Sono pochi gli spettacoli che lasciano quella scia piacevolmente invadente che ti porta a rimuginarci su anche il giorno successivo.
Non so se ci saranno altre repliche in giro, di questo spettacolo che già da un po' è sulle scene e già da un po' raccoglie pareri ricchi di entusiasmo. Ma se così fosse, non ve lo perdete.
Quando si entra nella sala, l'attrice, nuda, è già in scena. E' già personaggio, canticchia, il microfono in mano, seduta su un enorme sgabello.
Siamo subito catapultati nel suo mondo, nella sua confessione-racconto che ruota intorno a un provino da superare, da superare assolutamente per sentirsi finalmente realizzata.
Lo spettacolo La merda, vincitore dell'edizione 2012 del Fringe Festival di Edimburgo, è uno spettacolo forte che ci racconta l'Italia e la donna di oggi con uno sguardo sul capovolgimento dei valori in un crescendo crudo e a tratti doloroso.
L'Italia, quella delle camicie rosse, quella della Resistenza, è un'Italia da leggenda, che non esiste se non nelle parole di un padre ormai morto da tempo, suicida sui binari della metro.
Il coraggio non è più quello degli eroi che si batterono per una propria indipendente patria, il coraggio nell'Italia di oggi è oltrepassare la linea gialla e buttarsi giù senza neanche avere qualcuno che tifa per te (“dai papà, forza buttati”).
La resistenza non ha niente a che vedere con i partigiani, la resistenza oggi è abituarsi allo schifo, succhiare cazzi di dirigenti, uomini importanti, per raggiungere l'obiettivo principe.
E l'obiettivo principe è la fama, il più alto orgasmo, il più ambito sogno è parlare alla tv, essere invitati nel camerino del presentatore famoso di turno, essere finalmente riconosciute per strada.
Vincere è adattare il proprio corpo alle esigenze del mercato, vincere è, ci racconta la protagonista, sottoporsi a giornaliere sedute per dimagrire le cosce, vincere è d'altra parte abbuffarsi di cibo se il provino ci vuole invece grasse. Vincere è mangiarsi la merda se necessario.
Silvia Gallerano, unica attrice della piece, è immensa, regge completamente sola un'ora piena di spettacolo, gioca con la voce dando corpo a diverse sfumature, emozioni, personaggi diversi.
La sua nudità colpisce non per la sua forza oscena; il corpo nudo oggi non è più un tabù; la donna svestita ci viene propinata in ogni dove, anche nei contesti più improbabili. Ma quasi mai nel suo aspetto più comune, quello normalmente imperfetto dell'attrice che vediamo sul palco. E'l'imperfezione ad essere un tabù e la correggiamo a colpi di diete e photoshop, non la nudità.
Il testo, di Cristian Ceresoli è un pugno nello stomaco, non coccola lo spettatore se non con quel velo di grottesca ironia che pervade tutto lo spettacolo. Eppure esco dal teatro non proprio col sorriso sulle labbra, il suono degli applausi che si placa è accompagnato da un vago senso di fastidio. Ed è quel senso di fastidio che mi fa pensare che lo spettacolo abbia centrato completamente l'obiettivo, con la sua forza prepotente, ma ironica, impietosa e così umana.