Titolo: Love Chronicles
Fandom: Arashi
Genere: yaoi, lemon, e diciamo romantico, ma non troppo
Rating: PG-13
Pairing: indovinate un po'? Ebbene sì, ANCORA Sakuraiba. Ma attenzione, non solo!
Disclaimer: vedete questa mano? *alza la mano che usa per scrivere e scrocchia le dita* un giorno questa mano mi aiuterà a dominare tutto il Johnny Jimusho!
Inizierò dagli Arashi!
Lettori: *arretrano lentamente* ehm, Rosa-chan... hai preso le medicine stamattina?
Autrice: uh *sbatte le palpebre* Sì...
Lettori: .......*silenzio*
Autrice: ehm........ ARASHI FOR DREAAAAAM!!!!! *corre come un demonio*
Note: che dire? Non ho mai scritto delle long fic sugli Arashi, spero sia uscita decentemente. in realtà non ho finito di scriverla, ma non temete, la finirò, SO che desiderate ardentemente leggerla. Basta. un'ultima cosa: Sakuraiba PER LA VITA. stop.
Capitoli precedenti:
HERE Dolcemente e silenziosamente, il tempo era passato, portando cambiamenti, sia piccoli che non.
Due mesi erano passati da quel giorno, e tutti si erano adeguati alle scelte e alle decisioni che avevano preso.
Sho, nonostante il cambio d’ambiente, era popolare nell’ambiente che frequentava. E non solo per le sue capacità e il suo bell’aspetto, ma anche per l’aria fredda e indifferente, che tutti sembravano vedere come un autentico comportamento giapponese pari a quello ritratto nei film e negli anime. Tutte le donne che facevano il suo stesso stage gli correvano dietro, e quando lui non vi badò attenzione, i pettegoli lavorarono giorno e notte per diffondere al voce che Sho Sakurai fosse gay. Quel pettegolezzo da solo, mandò un numero discreto di omosessuali a corrergli dietro, ma lui li trattò allo stesso modo in cui aveva fatto con le sue fan girl: senza tatto. Alla fine, tutti credettero che Sakurai stesse semplicemente ritardando la sua autogratificazione. Erano completamente in errore. Sho non aveva alcun piano di relazionarsi con qualcuno. La sua relazione con Aiba gli aveva insegnato che l’amore non era nient’altro che una catena travestita da fiocco. Se voleva raggiungere i suoi obbiettivi, stava meglio da solo.
Decisamente meglio.
Da solo, aveva celebrato i suoi piccoli trionfi, sognato la sua più grande gloria, frustrato sui suoi piccoli errori e sofferto le sue delusioni. Era sempre solo quando frequentava le lezioni o camminava lungo i corridoi, e lui voleva quella solitudine. La proteggeva con forza.
Quella sera, i restanti quattro membri degli Arashi si sarebbero riuniti a casa di Jun in onore di Aiba: dopo esser stato premiato come miglior attore protagonista in ‘My Girl’, la sua popolarità come attore era molto cresciuta, e proprio in quei giorni gli era stata offerta una nuova parte da protagonista.
Jun sentì il suo cuore sussultare nel momento in cui aprì al porta e si ritrovò davanti il sorrisone di Aiba; in quei due mesi, il ragazzo era diventato, se possibile, ancora più esile, ma era ancora attraente... dannatamente attraente.
I suoi sentimenti non erano cambiati, ma nonostante ora Aiba fosse libero, lui non si era ancora confessato. Non perché non ne avesse il coraggio: semplicemente, non voleva essere per lui un sostituto di Sakurai. Non voleva, e così era rimasto in silenzio.
Bevendo un sorso di birra dal suo bicchiere, gli occhi di Aiba si posarono distrattamente su Jun, che in quel momento rideva a crepapelle per qualcosa che aveva detto Ohno. Il suo stomaco si strinse improvvisamente.
Essendo già stato innamorato una volta, riconobbe subito i sintomi. Come quella volta, se n’era accorto all’improvviso, in un momento qualunque, e come quella volta iniziò a provare le gioie e gli incubi di ciò che credeva fosse un sentimento non ricambiato.
Maledicendosi per la sua tendenza ad innamorarsi dei bastardi, iniziò a bere più del necessario.
Tuttavia, non era triste per questo.
Aveva appena voltato pagina e la sensazione era esilarante.
-Aiba-chan? Aiba-chan? Ehi. Idiota?- chiamò una voce, costringendolo ad aprire le sue pesanti palpebre assonnate.
-Matsujun?- fece vagare il suo sguardo per la stanza, non trovando nessun altro -Nino e Oh-chan? Dove sono?
-Sono già andati via.
Annuì. Pensava che stesse solo sognando quando aveva scambiato i saluti e la buonanotte con gli altri.
-Ti aiuto a pulire.
-L’ho fatto fare a loro prima che se ne andassero- lo informò un Jun ghignante.
-Mmh. Allora vado a casa.
Jun colse i suoi occhi assonnati e stanchi, decidendo che non sarebbe stato saggio farlo salire in macchina.
-Puoi dormire nella stanza degli ospiti.
Aiba sorrise con gratitudine e si alzò dal divano in cui era steso. Jun sospirò quando il ragazzo si afflosciò sul suo tavolino perdendo l’equilibrio; senza una parola, trascinò il suo amico nell’altra stanza, poi lo scaricò dolcemente sul letto rimboccandogli le coperte.
-Sei davvero problematico.
Si bloccò quando una mano afferrò il suo polso sinistro.
-Perché Jun-kun è gentile.
Momorò Aiba.
-Immagino di esserlo.
Replicò fissando le assonnate iridi castane che lo ringraziavano con sincerità.
Nel suo stato assonnato, nulla fu più chiaro per Aiba se non Jun e la sua gentilezza. Ognuno dei suoi gesti si ripetè vividamente nella sua testa fino a formare un mosaico e la vide. Vide la ragione della sua gentilezza.
Jun era innamorato di lui, silenziosamente, ma lealmente. L’aveva sempre amato, ma lui era stato cieco fino a quel momento.
Tuttavia era felice di non averlo notato quando stava ancora con Sho, perché le cose tra loro tre sarebbero diventate alquanto complicate.
-Scusami per averti fatto aspettare.
Mormorò; poi si spinse su e contemporaneamente tirò Jun verso il basso, e qualche secondo più tardi le loro labbra si incontrarono.
Gli occhi del più giovane sgranarono al gesto improvviso. Che cosa stava succedendo? Guardò Masaki che teneva gli occhi chiusi, le guance leggermente tinte di rosso. Andava bene? Lui poteva? Udì una piccola voce nel profondo che gli diceva che era okay. Appoggiò le sue mani sul materasso e si protese in avanti, andando a incontrare a metà strada la lingua di Aiba con la sua.
Quando si scostarono, Aiba gli accarezzò una guancia sorridendogli con grande affetto; subito dopo, cadde addormentato con un sorriso sulle labbra leggermente tumide.
Jun accarezzò via qualche ciocca dalla fronte del ragazzo prima di sorridere. Aiba aveva certamente voltato pagina, e la consapevolezza di ciò era esilarante.
Jun fu sorpreso quando si voltò e vide Aiba nudo dalla vita in su, in piedi all’ingresso della cucina. Sembrava che fosse appena uscito dalla doccia.
-Non ti ho sentito fare il bagno.
Disse prima di svuotare un bicchiere d’acqua. Inarcò un sopracciglio quando l’altro ragazzo si avvicinò a lui con aria seria.
-Ho reso le cose strane tra noi?
Lo strattonò semplicemente in avanti e lo baciò ardentemente.
-Era una risposta sufficiente?
Aiba si leccò le labbra.
-Non so. Il mio cervello è ancora addormentato, quindi temo dovrai essere più convincente...
Jun ghignò in risposta al sorriso sornione.
Aiba gemette come mosse un passo in avanti portando i loro corpi vicini e approfondendo il loro bacio che sembrava non conoscere fine. Jun fece scorrere le sue mani sui fianchi magri, accendendo il fuoco.
-Posso toccarti?- mormorò.
-Molto...- rispose senza fiato.
Fu così facile diventare lava quando le mani che accarezzavano erano quelle del desiderio personificato e fu altrettanto facile lasciarsi andare e perdersi nella forza dell’attrazione insieme all’altro, mentre insieme raggiungevano il pinnacolo e cadevano liberamente.
Quella notte, Sho si versò un bicchiere di vino brindando a se stesso per l’ottimo lavoro che stava svolgendo. Era in America solo da poco, ma aveva già superato le persone che stavano lì da più tempo di lui. I suoi superiori lo consideravano nato per fare quel mestiere. Per la prima volta dopo mesi, si concesse di pensare ad Aiba.
Lo conosceva abbastanza da credere che il ragazzo stesse bene: Aiba si sarebbe sempre rialzato in piedi, non importava quanto dura fosse stata la caduta. Sicuramente era andato avanti. Una parte di lui desiderava ciò, ma allo stesso tempo sentiva un dolore sordo esplodergli nel cuore. Si diceva che andava bene se Aiba voltava pagina, trovava qualcun altro, amava qualcun altro, abbracciava e veniva abbracciato da qualcun altro.
Andava bene, si disse, però non riusciva a convincersi che per lui andasse bene. Amava Masaki.
Era ovvio che lui non avesse voltato pagina. Non voleva... semplicemente non poteva farlo.