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Dec 31, 2011 16:33

Titolo: Oh, the weather outside is frightful, but the fire is so delightful.
Autore: perlinha
Fandom: RPF Calcio
Pairing: Steven Gerrard/Xabi Alonso
Rating: NC-17
Conteggio Parole: 1020 (FDP)
Prompt:
- attizzatoio @ Maritombola + Come Ti Trombo Il Prof Fest -> maridichallenge
- aula vuota @ p0rn fest -> fanfic_italia
Warning: slash, AU, spin-off, p0rn, angstino, posizioni sessuali rappresentate da cifre multiple di 3
Disclaimer: no mio no vero no lucrativo no.
Note:
- PFFFFFFFFFFFFT, ok, è la cosa più zozza che io abbia mai scritto, vi dico solo questo.
- Spin-off di You don't belong here.
- Titolo preso da Let it snow ♥
- BUON ULTIMO DELL'ANNOOOH \O/



L'Aula del Camino era sempre stata la sua preferita. Dalla prima volta in cui l'aveva intravista gironzolando per corridoi durante il primo anno (era stato una matricola davvero indaffarata) aveva sempre desiderato farci almeno una lezione dentro. Purtroppo non era mai stato esaudito, e ora che anche l'ultimo semestre prima della tesi si avvicinava alla conclusione, passarci di nuovo davanti gli metteva una certa malinconia addosso, come una leggera sensazione di rimpianto. Le lezioni stavano per finire, le possibilità diminuivano drasticamente giorno dopo giorno.
Finché un bel dì non l'aveva trovata aperta, apparentemente deserta, con il caminetto acceso. Aveva un'ora di buco tra una lezione e l'altra e assolutamente niente da fare se non finirsi il pacchetto di sigarette comprato due giorni prima (doveva davvero darsi una regolata con quelle, se non altro per motivi economici. Di certo al bar non gli avrebbero fatto fare dei turni extra per assecondare le sue assuefazioni), perciò si era avvicinato quasi di soppiatto, sentendosi davvero molto losco, ed era finalmente entrato.
Nel camino i ciocchi scoppiettavano allegramente come pop corn, e Stevie non poteva davvero non mettersi a sedere sulla poltrona dall'aria comodissima che torreggiava insieme a una gemella di fronte al fuoco. Anche perché lì dentro non c'era veramente nessuno. Lo sapeva perché entrando si era già guardato intorno di soppiatto per circa ottocento volte.
Senonché, da dove era seduto in quel momento, mentre fingeva di sorseggiare Cognac in vestaglia e commentare i titoli di un giornale fantasma fumando un sigaro, con una visuale molto più ampia sul resto della sala aveva notato un uomo chino al grande tavolo ovale di legno massiccio. Era così immobile e piegato su se stesso che entrando non l'aveva proprio annoverato tra le Cose Potenzialmente Vive all'interno del suo campo visivo. Stava scrivendo tutto concentrato su quella che sembrava un'agenda, e ora che Stevie lo metteva meglio a fuoco, il taglio di capelli e il vestiario impeccabile non potevano che suggerirgli una incredibile familiarità in quella figura umana quasi accartocciata, quasi immobile.
“Xabi?”
Il Professor Alonso aveva alzato la testa di scatto, allarmato come se gli avessero puntato un'attizzatoio appuntito e gelato alla schiena. Anche lui ci aveva messo un po' a collocarlo nelle giuste coordinate spazio-temporali, ma quando finalmente il suo sguardo gli si era posato negli occhi, le sue sopracciglia avevano spiccato il volo e il suo viso si era letteralmente aperto, mostrandogli quegli incredibili denti che tante volte si era sentito piacevolmente addosso.
Erano giorni che non riuscivano ad accordare i rispettivi impegni accademici per vedersi, e ora l'Aula del Camino stava fungendo da focoso Cupido segretario per loro.
“Xabi.”
Forse il fuoco, o l'inesistente Cognac, o i giorni passati a bestemmiare la sua mancanza, o addirittura una potente combinazione di tutti questi fattori, gli stava dando alla testa, ma il pop! pop! della legna ora gli sembrava un calorosissimo invito a togliere di mezzo quella dannata agenda e sdraiarlo lì sul tavolo, magari dopo aver accuratamente chiuso la porta.
Perciò Stevie si era assicurato che nessuno li disturbasse e, senza aspettare una sola parola da parte del suo ex professore preferito, l'aveva preso per la camicia e attirato a sé con forza, baciandolo come se non lo vedesse da anni, contandogli i denti con la lingua per poi spingerlo gradualmente giù sul tavolo lucido, rischiando di fargli saltare qualche bottone mentre tentava di spogliarlo il più velocemente possibile perché, ora che ci pensava, proprio non ce la faceva più a ricordare l'esatta sensazione della sua pelle che gli si strusciava contro, la sua esatta temperatura, l'esatto rumore che produceva l'attrito con la sua, e proprio non ce la faceva più ad aspettare un secondo oltre; perciò, una volta liberato da tutta quella stoffa inutile, era praticamente corso col viso giù giù giù oltre la linea incisa da antichi elastici e, salutando con gioia il suo odore che più forte che in qualunque altra parte del suo corpo gli si infiltrava nelle narici, l'aveva preso in bocca quasi per intero, quasi sorridendo mentre lo sentiva crescergli un altro po' sul palato, quasi ridacchiando quando l'aveva sentito mugolare un vieni su in mezzo a un'infinità di suoni sconnessi.
Allora si era tolto lo stretto necessario, ormai troppo stretto, e gli era scivolato intorno con le gambe in modo da trovarsi carponi sopra il suo viso senza mai smettere di torturarlo con le labbra, continuando indisturbato il suo lavoro certosino di ripasso di vecchie sensazioni la cui esattezza era andata perduta nello scorrere di giorni, lezioni, appunti inutili al confronto con la conoscenza di quei fondamentali particolari, e si era gradualmente calato su di lui, attento a trattenere il proprio bacino che per colpa della bocca di Xabi rischiava di imbizzarrirsi e soffocarlo, e allo stesso tempo tentando in tutti i modi di non usare i denti che rischiavano di digrignarsi dalla voglia che aveva di mordere qualcosa per non mettersi a gemere come un quindicenne. Pensandoci bene, aveva già a portata di labbra ciò che avrebbe camuffato i propri lamenti, perciò aveva smesso di trattenere la propria voce e si era lasciato andare, con grande gioia di Xabi che, spinto dal piacere provocato dalle vibrazioni direttamente sulla propria erezione, gli aveva artigliato le natiche attirandolo il più possibile all'interno della propria bocca, scatenando un delizioso cerchio di reazioni a catena che nessuno dei due avrebbe mai voluto interrompere.
Steven aveva provato una punta di delusione, perciò, quando aveva sentito se stesso venire e la propria bocca riempirsi due secondi dopo, lo scoppiettio del camino ad accompagnare i rumori umidi e i mugolii soffocati e soddisfatti di entrambi, perché questo significava che quel momento stava finendo, che non sarebbe durato per sempre, che il fuoco lasciato incustodito si sarebbe spento e che sarebbero entrambi dovuti tornare ai propri doveri accademici entro pochi minuti, abbandonando l'aria satura di quel momento che stava finendo, che non sarebbe durato per sempre.
Dietro quella sottile e acuminata sensazione, però, in entrambi regnava finalmente un ampio senso di pace, un gigantesco respiro di sollievo, una stupida endorfinica promessa di dedicarsi più tempo, di creare molti altri momenti circolari come quello. Oltre ovviamente all'annotazione cerebrale di tornare più spesso nell'Aula del Camino.

random posting: ilmattinohal'oroinbocca, pairing: xard

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