Quando muore una bella persona il mondo dovrebbe saperlo, qualcuno dovrebbe soffrire

Oct 24, 2010 15:45

TITOLO: Quando muore una bella persona il mondo dovrebbe saperlo, qualcuno dovrebbe soffrire.
AUTORE: StoryGirl.
GENERE: OneShot. Angst. DeathFic.
RATINGS: Pg.
DISCLAIMERS: Nessun personaggio mi appartiene, purtroppo.
PAIRING: Choi Minho, Lee Jinki { MinEw } .
TABELLA: Bingo.
PROMPT: Malattia.
RIASSUNTO: Sta morendo e Minho non può fare assolutamente niente. Può solo stare lì a guardarlo, a vegliare dall'alto su di lui.
THANKS: A yuya_lovah che l'ha letta in anteprima, come sempre.
A mauve_amethyst , perchè l'ha betata.
PAROLE: 1048, con il conteggio di word.

Quando muore una bella persona il mondo dovrebbe saperlo, qualcuno dovrebbe soffrire

Lo guardo negli occhi, ma lui non mi vede: ormai vive in un mondo tutto suo, fatto di nero ed oblio.
I suoi occhi sono stati mangiati dal tumore che si è impossessato di lui, i suoi splendidi occhi color carbone non si poseranno mai più su di me.
Il suo corpo è magro, come se fosse denutrito, anche se in realtà non è così.
Gli tengo la mano e posso notare le ossa, la pelle che si tira su di esse come se fosse una specie di elastico che, se lasciata andare, potrebbe rompersi.
Guardo il suo volto scavato, i suoi zigomi che spiccano nitidi per la poca pelle che ricopre le ossa del suo viso.
Guardo le unghie della sua mano, guardo il suo petto che si alza e si abbassa come al rallentatore, ma questo, purtroppo non è un film.
Non c’è il tasto della pausa, o dell’avanti veloce, e soprattutto, non c’è il tasto del rewind.
Vorrei poter tornare indietro, a quando lui rideva insieme a noi, a quando cadeva, a quando faceva una battuta fuori luogo.
Voglio sentire i miei compagni di squadra cantargli la sua canzoncina Onew Condition, ma so che non succederà.
Jinki non si alzerà mai più da quel letto: fa già fatica a sollevare una mano per stringere la mia, figuriamoci a stare in piedi.
I medici mi hanno detto che c’è poco da fare, che presto lui lascerà questo mondo, ma io non riesco ad arrendermi in questo modo.
Lo amo, lo amo più di me stesso e vorrei che ci fosse qualcosa, qualunque cosa, che io possa fare per poterlo salvare.
So che non è così, so che non posso fare niente, so che devo rimanere qua a guardarlo morire, ma è straziante, molto più di quanto credessi.
Fa male, è un dolore che mi prende il cuore e che sale dentro di me come se fosse un uragano pronto a spazzare via ogni mio altro sentimento, ogni mia altra emozione.
Sento il cuore spezzarsi ogni volta che lui si lamenta per i dolori continui che sta provando.
Gli hanno aumentato il dosaggio della morfina, certo, ma può comunque fare ben poco di fronte a quello che gli sta attanagliando le viscere.
Il tumore lo sta, letteralmente, mangiando. Lo porta via, pezzo dopo pezzo, e l’unica cosa che io posso fare è rimanere qua, a tenergli la mano.
E’ un mero miraggio il fatto che lui possa aprire gli occhi e dirmi che mi ama, io lo so, ma spero comunque di sentirglielo dire.
A questo punto della malattia l’unica cosa che il suo corpo riesce a fare è rimanere in vita.
E’ straziante vederlo in questo stato, è straziante sapere che non possiamo neppure alleviare la sua sofferenza: ho chiesto di ucciderlo, ho chiesto di approvare l’eutanasia, ma non possono metterla in atto, nemmeno con il mio consenso.
Nemmeno con il consenso dei suoi genitori.
Allora rimango qua, a guardarlo morire. Rimango qua ad osservare i suoi occhi chiusi sotto le cui palpebre potrebbe celarsi tutto un mondo fatto di colori e sentimenti.
Un mondo che, purtroppo, non rivedrà più la luce del sole.
Fa male, credetemi. Fa male perché ti senti spezzare dentro, senti i tuoi organi che ribollono di rabbia nel pensare che, forse, sarebbe potuto succedere a te, e non a lui.
L’avrei fatto, se avessi potuto avrei chiesto che questo dolore venisse sul mio corpo piuttosto che sul suo.
Morire non mi fa paura quanto vederlo morire.
Se lui muore io rimarrò solo, è questa l’orribile verità, è questo che più di tutti mi fa paura.
Certo, ci sono i nostri amici, loro rimarranno con me, cercheranno di aiutarmi, ma niente sarà più come prima.
Poco fa è uscito Taemin dalla stanza, completamente in lacrime: vedere il suo hyung in questo stato è sempre un brutto colpo per lui.
Non l’ho abbracciato, non mi sono alzato per seguirlo e confortarlo: non ne trovo più la forza.
Ho lasciato che fossero gli altri a farlo stare meglio, a consolarlo, a dirgli che, in ogni caso, non può fare nulla, perciò è inutile che pianga.
Io non mi sono mai mosso da questa stanza. Esco giusto per andare in bagno e mangio solo quando si ricordano di portarmi del cibo.
Vivo perché Jinki vive.
Morirò quando Jinki morirà.
E no, non sto dicendo che mi suiciderò: non è una cosa da me.
Sto solo dicendo che quando l’anima di Jinki abbandonerà questo mondo si porterà dietro anche la mia, perché io, Minho, non posso vivere senza di lui.
Preferisco lasciare qui un guscio vuoto fatto di carne e seguire il mio amore in cielo piuttosto che sopportare la vita senza di lui.
Patetico? Forse, non sto dicendo che questa sia la verità del secolo, non sto dicendo che questa sia la cosa giusta da fare, non sono così egocentrico.

“M-Minho…”
La sua voce mi ha fatto sobbalzare, non credevo di poterla sentire ancora.
Lo guardo e so cosa mi sta dicendo con lo sguardo: sto per morire, sto cercando di parlarti prima di lasciare questo mondo per sempre.
“V-V-Vivi anche per me. Ti amo…”
La sua voce è così flebile che potrei pretendere di non averla sentita, ma non sarebbe giusto nei suoi confronti che ha affrontato un dolore orribile solo per potermi parlare.
Lui lo sapeva, dannazione, sapeva che mi sarei lasciato morire.
Non per niente Jinki è sempre stato quello in grado di leggermi dentro, quello a cui i miei silenzio non erano altro che frasi silenziose, fatte di sentimenti ed emozioni.
Mi ha sempre detto di riuscire a leggere il mio sguardo, i miei gesti e la mia calma, proprio come se io parlassi in continuazione.
Forse è anche per questo che siamo sempre andati così d’accordo: non aveva mai trovato nessun altro come lui in grado di darmi certe emozioni, in grado di capirmi in quel modo.
Ma non avrebbe dovuto capire questo, non avrebbe dovuto!
“Jinki…”
Mi abbandono ad un pianto straziante stringendo forte il suo corpo contro di me.
Non voglio. Non voglio. Non voglio. Non voglio.
E mentre sento le forze abbandonarmi, mentre mi sento cedere per il dolore che sto provando al cuore vengo colpito da una consapevolezza: non posso lasciarmi andare, lui non l’avrebbe voluto.

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