Black Chamber

Aug 08, 2009 16:06

Titolo: Black Chamber
Autore: p-will
Beta: harleen313, mrs_toro_or, la mia Mecenate, amiche gatto e passanti
Personaggi/pairings: Frank/Gerard
Rating: hard R/NC17
Avvertimenti: parolacce, fluff, Gerard being Gerard, nudità e lemon (lime. whatever.)
Conteggio parole: +5000
Disclaimer: Fallllllllso. Nonostante prenda spunto da un fatto vero *cough*
Note: Il titolo si ispira ad una canzone dei Blind Guardian con cui non c'entra niente. La storia si ispira alla citazione dalla biografia dei Chem e alla mia follia galoppante. Ambientata durante la composizione di Three Cheers.
Summary: Frank stava già col pugno sollevato in aria che la porta scattò da sola, dischiudendosi lentamente come nei migliori film dell’orrore. Sbirciò titubante all’interno ma vide solo un buio che sembrava solido. Si morse il labbro inferiore mentre nella sua testa iniziavano a susseguirsi inquadrature di B-movie in cui lo sprovveduto giovanotto di turno - casualmente identico a lui - veniva inseguito da una dozzina di zombie sbavanti e semidecomposti, concupito da una fascinosa biondona slava che si rivelava sul finale vampira necrofila, e rapito da un viscido mostro della laguna emerso dal water. Tutto contemporaneamente.


Gerard in particular was being cramped in an actic […] The actic was completely pitch black and Gerard was only armed with headphones and a microphone - an idea suggested by producer Howard Benson […]
“No one was allowed in there when I was doing my thing. At first it was weird because I’m a show-off and I like people being able to watch me when I’m in the booth. But now, I can’t imagine doing it any other way. I really let some intense stuff come out bacause I became very comfortable being naked and alone like that.”
Something Incredible This Way Comes, Paul Stenning
Frank bussò per l’ennesima volta. La porta era di un anonimo marrone, la vernice scorticata in più punti, e i colpetti di Frank producevano un armonioso toc toc che sembrava però venire totalmente ignorato.
Dopo lunghi minuti d’attesa e nessuna reazione - a parte per la signora del piano di sotto che si era affacciata dal pianerottolo sottostante per lanciare una sentita occhiataccia di rimprovero a quel chiassoso perditempo tatuato - il chitarrista accarezzò l’idea di abbandonare il piano e tornarsene a dormire nell’appartamento con Mikey. Poi però diede un rapido sguardo alle troppo numerose scale che avrebbe dovuto scendere e alle troppo pesanti buste della spesa che aveva con sé, e decise che forse sarebbe stato meglio tentare un’ultima volta, per sicurezza.
Stava già col pugno sollevato in aria che la porta scattò da sola, dischiudendosi lentamente come nei migliori film dell’orrore. Sbirciò titubante all’interno ma vide solo un buio che sembrava solido. Si morse il labbro inferiore mentre nella sua testa iniziavano a susseguirsi inquadrature di B-movie in cui lo sprovveduto giovanotto di turno - casualmente identico a lui - veniva inseguito da una dozzina di zombie sbavanti e semidecomposti, concupito da una fascinosa biondona slava che si rivelava sul finale vampira necrofila, e rapito da un viscido mostro della laguna emerso dal water. Tutto contemporaneamente.
Scoppiò a ridere, ricordandosi che in fondo era solo Gerard. La risata gli morì in gola quando realizzò che effettivamente cazzo, era Gerard. La prospettiva di scapicollarsi giù per le scale e fuggire da quella sottospecie di casa dei fantasmi gli sembrò, d’un tratto, molto invitante. Ma non poteva: lui doveva consegnare quelle buste, doveva entrare in quell’Attico Del Male, perché lui aveva un Compito.
(…okay, era solo curioso marcio.)
Fece un respiro profondo e spalancò platealmente la porta, varcando la soglia con determinazione. Si trovò circondato da buio, semplice e denso buio che nemmeno la luce che arrivava da fuori riusciva a penetrare. Quando la porta si richiuse con un tetro cigolio la situazione non migliorò affatto.
Annaspò contro il muro alla sua destra, il respiro pesante che minacciava di trasformarsi in crisi asmatica da un momento all’altro. Dannato buio, dannata claustrofobia, dannato interruttore che non si trovava. Dannato Gerard, soprattutto. Le sue dita trovarono finalmente l’interruttore e il click coprì il fievole sospiro di Frank.
Ma la stanza rimase, incredibilmente, buia e Frank poté constatare con un miscuglio di orrore e affascinato interesse che tutte le pareti erano state dipinte di nero. Non un mobile era stato dimenticato, non un punto dell’intonaco era stato lasciato intonso; moquette, mensole, appendiabiti, ogni singolo oggetto presente nel piccolo atrio era totalmente nero.
L’idea di andarsene attraversò, di nuovo, la sua povera testolina provata, ma ormai era in ballo e di certo tornare indietro non sarebbe servito a nulla (senza dimenticare il suo dannato lato ficcanaso, che stava praticamente fondendo dalla curiosità).
« Gerard? »
Il richiamo fluttuò rauco per la stanza, ma come poco prima quando si stava spellando le nocche a furia di bussare non ottenne risposta. Fece qualche cauto passo avanti, sbirciando in quello che evidentemente doveva essere il bagno e trovandovi solo il proprio riflesso pallido nello specchio, quindi spostò la sua attenzione all’unica altra porta. Provò con qualche colpetto, ovviamente inutile, e chiamò di nuovo. Questa volta gli parve di sentire una specie di melodia ovattata provenire da un punto imprecisato dell’appartamento.
Aprì e infilò la testa all’interno, sbucando in una delle cucine più incasinate che avesse mai visto: piatti sporchi, lattine e confezioni vuote di cibo dai più disparati take-away che campeggiavano sul tavolo e tra i fornelli, più un’inspiegabile pila di vestiti accuratamente piegati nascosta in un angolo. Tutto quel disordine spezzava in maniera strana la totalità di nero dell’appartamento, ma per quanto Frank fosse sollevato di poter posare gli occhi su qualcosa di non scuro - anche solo una pizza smangiucchiata abbandonata nella sua scatola - si rimboccò le maniche e, posate le buste accanto al tavolo, procedete ad una rapida rassettata. In pratica, prese un sacco della spazzatura e buttò tutto dentro a casaccio. Ehi, non era mica un genio delle pulizie! Per lo meno, a lui non piaceva rotolarsi nell’immondizia.
Soddisfatto delle propria mirabolante opera igienistica si voltò verso la parete dietro la quale sentiva tanto trafficare, o più precisamente verso la tenda nera che campeggiava per metà stanza a mo’ di parete divisoria. Dall’altra parte arrivarono passi affrettati, qualche parola canticchiata a mezza voce e subito altri passi, un tonfo, e una serie di imprecazioni.
Frank sorrise e scostò la tenda senza pensarci su due volte. « Gerard, vecchio idiota, che cazzo- » Ammutolì, sbiancò, sgranò gli occhi.
Gerard, che era chinato a rovistare in un caos di fogli e bozzetti, si alzò e sorrise sorpreso. « Frank! Da dove diavolo sbuchi? Howard aveva detto che dovevate lasciarmi in pace nel mio Magico Mondo di Depressione Creativa! » Gli saltellò in contro e lo abbracciò entusiasta, senza accorgersi di come Frank si fosse teso e avesse smesso di respirare nella sua stretta. « Perché sai, Howard ha avuto questa idea folle ma non sapevo quanto avesse spiegato a voi altri, e sinceramente non so nemmeno da quanto sono qui dentro perché tra una cosa e l’altra non ho avuto un attimo di pace, cioè sono costantemente ispirato e non te ne fai un’idea delle cose che mi sono venute in mente, tipo questa canzone mezza pop che stavo scrivendo adesso che in realtà non è pop ma è assolutamente geniale dove ci sono questi due tizi… »
Si staccò e zompettò fino al frigorifero, senza prendere fiato nemmeno per un secondo. « …e no, davvero, devi dirlo agli altri! Come stanno? Che fa quel coglione di Matt, non dirmi che ce l’ha ancora con Ray per quella storia dei piatti, sì era stata un’idiozia ma… »
« Ge- Gerard… »
« Mikey? Alicia continua a sopportarlo o si è data alla macchia? Se continua ancora a sospirare come una tredicenne per tutto il tempo giuro che lo lancio dal van a calci la prossima volta che… »
« Gerard… »
« Ray ha dato un’occhiata ai pezzi che avevo scritto? Non so se li ha trovati perché li avevo lasciati dentro la custodia di quel coso, sai… »
« Gerard, Cristo. »
« …? »
« …potresti metterti qualcosa? »
Il silenzio calò brutalmente sulla stanza. Gerard rimase per qualche secondo interdetto, una mano sospesa a metà strada verso la maniglia del frigo, non capendo a cosa Frank si riferisse. Poi il suo viso fu attraversato da un lampo di comprensione prima di trasformarsi in una paonazza maschera di orrore. Ci vollero quasi altri dieci secondi di penosa tensione prima che Gerard reagisse e, con un pacatissimo « Oh cazzo » si fiondasse a nascondersi dietro il tavolo.
Frank, non del tutto conscio dei propri movimenti, rimise la tenda al suo posto con mano tremante, lasciando dell’altro lato della stanza Gerard e il suo mantra di “cazzocazzocazzo”. Raggiunse come in trance il davanzale di una finestra e si sedette, ancora un po’ scosso.
No diamine, decisamente scosso! E vorrei ben vedere, dopo essersi trovato davanti Gerard Way come quella santa donna di sua madre l’aveva fatto! (Di spalle e chinato, gli ricordò prontamente il suo cervello.) Si passò una mano tra i capelli, sospirando. Tutta quell’agitazione, poi, per niente di che; non era di certo il primo nudo maschile che gli fosse capitato sotto gli occhi. Non che fosse solito passare il tempo con uomini nudi, ma quando si vive per mesi in quindici metri quadrati di spazio con altri quattro ragazzi è davvero inevitabile, tra docce in comune e scommesse fatte con gente sbronza, non incappare in qualcuno senza vestiti.
E, appunto, non era nemmeno la prima volta che vedeva Gerard nudo, anche se Gerard Way nudo - e di spalle e chinato, sì, abbiamo capito, grazie - non era proprio come chiunque altro nudo. E non per dei motivi così semplici.
Insomma, Gerard era grasso. Non grasso grasso come quando andava al liceo, ma grasso guardate-che-invitanti-maniglie-dell’amore-che-ho… comunque, non era un fuscello. Ed era troppo pallido, persino per posti che sono già pallidi di natura. E aveva i capelli in condizioni pietose, una voluminosa matassa intrecciata che gli faceva sospettare non si pettinasse da giorni.
Quindi no, Gerard non era un adone dai muscoli guizzanti… al massimo un pazzoide dalla pancetta tremolante. Frank era così agitato perché quello che aveva fissato per quasi cinque minuti buoni era Gerard Way - ed essendo lui Frank Iero la cosa aveva avuto effetti devastanti. Come il suo cervello che si era bloccato in un loop di immagini del sedere di Gerard, ad esempio.
« Okay, sono presentabile. »
Gerard si affacciò con un sorriso imbarazzato e fece cenno a Frank di raggiungerlo in cucina. Era seduto con una Diet Coke tra le mani, in una posa che voleva essere rilassata ma che era vanificata dai movimenti spasmodici delle sue dita contro la lattina. Frank avanzò lentamente e prese la bibita che l’altro gli aveva preparato, senza però sedersi. Era consolatorio il non essere l’unico totalmente stordito nella stanza, pensò mentre beveva un sorso di quella roba dolciastra, non sapendo bene dove posare gli occhi. Voleva cercare qualche reazione sul viso di Gerard, ma la parte sensata dei suoi neuroni lo lasciò a fissare incantato un punto indefinito del muro.
« Mi- » Gerard si schiarì la gola, bevve, e tossicchiò ancora. « Mi avevano detto che non sarebbe venuto nessuno fino a fine mese. Non mi aspettavo visite. »
« …certo. »
« L’avessi saputo, non ti avrei fatto questa, ehm, sorpresa » aggiunse con un sorriso stiracchiato.
« …certo. »
Frank sorrise nervoso a sua volta, una smorfia non meglio identificata. Continuarono a sorseggiare le rispettive bibite in una squisita atmosfera di puro disagio; a momenti si potevano sentire addirittura le bollicine scoppiettare nelle lattine. Gerard si agitò sulla sedia. « Quanto ci stiamo comportando da idioti, da uno a dieci? »
« Direi almeno diciassette. »
Ci fu uno di quei classici momenti di aspettativa che precedono qualcosa di devastante, e poi scoppiarono a ridere insieme. Gerard fu costretto a nascondersi il viso tra le mani scosso dai singhiozzi mentre Frank si accasciava con un’ultima risatina sull’altra sedia.
« La cosa più strana, » cominciò Frank, asciugandosi le lacrime ai lati degli occhi dopo parecchi minuti, « È che di tutte le persone che avrei potuto immaginare nude in un attico, tu sei nella Top Five dei meno probabili. » Bevve un sorso dalla lattina, imitato da Gerard. « Ma d’altronde l’appartamento è fottutamente nero, che altro potevo aspettarmi? »
A Gerard uscì Diet Coke dal naso. Frank ricominciò subito a ridere come un demente, agitando la bibita senza considerazione e finendo per spargerne ancora sul tavolo. Gerard ci si sdraiò sopra comunque, la testa nascosta tra le braccia mentre rantolava indecorosamente.
« Smettila, cazzo! » sclamò infine, quando fu in grado di alzare di nuovo gli occhi senza scoppiare a ridere all’istante. « Fai sembrare come se fossi stato qui dentro a girare un maledetto porno tutto il tempo! »
Frank lo guardò intensamente, diviso a metà tra l’assoluta ridicolaggine di quell’affermazione e l’aspettativa che si può avere verso un amico che confessa in maniera contorta di avere un desiderio nascosto di fare carriera come porno-star. (E l’aspettativa di Frank era forse un po’ eccessiva, rispetto a quella di una persona normale. Probabilmente l’avrebbe comprato, un porno con Gerard. Ma, tipo, per solidarietà.)
« Chiudi il becco » gli intimò, benché non avesse aperto bocca. Frank alzò le mani. « Ho scritto bellissima musica ispirata mentre me ne stavo qui a- »
« Ballare nudo sotto la luna? » suggerì Frank candidamente.
« Meditare. » Ed effettivamente cos’altro avrebbe potuto fare Gerard senza vestiti in un attico sgangherato e tutto nero? La cosa più assurda era che probabilmente era vero.
« Su allora, fammi vedere questa meravigliosa musica ispirata invece di stare lì a perdere tempo. » Frank si alzò con un balzo e prese Gerard per un polso, trascinandolo di peso via dalla sedia e verso l’altro lato della stanza. Gerard aveva i polsi sottili, e si ritraeva come un dannato quando Frank se ne veniva fuori all’improvviso con uscite del genere.
Quando si fermarono davanti all’oceano di fogli e appunti e spartiti abbandonati sopra quello che doveva essere un materasso, Gerard rimase impalato ad arrotolarsi una ciocca di capelli tra le dita, nervoso. Era sempre contento di condividere tutto quello che gli passava per la testa, spesso proprio mentre gli passava per la testa, ma con le canzoni diventava sempre un po’ titubante. Specialmente alla prima lettura, che di solito faceva fare o a Frank o a Ray ma di solito più a Frank. perché pur essendo Ray la mente musicale del gruppo Frank riusciva a metterlo meno in ansia con uno dei suoi testi in mano. E dopo l’ultimo episodio con Matt, era diventato ancora più cauto nel modo di proporre una nuova canzone.
Frank aspettò qualche secondo battendo un piede sul pavimento, gli occhi fissi sull’altro che però non dava segno di volersi muovere, poi sbuffò e si buttò a sedere per terra trascinando giù per una manica anche Gerard, che sbatté il sedere.
« Ow, stronzo » disse, senza sentimento. Almeno aveva smesso di fare la bella statuina. Frank roteò gli occhi e Gerard gattonò verso quello che effettivamente era il suo letto, spostando tutti i fogli fino a scoprire uno spazietto sufficiente ad ospitarli. Si sedette e fece cenno distratto a Frank di avvicinarsi, mentre mandava all’aria tutte le pagine in cerca di qualcosa.
Frank si sedette solo dopo aver controllato (tre volte) che non ci fossero ragnatele in giro, perché quando si trattava di pulizie coi Way non si poteva mai sapere. Si mise a gambe incrociate, praticamente sopra una gamba di Gerard, e prese con entusiasmo il primo foglio che gli volò davanti al naso. Sapeva che Gerard odiava quando si metteva a frugare senza permesso tra le sue cose, ma che poteva farci se era nato con la curiosità di un tenero bambino? Un bambino cresciuto e rompicoglioni.
Prevedibilmente, Gerard gli strappò il foglio di mano con un’occhiataccia, mettendogli invece tra le manine un’altra pagina tutta scribacchiata. Aveva una calligrafia orrenda quando scriveva di getto, pensò Frank stringendo gli occhi davanti alle parole fitte fitte; capovolse il foglio. Oh, così andava meglio.
« Questo è il concept » disse Gerard, cercando col lo sguardo qualche altro appunto che non riusciva a trovare, e che comunque sarebbe stato difficile cercare meglio con Frank a peso morto su di lui in quel modo. « È lo stesso di- »
« Demolition Lovers » completò Frank, che aveva riconosciuto le parole, e il tono. Quel tono era inconfondibile, l’atmosfera di dolore, rabbia, e assurda positività che mandava quella canzone. Inoltre, Gerard aveva disegnato su tutto il fondo della pagina lo Sposo e la Sposa, sarebbe stato difficile non capirlo.
« Yep. » Gli passò altri testi. « Non potevo lasciare la storia così, sai? Non avevano ancora finito di raccontare, ecco. Sono mesi che mi tormentano per scrivere la loro storia, e le parole sono venute da sole, in pratica. Questi sono i primi appunti che avevo preso insieme a Demolition, e quelli, » indicò un cumulo un po’ più lontano, « Sono i testi nuovi. » Si allungò tutto per raggiungerli, ma arrivava ad appena un palmo di distanza. Si raddrizzò e guardò male Frank, che seduto sulla sua coscia con i suoi grandi occhioni innocenti faceva finta di nulla. « Potresti levarti di lì? »
Frank ridacchiò e rotolò giù, lasciando così spazio a Gerard per prendere i fogli che gli servivano. Gerard ritornò a posto e Frank si mise seduto in mezzo alle sue gambe, con la schiena appoggiata al suo torace come si sedeva con suo padre quando aveva cinque anni e il suo papà sembrava l’eroe più grande del mondo. Ogni tanto anche Gerard gli sembrava un eroe. Si voltò e fece un sorriso smagliante; Gerard alzò gli occhi al cielo, ma si sedette più comodo contro il muro e posò il mento sulla spalla di Frank, per poi passargli la prima canzone e iniziare a parlare.
Aveva un tono basso, tranquillo, e sui punti dove si entusiasmava di più si mangiava un po’ le parole. Sentiva la sua voce rauca nell’orecchio, il suo fiato che gli scompigliava i capelli sulla nuca, ma sentiva anche le vibrazioni della sua cassa toracica, più profonde e in qualche modo diverse, ma non spiacevoli.
Frank trovava difficile concentrarsi sulla conversazione, a questo punto. Trovava difficile il solo tenere gli occhi fissi sui versi e non guardare la mani di Gerard che indicavano qualche parola o si agitavano nell’aria, oppure si posavano sul suo ginocchio, poco sopra uno degli spacchi, così calde anche attraverso il denim.
Era tutto caldo, Gerard, una piccola stufetta umana contro la sua schiena e le sue gambe. Era anche incredibilmente comodo, e i suoi capelli gli solleticavano il collo quando si sporgeva in avanti per fargli girare pagina. Gli venne in mente, indesiderato ma vivido, un flash di quegli stessi capelli che brillavano in contrasto con due spalle pallide e nude.
E improvvisamente concentrarsi sui progetti musicali fu molto più complicato. Frank divenne d’un tratto perfettamente consapevole delle cosce di Gerard che premevano contro i suoi fianchi, e di come sembrava la cosa più naturale del mondo che Gerard gli tenesse un braccio intorno alla vita mentre gli illustrava le sue idee su una storia di cui non aveva recepito una sola parola. Non che prima non fosse cosciente di queste cose, solo adesso lo era molto di più. Dolorosamente di più.
Se non faceva qualcosa subito sarebbe imploso, si disse; forse era un’esagerazione, ma Frank non era il tipo da restare a guardare il soffitto quando poteva trovare una scusa per muoversi. Mise una mano sulla coscia di Gerard, mentre con l’altra stringeva i fogli che aveva degnato appena di uno sguardo. Gerard continuò come se nulla fosse, ma Frank era troppo vicino per non notare la minuscola incertezza nella sua voce, e il cuore che iniziava a battergli forte.
Iniziò a muovere le dita, lentamente, una carezza impercettibile lungo la gamba di Gerard, di una delicatezza che non credeva di possedere, ma colpa di un’insicurezza ben nota. Quell’insicurezza che gli faceva sempre cercare lo sguardo di Gerard, sul palco, che di notte lo faceva restare ore a fissare la cuccetta sopra alla sua, e che lo faceva sentire in colpa, un pochino, quando si toccava pensando a chi dormiva in quella cuccetta.
Tanto era leggera la sua mano, tanto lo era l’incertezza nella voce di Gerard. Parlava nel suo orecchio, il mento appoggiato alla sua spalla, non avrebbe potuto mancarla nemmeno se fosse stato sordo. E il tremito della sua voce cresceva, da così piccolo a così insensato, insieme al percorso delle dita di Frank sulla stoffa, su, giù, sulla pelle sotto il suo ginocchio, su tutta la gamba.
Il passo dall’incertezza all’incoerenza era breve, ma d’altronde Frank non era stato a seguire il discorso dal principio.
« Frank » mormorò Gerard, sospiro basso nel suo orecchio che mandò una scarica di brividi dritta fino alla punta dei piedi di Frank, che li trasmise - o forse ne era direttamente la causa - al corpo stesso di Gerard.
Voltò appena il capo, per vedere cosa stesse facendo Gerard, ma trovò solo grandi occhi verdi - marroni? dorati? - lucidi e brillanti e due labbra appena socchiuse, come in procinto di dire qualcosa, chiedere spiegazioni… o semplicemente baciarlo.
Ed era strano perché la posizione era decisamente scomoda e Frank non sapeva dove mettere le mani né come girarsi senza rompersi qualcosa; ed era strano, perché sentiva il cuore di Gerard battergli sulla schiena, la sua mano accarezzargli la guancia e un oceano di cose non dette che. in quel momento dove non c’era musica, non c’era pubblico, c’erano solo loro due, lo stava investendo in pieno.
Frank lanciò via i fogli e si voltò impacciato, ma se tirò qualche ginocchiata a Gerard questi non lo diede a vedere; era troppo impegnato a continuare a baciare Frank, che in una piccola parte del suo cervello si stava facendo i complimenti per essere riuscito a ruotare e contemporaneamente mantenere le labbra su quelle di Gerard. La lingua su quella di Gerard, la mano su quella di Gerard, presto si sarebbero trasformati in un unico gomitolo di braccia e Brian sarebbe stato costretto a strecciarli. A Frank non poteva dispiacere di meno.
Gli infilò le dita tra i capelli aggrovigliati, tirandolo a lato per dare più spazio al bacio e alla sua dannata lingua che stava facendo cose. Gerard gemette nella sua bocca, facendolo vibrare fin nella cassa toracica, bisognoso di continuare a succhiargli le labbra ancora e ancora e ancora - finché non avesse dovuto respirare.
« Gerard » mormorò a sua volta, abbastanza lontano da poter parlare ma da sentire lo stesso il respiro di Gerard sull’angolo della sua bocca. Gli carezzò i capelli, e Gerard alzò lo sguardo, limpido, sincero e così dannatamente bello da fargli mancare il fiato.
Per un attimo gli sembrò veramente che il mondo avesse smesso di girare riducendosi a due labbra rosse e uno sguardo così profondo da far tremare le gambe, ma la sensazione passò in un istante. Comparvero invece dei dubbi, quei dubbi onnipresenti e quanto mai sgraditi al momento che però non potevano essere più ignorati.
Gerard era il suo migliore amico, cazzo, e benché fosse piuttosto chiaro che Frank volesse di più (e a quanto pareva Gerard si trovava d’accordo) era anche il suo cantante. Questo poteva essere un problema. C’erano già tanti problemi - le scadenze pressanti, l’alcool, Matt… valeva la pena rischiare un altro problema?
Gerard gli mise le mani sui fianchi, sulla porzione di schiena che le sue contorsioni avevano scoperto dalla maglietta, e dimenticò tutto. Poi le fece risalire lungo la sua schiena, e quando gli sfiorò l’orecchio con la lingua prima di mordergli il collo ricordò prepotentemente tutto - ne valeva la pena, Cristo santo se ne valeva la pena.
Le mani ora sul suo sedere, Gerard lo strinse a sé facendoselo montare in grembo a cavalcioni, mentre lo mordeva di nuovo e poi si fermava a baciare lo stesso punto. Frank sussultò, stringendo forte i capelli di Gerard.
« Via » biascicò. « Levati la maglia. » Cercò di tirare via la t-shirt ma il suo corpo aveva una diatriba in corso col cervello e si strinse a Gerard, rendendo vani tutti i suoi sforzi. Sarebbe stato più semplice strappargliela, la t-shirt, sentire la stoffa tendersi e sfilacciarsi e alla fine la pelle di Gerard sotto le proprie dita, liscia e calda - ma la t-shirt era di Mikey. Probabilmente si sarebbe arrabbiato. Chissà che faccia avrebbe fatto se Frank l’avesse presa e ci…
Forse non era il momento migliore per pensare a Mikey, riflettendoci.
Non quando Gerard si stava strozzando col collo della maglietta ma finalmente quell’orrido indumento se n’era andato, non quando c’era tutto quel Gerard nudo a sua disposizione.
Mikey chi?
Capì cosa doveva aver provato Gerard quando la sua stessa maglietta decise di mangiargli un braccio, e di sicuro non era più facile strecciarsi se Gerard continuava a toccarlo in quel modo, come se fosse una delle sue tele bianche di cui doveva imparare ogni increspatura prima di poterci dipingere. Non che si lamentasse, per carità, solo… due secondi?
Libero, infine, per prima cosa baciò Gerard; per sicurezza, metti il caso che si era sbagliato e in realtà non sapeva di dolcificanti e sigarette ma di fuochi d’artificio. E poile sue labbra erano proprio lì davanti. Gli passò le mani lungo le braccia, sentendolo rabbrividire, poi sul petto bollente come si aspettava, poi sull’addome morbido e privo di muscoli - ma a chi interessavano i muscoli se c’era un Gerard?
Lo sentì sussultare quando iniziò a lottare con l’elastico dei suoi pantaloni, e fu nella sua bocca che Gerard trattenne il fiato quando l’elastico venne sconfitto e superato.
« Cazzo » ansimò, fiato caldo contro il suo collo. Frank gli chiuse il pugno sull’erezione - grazie, finalmente! - e Gerard ansimò di nuovo. « Cazzo, Frankie, aspe- »
“Aspetta” un benemerito cavolo, non si sarebbe fermato nemmeno se il pavimento sotto di loro fosse crollato seduta stante, erano anni che passava le sue serate solitarie sognando di fare quello.
« Frankie, cazzo, aspetta, Frankie, Dio, non- »
« Zitto. » Gli morse il labbro inferiore, interrompendo per qualche secondo le imprecazioni con un lamento. Non credeva che Gerard potesse essere così loquace e noioso, in certi momenti. Ma dopotutto era Gerard, l’uomo capace di parlare per un’ora e mezza di fila di Red Bull.
« Un secondo » ringhiò, e il suo tono era talmente basso e pericoloso che Frank si decise a prestargli attenzione.
Gerard lo prese per i fianchi e lo fece rotolare giù di peso, finché Frank non si trovò schiena a terra a fissare perplesso un soffitto molto meno interessante di quello che c’era dentro le mutande di Gerard. Poi però Gerard comparve nel suo campo visivo e gli si premette addosso, pelle contro pelle e l’erezione contro la sua. « Salve » disse Frank, non si sa bene se a Gerard o ad… altro.
Gerard fece uno dei suoi sorrisi, uno di quelli ampi ed inquietanti che facevano sempre sentire a disagio le intervistatrici, ma questa versione con le labbra arrossate e il fiato corto era tutto fuorché inquietante. Era oscena, eccitante, e tutta per lui. E… scomparsa? Dove diamine stava andando Gerard?
Lo prese per la nuca costringendolo a tornare indietro. « Dove stai andando? »
Gerard lo guardò come se gli avesse appena rubato le sigarette. « Voglio farti un pompino! »
…oh.
Surreale. Non per questo meno incredibilmente sexy.
« Nonono, senti, la prossima volta, okay? Adesso torna qui che devo infilarti la lingua in gola. »
« Ma-! »
« La mia lingua. La tua gola. Ora. »
Gerard smise di provare a divincolarsi e obbedì, e Frank aveva mai detto quanto amasse la bocca di Gerard? Voleva continuare a baciarlo fino a fargli perdere la sensibilità alle labbra, finché non avesse smesso di sapere di Gerard per sapere invece solamente di Frank. Poi magari un pompino, certo.
Gerard si inarcò contro di lui, e oh salve frizione. Ripeté il movimento, e a Frank scappò un mugolio mentre conficcava le dita nelle spalle di Gerard. La frizione era gradevole. La frizione era intensamente gradevole, ma non abbastanza.
« Posso toccarti almeno? » ansimò Gerard.
Gerard era fottutamente telepatico. E troppo educato. E le sue mani erano sopra i pantaloni di Frank, finalmente. « Ngaah » convenne.
Gerard ghignò, gli leccò l’attaccatura del collo e aprì la zip dei jeans di Frank - jeans che erano rimasti a disturbare fin troppo, a giudizio di tutti. O a giudizio del pene di Frank, che al momento sembrava aver preso le veci del cervello. Ciò non era un problema.
« Dio Frank, non hai idea » disse, fiato caldo contro il suo orecchio che lo faceva rabbrividire e per caso Frank si era lamentato delle chiacchiere di Gerard? Erano la cosa più eccitante che avesse mai sentito, dopo il modo in cui le dita di Gerard si muovevano su di lui. « Non hai idea di quanto abbia desiderato farlo, delle volte che ti ho immaginato così, tutte le volte che mi sono toccato pensando a te… cosa pensi che faccia qui dentro? Quando sono nudo e so che sei a casa da solo, senza Mikey, a letto? » Gli leccò di nuovo l’orecchio, poi morse, e Frank boccheggiò.
Gerard l’aveva ridotto ad un ammasso senza senso di sudore e imprecazioni spezzate, caldo e fremente. Frank lo baciò a bocca aperta, toccando alla cieca tutto quello che riusciva a raggiungere - capelli, spalle, braccia, fianchi. Riuscì ad infilargli una mano nei pantaloni senza mai smettere di baciarlo, e si sarebbe fatto le congratulazioni se non fosse stato troppo preso dall’operazione.
Gerard fece un rumore basso, di gola, quando Frank lo strinse forte ed iniziò a muovere la mano senza complimenti, un verso che vibrò contro le labbra di Frank e gli fece stringere spasmodicamente le dita sulla spalla di Gerard, tanto da lasciare dei segni. Il suo marchio, rosso contro la pelle candida di Gerard, contro la sua schiena pallida.
E di nuovo gli tornò in mente Gerard di poco prima, nudo davanti alla finestra, e fu troppo. Il ricordo, la mano che lo masturbava, il fiato di Gerard contro il suo viso e le dita che gli accarezzavano i capelli - troppo.
Venne con un gemito smorzato sul petto di Gerard, e sentì Gerard trattenere il respiro sopra la sua testa. Si ricordò distrattamente di avere un lavoro da finire e lo toccò una volta, due volte, tre, finché non sentì umido tra le dita e l’ansito soffocato di Gerard. Strano, si sarebbe aspettato un urlo; chiacchierava sempre così tanto…
Gerard gli crollò addosso, schiacciandolo contro il materasso. Non si lamentò, a ogni modo, perché un po’ di sano contatto umano con Gerard era qualcosa cui non si tirava mai indietro e se era mezzo nudo tanto meglio, poteva pure sopportare ottanta chili di cantante.
Cantante a cui aveva appena fatto una sega. Oh santo cielo.
Iniziò a girargli vagamente la testa, più per la piena realizzazione di cos’avesse appena fatto che per la stanchezza o i gomiti che gli premevano sulla cassa toracica. Era appena saltato addosso al suo migliore amico. Ricambiato, sorprendentemente e contro tutte le sue aspettative, ma questo non cambiava il risultato. Aveva appena fatto una cazzata con Gerard, il suo migliore amico, il suo cantante, il fratello del suo altro migliore amico. Aveva fatto una portentosa cazzata, e si era potenzialmente rovinato vita e band in un colpo solo. Grandioso.
Dov’erano le endorfine quando uno doveva spegnere il cervello?
Una mano che gli scostava i capelli dalla fronte interruppe il filo dei suoi pensieri. Una mano seguita da due labbra che gli posavano un bacio sulla tempia, e poi gli occhi intensi e brillanti di Gerard davanti ai suoi. Non stava sorridendo Gerard, ma quegli occhi dorati - verdi? marroni? - erano pieni di gioia trattenuta.
« Frankie » mormorò, gli baciò l’angolo della bocca e si scostò un po’, sistemandosi in maniera che Frank potesse respirare almeno una volta ogni tanto. Gli passò le braccia intorno ai fianchi, stringendoselo al petto.
« Sei una piovra. » Magari non proprio la cosa più romantica da dire, ma sacrosanta verità. Gerard ridacchiò contro il suo orecchio, la sua risata nasale e rumorosa che gli fece fare una capriola allo stomaco. Con un po’ d’esitazione gli appoggiò le mani sul petto, sentendo sotto le sue dita calore e il battito lontano del cuore dell’altro. Fu travolto da una valanga di pensieri davvero romantici e orrendamente smielati, che ricacciò indietro poggiando la fronte contro la clavicola di Gerard.
Rimasero così, solamente a respirare in bizzarro accordo per un po’. « Gerard? »
« Mh? »
« Dobbiamo darci una pulita. »
Gerard fece un verso contrariato, nascondendo il viso nei capelli di Frank. « Va bene così. »
« Facciamo schifo, Gerard » lo contraddisse. Non potevano restare a rotolarsi, sudati e appiccicaticci com’erano. Chissà cos’altro c’era poi, su quel materasso. « Quant’è che non ti fai una doccia? »
Ci fu una pausa sospettosamente lunga, e Frank iniziò a preoccuparsi. « Tre giorni » rispose infine Gerard « Sei stato fortunato. »
« È ora di fartene un’altra, sai? Non ti scioglierai se tocchi un po’ d’acqua. »
« Mnaaah. »
« Su, alzati… » Ma lui stesso non mosse un muscolo per mettersi in piedi. Anzi, si accomodò meglio nell’abbraccio di Gerard. Gerard lo strinse più forte con un rumorino soddisfatto. Era una posizione perfetta per dormire.
« …Gerard? »
« Sì? »
« Sicuro che non ci sono ragni? »
« …Frank? »
« Uh? »
« Sei sempre così rompicoglioni dopo una sega? »
Gli sfuggi un risolino. « Dovevi farmi un pompino, sarei crollato subito. »
« Io volevo farti un pompino! » si lagnò. « Non è colpa mia se sei strano e dici di no a normalissime proposte. »
« Non l’ho dimenticato » disse in tono colloquiale. Sì, era una cosa di cui potevano iniziare a parlare…
« Dopo » sbadigliò semplicemente Gerard, e Frank dovette dargli ragione. Dopo, quando si fossero riposati (e ripuliti, a Dio piacendo. Se ne poteva riparlare direttamente nella doccia). Dopo, cioè in un futuro prossimo in cui Gerard non l’avrebbe cacciato dal suo letto, in un futuro in cui sarebbero stati ancora insieme. Dopo.
Per ora, era sufficiente dormire in quella stanza claustrofobica stretto al suo cantante preferito, caldo e sudaticcio e perfetto.

« …Gerard? »
« … »
« Perché tutto nero? »

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