wooohooo

Sep 15, 2010 00:00

Hellooooo daaahhhhlings! Oggi ho avuto la prima lezione del corso più bello e difficile della storia: traduzione di testi teatrali, sottotitolaggio e doppiaggio dall'inglese allo spagnolo. E' LA COSA PIU' FOGANTE E TOSTA DELL'INTERO UNIVERSO. Dio lo amo. Anche se non passerò mai. Vabbè, dettagli.
 Eeeee insomma volevo buttarvi lì l'ultimo capitolo. Tiè!

Titolo: Nuotando nell'aria.
Capitolo: 4/4
Autore:  perlinha 
Beta: aramquaquartet  anche detta la donna migliore del mondo DOPO la mia prof di Psicologia basica.
Fandom: Football RPS
Pairing: Sernando (Sergio Ramos/ Fernando Torres)
Rating: NC-17
Word count: 2173
Disclaimers: PURTROPPO non sono miei. Sono persone in carne ed ossa che appartengono a se stessi e queste cose che io sappia non le fanno. (uffa)
Note:
- il titolo della ff e dei singoli capitoli è tratto da Nuotando nell'aria dei Marlene Kuntz, che è una delle canzoni che mi emoziona di più in tutta la musicologia universale, e infatti tuttora non capisco come sia riuscita a usarne dei pezzi con tanta leggerezza.
- questa storia non ha praticamente niente di verosimile, tanto che è ambientata nell'estate di un anno tra il 2007 e il 2008, cioè il 2007 e mezzo. Ah, in più ho inventato completamente le circostanze del loro primo incontro, non avendo la più pallida idea di quelle reali.
Warnings: un po' di angst, che non guasta mai. (stavo per scrivere "guangsta". Aiuto.)
Riassunto: si fanno strani sogni e ci si risveglia male, quando c’è afa a Madrid. Però poi…

È mattino presto - o almeno così gli sembra, anche se l’odore dell’aria riscaldata dal sole gli dice tutt’altro - quando suonano alla porta. Fortunatamente la notte prima è riuscito a ritrovare la propria, tra mille altre tutte uguali, dopo svariati tentativi andati a vuoto. È persino riuscito a rintracciare il letto e perdere lì i sensi, invece del pavimento che gli avrebbe creato non pochi problemi alla cervicale. I vestiti li ha ancora tutti, l’orologio, la catenina, tutta la ferraglia che gli ha creato strani disegni in bassorilievo sui polsi, sulla pancia, sul petto, deformandogli anche un po’ di tatuaggi. Intorno a sé sente l’odore di lacca lisciante, dopobarba e rum, un accostamento per niente gradito al suo stomaco che gorgoglia in cerca d’acqua, più che di cibo. Il letto è sfatto solo quel tanto che ha contenuto la sua figura, come una sagoma in una scena del crimine. Segno che non si è portato a casa nessuno, anche se come al solito la sua rubrica ha ingurgitato numeri per tutta la notte. Numeri che prontamente cancellerà, visto che non si ricorda neanche uno dei mille visi dei rispettivi padroni.
La porta suona di nuovo facendolo bruscamente uscire dalla trance in cui è entrato cercando di ricordarsi cosa, chi, dove. Con grandissimo sforzo rotola giù dal letto, appoggiando un piede appena in tempo per non cadere rovinosamente a spiaccicarsi la faccia già piuttosto gonfia dalla mancanza di sonno - oh, lui almeno otto ore se le deve fare. Spolverandosi i jeans si solleva in posizione eretta, come si addice alla sua specie, e improvvisamente si rende conto di avere un principio di palpitazioni. Da tutte le visite mediche sa benissimo che il suo cuore è in perfetta forma, ma non può fare a meno di preoccuparsi durante quei due secondi che gli ci vogliono a realizzare perché il suo petto fa i capricci.
Non ha la più pallida idea di come faccia a saperlo, ma dietro quella porta c’è Fernando. Lo sente da, non sa nemmeno lui cosa, le vibrazioni dell’aria? I peli sottilissimi del collo che si sollevano? Il modo particolare in cui il suo campanello suona? Fatto sta che, preso dal panico dalla fretta dall’immenso stupore, si scapicolla e corre ad aprire.
E lì, di fronte a lui, c’è il postino. La faccia di Sergio crolla letteralmente, come anche le sue spalle e in generale tutta la sua postura. Ma non vanno mai in ferie?
Il suo viso si illumina leggermente alla vista del pacco che l’uomo tiene in mano, i suoi acquisti online di tre giorni prima. Autografa con nonchalance i documenti della spedizione e un foglietto per la nipotina o la sorella o la cugina del postino - non sa bene - e si ritira in delusa contemplazione dei suoi nuovi averi, pensando che nonostante i parecchi soldi spesi, li avrebbe volentieri dati via senza neanche guardarli, per trovare Nando al loro posto, per averlo lì anche cinque minuti. Ridacchiando tra sé si immagina di aprire il pacco - decisamente troppo piccolo per contenere un corpo umano, ma tant’è - e trovarcelo dentro, tutto infiocchettato e sorridente, che gli sussurra ‘sorpresa!’ e gli si getta al collo. È certo di aver visto un paio di film porno che iniziavano esattamente in quel modo. È altresì certo di essere ancora parecchio ubriaco, perciò, dopo aver ingurgitato quel bel mezzo litro d’acqua tutto insieme, si spoglia quasi con cura - è giustamente anche un po’ eccitato - e si rimette a letto, avendo premura di avvicinare la scatola di fazzoletti, perché un altro cambio di lenzuola proprio no.
La porta suona di nuovo proprio mentre il sangue salpa per altri lidi, abbandonandogli completamente il cervello. Un po’ bestemmiando un po’ pregando tra i denti spera che lo scocciatore, chiunque sia, si convinca che la casa è vuota e lo lasci alle sue disperate conclusioni. Trattiene il fiato immobile per trenta secondi e non succede nulla. Appoggiando finalmente la mano destra esala piano piano, per non farsi sentire, casomai chiunque sia a rovinargli l’unica microscopica soddisfazione che gli rimane, avesse appoggiato l’orecchio alla porta. Appena ricomincia a muoversi, però, il campanello strilla di nuovo, e questa volta ci si è attaccato proprio, l’infame. La situazione diventa mortalmente imbarazzante, ma bisogna risolvere entrambe le urgenze il prima possibile.
Raccattando i boxer ai piedi del letto e coprendo l’evidenza con uno dei cuscini, si fionda a passi lunghi e incazzati verso la porta, premurandosi stavolta di guardare nello spioncino, anche se ovviamente non può essere Nando, innanzitutto perché Sergio, pur nell’ubriachezza, sa ancora distinguere tra fantasia e realtà, e secondopoi perché Fernando non userebbe mai il campanello in maniera così sfacciata. Ricorda ancora tutte le volte che gli ha dovuto ripetere che il suo cellulare non è un citofono, che invece di riempirlo di squilli, o peggio, di strombazzate di clacson, la soluzione migliore è semplicemente quella di appoggiare l’indice sul pulsante, esercitando una leggera pressione. Tutte parole al vento, ovviamente.
Quasi lascia cadere cuscino e mandibola quando, leggermente deformato dal vetro del micro-oblò, gli appare il viso innaffiato di lentiggini dell’uomo che ama. Non si rende nemmeno conto di stare per sradicare il proprio portone di casa, tanta la violenza che ci mette ad aprirlo, e in due decimi di secondo eccolo lì, quegli occhi giganteschi da cervo sull’autostrada, la bocca semiaperta per iniziare a spiegargli che aveva il cellulare spento, che ha provato a - ma lo trova praticamente nudo e - ma quella è un’erezione. E a quel punto scoppiano entrambi a ridere per l’assurdità della situazione, ma anche perché non  riuscirebbero mai ad esprimersi a parole.
Sergio ha sempre preferito i gesti al fiato sprecato, perciò gli ci vuole meno di un attimo a smorzare le risate trascinandosi Fernando dentro casa per il colletto della polo, sollevandolo quasi di peso e mandandolo a cozzare violentemente contro la propria bocca, mentre dà un calcio alla porta chiudendola con un tonfo che rimbomba per tutto il quartiere. Fernando fa in tempo a raccogliere il fiato per chiedergli un timido ‘Disturbo?’ prima di essere brutalmente lanciato su un materasso fortunatamente non a molle, come fosse una bambola di stracci perché diamine, Sergio ha quasi paura a desiderare le cose ora, è tutto talmente perfetto che teme di stare sognando, o peggio, di avere delle potenti allucinazioni da delirio alcolico, ma no, quello sotto le sue mani è un corpo vivo, e meglio ancora, è l’unico corpo, l’unica cosa al mondo che gli serva ad essere felice, è Fernando, è lui e non la pallida aria delle sue fantasie, è lì, ora, si muove, e ha l’odore più buono del mondo, non può fare a meno di respirarlo come fosse ossigeno su un aereo che perde pressione, come se l’aria intorno fosse velenosa, come se il suo collo fosse una maschera antigas, e Dio, Fernando è lì, è sotto le sue mani impazzite che lo ispezionano, lo perquisiscono, è lì sotto di lui che non ha più sangue in testa da parecchi minuti e si trova comunque perfettamente a suo agio ora, è lì e lo guarda con un’espressione sopraffatta, come se non si aspettasse un’accoglienza così calorosa - si, certo.
Fernando è lì, sotto di lui, intrappolato tra la sua pelle e le lenzuola, e si sta togliendo i vestiti perché ha intuito che altro non può fare, non è davvero il momento di raccontarsi come stanno andando le vacanze ora. Sergio aspetta pazientemente che ogni indumento sia volato sul pavimento per prendergli le mani e fare quello che sogna dal secondo in cui ha cominciato a sentire la sua assenza: omaggiare le sue dita, come fossero dieci piccoli dèi a cui sacrificare la propria saliva, a cui consacrare la propria bocca, a cui rivolgere mute preghiere con le proprie labbra.
Nando lo guarda ammirato mentre il rito si conclude con mille microscopici baci posati sulle falangette umide di entrambe le mani. Non crede di essersi mai sentito così adorato in vita sua, nemmeno dopo l’ennesima tripletta ad Anfield, nemmeno dopo quel giorno passato interamente a leggere le lettere (di carta!) dei fan. In generale, la sensazione di completo abbandono, di invulnerabilità, di equilibrio assoluto, la ritrova solo ora da quando l’ha lasciato in quell’aeroporto. Segno inconfondibile che quell’uomo dal cuore e dai tratti fisionomici troppo grandi è la cosa che conosce che più lo avvicina alla felicità. Ma questo, d’altronde, l’aveva intuito sin dall’inizio. Le parole che gli ha detto quel giorno non erano messe lì a caso. Mentre gli appoggia le labbra su una tempia come ringraziamento di tanta devozione, gli chiede se le ricorda ancora. Sergio scivola via dai propri inutili boxer mentre gliele ripete a memoria, gli accarezza piano la schiena mentre gli racconta senza fiato di tutte le volte che l’ha sognato, si gira portandolo sopra di sé mentre gli parla della fatica nel ricostruire tutto al risveglio dopo la centrifuga notturna, si aggrappa ai suoi quadricipiti e si lascia scivolare dentro di lui mentre gli confessa alcune delle sue lacrime. Fernando non smette un attimo di percorrergli le spalle, le braccia, il petto con le sue dita ancora umide, e non prova la minima vergogna quando dalla gola si sente sfuggire un lamento lunghissimo, come di un affamato a cui sia stata appena offerta un’intera Sacher. Ora è il suo turno di raccontargli la sua versione, con la pochissima aria che gli resta tra un sospiro e l’altro, fino a che le parole diventano suoni inarticolati e non riesce neanche più a ricordarsi di cosa stava blaterando, e in ogni caso la bocca di Sergio contro la sua spegne il discorso frantumandolo in tanti piccoli mugolii indistinti e soffocati. Alla fin fine, in un modo un po’ diverso dal solito, si sono davvero raccontati le proprie vacanze.
Sergio deve aspettare parecchi minuti prima di riuscire di nuovo a parlare, prima di far sì che le proprie corde vocali vibrino, ma soprattutto prima di riuscire a formulare ed esprimere un pensiero coerente. Dopo un’eternità e mezzo ce la fa.
“Quanto tempo abbiamo?”
“Mmmmh.” Fernando gli appoggia pigramente addosso quei suoi occhioni furbi, ancora leggermente fuori fuoco. “Ho un volo stanotte.”
“Quindi circa… - rapida occhiata all’orologio sul comodino - dieci ore?” Ci pensa un po’ su prima di girarsi verso di lui con, finalmente, uno dei suoi proverbiali sorrisi tatuato in faccia. “Posso farcela.”
E lo agguanta, non lasciandogli neanche il tempo di bearsi della visione dei suoi denti finalmente in mostra, neanche il tempo di ridacchiare né tantomeno di protestare - non che abbia minimamente pensato di farlo.
E stavolta sono morsi e graffi e capelli strattonati, e quella dopo solletico e risate, e quella ancora dopo dolci baci e lente carezze, e la successiva e la seguente e quella dopo ancora, e a un certo punto Fernando pensa addirittura di avere fame, ma forse è semplicemente il suo stomaco che gorgogliando approva la ritrovata sensazione delle labbra di Sergio un po’ ovunque, quella bocca che sa ogni volta lasciare un indelebile ricordo di sé, quel suo talento innato di strappargli dalla gola le nefandezze più infime e le grida più alte, quella sua assurda capacità di dargli esattamente quello che vuole, nel momento esatto in cui lo desidera.
A qualcuno non succede mai nella vita, ma i più fortunati trovano prima o poi una persona che riesce a leggere i pensieri dietro gli occhi, qualcuno con cui si stabilisce un legame invisibile che, qualsiasi cosa accada, a un certo punto li riavvicina, come la corda del bungee jumping. Una persona che da completa sconosciuta attraversa in brevissimo tempo tutte le aree dello spazio personale, fino ad arrivare a quella più stretta, più vicina. Una persona la cui empatia sfida qualsiasi distanza, come un gemello omozigote. E non importa se non diventerà mai l’altra metà, non importa se resterà sempre il migliore amico, l’amante o un amico. Ciò che li lega è imprescindibile e indivisibile, anche perché non dipende minimamente dalle loro volontà, è qualcosa che si crea da sé e ha vita propria, e proprio per questo assicura loro un vincolo perenne.
Con questa certezza a consolarlo, Fernando lascia di malavoglia il letto dove Sergio sta ronfando come un felino soddisfatto, nudo, sudato e appiccicoso, i capelli sparsi ovunque, braccia e gambe a stella marina, il barlume di un sorriso sul volto disteso. Non sa se essere più stanco per la giornata appena passata, per lo zero riposo o per il tornado di emozioni che gli romba in testa da ore e ore.
Pregando di non svegliarlo scivola in bagno, si costringe a farsi una doccia - anche se questo vuol dire una grossa percentuale dell’odore di Sergio sciacquata via dalla sua pelle - si asciuga alla meglio e raccattando i vestiti e le poche cose che si è portato dietro infila la porta, chiudendola piano mentre lancia un ultimo bacio in aria in direzione del letto. Lo aspetta un aereo su cui piangere via (di nuovo) tutte le cose che non gli ha detto.

cap. 1 - Nel letto, aspetto ogni giorno un pezzo di te, un grammo di gioia, del tuo sorriso.
cap. 2 - Odori dell'amore nella mente dolente, tremante, ardente.
cap. 3 - Intanto l'aria intorno è più nebbia che altro, l'aria è più nebbia che altro.

pairing: sernando, random posting: ilmattinohal'oroinbocca

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