TITOLO: Born under a bad song.
AUTORE: StoryGirl.
GENERE: LongFiction. Au. Angst. Malinconica. Romantica. Presenza di scene violente.
RATINGS: R.
DISCLAIMERS: Nessun personaggio mi appartiene, purtroppo.
PAIRING: Kim Kibum, Kim Jonghyun { JjongKey } ; Lee Taemin { MinhoTaemin } .
RIASSUNTO: Quel padre, quell'uomo che si dovrebbe definire in quel modo, in realtà era un mostro. Lo picchiava, gli faceva del male perché secondo lui Kibum era un mostro. Colui che aveva messo fine alla vita della sua adorata consorte. Ma cosa succede se qualcuno ha intenzione di cambiare il corso degli eventi?
NOTE: Questa fanfiction, di nuovo, tratta di un tema delicato. C'è un po' di violenza. Non leggetela se non siete preparati.
THANKS: A
yuya_lovah che mi ha incoraggiata durante la scrittura.
A
mauve_amethyst, perchè l'ha betata.
PAROLE: Per questo capitolo: 2022, con il conteggio di word.
CAPITOLI PRECEDENTI:
Chapter #01 - No exit ;
Chapter #02 - «C'est una révolte?» «Non, Sire, C'est une révolution» ;
Chapter #03 - La notte è sempre più buia subito prima dell'alba Chapter #04 - La più antica e potente emozione umana è la paura
Ormai era un paio di giorni che Kim Kibum mancava da scuola: avevano chiamato più e più volte, ma Kibum aveva sempre risposto dicendo che non stava bene, che sarebbe tornato appena si fosse rimesso dall’influenza ed i professori si erano arresi: dopotutto Kibum era uno dei più bravi a scuola e non sarebbe stato da lui saltarla se non fosse stato necessario farlo.
Kim Jonghyun diventava sempre più agitato per questa cosa: va bene un giorno, va bene due, ma ormai Kibum stava mancando da troppo tempo e se lui mancava, Jonghyun non poteva attuare il suo piano.
Per fortuna che c’era Taemin, eletto come spia all’unanimità visto che era quello che si trovava più vicino alla casa di Kibum, bhè, non proprio all’unanimità, diciamo che Jonghyun lo aveva pregato in ginocchio di osservare il più possibile quella casa e di riferirgli tutto ciò che succedeva.
E Taemin non aveva proprio saputo dirgli di no.
Per questo Taemin si era ritrovato ogni sera a portare fuori il suo cane e ad allungare la sua passeggiata facendo in modo di passare più e più volte proprio di fronte a quella casa, come se fosse una cosa assolutamente normale sottostare per così tanto tempo vicino alla casa dei vicini.
Taemin non aveva trovato modo migliore per poter spiare Kibum e forse fu proprio la sua innata fortuna che la quarta sera proprio Kim Kibum uscì dalla porta di quella casa trasportando un sacco nero che sembrava realmente pesante.
Faceva un rumore terribile e Taemin si nascose dietro a degli alberi mentre notava come Kibum facesse fatica a trasportare quella che doveva essere immondizia.
Notò quanto ci mise ad alzare il sacco per poterlo buttare nel contenitore per poi ritornare dentro casa e Taemin, che forse era anche più curioso di Jonghyun, si avvicinò al contenitore della spazzatura, frugandoci all’interno, notando il sacco nero di Kibum aprendolo.
Fu lì che vide tutte quelle bottiglie di alcool, non vi erano che quelle in quel sacco: saranno state a centinaia se non di più e vi erano di tutti i tipi, dalla vodka al gin, dalla birra al semplice vino.
Taemin ci mise poco a richiudere il cassonetto, a prendere il suo cane e a tornare in camera sua, guardando il pavimento, cercando di riflettere.
Sicuramente colui che beveva non poteva essere Kibum perché a quanto gli sembrava non era mai stato visto ubriaco, e le poche volte che lo aveva notato a scuola aveva l’aria di essere un ragazzo che sì, non era dei più normali, ma non era mai stato sbronzo.
Dovevano per forza essere i suoi genitori, ma escludeva la madre: sarebbe stato davvero schifoso vedere una madre ubriaca.
Che fosse il padre? Che fossero sue le urla ed i colpi che sentiva provenire da quella casa di tanto in tanto?
Il giorno dopo raccontò tutto a Minho che prese subito in disparte Jonghyun per riferirgli quanto Taemin aveva scoperto.
“Dici che il padre è un ubriacone? Che sia per questo che quel ragazzo ha sempre quello sguardo strano sul volto? Come se tutta la sua vita fosse uno schifo? Vabbè che anche io avrei quello sguardo se dovessi andare in giro conciato come lui, con quella divisa tutta rattoppata. Non è di certo un bel vedere, vero?”
Minho sospirò senza commentare a quelle battute acide, sapendo benissimo che l’altro stava parlando in quel modo solo perché non voleva fargli notare quanto in realtà fosse rimasto colpito da quelle parole e quanto si stesse preoccupando per Kibum.
“Comunque, credo che sia meglio continuare a tenerlo d’occhio. Non abbiamo scoperto che la punta dell’iceberg, sinceramente vorrei scoprire anche il resto”
E mentre Jonghyun diceva quelle parole lo vide: Kim Kibum che si dirigeva a passo affrettato e con la testa china verso i bagni della scuola.
Sorrise a Minho indicandoglielo per poi salutarlo chiedendogli di augurargli buona fortuna: quella era la volta giusta, sarebbe sicuramente riuscito a comprendere cosa Kibum gli stava nascondendo.
Lo seguì con passo lento e silenzioso ed aspettò qualche secondo prima di entrare anche lui nel bagno, nascondendosi poi dietro ad una porta, osservando la schiena di Kibum che stava appoggiato al lavandino e che ansimava furiosamente.
Fu in quel momento che vide la mano che Kibum teneva sotto la camicia, e che poi si lavò al lavandino sporcando l’acqua di rosso, ed il rosso poteva significare solo una cosa, che sotto quella camicia lui era sporco di sangue, ma perché?
Perché Kim Kibum doveva essere sporco di sangue?
Jonghyun trattenne il fiato mentre vide Kibum andare in una toilette chiudendosi dentro: di sicuro non era stato il suo cervello a fargli fare ciò che fece.
Andò nell’altra, chiudendo anche lui la porta a chiave, issandosi su uno dei water senza fare rumore, sporgendosi dall’alto lentamente osservandolo mentre si toglieva la camicia certo che nessuno potesse vederlo, certo di essere al sicuro.
Dovette mettersi un’intera mano in bocca per soffocare l’urlo che se no sarebbe uscito prorompente dalle sue labbra: la schiena, anzi no, l’intero corpo di Kim Kibum era ricoperto da lividi, escoriazioni, vecchie e nuove ferite, alcune persino infette da cui poteva notarsi il pus giallo fuoriuscire e ricoprire l’epidermide altrimenti bianca.
Quel corpo così magro, persino troppo, sicuramente malato, era ricoperto di nero a causa di quei lividi e Jonghyun riuscì persino a notare quanto il suo viso magro e scarno sembrasse anch’esso pieno di dolore.
E fu lì che notò la sua guancia lievemente più gonfia se la si guardava dall’alto: che Kibum fosse stato colpito anche al volto?
Notando le ferite che aveva sul corpo non era di certo da escludere tutto ciò.
Non sapeva quando né perché i suoi occhi iniziarono a lacrimare, ma diede la colpa al sangue che stava vedendo uscire da alcuni di quei tagli, perché lui aveva sempre odiato il sangue perciò era sicuramente colpa di esso se si stava trovando a piangere come un bambino.
Piangeva in silenzio, prima di riabbassarsi sedendosi sul water, portandosi le ginocchia al petto, tremando per ciò che aveva appena visto, per ciò che sentiva provenire dalla cabina di fianco alla sua.
Kibum che gemeva per il dolore mentre si asciugava il sangue, mentre cercava di far smettere di pulsare a quelle ferite infettate dal pus.
Fu solo quando sentì l’altro uscire dal bagno che i singhiozzi che fino a qualche tempo prima teneva nascosti riuscirono a fuoriuscire e fu Minho che lo trovò in quello stato, preoccupato nel non vedendolo tornare quando aveva visto Kim Kibum andarsene.
Era entrato nel bagno ed attirato dai singhiozzi aveva aperto la porta che Jonghyun aveva dimenticato di chiudere a chiave.
“Non, non so esattamente cosa sia successo, ma quel ragazzo è… Ha ferite in tutto il suo corpo. Alcune sono pure infettate dal pus, Minho! Chi può essere stato, eh? Una cosa di quel tipo è irreale! Non può essere successo davvero? Perché nessuno se ne è accorto prima? Possibile che nessuno l’abbia notato? Come diamine fa a fare ginnastica in quelle condizioni? Minho! Dobbiamo trovare chi gli ha fatto tutto ciò. Dobbiamo trovarlo Minho! Non posso lasciare che un ragazzo soffra in quel modo, neppure se è il mio peggior nemico! E’ per questo che ha sempre quello sguardo! Perché sente di essere morto dentro, io non posso permetterlo… Minho, Minho”
E Minho lo strinse forte contro di sé permettendogli di sfogare tutta la sua rabbia ed il suo dolore mentre anche in lui, nonostante non avesse visto Kim Kibum, stava fermentando il seme della rabbia, perché non amava la violenza e mai l’aveva amata.
Ne aveva vista troppa con i suoi occhi mentre schernivano e tentavano di picchiare il suo Taemin solamente perché stava insieme a lui, ne aveva subita troppa a causa dei suoi Hyungnim che avevano deciso che attaccarlo sarebbe stata la scelta migliore per farlo cambiare, ma lui non era cambiato perché non aveva proprio niente di sbagliato.
Ed era stato grazie alla sua forza ed a quella di Taemin se erano riusciti a farsi accettare per come erano, rompendo le barriere dei pregiudizi che crescevano come funghi dappertutto intorno a loro.
“Riusciremo a capire chi è stato, non ti preoccupare”
Ma Minho non ne era così sicuro: dopotutto Kim Kibum continuava a vivere nel mistero più fitto e tetro e se erano riusciti a scoprire il suo problema era stato solo perché Jonghyun l’aveva praticamente pedinato spiandolo, proprio come aveva fatto Taemin, di certo non era una delle azioni più belle che avessero compiuto nella loro vita.
Non era giusto spiare le persone, ma forse avrebbero dovuto continuare a farlo se volevano aiutare quel ragazzo a riprendere in mano la propria vita, e Minho era sicuro di volerlo fare.
Quella sera si trovarono di nuovo nella camera di Taemin, ma non c’era l’aria scherzosa che vi era stata l’ultima volta, quella volta era tutto diverso, perché tutti sapevano ciò che Jonghyun aveva visto con i propri occhi.
“Cosa vogliamo fare? Di sicuro non possiamo fermarlo dicendogli che Jonghyun ha visto tutto, no?”
Era stato Taemin a parlare, mentre sorseggiava con mani tremanti una tazza di the caldo che avrebbe dovuto calmarlo, ma che in realtà non sembrava sortire proprio nessun effetto.
Minho gli appoggiò un braccio intorno alle spalle facendolo rifugiare sul suo letto e fu lì che Taemin sembrò sciogliersi quel tanto che bastava per smettere di tremare in modo così assurdo.
“No, non possiamo farlo, ma… io devo salvarlo. So che è assolutamente egoista pensare che solo io posso farlo, ma sono sicuro di poterlo fare solo io. Perché sono l’unica che ha notato tutto ciò. Kim Kibum è sempre passato inosservato sotto gli occhi di tutti e io non posso permettere che tutto ciò vada avanti. Voi non avete visto. Potrebbe morire a causa di quelle ferite, sembra non curarle nemmeno. Anche quando premeva per farle smettere di sanguinare, sembrava quasi che premesse apposta così forte. Io ho paura di tutto ciò, se devo essere sincero. Non posso credere che esista un mostro che si è divertito in quel modo su quel corpo”
Minho appoggiò una mano sulla spalla di Jonghyun premendo appena sopra di essa.
“Sai che non ti ho mai visto così serio, Jonghyun? Per una volta tanto sei riuscito a mettere da parte te stesso ed il fatto che quel ragazzino ti abbia rifiutato. Addirittura ora sei arrivato a preoccuparti così tanto di lui. Non c’è che dire, sai? E’ un notevole passo avanti. Sono fiero di te. Sono fiero di te come un padre che vede il proprio figlio iniziare a camminare per la prima volta. E’ una sensazione così forte. Grazie di essere cresciuto figlio mio”
E servirono proprio le parole di Minho per far cadere un velo un po’ più sereno in quella camera dove fino a quel momento non vi erano stati altri che stati d’animo assolutamente malinconici ad addolorati.
Sì, ci voleva proprio.
Eppure c’era qualcuno che non poteva rilassarsi nemmeno per un secondo perché se lo avesse fatto ci sarebbero state delle conseguenze catastrofiche a tutto ciò, e quel qualcuno era proprio Kim Kibum.
Mentre dall’altra parte della strada, accanto alla sua casa, vi era qualcuno che si stava assurdamente preoccupando per lui, Kim Kibum rimaneva nella sua stanza, con la testa sotto il cuscino cercando di non sentire le parole di suo padre, ormai ubriaco.
“E’ tutta colpa tua, demonio! Se tu non fossi mai nato! Se tu non fossi mai stato concepito, ora io potrei essere felice al fianco di mia moglie! E’ per colpa di demoni come te che il dolore regna incontrastato nella nostra civiltà. Meriti di patire le pene dell’inferno”
E Kibum non poteva che annuire alle sue parole, desiderando di poter scomparire, piangendo perché aveva ucciso sua madre e quel peso continuava a soffocarlo, sempre di più sempre più a lungo.
Ormai aveva imparato anche a punirsi da solo, non era poi così difficile, bastava prendere tanti elastici e legarli intorno alle ferite ed alle cicatrici più dolorose, essi, mentre lui si muoveva, avrebbero fatto il resto.
Perché lui merita di essere punito, lui alla fine non era altro che un demonio.