per prepararsi ad incontri potenzialmente problematici, Vivaldi era il modo migliore per concentrarsi sulla lettura e sui numeri e così via... Jim aveva una vera passione per la musica classica. Io l'ho sempre odiata.

Ma non mi sembrava proprio il caso di farglielo presente quando tornò a letto.

"Quindi, cosa vorresti da me Sebastian, esattamente?" mi domandò quasi realmente interessato alla risposta. Riprese a baciarmi in quel modo che mi avrebbe fatto dire si a tutto -e che di fatto fu la mia totale rovina perché funzionò sempre-

"Resta qui, James. Non scappare da qualche altra parte con quella stupida mente che ti ritrovi."

Ad onore del vero, non lo fece.

Non che potessi chiedergli di smettere di essere una persona tutta cervello, ma almeno non vagò troppo con la mente. Credo che per gli standard di Jim, si lasciò parecchio andare. Anche se la sua mente non smise mai di registrare ogni singola sensazione, cosa facevano le mie mani, dove erano le sue. Posso affermare con quasi assoluta certezza che tenne anche il conto dei gemiti.

Perché anche durante il sesso Jim restò sempre- non solo quella prima volta- padrone e schiavo della sua mente. Il che è abbastanza frustante quando il pensiero più coerente che la tua mente fa è qualcosa molto simile a "Cristo. Sì così."

Mi abituai anche a quello, comunque. Perché il sesso era anche l'unica cosa in grado di far smettere di funzionare il suo magistrale cervello. Perché quando era vicino all'orgasmo l'unico pensiero coerente della sua testa era il mio nome.

E scusate se non è affatto poco.

Tornando a noi, come ho detto, questo racconto è funzionale alla storia perché... perché avrei dovuto capire immediatamente che si stava davvero forzando a farlo -almeno in parte- e il motivo per cui lo faceva era perché quella notte fu solo uno dei suoi tanti esperimenti. Lo scoprii qualche giorno dopo e mi comportai di conseguenza.

Ma il mattino seguente non avevo alcun sospetto e anzi, ero dannatamente appagato e forse quasi felice.

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