TITOLO: In Silence and Tears.
AUTORE: StoryGirl.
GENERE: LongFiction. Au. Angst. Romantica. Introspettiva. Presenza di scene violente. Amore morboso (
Limerence).
RATINGS: NC17.
DISCLAIMERS: Nessun personaggio mi appartiene, purtroppo.
PAIRING:Choi Minho, Lee Jinki { MinEw } ; Kim Kibum, Kim Jonghyun { JjongKey } ; Lee Jinki, Kim Kibum { OnKey } ; Choi Minho, Lee Taemin ( 2Min ) ; Kim Jonghyun, OC {JjongOC} .
RIASSUNTO: Questa fanfiction si presenterà in tre diverse parti. Il primo prologo tratta esclusivamente del rapporto di pura amicizia tra Jonghyun e Minho. Il primo si innamorerà di Junsu, un ragazzo che pare un angelo, ma che racchiude dentro di sé un terribile segreto.
Minho d'altro canto, ha una relazione con una persona speciale, l'unico che riesce a renderlo felice, Lee Taemin, ma ogni storia bella è destinata a finire.
Il secondo prologo tratta dell'amore tra Kibum e Jinki, tratta delle loro vite, dei loro passati fatti di gioia, ma anche di molto dolore. Qui vi sono le parti forse più esplicite in materia di violenza.
Vi è poi l'inizio della nostra storia, una storia complicata e per niente facile da raccontare, fatta di tradimenti, di sangue e di lacrime. Preparatevi a scoprire che il filo rosso del destino non risparmia mai nessuno e quando vi accorgete di esso è già troppo tardi: lui vi ha ormai legato per sempre alla vostra anima gemella. Che voi lo vogliate oppure no.
NOTE: Questa fanfiction, di nuovo, tratta di un tema delicato. C'è un po' di violenza. Non leggetela se non siete preparati.
THANKS: A
yuya_lovah che mi ha incoraggiata (e mi sta incoraggiando) durante la scrittura. A
yuya_lovah, perchè l'ha betata.
PAROLE: Per questo capitolo: 2329, con il conteggio di word.
CAPITOLI PRECEDENTI: Prologue #01 :
#01 ;
#02 ;
#03 ;
#04 ;
#05 ;
#06 - Prologue #02 :
#01 ;
#02 ;
#03 ;
#04 ;
#05 ;
#06 Chapter #01 : I don't think you're taking me seriously
Kibum guardò il fidanzato: Jinki era di nuovo chino sui libri come se non ci fosse nient’altro nella vita che lo studio. Avevano parlato spesso di quel comportamento, ma il ragazzo non era cambiato e Kibum a volte si chiedeva se, per caso, Jinki non lo facesse apposta.
“Hai finito di studiare? Non fai altro dalla mattina alla sera. Cazzo, Jinki, il tuo esame sarà tra un mese, possibile che non trovi qualcosa da fare che non sia… studiare?!”
Con le sue parole il più piccolo cercava di fargli capire che desiderava la sua attenzione, ma Jinki non era in grado di andare così a fondo nel suo cuore e leggergli dentro come se fosse stato un libro aperto.
“Lo sai che devo prendere il massimo… Se non mi porto avanti non ci riuscirò mai.”
Jinki aveva quell’espressione sul volto, quella di un cane bastonato, e Kibum non ce la fece ad andare avanti, ad alzare la voce come faceva sempre, a sbattere per terra qualche libro o soprammobile. Si alzò dal divano e si avvicinò al più grande cercando di sorridergli, di non sembrare furioso nonostante lo fosse.
“Dai, almeno per stasera… Ti va di uscire con me? Lo sai che mi piace andare a ballare e credo che un po’ di svago non ti farebbe male. Sono solo le dieci… la notte è giovane.”
Jinki avrebbe voluto rispondere di no, che non gli andava. Le discoteche o i pub non erano posto per lui; c’era troppa gente e troppa confusione, le persone andavano incontro ai peccati come se non ci fosse stato niente di meglio da fare. Lui si sarebbe dovuto punire a lungo e severamente per riuscire a purificarsi dopo una notte del genere!
Però non lo fece, ma anzi annuì lentamente mentre guardava negli occhi profondi del suo Kibum: sapeva che si stavano allontanando e se una serata del genere avrebbe potuto farli riavvicinare non voleva perdersela. Al loro ritorno si sarebbe chiuso in bagno punendosi sia per sé stesso che per Kibum e tutto sarebbe tornato alla normalità.
Loro sarebbero ritornati ad essere quelli di una volta: quelli che si amavano profondamente e che non litigavano praticamente mai. Era solo questo l’importante.
“Se ci tieni così tanto va bene… Verrò con te in una discoteca. P-Però portami in un posto carino, va bene? E’ pur sempre la mia prima volta in un luogo simile.”
Kibum si era illuminato dalla gioia replicando che non si sarebbe pentito e poi corse a cambiarsi dicendo a Jinki di fare altrettanto. Ovviamente Jinki seguì il suo consiglio, ma non come Kibum avrebbe immaginato.
Quando si guardarono non poterono non rendersi conto di essere l’uno l’opposto dell’altro.
Kibum aveva capelli castani, lisci, con delle meches colorate (una ciocca rosa, una ciocca blu e una bionda), indossava una maglietta aderente che gli lasciava scoperta la spalla destra ed un paio di jeans di pelle che gli fasciavano divinamente il sedere. Era anche truccato: fondotinta, matita nera per allungare l’occhio e mascara per rendere lo sguardo più intenso. Qualche brillantino era stato abilmente applicato ai lati degli occhi per farlo brillare come una stella, letteralmente.
Jinki invece aveva i capelli lunghi racchiusi in un basso codino, la frangia che gli ricadeva sulla parte sinistra del volto ed i suoi soliti occhiali da vista (aveva iniziato a portarli da poco, il troppo studio lo stava danneggiando anche fisicamente), indossava un maglioncino largo di colore rosso scuro con una specie di pinguino disegnato sopra. I pantaloni erano quelli di sempre, di un colore anonimo come il marrone e fatti di lino. Non era truccato e guardava l’altro leggermente a disagio.
“Ah… uhm… bene, andiamo?”
Kibum avrebbe davvero voluto chiedergli di tornare a cambiarsi ed indossare qualcosa di più appropriato che i vestiti smessi di sua nonna, ma non gli sembrava il caso. Era già un miracolo che Jinki avesse accettato di andare con lui in un locale, se avesse preteso troppo il più grande avrebbe anche potuto fare dietro-front e scappare di nuovo tra i suoi libri seppellendocisi dentro.
Una volta in macchina Jinki partì stando attento alla velocità ed ai segnali stradali. L’auto era abbastanza piccola e malandata nonostante Kibum gli avesse chiesto più e più volte di cambiarla con qualcosa di più affascinante come un auto sportiva, o passare direttamente alla moto. Cosa c’era di più emozionante di una moto da corsa?!
Ovviamente Jinki aveva sempre declinato le proposte adducendo come scusa il fatto che una macchina del genere era perfetta per due studenti. Kibum non era stato d’accordo, ma visto che la macchina l’aveva pagata l’altro non poteva poi farci granché.
“Qui gira a destra… ecco, ora vai dritto fino al prossimo semaforo.”
Jinki si guardò attentamente attorno: il quartiere in cui stavano in quel momento era abbastanza malfamato. Bottiglie di birra vuote e spaccate giacevano ai bordi della strada e, qualche volta, si scorgeva una prostituta aspettare di iniziare il suo lavoro.
“Sei sicuro che il locale sia carino? Non mi sembra un bel posto questo… Vedi? Chi te l’ha consigliato? Non ci sarà droga o chissà che altro, vero?”
Kibum gli disse di stare calmo, sospirando. Era una fatica già andare lì, perché diavolo gli era venuto in mente di chiedere a Jinki di accompagnarlo? I suoi amici non avrebbero urlato ad ogni barbone che si avvicinava alla macchina, anzi, avrebbero riso divertiti commentando quanto loro fossero messi meglio di quell’uomo che non aveva più niente da perdere.
“Sono sicuro che sia un bel posto, a scuola non parlano d’altro. E’ un locale per soli gay, o bisessuali e dicono che i ballerini siano uno spettacolo per gli occhi. Vedrai che non te ne pentirai.”
Jinki non ne era così sicuro, ma seguì tutte le indicazioni di Kibum e si fermò davanti ad una discoteca da cui proveniva un chiasso micidiale. Il più grande lasciò a malincuore la macchina lì sperando di ritrovarla tutt’intera al ritorno e seguì Kibum fino all’ingresso.
Lì, il buttafuori lo guardò con un’espressione di puro sdegno, ma il fatto che il più piccolo avesse detto “Lui sta con me” gli aveva permesso di entrare.
Una volta entrati videro un sacco di persone agitarsi sulla pista, luci stroboscopiche illuminare tutto il locale, file di sedie davanti al bancone degli alcolici ed un sacco di ballerini che si agitavano mezzi nudi sopra i loro cubi, o nelle loro gabbie.
In quel momento Jinki desiderò profondamente poter scomparire e riapparire nel suo letto, sotto le coperte, a sorseggiare una tazza di the caldo mentre si guardava un documentario alla televisione.
“Te l’avevo detto che era uno sballo!”
Kibum aveva preso la mano di Jinki e l’aveva trasportato di peso verso il bancone. Ogni volta che andava in un locale faceva una tappa agli alcolici per potersi smollare un po’ e poi correva in pista a dimenare il sedere. Anche se c’era il suo ragazzo con lui non avrebbe cambiato le sue abitudini.
“Voglio un Orgasmo, multiplo per favore.”
Kibum aveva fatto l’occhiolino al barista che altri non era che Minho e si era messo a guardarsi attorno.
Jinki aveva guardato sconvolto il suo ragazzo per diversi minuti prima di capire che ciò che aveva ordinato era solamente un drink di colore crema servito in un piccolo bicchiere con una ciliegina sopra. Il barista si era poi dedicato completamente a lui trovandolo curioso. Non si potevano vedere spesso ragazzi come Jinki lì dentro.
“E per te cosa faccio? Scommetto che tu non hai voglia di alcolici, o sbaglio? Serviamo anche altri tipi di bevande nonostante non ce le chiedano praticamente mai.”
Jinki aveva guardato a lungo Minho soffermandosi sui suoi zigomi, sulle spalle forti ed atletiche ed, in sostanza, su tutta la parte di corpo che poteva vedere stando seduto davanti al bancone e poi si decise ad ordinare.
“Un bicchiere di the freddo alla pesca, per favore.”
Minho aveva sorriso trovando quel tipetto veramente carino. Sembrava così fuori luogo in un posto del genere ed era anche per quello che si stava soffermando così tanto su di lui. Di solito non gli interessava di nessuno che non fosse Jonghyun, il suo migliore amico.
“Ecco a te…”
Gli aveva messo davanti un bicchiere di the freddo con una cannuccia, l’ombrellino ed una fettina di limone all’interno. Nonostante non avesse preso un drink alcolico voleva servirlo al meglio.
Jinki gli sorrise allungandogli la mancia e Minho si irrigidì: nessuno gli aveva mai dato la mancia per i drink che serviva. Di solito chiunque lì dentro teneva i soldi per la droga, o per posizionarli accuratamente nei pantaloni dei ballerini.
Kibum, nel frattempo, si era dedicato all’ispezione del locale e, soprattutto a chi vi era all’interno. Non ci mise poi molto a notare Jonghyun, non che fosse possibile ignorarlo visto come si scatenava in pista: sembrava pervaso da uno strano ritmo incomprensibile ai più.
Jonghyun, in effetti, si agitava in quel modo per un motivo ben preciso: da quando Junsu l’aveva tradito non faceva altro affogando così la sua disperazione nel ballo.
Nel flirtare con i clienti della discoteca e nel farsi ripetere fino alla nausea quanto fosse bello e perfetto, quanto avrebbero voluto fare sesso con lui o anche solo baciarlo.
Si cullava in quei sentimenti, in quelle sensazioni e a fine serata se ne andava con il fortunato vincitore. Un ragazzo, tra i tanti, che l’aveva colpito maggiormente, o per qualcosa che aveva detto, o perché somigliava a Junsu.
Minho aveva cercato spesso di fargli capire che non sarebbe stato in quel modo che sarebbe riuscito a superare il suo trauma, ma Jonghyun non gli aveva mai dato retta. Scopando con chiunque gli dicesse che aveva un bel culo si sentiva meglio per cui chi era Minho per dirgli di smettere?
“Ehi… Minho, passami da bere. Sto per svenire!”
Minho aveva allungato velocemente una bottiglia d’acqua all’amico e l’aveva guardato sedersi davanti a lui sorridendogli per poi notare Kibum e leccarsi le labbra.
“Come ti chiami?”
Jinki aveva guardato prima Jonghyun, seduto proprio accanto a Kibum dall’altra parte rispetto a lui, e poi il suo ragazzo che guardava il ballerino mezzo nudo (indossava solamente un paio di pantaloni di pelle nera) come se fosse stata un’enorme caramella pronta da scartare.
Forse era solo una sua impressione, eh? Kibum lo amava.
“Mi chiamo Kim Kibum. E tu?”
Jonghyun si era allungato verso di lui sussurrandogli il suo nome all’orecchio e poi era tornato in pista lasciando lì un Kibum terribilmente insoddisfatto.
“Ehi, Jinki, vado un po’ a ballare, va bene?”
Jinki aveva annuito guardandolo andare via, verso Jonghyun. Si era morso il labbro ed era tornato a dedicarsi unicamente al suo bicchiere di the. Non c’era niente che non andava! Kibum era andato a ballare. Era ovvio che scegliesse qualcuno del suo livello. Era un ballerino speciale, unico al mondo e non doveva mischiarsi alla gentaglia che non sapeva muovere nemmeno un passo senza cadere.
“Tutto bene? Sei triste perché il tuo amico ti ha lasciato qui tutto solo? Posso tenerti compagnia se vuoi!”
Minho non sapeva perché aveva rivolto quelle parole a quel ragazzo, di solito non lo faceva. Di solito non gliene fregava proprio niente dei vari clienti che ogni sera si riversavano nella discoteca. Di solito faceva il suo lavoro senza guardare in faccia nessuno, ma quel ragazzo -Jinki si chiamava?- era diverso.
“Kibum non è un mio amico, è il mio ragazzo, ma sa che non so ballare e quindi è andato in pista senza di me.”
Minho era rimasto a bocca aperta alle parole dell’altro. Kibum era il suo ragazzo? Ma allora perché se ne era andato dritto dritto da Jonghyun e lo guardava come se non avesse mai visto niente di così bello in vita sua?
Forse quel Jinki possedeva un paio di grandi corna sulla sua testa ed ancora non se ne rendeva conto. Sperava solo che Jonghyun facesse la cosa giusta, passare dalla parte che aveva avuto Junsu nella sua vita non sarebbe stato di certo qualcosa che l’avrebbe fatto sentire meglio, no?
“Ah… allora è comprensibile, no? Vedrai che tornerà presto. Si scatenerà per un po’ e poi tornerà da te.”
Peccato che vedendo Kibum muovere il sedere verso Jonghyun non riusciva a credere molto nelle parole che aveva appena pronunciato.
Certo, non era di sua competenza pensare e provare a capire cosa spingesse quel ragazzino a tradire il suo fidanzato proprio davanti ai suoi occhi, ma Minho non riuscì a non guardare verso Jinki con una punta di compassione nello sguardo.
Era abbastanza palese che quel ragazzino vestito in modo strano non capisse cosa gli succedesse attorno.
Forse quel Jinki era fin troppo accomodante nei confronti dell’altro, o semplicemente era diventato cieco di fronte a tutto ciò, ma… come era possibile? Come era possibile che si facesse trattare in quel modo senza dirgli niente? Senza far capire a quel Kibum quanto ci stava male?
Perché era ovvio che ci stesse male! Si capiva dal suo sguardo, dal modo in cui si era irrigidito quando il suo ragazzo lo aveva lasciato solo, ma soprattutto dal fatto che continuasse a stringere la tazza di the come se ne andasse della sua stessa vita.
Quello non era affatto il comportamento di una persona che ha accettato il modo di fare del proprio ragazzo.
Minho continuava a pensarci, a lambiccarsi il cervello con quegli stupidi pensieri che non lo portavano da nessuna parte e più di una volta si chiese perché lo stesse facendo. Lui non lo faceva. A lui non importava degli altri. A lui importava unicamente di sé stesso e di Jonghyun.
Da quando Taemin l’aveva lasciato, nel suo petto, al posto del cuore, vi era un enorme buco nero che inghiottiva ogni sua emozione. Le uniche emozioni che riuscivano a sopravvivere erano quelle che provava verso il suo migliore amico, ma solo perché Jonghyun era da tutta la vita vicino a lui.
Quindi, perché quel ragazzo sconosciuto era riuscito ad entrargli nel cuore così velocemente?