TITOLO: Sympathy For the Devil.
AUTORE: StoryGirl.
GENERE: LongFiction. Au. Angst. Romantica. Introspettiva.
RATINGS: NC17.
DISCLAIMERS: Nessun personaggio mi appartiene, purtroppo.
PAIRING: Choi Minho, Lee Jinki { MinEw } ; Kim Kibum, Kim Jonghyun { JjongKey } .
RIASSUNTO: Quando Lucifero era caduto "perdendo" le sei ali divine ed ottenendo in cambio dodici ali demoniache, Harziel si era chiesto a lungo cosa lo avesse portato a comportarsi in quel modo.
...
“Ieri Jinki ha trovato delle fotografie che sembrerebbero riprodurre il luogo della caduta di un paio di angeli.”
NOTE: Questa fanfiction è dedicata interamente alla mia Bummie (
yuya_lovah). Spero che possa continuare a piacerti fino alla fine! Ti voglio davvero tanto bene <3! Spero di farti emozionare con questa fanfiction, sto cercando di scrivere al mio meglio per poterti dedicare qualcosa di veramente bello! *___*! A te, che sei la mia migliore amica!
THANKS: A
yuya_lovah che mi ha incoraggiata (e mi sta incoraggiando) durante la scrittura. A
yuya_lovah, perchè l'ha betata. A
yuya_lovah che ha creato anche il magnifico bannerino che questa fanfiction possiede!
PAROLE: Per questo capitolo: 3126, con il conteggio di word.
CAPITOLI PRECEDENTI:
Prologue ;
#01 ;
#02 ;
#03 ;
#04 ;
#05 ;
#06 ;
#07 ;
#08 ;
#09 ;
#10 ;
#11 ;
#12 Chapter #13 : Ask what is good of God above
Jonghyun era nervoso.
L'essenza di Raziel dentro di lui premeva per uscire, ma stava cercando di non permetterglielo.
Il suo cuore pompava troppo forte, troppo velocemente e sentiva il sangue fluire nelle sue vene: per la prima volta nella sua vita umana, era consapevole di tutti gli organi che reggevano il suo corpo.
Sentiva i polmoni ogni volta che inspirava per ricevere ossigeno, avvertiva i nervi tattili presenti nelle mani che gli permettevano di rendersi conto di ciò che toccava e sentiva il suo cervello coordinare il tutto. In generale era una pessima sensazione.
Se solo avesse voluto, avrebbe potuto ordinare al proprio cervello di smettere di funzionare e quest'ultimo l'avrebbe fatto. Non era più un semplice essere umano, con i suoi difetti ed i suoi pregi, era una specie a metà perché non poteva nemmeno considerarsi un vero e proprio angelo, troppo forte per permettere a quest'ultima parte di prendere il controllo.
"Jonghyun, fermo dove sei! Cosa credi di fare? Rimettiti subito a letto!"
Minho aveva insistito a farlo stendere, ripetendogli più e più volte che con una temperatura corporea del genere non gli avrebbe mai permesso di andare a scuola.
Jonghyun, ovviamente, non poteva spiegargli che gli sbalzi di temperatura erano dovuti alle due forze dentro di sé che si mischiavano e scontravano ancora, ed ancora, in un turbine di profondo dolore.
Non volendo permettere alla sua anima angelica di prevalere, non poteva nemmeno predisporre dei suoi poteri. Se lo avesse fatto sarebbe stato come spingere via le ultime briciole di umanità che ancora rimanevano aggrappate ben saldamente al suo cuore.
Esse gli permettevano di guardare Minho e capire che per lui provava affetto, o quello che un tempo era stato affetto, gli permettevano di sentire amore verso Kibum, nascosto da un oceano di rabbia, e persino di ricordare quanto fosse importante per lui la musica.
"Credi che rimarrò a vegetare tutto il giorno tra le coperte? Non mi conosci molto bene allora, Minho."
Jonghyun sapeva che a volte il suo tono di voce appariva fin troppo freddo per colui che un tempo era governato dalle proprie emozioni. Notava lo sguardo preoccupato del migliore amico su di sè, eppure non riusciva a tornare quello che era. Kibum lo aveva obbligato ad accettare la Grazia dentro di sè ed essa lo stava uccidendo lentamente.
Credeva che Kibum, o per meglio dire Harziel, si sarebbe accorto di ciò che gli aveva fatto e che sarebbe andato da lui per chiedergli scusa, magari per cambiare le cose, ma si sbagliava.
Non si era fatto vivo e lui iniziava a credere che all'altro non fosse mai importato realmente del loro rapporto, di tutte le regole che avevano infranto solo per poter finalmente condurre la vita che avevano sempre desiderato. Possibile che Harziel mentisse e che avesse altri motivi per voler cadere sulla Terra?
"Jonghyun! Jonghyun! Mi vuoi ascoltare?!"
La voce fin troppo alta di Minho lo risvegliò dalle sue meste domande e Jonghyun gli rivolse uno sguardo perplesso, la testa piegata di lato. Uguale ad un cucciolo di cane che ti guarda quasi domandandoti perché lo stai sgridando visto che non ha fatto niente di male.
"Prima che ti perdessi nei tuoi sogni ad occhi aperti, ti stavo dicendo che ho chiamato il medico e mi ha detto di farti prendere questa."
Dicendo ciò gli mostrò una compressa di colore bianco, non troppo grossa. Jonghyun la prese tra le dita chiedendosi cosa avrebbe sentito una volta ingerita, ma prima di poter avvertire qualcosa di molto simile alla paura, la ingoiò in un sol colpo senza l'ausilio di nessun liquido.
Sentì la pillola scendere nella sua gola, fino allo stomaco dove iniziò a sciogliersi attivando i principi attivi che aveva inseriti all'interno. Risvegliarono determinati anticorpi e tutto il suo corpo iniziò a rispondere ad essi.
Peccato che non ci fosse nessun virus contro cui combattere, solo una Grazia angelica particolarmente incazzata.
"Hai trovato un modo per aiutarlo?"
Taemin aveva annuito alla domanda di Kibum. Sapeva quanto quest'ultimo fosse preoccupato anche se, per colpa della sua angelicità, non riusciva a mostrarlo.
"Non ti preoccupare Kibum, me ne sto occupando, ma mi servono determinati allineamenti solari se vogliamo che l'incanto funzioni. Potrò effettuarlo unicamente settimana prossima, di martedì, alle nove di sera precise. In quel momento Marte sarà perfettamente allineato alla Luna. Un momento decisamente propizio per chi ha bisogno di usare i propri poteri contro una Grazia come faremo noi."
Kibum si mordicchiò il labbro superiore nel sentire quel discorso. Era agitato (se così si poteva chiamare l'ombra della sensazione umana che sentiva dentro di sè): Taemin non gli aveva ancora spiegato il suo piano e l'idea che potesse in qualche modo farsi del male unicamente per aiutarlo, aveva fatto strada tra i suoi pensieri.
Sapere di aver condannato a morte Jonghyun era qualcosa che in cuor suo non era in grado di accettare. Non era mai arrivato a straziare il cuore dell'Arcangelo a quel modo. Nonostante il suo essere un Serafino, era sempre stato in grado di avvertire il profondo rapporto che lo legava all'altro, persino in paradiso, persino quando lui non era altro che un angelo.
Quindi perché, lì sulla Terra, non era riuscito a rendersi conto del dolore che gli stava causando? Perché le sue emozioni umane erano scomparse senza lasciar traccia dietro esse?
"Ti stai chiedendo perché non riesci più ad avvertire nessuna emozione, vero? Perché nonostante in paradiso tu fossi riuscito a formare un pensiero tuo con emozioni e sensazioni annesse, qui sulla Terra non sia uguale. E' molto semplice, le ore che stai passando qui sulla Terra sono niente se paragonate alle ere in paradiso. Anche lì, alla tua nascita, tu non eri altro che un guscio vuoto privo di emozioni. E' uguale sulla Terra..."
Kibum osservò Taemin, concentrato sulle sue parole. L'altro Serafino aveva perfettamente ragione, ma non era semplice accettare di essere diventato una specie di robot incapace di emozionarsi. Ora capiva il motivo per il quale Jonghyun aveva cercato fino all'ultimo di ribellarsi ed anche lui avrebbe fatto la stessa cosa se non fosse stato per Taemin.
Sapere che suo fratello aveva bisogno di lui, di Harziel, aveva mandato a quel paese qualsiasi forma di protezione che il suo cuore, o la sua anima umana, potevano attivare.
"Voglio solo..."
Taemin non gli fece terminare la frase perché, subito dopo avergli accennato un sorriso, parlò al suo posto.
"Lo so, so bene che vuoi rimediare a ciò che hai fatto, ma non temere. Jonghyun starà bene e Raziel sparirà per sempre. E' la cosa migliore da fare!"
Lucifero aggrottò le sopracciglia notando i Vigilanti prolificare sulla Terra. Si chiedeva spesso il motivo per il quale fossero stati creati quegli esseri che non erano nè uomini, nè angeli. Erano esseri senza razza, esseri a metà che non avrebbero dovuto esistere.
Forse era l'unico a domandarsi quale piano si fosse delineato nella testa di suo padre, nemmeno suo fratello Harziel sembrava essere interessato alle "politiche del paradiso".
Perché, se gli umani erano stati creati ad immagine e somiglianza di suo padre per vivere felici sulla Terra, quest'ultimo aveva mandato da loro certi esseri? Essi non facevano altro che aumentare il numero degli esseri umani, ma più che ogni altra cosa sembravano usarli.
Aveva anche avuto la possibilità di osservare la creazione dei Nefilim. Essi erano sfuggiti al controllo di Dio, o così credeva lui, perché stavano iniziando ad insegnare agli esseri umani come era giusto vivere. Stavano mostrando loro l'utilizzo del fuoco e Lucifero rimase incantato dalle fiamme che si innalzavano alte nel cielo.
Avvertì sia fisicamente che emotivamente la furia del suo cosiddetto padre, eppure in un angolo remoto della sua mente tutto ciò che provò fu divertimento.
Che quel Dio che tutti veneravano come l'essere più giusto del creato, stesse utilizzando le razze presenti sul pianeta come suo intrallazzo personale? Che li avesse creati al solo scopo di intrattenere le sue giornate?
Poteva essere possibile. Dentro di sé poteva essere veramente arrabbiato per quel cambio di programma dei suoi piani, ma allo stesso tempo poteva persino essere felice per il divertimento che tutto ciò avrebbe aggiunto al suo gioco. Tutto sembrava protendere per questa spiegazione, ma Lucifero non era sicuro di poterla accettare.
Dio era buono, era suo padre, il padre di tutti. Era nato possedendo dentro di sé un rispetto profondo verso quella figura e l'amore per i suoi fratelli, quindi non era semplice accettare le implicazioni di tutta quella faccenda.
Dalla prima volta che si era domandato se Dio si stesse in realtà divertendo, erano passate diverse ere. Gli esseri umani erano cresciuti di numero e persino di razza. I Vigilanti che si erano uniti a loro all'inizio dei tempi avevano portato in quelle creature geni differenti che avevano dato vita a tutte quelle minuscole diversità che si potevano osservare ogni giorno sui loro volti.
Gli uomini avevano imparato a venerare un Dio buono e giusto che si infuriava con loro solo in determinate occasioni e solo quando avevano loro stessi bisogno di una "punizione". Il fatto che quegli esseri credessero di meritarsi l'inflessione di pene per poter espiare i loro peccati era qualcosa che travalicava i suoi più arditi pensieri.
Quegli esseri non meritavano tutta la sofferenza che suo padre aveva buttato nel loro mondo, non meritavano neppure di credere, senza porsi domanda, all'esistenza di un demonio crudele che governava le loro vite.
Dentro di sé credeva che quegli esseri fossero altamente imperfetti. Solo loro potevano credere ciecamente a ciò che un libro tramandato di generazione in generazione raccontava. Il libro che i Vigilanti avevano fatto circolare fin dall'inizio in quel mondo.
Ogni popolazione ne aveva avuto uno diverso e già questo era di per sé strano. Se Dio avesse voluto sul serio farsi riconoscere dai propri figli per ciò che era, si sarebbe manifestato, almeno una volta.
Lui, Harziel e pochi altri erano stati gli unici a poterlo incontrare e Lucifero se ne chiedeva spesso il motivo.
Ormai non riusciva più a sopportare l'ignoranza e l'odio che perseveravano nel mondo. Proprio per questo decise di incontrare Dio, di spiegargli i suoi dubbi e pretendere delle risposte.
"Non ti permetterò di avvelenare la mente dei tuoi fratelli con questi dubbi."
Era stata l'ultima frase che aveva sentito pronunciare da quello che sarebbe dovuto essere suo padre prima di cadere sulla Terra. La sua Grazia gli era stata strappata insieme alle ali e quando aveva riaperto gli occhi per la prima volta, aveva compreso subito di essere rinato come un semplice umano.
Quella era stata la punizione che gli aveva inflitto il padre per essersi posto domande su quella razza così diversa dalla propria. Non aveva potuto fare a meno di sorridere in modo buffo quando si era reso conto che per proteggere gli esseri umani, era diventato uguale a loro.
"Sei riuscito a recuperare ciò che ti ho chiesto?"
Jinki annuì alla domanda dell'angelo che aveva davanti agli occhi. Si sentiva sporco al cospetto di una creatura così magnifica, composta di pura luce, ma non ci poteva fare molto. Come richiesto era infatti tornato sul monte, ribattezzato da lui "Monte degli angeli innamorati", alla ricerca delle varie erbe e le aveva trovate solo dopo un'intera giornata di sforzi. Ora si ritrovava con i vestiti mezzi strappati, un ginocchio sbucciato, la mano destra piena di minuscoli taglietti dati dalle spine di alcune piante e la caviglia sinistra storta. Nonostante tutto ciò era felice.
"Ecco, ho trovato tutto ciò che mi avevi chiesto!"
Jinki sgranò gli occhi nell'osservare l'angelo far cadere gentilmente la sua luce su di lui, come a volerlo abbracciare per ringraziarlo. Si sentì inondare di un calore particolarmente piacevole che si consolidò attorno alle sue ferite. Le sentì bruciare per qualche secondo prima di avvertire che il dolore era finalmente scomparso, lasciandolo solo con una sensazione di particolare benessere. L'angelo lo aveva curato!
"G-Grazie!"
Gli sembrò di vedere l'angelo scuotere la testa e sorridere prima di scomparire nel nulla.
Taemin si congratulò con se stesso dopo essere riapparso nella sua stanza. Ancora una volta tutto era filato liscio, senza intoppi. Si mostrava a Jinki con tutte le precauzioni del caso non desiderando affatto bruciargli gli occhi ed ucciderlo.
Il ragazzo credeva di vederlo davvero, ma in realtà Taemin non faceva altro che proiettare la sua ombra, o la sua luce, sul muro davanti a Jinki.
Quel giorno aveva usato i suoi poteri per curare le sue ferite sapendo che ben presto li avrebbe persi.
Non lo aveva detto a Kibum, ma conosceva le conseguenze dell'incantesimo che sarebbe andato a compiere per aiutare lui e Jonghyun. I suoi poteri sarebbero scomparsi per sempre e lui rischiava persino di implodere su se stesso, ma non gli importava. Aveva passato anni a mischiarsi con gli esseri umani, ad instillare in loro e in tutti gli angeli che gli capitava di incontrare il dubbio riguardo le azioni di Dio. Ora toccava a loro ribellarsi allo schema divino e comprendere fino a che punto si fosse spinto il gioco.
Lui aveva già dato tanto e tutto quello che voleva fare in quel momento era aiutare suo fratello, l'unico per il quale il suo cuore aveva iniziato a battere ad un ritmo sconosciuto, l'unico per il quale provasse vero e profondo affetto.
"Castiel, ripongo in te la mia fiducia. Sei forse uno dei pochi che potrebbe riuscire a fermare il piano divino, quello che prevede di giocare con noi tutti per l'eternità."
Lo aveva sussurrato sollevando lo sguardo verso l'alto: Castiel si era messo in contatto con lui solo recentemente e a dispetto di quanto Harziel pensasse di lui, era uno degli unici angeli in grado di combattere quella battaglia. Sapeva bene che tra Harziel e l’altro angelo non scorreva buon sangue, soprattutto a causa degli sbagli di Castiel che, per troppo tempo, era andato avanti senza porsi troppe domande. Ora però tutto era cambiato, da quando Harziel e Raziel erano caduti, lui aveva iniziato a farsi domande, a parlare con gli angeli più fidati che conosceva (Michele e Gabriele), fino a scendere sulla Terra solo per contattare lui, il rinnegato.
"Castiel. Cosa ti porta a scendere sulla Terra? Non l'hai mai fatto prima d'ora. Non è sicuramente un dovere di voi Serafini."
Lucifero si era voltato avvertendo apparire dietro di sè uno dei fratelli dei gradi più alti. Era il primo che vedeva scendere fin laggiù: di solito riusciva a mettersi in contatto solo con i nuovi angeli, era quindi un piacere notare l'altro.
"Lucifero, ho bisogno di sapere il motivo per il quale sei caduto. Sei davvero tu colui che instilla l'odio nel cuore degli esseri umani?!"
Lucifero scosse la testa, un sorriso che gli solcava le belle labbra scolpendo il suo volto nell'innocenza dei bambini.
"No, io non instillo l'odio nei loro cuori. Quell'odio è già presente e chi l'ha imposto al loro interno altri non è che Dio stesso. Io gli faccio porre delle domande che possono andare da: 'Esiste davvero un Dio?' a 'Se Dio esiste, perché permette che sul nostro mondo regni tutto questo odio e dolore?'. Pensaci bene, Castiel, perché Dio permette che dei bambini innocenti nascano con malattie incurabili che li porteranno a morire anche nell'arco di pochi giorni? Perché permette che una donna, pur di partorire e non sprecare una vita, muoia in quell'atto senza nemmeno poter vedere per una volta il viso di suo figlio?!"
Castiel rimase in silenzio per diversi minuti prima di sospirare cercando di formulare una risposta di senso compiuto.
"Me lo sono chiesto anche io, Lucifero. La risposta che mi ero dato era che fosse tutta colpa tua. Che fossi tu ad instillare questa morte e questo dolore e che Dio non riuscisse ad ucciderti solo per il profondo amore che ancora provava per te, solo perché credeva ancora di poterti redimere!"
Lucifero si mise a ridere di gusto a quelle parole. Sapeva bene che la colpa di tutti i mali veniva attribuita a lui, ma non poteva credere che qualcuno come Castiel potesse davvero prendere sul serio quelle risposte.
"Oh fratello, siete proprio esilaranti voi robottini senza cervello! Ho molti poteri, più di quanti tu possa anche solo osare immaginare, ma non li metterei mai al servizio del male! Ho acquisito dodici ali demoniache, ma non sono un demone! I demoni non esistono! Se esistessero li avresti visti, non credi anche tu?"
Roteando gli occhi verso il cielo scosse di nuovo la testa prendendo l'altro per un braccio prima di trasportarlo, a forza, in una specie di boschetto. Quello in cui aveva ritrovato la sua Grazia e l'unico nel quale l'occhio divino di Dio non arrivasse.
"Sono riuscito ad isolare questo posto grazie ai miei nuovi poteri. Qui Dio non potrà né sentirci, né vederci. Ora te lo dirò solo una volta quindi cerca di ascoltarmi attentamente. Dio sta giocando, sia con noi che con gli esseri umani. Ha mandato lui i Vigilanti su questo pianeta, millenni orsono. Li ha mandati per popolarlo, per creare razze differenti all'interno di una stessa razza, per instillare l'odio verso il diverso, per farli procreare mantenendoli nell'ignoranza. I Nefilim però sono riusciti a trascinare l'intero mondo fuori da quella cappa di oscurità in cui era finito. Io ho chiesto spiegazioni a Dio per via della sua condotta e quest'ultimo mi ha spedito quaggiù decidendo fosse giunta l'ora di creare un capro espiatorio per i suoi giochini malati!"
Castiel era rimasto in silenzio per lungo tempo cercando di assimilare le parole di Lucifero. Non era semplice mettere da parte le sue "verità" per abbracciare una "conoscenza" più profonda.
Alla fine aveva lasciato Lucifero con la promessa che avrebbe riflettuto sulla sua spiegazione e che si sarebbe fatto risentire lui per una risposta.
Erano passati diversi giorni, ma alla fine Castiel era tornato sulla Terra per dire a Lucifero che gli credeva.
"In Paradiso stanno iniziando a crearsi dissapori. Michele sta cercando di riportare tutto come era una volta, ma vorrei spiegare anche a lui come stanno le cose. Grazie alla sua alleanza, e a quella di Gabriele di conseguenza, potremmo fare qualcosa!"
Lucifero gli aveva fatto capire che, per quanto lo riguardava, avrebbe continuato ad instillare la fiamma della curiosità nel cuore degli uomini e degli angeli che sarebbero entrati in contatto con lui, e che altrettanto avrebbe dovuto fare Castiel.
Ora che stava per perdere i poteri, l'unico che poteva portare avanti quella guerra, era solo il Serafino della pazienza.